N.8 2022 - Biblioteche oggi | Novembre 2022

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Editrice Bibliografica

Mauro Guerrini

mauro.guerrini@unifi.it

Abstract

Il contributo analizza brevemente la complessa questione della rappresentazione descrittiva del nome dell’editore nei cataloghi e nelle banche dati. Il problema viene risolto a livello di autorità di controllo. È il caso di Editrice Bibliografica: la casa editrice inizialmente utilizzò il nome Bibliografica nel 1974, in alternativa con Editrice Bibliografica, divenuta stabile dal 1982. L'articolo dimostra che la forma preferita è Editrice Bibliografica con la B maiuscola.

English abstract

The contribution briefly analyses the complex issue of the descriptive representation of the publisher’s name in catalogues and databases. The problem is solved at the level of authority control. It takes the case of Editrice Bibliografica: the publishing house initially used the name Bibliografica in 1974., alternatively with Editrice Bibliografica, which has become stable since 1982. The article shows that the preferred form is Editrice Bibliografica with a capital B.

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La questione complessa della registrazione dei nomi degli enti

L’era digitale ha comportato una crescita esponenziale della quantità di dati e metadati bibliografici nei diversi integrated library systems, col rischio d’influire negativamente sul reperimento delle informazioni da parte degli utenti. Ciò ha reso sempre più necessario il controllo d’autorità che assicura la possibilità per il lettore d’identificare, selezionare e ottenere le diverse entità, navigando nella rappresentazione descrittiva del variegato universo bibliografico. Il concetto di authority control è mutato nel contesto del web semantico, ma corrobora la sua funzione essenziale dell’attività catalografica e di metadatazione; è il processo che riunisce in un cluster tutte le forme dei nomi utilizzati in un catalogo o in una banca dati, la forma autorizzata e le forme varianti e non autorizzate. Il cluster, che è l’oggetto risultante da un processo d’identificazione delle entità, presenta una forma preferita e tutte le altre forme, come rinvii in un contesto tradizionale o come varianti nel caso di entity modeling, in metadatazione. La tecnica di clustering applicata con i giusti algoritmi dell’unsupervised discovery è in grado di raggruppare le entità bibliografiche basandosi sui set di metadati di un record, prestandosi così a semplificare l’attività di authority control. Inoltre, se applicato al set di metadati che costituisce la formulazione di pubblicazione, il clustering potrebbe risolvere l’annoso problema della varietà dei nomi degli editori, importanti punti d’accesso per l’identificazione, la selezione e l’acquisizione delle risorse. I nomi, infatti, in particolare le forme dei nomi preferite, sono la base per la costruzione dei punti d’accesso per raggiungere i record bibliografici e altri record d’autorità; l’authority control si concretizza nella creazione di authority record registrati in un authority file per le entità agenti, ossia per le persone, gli editori, gli stampatori, i tipografi e le istituzioni, comprese quelle temporanee, quali, per esempio, i convegni e le mostre; per i luoghi; per le opere, compresi i titoli delle serie monografiche; e per i soggetti.
Il trattamento catalografico degli enti è sempre stato controverso e complesso, con una normativa non sempre chiara e, perciò, suscettibile d’interpretazione; il nome degli editori, in particolare, presenta casistiche estremamente variegate, senza dire del nome variante dei tipografi dal primo periodo della stampa a caratteri mobili alla prima metà dell’Ottocento.
REICAT, per esempio, al paragrafo 4.4.2.1A recita: “Il nome dell’editore [...] si riporta come si presenta per quanto riguarda la grafia (comprese le forme declinate ed eventuali espressioni collegate) e non si abbreviano parole o espressioni che compaiono per esteso, ma per le pubblicazioni contemporanee si indica in genere in forma ridotta all’essenziale, purché riconoscibile e identificabile con sicurezza. In particolare, si possono omettere:

  1. prenomi o titoli che accompagnano il cognome dell’editore, se non sono necessari per distinguere omonimi e la casa editrice è sicuramente identificabile con il solo cognome;
  2. le parole editore, edizioni o casa editrice e le espressioni equivalenti in qualsiasi lingua, se non sono indispensabili (p.es. se la denominazione è in forma aggettivale o risulterebbe comunque incompleta o poco riconoscibile); 
  3. indicazioni di forma giuridica e altre espressioni che non abbiano funzione distintiva. Si riportano, invece, espressioni di significato differente (p.es. libreria editrice, tipografia, officina grafica, etc.) o che comunque caratterizzano l’editore o distinguono una sua filiale o settore”.

AACR2 al punto 1.4D2 afferma: “Il nome dell’editore, distributore, etc. si dà nella forma più breve con cui possa essere inteso e identificato internazionalmente”.
RDA, Resource Description and Access, applica il principio metodologico “Take what you see” che prevede la registrazione dei luoghi di pubblicazione e dei nomi degli editori così come compaiono sulla fonte d’informazione; principio che a volte si discosta dalle istruzioni presenti nelle appendici A e B.
La normativa prende atto e si scontra con l’eterogeneità delle varianti del nome dell’editore riportate dalle fonti d’informazione in parti diverse della medesima risorsa. La presenza in diversi luoghi del paratesto di dati presentati in forme diverse, ovvero la discrepanza fra la forma dell’editore che compare sul frontespizio e quella che compare sul verso, è una situazione bibliografica largamente diffusa. La sua resa descrittiva costituisce un problema complesso, che riguarda la dimensione interpretativa e non solo trascrittiva della catalogazione. Raggiungere l’uniformità descrittiva è problematico e perciò non è raro, come vedremo tra poco in alcuni esempi, che la rappresentazione del medesimo ente sia difforme nei record prodotti all’interno dello stesso catalogo.
La formulazione sulla risorsa del nome degli editori può presentare, nel tempo, lievi modifiche che non comportano un cambiamento di nome. Altre volte una modifica esprime la cessazione dell’ente sotto il nome precedente e la sua nuova esistenza con la nuova designazione; in questo caso le due denominazioni esprimono due entità distinte. Il cambiamento di nome negli enti è conseguente a un loro cambio strutturale, per esempio, un cambio di proprietà; cambia il nome dell’ente per una qualche ragione e di conseguenza cambia la sua denominazione. È, perciò, necessario appurare quando avviene la soluzione di continuità, ovvero quando le modifiche del nome sono così rilevanti da costituire un altro ente; minime modifiche, invece, vengono risolte tramite il processo del controllo d’autorità. Il meccanismo del cluster, di cui abbiamo parlato sopra, infatti, consente l’identificazione univoca dell’entità editore, poiché riunisce tutte le varianti con le quali il suo nome viene rappresentato in ambito catalografico. In era digitale non è più necessaria una scelta aprioristica di un’unica voce d’autorità controllata; la sua scelta dipende dal contesto entro cui si pone il catalogo; ciò è un bel passo in avanti che consente molta più libertà che in precedenza, in particolare permette di personalizzare l’uscita dei dati descrittivi e d’accesso in ogni contesto distinto.

Il caso Editrice Bibliografica

Il nome Editrice Bibliografica – un editore ben conosciuto dai bibliotecari in quanto legato al mondo del libro, delle biblioteche e dei bibliotecari, ultimamente anche degli archivisti e di altre comunità professionali e scientifiche – è presente nella descrizione catalografica di BNI, SBN, di vari repertori e nelle citazioni bibliografiche in una molteplicità di forme: Bibliografica, Ed. Bibliografica, Editrice bibliografica (b minuscola) ed Editrice Bibliografica (B maiuscola). Condividono la stessa sorte tante altre case editrici che hanno il termine Editrice nel nome, come, per esempio, Editrice Salentina, presente in SBN in formulazioni dissimili: Ed. salentina, ed. Salentina, Editrice Salentina, quest’ultima, con la S maiuscola, è la più occorrente. Altro caso è l’Editrice Morcelliana: in SBN si trovano le formulazioni Editr. Morcelliana, editr. Morcelliana, ed. Morcelliana, Editrice Morcelliana, Morcelliana. Ugualmente la Casa Editrice Ambrosiana presenta forme dissimili, quali Casa editrice ambrosiana, casa ed. ambrosiana, edit. ambrosiana, editrice ambrosiana, Ambrosiana editrice, CEA Casa editrice Ambrosiana, Ambrosiana. Gli esempi citati, campione di una casistica molto ampia, dimostrano la mancanza di coerenza, ovvero di uniformità, nella rappresentazione descrittiva del nome dell’editore all’interno dei cataloghi, delle banche dati e dei repertori.
Si tratta di una rappresentazione descrittiva comune a quegli editori che presentano la struttura linguistica ricordata, proprio a causa di una normativa (forse inevitabilmente) poco chiara; i catalogatori sono costretti così a districarsi tra i numerosi esempi contenuti nelle norme e ciò rende il processo descrittivo assai complicato, oltre che dispendioso in termini di tempo, energie e costi, nonché poco funzionale, se non straniante, per il lettore. Per questi motivi è importante raggiungere l’uniformità descrittiva almeno all’interno della stessa agenzia bibliografica.
Discutere su questi dettagli può sembrare inutile, ma la qualità della catalogazione risponde a (e dipende da) criteri filologici, che comportano il rispetto, nella descrizione, della forma dei dati così come compare sulla fonte d’informazione. Per esempio, per quanto riguarda la registrazione del nome degli editori, RDA, Resource Description and Access, per la descrizione prevede di adottare il principio metodologico “take what you see”, mentre per la creazione del punto d’accesso preferito (quindi uniforme all’interno del medesimo contesto entro cui si pone il record d’autorità) prevede la loro normalizzazione con una forma del nome che prescinde, pertanto, dalla formulazione che compare sulla fonte. L’uniformità della voce è demandata all’authority control, quindi è spostata su altro piano. In generale, nella parte descrittiva il nome dell’editore, come gli altri attributi dell’entità, dovrebbe essere sempre meno manipolato con ricorso a omissioni e ad abbreviazioni, prassi dovuta dai tempi di Cutter, e ancor da prima, a ragioni di economia. Le descrizioni su scheda cartacea di formato internazionale (struttura e visualizzazione riprese pedissequamente dai cataloghi elettronici di prima generazione), condizionate dalla dimensione fisica, infatti, obbligavano a selezionare le entità e gli attributi da registrare e imponevano la normalizzazione dei dati, sempre per risparmiare spazio, con omissioni e abbreviazioni quando e dove possibile. Oggi, in era digitale, tutto ciò non ha più senso. RDA, per esempio, registra per esteso ciò che trova sulle fonti d’informazione; per esempio, registra Giulio Einaudi Editore quando compare con questa formula. Il rispetto della forma di rappresentazione della risorsa bibliografica, sia un libro a stampa, un ebook o una musica notata, è essenziale per gli studi di storia editoriale e tipografica, ha un importante valore culturale.
È ovvio che ciò che conta è la sostanza dell’informazione, ma la sua rappresentazione, l’abito della descrizione, è importante, soprattutto, ripetiamo, per la qualità del risultato finale.
Nel caso di Editrice Bibliografica, BNI e SBN da qualche anno hanno finalmente abbandonato la forma Bibliografica usata per decenni e hanno adottato la forma Editrice bibliografica. Un bel passo in avanti, giacché la forma Bibliografica è esistita solo sui frontespizi dei primi libri editi dalla casa editrice milanese. Bibliografica, tuttavia, è una parola molto usata anche oggi nella citazione di molti bibliotecari, soprattutto di quelli di lungo corso, ed è usata nel dominio postale (@Bibliografica. it).
Come ricorda Giuliano Vigini, cofondatore della casa editrice e sua magna pars per anni, il copyright, fin dal primo libro, è sempre stato Editrice Bibliografica mentre sul frontespizio compariva generalmente Bibliografica. Talvolta, scrive Vigini, compariva una forma e talvolta un’altra e la scelta dell’una o dell’altra denominazione era basata solo su questioni pratiche come, per esempio, la dimensione del libro: piccoli formati presentavano Bibliografica, quelli più grandi la formula estesa Editrice Bibliografica. Non c’è, in altre parole, una prima denominazione (Bibliografica) e una seconda (Editrice Bibliografica), poiché, come ragione sociale, è esistita soltanto la seconda. Nessuna soluzione di continuità per la Bibliografica, nessun fallimento, nessuna rifondazione, bensì un’operazione editoriale, una preferenza grafica della proprietà maturata nell’arco di una decina di anni a favore della denominazione Editrice Bibliografica: stessa sede, stesso personale, stessa mission. Bibliografica, pertanto, prosegue Vigini, rappresenta solo una variante del nome dell’ente e non un ente diverso da Editrice Bibliografica. La casa editrice ha usato unicamente e coerentemente il nome Editrice Bibliografica dal 1982. Il sito web della Editrice Bibliografica non riconosce nessuna soluzione di continuità e pone il 1974 come data d’inizio dell’azienda: “L’Editrice Bibliografica festeggia vent’anni di attività con un catalogo storico delle sue edizioni, dal 1974 al 1994”. Luigi Crocetti, curatore del Catalogo storico evidenzia, con un poi entro parentesi quadre, la differente denominazione che compare sui libri post 1982 che proseguono la pubblicazione di opere in più volumi inizialmente usciti con la formulazione Bibliografica.
Siamo, dunque, in presenza del medesimo ente: allora la formulazione è Bibliografica o Editrice Bibliografica? Dato che in poco meno di quarant’anni di attività la forma prevalente è Editrice Bibliografica, si pone solo il problema di come registrare la b di Bibliografica (termine che compare sempre in maiuscolo sulle pubblicazioni della casa editrice): in minuscolo (scelta del Catalogo storico) o in maiuscolo (soluzione preferita da Giuliano Vigini)? Insomma: Bibliografica è un aggettivo o un sostantivo o, meglio, un nome proprio? Nel primo periodo della casa editrice compariva sul frontespizio Bibliografica con la B maiuscola e ciò corrobora l’idea che si tratti di un nome proprio o di una parte del nome proprio dell’ente Editrice Bibliografica usato anche da solo. La comparsa del termine Editrice prima di Bibliografica depone, pertanto, per la rappresentazione descrittiva del nome dell’editore come Editrice Bibliografica. Questa è la forma del nome preferita che, nella rappresentazione descrittiva, viene impiegata da numerose biblioteche e agenzie bibliografiche del mondo, a cominciare dalla Library of Congress e da Casalini Libri.


Ringrazio Giuliano Vigini per la sua preziosa testimonianza, Franco Neri, Tiziana Possemato e Francesca Sorrentino per i loro suggerimenti, Denise Biagiotti per il suo aiuto redazionale; gli amici con cui per lungo tempo ho discusso sul tema del trattamento catalografico degli enti e di quello degli editori in particolare.