Dei congedi leggeri
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Ciao ragazzi,
avrei pensato a frasi di circostanza del tipo: “È stato bello, ma ora dobbiamo lasciarci” oppure a una balla spaziale come: “ho vinto un posto da bibliotecaria alle Isole Molucche, sono in partenza”.
I congedi sono l’antitesi della leggerezza, ma vorrei che questo lo fosse, leggero come una piuma, com’è del resto nello spirito di una piccola rubrica.
Questo viaggio di parole su “Biblioteche oggi” è iniziato con il numero di ottobre 2012: esattamente dieci anni fa.
Il primo pezzo si intitolava Qualsiasi razza d’individuo ovvero l’utente ha sempre ragione. Allora ero fresca di studi della scuola di specializzazione (anche se ero una studentessa già attempata) e le opere di Ranganathan, da poco tradotte in italiano, erano diventate la mia Bibbia.
Nell’arco di questi due lustri le biblioteche hanno mutato più volte pelle, un po’ come le lucertole, rinnovandola di continuo, si sono adattate a cambiamenti epocali e sono nati nuovi modi di raccontarle.
Ho amato molto questa ultima pagina, lo spazio concessomi che ha permesso di raccontare, a mio modo, le buffe dinamiche di una biblioteca di pubblica lettura con il suo bibliotecario.
Non so dirvi il momento esatto nel quale ho smesso di essere distratta e ho iniziato a osservare le dinamiche quotidiane della mia biblioteca. Qualcosa ha cominciato ad attirare la mia attenzione e mi è venuto da scriverlo. La fortuna ha voluto che trovassi chi mi prestasse benevolmente orecchio e desse fiducia, pensando che, forse, se ne potesse tirar fuori un progetto.
Allora guardavo a “Biblioteche oggi” con pura venerazione. Andare a finire lì sopra – qui sopra – è stato come essere sparata in orbita, con un razzo, direttamente sul lato oscuro della Luna.
Ero incredula. E il bello è che lo sono tuttora.
Che dire? Si è trattato di un’esperienza umana formidabile. Negli anni ho ricevuto messaggi da tanti colleghi e feedback positivi, consigli e proposte di integrazione alla mia rubrica (in particolare ringrazio di cuore Maria Letizia Putti, Giulia Visintin, Viviana Vitari e Marco Brusa). Sono anche incappata in qualche incidente diplomatico, senza ombra di dubbio, in buona fede. Del resto, mi riconosco una vena di perdurante ingenuità, nonostante la non più verde età.
Probabilmente non sempre sono riuscita a mantenere il consueto registro: la lente dell’umorismo è un magnifico strumento, ma non sempre facile da maneggiare. Cadere nell’ironia caustica è un attimo. Metterla in lagna, una frazione di secondo. Potrei continuare? Forse sì, ma correrei il rischio di ripetermi, di perdere freschezza.
È venuto il momento di lasciare questo spazio ad altri. Mi piace pensare che ci sia qualcuno disponibile a farsi avanti e a raccontare la biblioteca, con voce nuova e originale.
Suvvia! Osate! Uscite dalla vostra comfort zone (come mi piace quest’espressione!). Bruno, ci sei?
Nei titoli di coda non possono mancare i ringraziamenti. In primis a tutta la redazione della rivista e, in particolare, a Giovanni Solimine e Massimo Belotti che per primi hanno creduto in questa pagina e si sono esposti con coraggio. Poi a colei che ogni volta ha riletto il mio pezzo prima di mandarlo in stampa, correggendo refusi e togliendo un punto e virgola di troppo (ebbene sì: sono affezionata a certa punteggiatura d’altri tempi) e alla persona che è riuscita a creare sempre e magicamente un’armonia visiva nel mio testo con l’impaginazione.
Infine, last but not least, (evvai! Questa sì che ci sta bene!) ringrazio tutti i miei gentili lettori: senza di loro tutto questo non avrebbe avuto un senso. Se vi capita di passare dall’estrema Liguria di Levante, venite a trovarmi: vi porto a mangiare la mesciua (se nel frattempo non sarò partita per l’Alaska, a cercare le mie terre estreme).
Baci e abbracci,
Claudia