Le risorse cartografiche: definizione, storia, catalogazione
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Abstract
Recensione di Denise Biagiotti al libro di Laura Manzoni, Le risorse cartografiche: definizione, storia, catalogazione, Milano, Editrice Bibliografica, 2022, 408 p.
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Mappa, carta geografica, documento cartografico, itinerarium scriptum: sono solo alcuni dei termini e delle formule utilizzate per denotare ciò che oggi nel lessico biblioteconomico internazionale viene definita risorsa cartografica. Il volume di Laura Manzoni deriva dalla tesi di dottorato in Studi storici delle Università di Firenze e Siena ed è articolato in cinque capitoli nei quali l’autrice affronta il tema della definizione, della storia, della catalogazione descrittiva e semantica e della classificazione delle risorse cartografiche.
Due i saggi introduttivi: il primo curato da Mauro Guerrini, tutor di Laura Manzoni durante il dottorato; il secondo da Andrea Cantile, che ha seguito la stesura dei primi due capitoli dell’opera. Guerrini sostiene che i capitoli dedicati alla catalogazione siano i più complessi e innovativi, poiché in Italia mancava una riflessione globale sul tema e, anche a livello internazionale, gli studi specifici risultano pochi e non esaustivi. Cantile descrive il testo come un percorso di avvicinamento al tema della cartografia articolato in tre tappe, che si allineano perfettamente con il titolo del volume: difficoltà nella definizione delle risorse cartografiche, sintesi storica e soluzioni proposte e attuate per la loro catalogazione.
Nella premessa, Manzoni inserisce una Nota terminologica per offrire un inquadramento della terminologia catalografica relativa alle risorse cartografiche. L’opera copre un periodo storico molto ampio che va dall’inizio dell’Ottocento fino ai giorni nostri, un periodo nel quale la terminologia catalografica ha subìto mutamenti consistenti. Il lemma risorsa, ad esempio, ha fatto la sua comparsa in area anglosassone a cavallo tra il XX e il XXI secolo come termine omnicomprensivo di qualsiasi entità facente parte dell’universo bibliografico. Il percorso per arrivare a una definizione univoca delle rappresentazioni terrestri e celesti è stato lungo e complesso. I prodotti cartografici sono stati definiti in vari modi; la terminologia tendeva a distinguerli in base alle tipologie: materiale cartografico, documento cartografico, carta geografica, globo, atlante, modelli tridimensionali ecc.
Il primo capitolo ripercorre i tentativi di dare una definizione univoca delle risorse cartografiche; la loro natura intrinsecamente eterogenea ha reso il compito molto difficile. La terminologia si è fatta via via sempre più specifica. Nell’antichità si usava il termine mappa; nell’antica Grecia geograpìa, pinax, periodòs ghès, chorographìa e topographìa. Nel mondo romano i termini mappa, formula, tabula vennero adottati per designare tipologie specifiche; essi, però, risultavano limitativi rispetto al contenuto indicato (ad esempio, potevano indicare una produzione legata alla realizzazione dei catasti). Alcune formule come itinerarium scriptum, itinerarium pictum e orbis pictum lasciano ancora aperte questioni interpretative. Nel Medioevo ricorrevano termini quali pictura, topographia, imago, descriptio e vennero coniati la locuzione mappa mundi e i termini portolano e compasso relativi a tipologie specifiche di risorse nate e diffuse in quel periodo storico. Durante il Rinascimento si fece largo uso di termini quali pianta, topographia e carta. Nel Settecento furono introdotti nuovi lemmi che richiamavano termini antichi come iconographia e hypsographia, spesso accompagnati dall’aggettivo geometrica per distinguere le nuove rappresentazioni da quelle descrittive del passato. Nell’Ottocento è stato coniato il termine cartografia da Manuel Francisco de Barros e Sousa Visconte di Santarém (1791-1856), riferito soprattutto allo studio delle mappe antiche. Il Novecento ha visto svilupparsi e consolidarsi un lessico maggiormente rappresentativo che consentiva di distinguere le diverse tipologie in base al contenuto: carte fisiche, carte politiche e carte tematiche; alla scala di rappresentazione: planisferi, carte geografiche, carte corografiche, carte topografiche, piante e mappe e al tipo di supporto: carte murali, globi, modelli tridimensionali ecc. Gli atlanti costituiscono una categoria a sé; sono raccolte di carte geografiche corredate da un testo, da tavole e diagrammi, concepite fin dall’origine come un’opera unitaria. La formula risorsa cartografica è attualmente impiegata nello standard RDA, Resource Description and Access.
Nonostante non esista un’unica classificazione esaustiva, il Glossario delle tipologie dei materiali cartografici, pubblicato dall’ICCU al termine delle Linee guida per la digitalizzazione del materiale cartografico rappresenta un importante punto di riferimento; in esso compaiono ben 65 termini per le diverse tipologie di risorsa. In ambito internazionale le fonti principali sono il Multilingual dictionary of technical terms in cartography, curato dall’International Cartographic Association nel 1973; lo standard l’International Standard Bibliographic Description for Cartographic materials (ISBD(CM)) pubblicato dall’IFLA nel 1977; il manuale Cartographic materials a manual of interpretation for AACR2, edito dall’Anglo-American Cataloguing Committee for Cartographic Materials nel 1982; e infine l’opera Cartographical innovations. An international handbook of mapping terms to 1900, curata da Helen M. Wallis e Arthur M. Robinson.
Manzoni dedica ampio spazio alla monumentale The history of cartography di John Brian Harley (1932- 1991) e David Woodward (1942- 2004), il cui primo volume è stato pubblicato nel 1987. L’opera costituisce ancora oggi un riferimento imprescindibile per lo studio della cartografia. In essa gli autori hanno definito le mappe come “rappresentazioni grafiche che facilitano la comprensione spaziale di oggetti, concetti, condizioni, processi o eventi del mondo umano”. Grazie a questa definizione, influenzata dai coevi studi di sociologia, le mappe si sono trasformate da mere rappresentazioni del reale in strumenti di conoscenza della storia culturale dell’uomo. Il primo capitolo si chiude con due paragrafi che delineano i profili storiografici degli studi cartografici internazionali e italiani. Il secondo capitolo è organizzato come un compendio organico di storia della cartografia; con un’impostazione di respiro enciclopedico, esso risulta denso di informazioni e concetti. La vastità del campo d’indagine è legata alla difficoltà di individuare i confini precisi della cartografia; qualsiasi rappresentazione terrestre, celeste o di cosmografia immaginaria deve essere valutata singolarmente per poter definire se essa rientra o meno entro tali confini. L’ampio excursus storiografico si concentra prevalentemente sul contesto dell’Europa occidentale, in particolare italiano, e su paesi come gli Stati Uniti, l’Inghilterra, la Germania e la Francia che hanno offerto i contributi più significativi in questo campo. L’autrice parte dalle forme proto-cartografiche di epoca preistorica fino ad arrivare alla cartografia digitale, alle rappresentazioni terrestri e celesti realizzate attraverso le moderne tecnologie satellitari e ai Geographic Information Systems (GIS). Questi ultimi, chiamati in Italia Sistemi Informativi Territoriali (SIT), costituiscono dei sistemi per l’acquisizione, l’archiviazione, l’analisi e la visualizzazione di dati definiti attraverso coordinate geografiche, ovvero dati georeferenziati, assistiti da un elaboratore elettronico.
Tappa fondamentale nella storia della cartografia risulta il Seicento, il secolo delle rivoluzioni scientifiche. Nonostante il conservatorismo della Chiesa cattolica, il clima di rinnovamento culturale seicentesco si espanse fino al Settecento, definito il secolo della “rivoluzione geodetica”, nel quale si affermò un nuovo modo di concepire le mappe e la loro funzione, un cambiamento di prospettiva che portò all’utilizzo del metodo scientifico all’interno della pratica cartografica. L’Ottocento vide la nascita degli Istituti cartografici nazionali. Nella Legge sul riordinamento dell’esercito e dei servizi dipendenti dell’amministrazione della guerra del 29 giugno 1882 (Gazzetta Ufficiale del Regno, 7 luglio 1882, n. 158) comparve, per la prima volta, la denominazione Istituto geografico militare (IGM), tuttora uno dei principali organi cartografici dello Stato. Tra i suoi compiti annovera la produzione e l’aggiornamento della cartografia ufficiale; la costruzione e gestione di banche dati contenenti dati geografici nazionali; la conservazione, la tutela e la valorizzazione del patrimonio cartografico nazionale. L’Istituto idrografico della Marina venne fondato con il regio decreto del 26 dicembre 1872, n. 1205 (Gazzetta Ufficiale 15 febbraio 1873, n. 46). Il Servizio geologico d’Italia nacque con il regio decreto del 15 giugno 1873, n. 1421 (Gazzetta Ufficiale 29 giugno 1873, n. 178). La Sezione fotocartografica nacque nel 1941 come 4° Reparto dello Stato Maggiore dell’Aeronautica e fu legittimata con il regio decreto del 29 marzo 1943, n. 437. Le maggiori trasformazioni nella storia della cartografia si sono prodotte tra la metà del Novecento e l’inizio del Duemila, periodo nel quale si sono sviluppate l’informatica geospaziale e le tecnologie satellitari; ne costituiscono un esempio comunemente usato i GPS, Global Positioning Systems, Google Maps e Google Earth, che hanno portato la cartografia nella quotidianità di milioni di persone.
Dalle difficoltà di definizione delle risorse cartografiche sono derivate difficoltà anche nella loro catalogazione descrittiva; tali questioni sono affrontate nel terzo capitolo. Fino alla pubblicazione dei primi codici di catalogazione nazionali le biblioteche si basavano su regolamenti interni, nella maggior parte dei casi inediti, o addirittura su pratiche non codificate. Manzoni apre il capitolo definendo le risorse cartografiche “un oggetto ai margini della catalogazione”. Da un lato, poiché risulta complesso ripercorrere la storia della loro presenza all’interno delle collezioni bibliotecarie: le prime raccolte di mappe furono infatti trattate in modo diverso rispetto al resto del materiale librario e i sistemi di organizzazione a loro dedicati si sono evoluti lentamente; dall’altro, perché la catalogazione della cartografia richiede competenze specialistiche che i bibliotecari non hanno posseduto per molto tempo. È singolare scoprire che i primi a mostrare interesse furono i geografi, la cui discussione prese avvio durante il I Congresso geografico italiano tenuto a Genova nel 1892. La comunità bibliotecaria ha cominciato a occuparsene solo dagli anni Settanta del Novecento. Infine, il valore delle risorse cartografiche è stato a lungo ritenuto inferiore rispetto a quello dei libri, dei periodici e di altri materiali bibliografici.
La prima normativa italiana sulla cartografia apparve nel 1956 nell’Appendice II delle Regole per la compilazione del catalogo alfabetico per autori delle biblioteche italiane. Si è dovuto attendere fino al 1977, anno di pubblicazione di ISBD(CM), International Standard Bibliographic Description for Cartographic Material, per poter disporre del primo standard internazionale rivolto interamente alla cartografia; aggiornato nel 1987 e tradotto in italiano nel 1992 a cura dell’ICCU, è confluito nell’Edizione Consolidata di ISBD del 2011. Esso ha costituito la base redazionale per le AFNOR Z 44-067 francesi del 1981, per le RAK-Karten tedesche del 1987 e per il Capitolo 3 delle AACR2 del 1978. Lo standard di riferimento attuale per la catalogazione di queste risorse è RDA, edito nel 2010 e continuamente aggiornato; la seconda edizione del 2020 definisce opera cartografica, “un’opera realizzata come un set di dati cartografici, un’immagine cartografica, un’immagine cartografica in movimento, un’immagine cartografica tattile, una forma tridimensionale cartografica tattile o una forma cartografica tridimensionale”. Nel 2021 è stata pubblicata ISBD: International standard bibliographic description. 2021 Update to the 2011 Consolidated Edition, un aggiornamento di ISBD Edizione consolidata nel quale risultano ampliate le disposizioni in materia di cartografia. Anche il controllo bibliografico su questo tipo di risorse ha avuto una storia non lineare. In Italia il censimento della cartografia da parte del Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa è avvenuto tra il 1915 e il 1924. In seguito, la Bibliografia nazionale italiana (BNI) la censì dal 1958 al 1962 ma solo nei cataloghi alfabetici annuali. Si era incredibilmente persa traccia di queste notizie; è proprio grazie alla ricerca di Manzoni che sono riemerse. L’opera Map librarianship di Harold Nichols cita il censimento italiano; grazie all’incontro con Diego Maltese e Gloria Cerbai, direttori della BNI, sono state riscoperte fonti dimenticate.
I capitoli 4 e 5 sono dedicati rispettivamente alla catalogazione semantica e alla classificazione delle risorse cartografiche. La prima si pone l’obiettivo di descrivere il contenuto concettuale di una risorsa attraverso una stringa di soggetto. Nell’intendimento comune l’elemento più importante, il soggetto principale di una carta geografica coincide con l’area rappresentata e la maggior parte delle ricerche degli utenti parte proprio da qui. Ma la volontà di rappresentare tutti gli aspetti della risorsa dal punto di vista contenutistico e formale si è dovuta confrontare con le molteplici tipologie di risorse cartografiche: carte fisiche, politiche, tematiche, ecc. Il capitolo 4 analizza alcuni tra i principali strumenti internazionali di soggettazione, vocabolari e thesauri di carattere generale, come ad esempio le Library of Congress Subject Headings (LCSH); in ambito italiano il maggior strumento utilizzato è il Nuovo soggettario realizzato dalla Biblioteca nazionale centrale di Firenze (BNCF). Recentemente sono stati creati anche thesauri e dataset geografici concepiti per operare nel nuovo contesto del web semantico, quali il Getty Thesaurus of Geographic Names (TNG) e GeoNames.
Il capitolo 5 è dedicato all’esame dei sistemi di classificazione; alcuni di essi, rivolti a tutto l’universo bibliografico, prevedono notazioni specifiche per il trattamento delle risorse cartografiche: tra questi, la Classificazione decimale Dewey (DDC), la Classificazione decimale universale (UDC) e la Library of Congress Classification (LCC). Altri sono stati concepiti appositamente per la cartografia, come la classificazione elaborata da Samuel W. Boggs e Dorothy C. Lewis, quella di Edward J.S. Parsons e dell’American Geographical Society; tuttavia, questi ultimi due sistemi non hanno conosciuto una grande diffusione a livello mondiale e non sono regolarmente aggiornati.
Il valore del volume è indiscutibile: Laura Manzoni colma un vuoto offrendo definizioni, notizie storiografiche, informazioni su standard, modelli, regole e altre tipologie di strumenti utili per catalogare le risorse cartografiche, un patrimonio vasto e importante dal punto di vista storico, artistico, documentario e culturale. La sua lettura risulta interessante da una prospettiva multidisciplinare, poiché le risorse cartografiche sono oggetto d’interesse di diverse istituzioni della memoria registrata: biblioteche, archivi e musei.