Un pezzo della CGIL
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È stato il segretario generale Gianni Peracchi, a chiusura dell’incontro pubblico del 4 novembre scorso in occasione della sua riapertura, a definire la biblioteca “Di Vittorio”, completamente rinnovata, “un pezzo della CGIL” di Bergamo.
Un gran bel modo per riconoscere e riaffermare il posto della biblioteca dentro il sindacato. La biblioteca non è altro, ma è essa stessa CGIL, elemento organico e vivo al suo interno. Questo “pezzo di CGIL” è fatto da circa 10.000 volumi sulla storia del sindacato, la contrattazione, il mondo del lavoro, l’economia, la storia delle donne, il fascismo e l’antifascismo, la resistenza e tanto altro e da più di 400 periodici, alcuni dei quali ormai introvabili altrove.
Si tratta di una raccolta unica per la città di Bergamo e per il suo territorio che, grazie all’intuizione e all’impegno della segreteria della CGIL bergamasca e a un consistente contributo regionale ottenuto a seguito della presentazione del progetto di riordino, ha preso nuova vita.
La biblioteca riaperta al pubblico il 4 novembre scorso è completamente diversa dalla precedente, che aveva comunque assicurato la raccolta e la conservazione del materiale interessante e specifico che la caratterizza. Lo aveva fatto ordinando i libri secondo un criterio sequenziale di accesso, con l’eccezione di alcuni fondi, ricevuti in donazione, ai quali era stato assegnato uno spazio apposito. I periodici non avevano ricevuto trattamenti specifici e non erano né inventariati, né catalogati. Si trattava di una biblioteca che consentiva all’utente solo un utilizzo mediato dal bibliotecario, un luogo difficile da leggere per chi ci entrava.
Da queste osservazioni condivise con il segretario generale della Camera del Lavoro e con la segreteria, quando sono stata interpellata per ripensare la biblioteca è iniziato il progetto per fare della “Di Vittorio” una biblioteca a scaffale aperto per mettere l’utente in condizione di muoversi in autonomia. Lo si è fatto usando la Classificazione decimale Dewey, dettagliata coerentemente con la tipologia di una biblioteca specializzata.
Il lavoro, durato circa un anno, ha richiesto un’intensa attività di catalogazione e di ricollocazione e una completa razionalizzazione e riorganizzazione dello spazio. La radicalità dell’intervento ha permesso di analizzare tutto il materiale, di scartare libri non utili, di recuperare i periodici, di valorizzare documenti difficilmente reperibili altrove.
Oggi la biblioteca della CGIL è uno spazio gradevole, riordinato e alleggerito che racconta una parte importante della storia della CGIL di Bergamo e si rivolge a chiunque voglia avvicinarsi, anche solo per curiosità, alla sua raccolta. Gli scaffali, opportunamente riorganizzati con la CDD, la segnaletica, il catalogo online rivisto e aggiornato, raccontano di una raccolta interessante e lo spazio è pronto ad accogliere le novità che la biblioteca acquisirà, coordinandosi con le altre biblioteche del territorio, ma mantenendo e valorizzando la propria specificità.
Non si tratta certo di banalità se si pensa che prima dell’intervento i libri, allineati in base al loro arrivo in biblioteca, risultavano di fatto utilizzabili solo per chi sapesse cosa cercare e che cosa chiedere.
L’intervento ha già destato l’interesse del mondo universitario, come ben sottolineato nell’intervento di Lucio Imberti, ordinario di diritto del lavoro all’Università di Bergamo, intervenuto all’inaugurazione. La nuova “Di Vittorio” è stata rappresentata come l’opportunità, il punto di incontro con il mondo del lavoro, luogo di scambio, di confronto e di conoscenze.
Con la biblioteca, che già oggi possiede una interessante raccolta di tesi di laurea sul mondo del lavoro (e in particolare su quello bergamasco) saranno possibili, ha sottolineato Imberti, progetti con l’università che ne valorizzeranno ruolo e presenza.
Ulteriori campi di azione si prospettano nei dialoghi che la biblioteca potrà avviare con le associazioni del volontariato, le scuole del territorio, la terza università, le associazioni dei consumatori e le istituzioni culturali, come immaginato anche da Cristina Rota, responsabile del centro di catalogazione del sistema urbano di Bergamo, intervenuta all’inaugurazione e che ha accompagnato sin dall’inizio il progetto con consigli preziosi anche condividendo con convinzione e competenza la scelta di usare la CDD per ricollocare tutto il patrimonio.
Ma sarà soprattutto il sindacato che potrà trarre beneficio dalle sue risorse: come ben argomentato da Mara D’Arcangelo, nuova responsabile della biblioteca, la biblioteca vuole e deve diventare lo strumento principale di formazione e informazione per il sindacato. Non si tratta solo di un auspicio: la segreteria si è impegnata a riconsegnare a Bergamo una risorsa che ricominci a dialogare concretamente con le tutte le altre biblioteche, mettendo a disposizione di chi vi accederà anche banche dati come quella appena predisposta da Across - Concept (ex Ires Lucia Morosini), che raccoglie e organizza, attingendo da fonti istituzionali o comunque accreditate e dai bilanci comunali, circa 200 indicatori socioeconomici a livello europeo, nazionale, regionale e locale. Questa banca dati, aggiornata periodicamente, consentirà a sindacalisti, studiosi, lavoratori, studenti di accedere a dati relativi al mercato del lavoro e del sistema produttivo della provincia di Bergamo e di effettuare comparazioni di ordine temporale e per ambiti diversi (tra comune e comune, tra regione e provincia, tra città e stato). Altro elemento qualificante è, già da adesso, il rapporto tra la biblioteca e il ricco archivio storico della CGIL in fase di riordino. Tutto questo è stato possibile grazie all’attività e alle competenze del gruppo di persone con le quali ho lavorato: Marco Toscano, segretario organizzativo CGIL, che ha seguito costantemente il procedere del lavoro; Davide Capotorto, che si è occupato della catalogazione e che ha coordinato la ricollocazione di tutto il materiale; Mara D’Arcangelo, nuova responsabile della biblioteca, che ha lavorato per la riorganizzazione degli spazi e la ricollocazione; Giuseppe Carbone, volontario e stagista dell’Università degli studi di Milano, che ha curato in particolare la sistemazione dei periodici e l’etichettatura; Caterina Doni, che ha lavorato intensamente alla ricollocazione di tutto il materiale librario e la cui attività è stata determinante per riaprire nei tempi immaginati la biblioteca.
Suggerimenti preziosi sono poi arrivati da Cristina Rota, responsabile del Centro di catalogazione del Sistema urbano di Bergamo; Orazio Bravi, che ha diretto per anni la biblioteca Angelo Mai di Bergamo e Maria Laura Trapletti oggi referente per regione Lombardia della rete nazionale delle biblioteche e precedentemente Referente del Polo regionale lombardo di SBN. Percorsi differenti, competenze, idee, proposte, ragionamenti si sono incrociati, mischiati, a volte scontrati e alla fine hanno dato vita a quel pezzo di CGIL che, ne sono certa ed è stata la convinzione che ho avuto sin dall’inizio quando ho accettato di elaborare il progetto qui raccontato, potrà essere un pezzo non solo del sindacato, ma della città e delle biblioteche di Bergamo: una nuova, bella, intrigante piazza del sapere.
L'organizzazione dei documenti
Il complessivo ripensamento della biblioteca “Di Vittorio” della CGIL di Bergamo ha previsto, come è già stato scritto, un radicale ripensamento della organizzazione dei volumi presenti in biblioteca. Si è passati da un criterio che prevedeva una totale corrispondenza tra numero di inventario e collocazione, vale a dire da un criterio sequenziale di accesso, a un’organizzazione del materiale basata sulla Classificazione decimale Dewey.
L’edizione della CDD utilizzata per il lavoro di classificazione è stata la ventunesima, quella attualmente in uso nel polo di appartenenza della biblioteca “Di Vittorio”, il Polo regionale Lombardia (LO1). Prima di poter collocare i volumi tramite CDD è stato necessario individuare, e successivamente classificare, tutte quelle notizie prive della edizione ventunesima della CDD. Delle circa 10.000 notizie localizzate in biblioteca, solo la metà circa aveva, tra i suoi punti d’accesso, un legame con la CDD 21.
Il grado di dettaglio richiesto da una biblioteca come quella della CGIL di Bergamo ha costretto non di rado a un lavoro di costruzione di numeri complessi, in particolare modo a partire da alcuni numeri della CDD, come il numero 331.8904 (Contrattazione e controversie collettive secondo l’industria e la professione), a partire dal quale si è non di rado dovuto costruire il numero relativo all’industria e/o alla professione corrispondente. In maniera simile si è operato con i numeri relativi agli aspetti afferenti al diritto del lavoro, e in modo particolare a partire dalla Contrattazione collettiva (344.0189); stesso discorso vale per i numeri costruiti a partire dal numero 338.7 (Imprese) o dall’intervallo di numeri 338.1-4 (Specifici tipi d’industria), o ancora 331.7 (Lavoro secondo l’industria e la professione) o, giusto per fare un ultimo esempio, 331.881 (Sindacati secondo l’industria e la professione).
Come è facilmente intuibile, una biblioteca come la “Di Vittorio” possiede un patrimonio fortemente connotato. A farla da padrona è la classe 300 (Scienze sociali), al cui interno trova grande rappresentanza la divisione 330 (Scienze economiche). All’interno della divisione 330 indiscussa protagonista è la sezione 331 (Economia del lavoro).
L’elevato grado di dettaglio nell’utilizzo della CDD ha consentito, quantomeno nella maggior parte dei casi, di evitare elevati numeri di record con la stessa segnatura di collocazione, per quanto, almeno per alcuni casi, non è stato sufficiente per evitare del tutto il problema. La collocazione, che inizialmente prevedeva uno schema del tipo: numero di classe + ordinamento alfabetico in base alle prime tre lettere del cognome dell’autore (o, in sua assenza, in base alle prime tre lettere del titolo), si è rivelata insoddisfacente per gestire la biblioteca nel suo complesso, e in modo particolare alcune sue sezioni, si pensi in particolare modo a numeri come 331.880945 (Sindacati Italia) o 335.4 (Sistemi marxisti). Nel primo caso l’autore principale corrispondeva spesso e volentieri al sindacato stesso, nel secondo ai grandi nomi del marxismo. Per evitare di trovarsi di fronte a grossi gruppi di volumi con identica segnatura si è deciso di introdurre un book number, di modo che ogni volume risultasse dotato di un numero di chiamata univoco: a ogni nuovo libro aggiunto in una particolare classe, che condivideva con uno o più volumi già presenti in biblioteca il medesimo numero di classe e la medesima intestazione, è stato aggiunto un numero progressivo, di modo che fosse da questo o da questi distinguibile in maniera univoca. Così al primo volume collocato in 331.880945 intestato alla CGIL è stato aggiunto il numero 1 (331.880945 CGI 1), al secondo il numero 2 (331.880945 CGI 2), e via dicendo. Il book number deve servire a:
- disporre i libri in ordine sullo scaffale;
- fornire un breve e accurato numero di chiamata per ciascun libro;
- identificare un particolare libro sullo scaffale;
- fornire un simbolo per il prestito dei libri ai lettori;
- facilitare il riposizionamento dei libri sullo scaffale;
- aiutare all’identificazione rapida di un libri quando si fa il controllo inventariale.
Inoltre, il book number distingue ciascun libro da qualsiasi altri della stessa classe (Barden, 1937. Cit. da Bianchini, 2017).
Il combinato disposto di un elevato grado di dettaglio nella costruzione dei numeri della CDD, unitamente all’utilizzo del book number, ha consentito di trovare un equilibrio funzionale tra accessibilità nei confronti dell’utenza e rispetto della vocazione specialistica della biblioteca.
Davide Capotorto