Il segno scritto. Dai graffiti all'alfabeto
Bibliotecaria presso la Biblioteca di archeologia e storia dell’arte, Roma, vittoria.sagaria@libero.it
Abstract
Recensione di Vittoria Sagaria al libro di Giovanna Negri, Il segno scritto. Dai graffiti all'alfabeto, Bari, Edizioni dal Sud, 2022, 198 p.
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Il linguaggio umano… è la base di ogni vita sociale, ma la scrittura registra il linguaggio per trasmetterlo al di fuori della ristretta cerchia delle persone immediatamente vicine nel tempo e nello spazio, ed è perciò un fatto sociale. Questo è il più importante punto di contatto tra la lingua e la scrittura.
Questa citazione di David Diringer andrebbe posta in esergo al bel volume di Giovanna Negri interamente dedicato alla storia del segno scritto, dai primi graffiti all’alfabeto. L’autrice si pone come obiettivo quello di prendere in considerazione l’evoluzione del segno, partendo dal naturalismo dell’età primitiva, sino a giungere alla modalità alfabetica della lingua latina, e lo fa attraverso considerazioni che ne esplicano le motivazioni e la loro possibile o dichiarata analogia con le forme artistiche del medesimo periodo. Giovanna Negri evidenzia fin dal principio di questo lavoro che esiste, già prima della scrittura in senso stretto e limitato al nostro comune modo di intenderla, una scrittura da intendersi invece come rapporto tra segno e ricordo. Oltre, perciò, alla scrittura trascrizione funzionale all’atto mnemonico, esiste una scrittura prima della lettera, del fonema, che si relaziona strettamente all’atto del ricordare. La necessità di attribuire un nome alle cose per riconoscerle stabilmente è stato uno dei primi bisogni dell’uomo e il disegno si prestava facilmente, come conseguenza naturale a rappresentare la parola. Ed è proprio da qui che muove l’autrice nel suo lavoro considerando che, se i graffiti rupestri dei cacciatori del paleolitico o i glifi ritrovati su dolmen e menhir dei pastori del neolitico non si possono ancora chiamare scritture, tuttavia possono essere di certo interpretati come precisa volontà da parte dell’uomo preistorico di comunicare un significato precipuo dell’esistere umano, intriso di ispirazione mistico religiosa, o semplicemente di paura, o soltanto un desiderio di ricordo di avvenimenti vissuti in prima persona. Ma graffiti, pittogrammi, incisioni, segni fonetici, alfabetici e non, tutti sono caratterizzati da una loro specificità visiva e ciascuno in maniera propria a giudizio dell’autrice vale a separare la storia dell’umanità in due momenti fondamentali. Il primo che lei stessa definisce di natura, proprio delle civiltà esistite prima della scrittura ed un altro di cultura, caratteristico delle civiltà che hanno fatto uso della scrittura, intesa come espressione del pensiero umano. Ed è da questa prima, imperativa distinzione che muove l’analisi e il racconto del testo. Fin dai primi capitoli l’attenzione viene incentrata sull’indissolubile rapporto tra arte e scrittura. L’animale disegnato come incisione rupestre non ha solo funzione di ricordo, ma si fa conoscenza della cosa rappresentata, sino a divenire simbolo e concetto universale di quello specifico animale. Possiamo dunque ipotizzare, si chiede l’autrice, se già nel disegno delle origini si possa ravvisare una emozione creativa, o addirittura un anelito al senso del bello. A partire da questo interrogativo muove gran parte della trattazione della prima parte dell’opera. Il segno scritto e il segno artistico seguono sin dalla preistoria percorsi sostanzialmente autonomi, ma non sempre indipendenti. Per l’autrice ogni forma di espressione umana, sia essa arte, scrittura o letteratura, è inevitabilmente e conseguentemente condizionata l’una dall’altra. Un punto di forza di questo lavoro risiede perciò senza dubbio nel piacevole e ricchissimo confronto che accompagna in maniera costante l’evoluzione del segno grafico dai suoi primordi allo sviluppo e al fiorire del segno artistico nella sua più ampia accezione. Segno grafico inteso dunque allo stesso tempo sia come scrittura alfabetica che come attività artistica. In ogni capitolo dell’opera al focus sul segno, il testo si arricchisce con la citazione di modelli artistici al fine di evidenziare la costante sinestesia tra natura e arte. Il lettore viene così accompagnato in un viaggio ideale che, muovendo dalle scritture mnemoniche di alcune civiltà aborigene, giunge fino alla civiltà latina e al suo alfabeto, che trova le sue origini nei segni importati dall’Oriente ellennico, passando per le numerose testimonianze della lingua etrusca, avvolta ancora nell’alveo dell’enigma. Ma la storia del segno grafico dell’autrice non è di tipo sociale e la sua attenzione si rivolge piuttosto a evidenziare come il segno scritto si faccia via via espressione e manifestazione di cultura, di scrittura e di forme artistiche coeve, dalle primordi modalità graffite, alle affascinanti incisioni rupestri, dalle prime scritture ideografiche ai geroglifici egizi e cretesi, passando per i segni dell’alfabeto fenicio e per i fonemi dell’alfabeto greco fino a giungere ai più riconosciuti manufatti d’arte delle gloriose civiltà della Magna Grecia. Poiché, spiega Giovanna Negri nel testo,
[…] niente più caratterizza questi arcaici segni fonetici marcati netti, separati, moltiplicati sull’asta verticale o appoggiati ad angolo; ora risalgono, ora discendono, raramente si curvano ad arco e ondulano a serpentina, chiusi a volte come un cerchio semplice e a volte crociato o si chiudono in un minuscolo anello al vertice del tratto: in miniatura sono gli stessi vuoti, la stessa profondità marcata le stesse linee nitide, rigide e distinte dei blocchi di pietra compatti e duri dei templi e, tra le lettere, come tra le pietre squadrate, le regolari pause di luce distinguono le forme chiare e scure.
Il volume merita davvero una lettura attenta perché si fa via via sempre più intessuto di rimandi a contesti storici di riferimento e a produzioni artistiche coeve, e la forma narrativa scelta dall’autrice ne rende la lettura decisamente molto piacevole. L’alternarsi prezioso e cadenzato di mito, storia, arte e archeologia accompagna le pagine del volume, correlato dalle belle immagini che ne aggiungono valore. Su tutto aleggia l’esperienza vissuta in primis dall’autrice, i suoi viaggi in terre lontane, il suo vissuto, il suo sentire.