Le migrazioni dei testi. Scrivere e tradurre nel XVI e XVII secolo
Biblioteca civica. Patrimonio studi di Cento. alessia.bergamini@studio.unibo.it
Abstract
Recensione di Alessia Bergamini del libro di Roger Chartier, Le migrazioni dei testi. Scrivere e tradurre nel XVI e XVII secolo, Roma, Carocci, 2020, 161 p.
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Il volume è uscito nel 2020 all’interno della collezione “Frecce”, collana di Carrocci inaugurata nel 2003 che accoglie saggi e monografie afferenti a diverse aree di conoscenza, dove nel corso di quasi vent’anni sono stati pubblicati numerosi studi relativi alla storia del libro e della lettura, così come approfondimenti sulla letteratura, tra i quali Aldo Manuzio. L’uomo, l’editore, il mito di Martin Davies e Neil Harris, Il Novecento dei libri. Una storia dell’editoria in Italia di Irene Piazzoni e La mano dell’autore, la mente dello stampatore. Cultura e scrittura nell’Europa moderna dello stesso Chartier, per ricordare alcune delle pubblicazioni più recenti.
Roger Chartier è uno studioso e un accademico di fama acclarata. Specializzato in storia moderna, si occupa principalmente di storia del libro utilizzando un approccio multidisciplinare che considera aspetti filologici, socioculturali e bibliologici. Nel corso della sua carriera ha insegnato presso l’École des hautes études en sciences sociales e al Collège de France, oltre ad aver tenuto lezioni negli Stati Uniti, in Messico, in Argentina, in Brasile e in Spagna. Per quanto riguarda la produzione bibliografica, tra i suoi scritti più importanti si devono citare l’Histoire de l’édition française in quattro volumi, realizzata con Henri-Jean Martin e l’Histoire de la lecture dans le monde occidental, con Guglielmo Cavallo.
In Le migrazioni dei testi, Chartier prende in esame casi che affondano le radici nel mondo iberico, per poi seguirne le tracce attraverso coordinate culturali e sociali, senza mai trascurare gli aspetti filologici e bibliologici, applicando con rigore scientifico il metodo di indagine che contraddistingue i suoi lavori. L’opera si apre con l’introduzione, seguita da quattro capitoli, ognuno dei quali dedicato a uno specifico caso di migrazione, ai quali se ne può aggiungere un quinto se si considera anche l’epilogo del volume. In questa ultima parte, infatti, l’autore non si limita a riassumere quanto presentato in precedenza, ma porta all’attenzione del lettore un ulteriore caso-studio: alla fine risultano messe in evidenza cinque azioni chiave attraverso cui viene analizzato il trasferimento dei testi, ossia pubblicare, rappresentare, tradurre, adattare e riscrivere. Come dichiarato nella parte introduttiva, la pubblicazione è il frutto della raccolta di alcuni studi presentati nei workshop di The History of Material Text organizzati da Peter Stallybrasse e dalla Penn Libraries, legati alla University of Pennsylvania: il capitolo “Pubblicare. Le sette vite della Brevissima relazione della distruzione delle Indie” è stato presentato nel 2013 con il titolo Bartolomé de Las Casas’ “Brevíssima Relaciín” between Sevilla, Antwerp and London; il secondo capitolo “Rappresentare. Fuente Ovejuna” è rientrato nel ciclo di seminari del 2012 con il contributo Chronicle and Comedia, Stage and Page: Fuente Ovejuna; “Adattare. Don Chisciotte e le marionette di Lisbona” trova corrispondenza nel saggio Don Quixote in Lisbon (1733): Antonio José da Silva, the Puppet Theater of the Bairro Alto, and the Cells of the Inquisition portato nel workshop del 2010. A questi tre studi è stato aggiunto il terzo capitolo, “Tradurre. Dall’Oráculo manual all’Homme de cour”, oltre all’introduzione e all’epilogo, a cui si accennava sopra.
Nel primo capitolo, Chartier indaga le migrazioni dei testi considerando le differenti fasi inerenti alla pubblicazione analizzando la vicenda della Brevissima relazione di Bartolomé de Las Casas, in cui si considerano elementi socio-culturali per restituire il senso dell’opera nello sviluppo diacronico. Attraverso questo procedimento appare chiaro come questo lavoro e le sue riedizioni continuino a essere interessanti sia per gli editori sia per il pubblico a causa dell’interpretazione che di volta in volta viene loro attribuita dal contesto culturale e politico, tornando a essere significanti, seppure il senso originale sia stato riadattato e reinterpretato. Allo stesso modo emerge come alcune delle scelte editoriali vengano prese a seconda delle volontà e delle motivazioni che si pongono alla base della stampa dell’opera, altresì, rintracciando le origini di un’edizione si pongono le fondamenta per capire il successivo sviluppo di una tradizione e del perché certe versioni abbiano più fortuna rispetto ad altre. Un ulteriore fattore di interesse nello studio di Chartier è che viene effettuato un confronto non solamente con le differenti versioni della stessa opera, ma anche con testi similari circolanti nel medesimo periodo, così da mettere in evidenza attinenze e discrepanze con lavori analoghi.
In “Rappresentare. Fuente Ovejuna”, così come nel quarto capitolo dedicato alle marionette, si intravede l’interesse dello studioso verso il mondo del teatro: in questo caso si indaga sulla migrazione di un evento da fatto di cronaca a testo teatrale. Nel capitolo non ci si limita a trattare della rappresentazione, ma si mettono in luce tutti gli elementi di criticità che si trovò ad affrontare Lope de Vega, autore della commedia Fuente Ovejuna, quando si confrontò con il mondo dell’editoria e della stampa, quali il diritto d’autore, il plagio, il furto di nome o i diritti di stampa. Con questo saggio Chartier riesce a far emergere in modo lampante come i testi non si muovano in modo lineare, ma spesso l’azione di molti e diversi agens modifichi le strutture e le traiettorie nella trasmissione delle opere, portando a ramificazioni complesse e percorsi inaspettati.
Il capitolo successivo, “Tradurre. Dall’Oráculo manual all’Homme de cour”, tratta del volumetto Oràculo manual y arte de prudencia di Baltasar Garcián e della sua traduzione in francese a opera di Amelot de La Houssaye: in questo caso la migrazione del testo si confronta con l’interpretazione e la comprensione da parte del traduttore, oltre a dover fare i conti con la trasposizione di espressioni tipiche spagnole o passi particolarmente ermetici in una lingua altra. Le questioni affrontate nel secondo e nel terzo capitolo, rispettivamente “Rappresentare” e “Tradurre” vengono a condensarsi in “Adattare. Don Chisciotte e le marionette di Lisbona”, che tratta dell’adattamento di un’opera narrativa per il teatro delle marionette, e, altresì, della trasposizione da lingua spagnola a portoghese. Antônio Josè da Silva, autore della Vita do grande Dom Quixote de la Mancha e do gordo Sancho Pança, affronta il testo spagnolo del Don Chisciotte per poi trarne una pièce teatrale da interpretare con le marionette del Teatro do Barrio Alto di Lisbona, ma questa operazione si pone oltre alla semplice traduzione e alla rappresentazione, infatti, inserendo elementi di carattere biografico e soluzioni artistiche innovative, da Silva arriva a un vero rimaneggiamento dell’opera originale, che si configura proprio come adattamento.
A conclusione del volume si trova l’“Epilogo. Riscrivere. Cervantes, Menard, Borges” dove Roger Chartier porta all’estremo le possibili vie delle migrazioni dei testi, presentando il caso di Pierre Menard, autore del Don Chisciotte, ovvero la riscrittura di un’opera da parte di un altro autore. Attraverso i differenti esempi presentati nella monografia è possibile analizzare i processi che caratterizzano le migrazioni tenendo in considerazione tutti gli attori coinvolti e l’importanza dei fattori socio-culturali, senza mai perdere di vista gli aspetti strettamente legati alla storia del libro. Inoltre, alla fine si può notare come la struttura e l’ordine dei cinque capitoli costituiscano un climax ascendente: i testi sono elementi fluidi e durante il divenire storico passano attraverso diversi tipi e gradi di manipolazione, da quello meno invasivo che tenta di aderire il più possibile all’originale, fino a quello che si discosta in modo netto e dichiarato dall’opera prima, come nel caso della riscrittura. Leggere Chartier ci ricorda quanto sia importante studiare un manufatto disvelando tutti i nessi e le interconnessioni che si sono stabilite nel processo storico.