N.7 2022 - Biblioteche oggi | Ottobre 2022

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Adelphiana

Danilo Deana

danilo.deana@unimi.it

Abstract

L'articolo analizza la possibilità di utilizzare il machine learning allo scopo di migliorare la qualità dei cataloghi italiani, in particolare l'Indice SBN. Come esempio sono stati presi in considerazione i record bibliografici relativi ai volumi pubblicati da Adelphi tra il 1963 e il 2018. 

English abstract

The article examines the possibility of using machine learning to improve the quality of Italian catalogs, in particular that of the SBN Index. As an example, bibliographic records relating to volumes published by the publisher Adelphi between 1963 and 2018 were taken into consideration.

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Come trasformare il Catalogo dell'Indice del Servizio bibliotecario nazionale in uno strumento di riferimento

Dico spesso che quando puoi misurare ciò di cui stai parlando ed esprimerlo in numeri, ne sai qualcosa; ma quando non puoi misurarlo, quando non puoi esprimerlo in numeri, la tua conoscenza è scarsa e insoddisfacente. Può essere l’inizio della conoscenza, ma nei tuoi pensieri sei avanzato di poco verso lo stadio della scienza, qualunque sia la questione.

William Thompson, Lecture on Electrical Units of Measurement, in Popular Lectures and Addresses, London, Macmillan and Co., 1889, p. 73-136, p. 73

Negli ultimi anni l’apprendimento automatico ha smesso di essere un tema trattato solo da pochi specialisti per diventare oggetto di un interesse sempre più diffuso, soprattutto per l’uso che ne fanno le cosiddette big five: Alphabet, la compagnia cui fa capo Google, Amazon, Apple, Meta (Facebook, WhatsApp) e Microsoft.
L’apprendimento automatico può essere definito come un insieme di metodi computazionali che utilizzano l’esperienza per migliorare le prestazioni o fare previsioni. Nei libri dedicati all’argomento è sempre citato come esempio il filtro della posta elettronica grazie al quale i messaggi inopportuni o fraudolenti non sono inseriti nella casella in entrata, ma finiscono direttamente in quella dello spam. Si tratta di un modello a cui sono continuamente forniti nuovi esempi di messaggi da inoltrare o da scartare e che affina le sue capacità senza la necessità dell’intervento umano.
L’obiettivo di questo articolo è stabilire se questi metodi possano essere utilizzati anche per migliorare la qualità dei cataloghi delle biblioteche italiane. Alberto Petrucciani, il presidente della commissione che ha redatto le Regole di catalogazione italiane (REICAT) utilizzate all’interno dell’Indice del Servizio bibliotecario nazionale (SBN), li ha infatti descritti in questo modo:

Una cosa è certa: non danno l’impressione che l’insieme delle pubblicazioni prodotto dall’invenzione della stampa ad oggi sia stato accuratamente analizzato e descritto da persone competenti per poter essere consultato con fiducia dagli utenti.

I cataloghi, non permettendo sempre a chi li interroga di trovare ciò che cerca o ciò cui potrebbe essere interessato, violano quattro delle cinque leggi che stanno a fondamento della biblioteconomia: “I libri sono fatti per essere usati”, “Ad ogni lettore il suo libro”, “Ad ogni libro il suo lettore”, “Non far perdere tempo al lettore”. Essi innescano così un circolo vizioso, una sorta di ciclo di Deming alla rovescia, in cui la cattiva qualità del catalogo causa un utilizzo non ottimale delle collezioni e la loro conseguente sottovalutazione. Quest’ultima si traduce in un ulteriore peggioramento della qualità di entrambi e nella violazione della quinta ed ultima legge: “La biblioteca è un organismo che cresce”.
Per raggiungere il nostro scopo, stabilire cioè se l’apprendimento automatico possa essere utilizzato per migliorare la qualità dei cataloghi delle biblioteche italiane, esamineremo un caso concreto: le registrazioni bibliografiche presenti nel Catalogo dell’Indice SBN (OPAC SBN) relative a volumi pubblicati dall’editore Adelphi nel corso dei suoi primi 55 anni di vita: dal 1963 al 2018. Volendo salire sulle spalle di giganti, potremmo dire che ci sforziamo di adottare l’atteggiamento che Frank Wilczeck, il fisico statunitense vincitore del premio Nobel nel 2004, ha chiamato “conservatorismo radicale”. Esso

unisce l’umile disciplina del rispetto dei fatti e dell’imparare dalla Natura con la sistematica faccia tosta di usare in modo aggressivo ciò che si pensa di aver appreso, applicandolo ovunque è possibile, anche in situazioni che vanno oltre il contesto originale. Se funziona, allora si è scoperto qualcosa di utile; altrimenti, si è imparato qualcosa di importante.

Le procedure che abbiamo messo a punto hanno anzitutto lo scopo di individuare eventuali registrazioni relative allo stesso volume. Nel caso ce ne fossero, i dati presenti al loro interno sarebbero fatti confluire in una nuova registrazione che le sostituirebbe e che risulterebbe più completa di quelle da cui ha avuto origine. Le procedure, come già detto, agiscono sulle registrazioni che l’Indice mette a disposizione dell’OPAC SBN e non su quelle presenti nell’Indice stesso. Potrebbero quindi essere applicate senza interferire con il lavoro che i catalogatori svolgono all’interno dei sistemi integrati per la gestione delle biblioteche in uso negli oltre cento poli che fanno capo all’Indice. I loro benefici sarebbero invece immediatamente evidenti a chi consulta il catalogo.
Prima di proseguire, è bene precisare che il termine volume non è del tutto appropriato, anche se per comodità continueremo ad utilizzarlo nel corso di tutto l’articolo. In UNIMARC, il linguaggio per lo scambio di dati bibliografici utilizzato dall’Indice per comunicare con l’OPAC SBN, si parla piuttosto di monografie a stampa o, ancora più precisamente, di risorse testuali che non necessitano di mediazione per essere fruite e che sono state pubblicate sotto forma di volume.
Una monografia è una “risorsa completa in una sola parte, o destinata ad essere completata in un numero determinato di parti distinte”. Nel caso di monografie pubblicate in più parti, la Guida alla catalogazione in SBN - Materiale moderno prevede sia creata una notizia per la monografia nel suo complesso e un’altra per ciascuna delle parti. Qui considereremo solo le notizie relative alle singole parti.
La casa editrice Adelphi è stata fondata nel giugno 1962 da Luciano Foà e Roberto Olivetti. Foà aveva ragionato a lungo con un ristretto numero di collaboratori sul piano editoriale. Dal momento della fondazione alla pubblicazione dei primi quattro volumi è così passato meno di un anno. La vita e le avventure di Robinson Crusoe di Daniel Defoe, le Opere di Georg Büchner, Fede e bellezza di Niccolò Tommaseo e il primo tomo di Tutte le novelle di Gottfried Keller facevano parte della collana “Classici”, impostata su criteri molto ambiziosi: “Fare bene quello che in precedenza era stato fatto meno bene e fare per la prima volta quello che prima era stato ignorato”.Da quel momento in poi il numero di nuove pubblicazioni è continuamente aumentato, fino a raggiungere quota cento l’anno sotto la direzione editoriale di Roberto Calasso, iniziata nel 1971 e conclusasi il 28 luglio 2021, giorno della sua morte.
La prima anomalia che si riscontra esaminando le registrazioni presenti nell’OPAC SBN relative alle pubblicazioni Adelphi è il numero di quelle che si riferiscono allo stesso volume. Nel diagramma che segue i volumi sono raggruppati sulla base della data di pubblicazione della prima edizione o delle edizioni successive, le registrazioni sulla base della data indicata nei caratteri 9-12 del campo 100 (General Processing Data).

Figura 1 Volumi pubblicati da Adelphi nel periodo 1963-2018 e corrispondenti registrazioni bibliografiche nell’OPAC SBN

I volumi sono 3.169, le registrazioni 9.151, quasi il triplo. Della traduzione di Massimo Mila del romanzo di Hermann Hesse Siddhartha pubblicata nel 1975 all’interno della “Piccola biblioteca Adelphi” e da allora continuamente ristampata esistono 63 registrazioni, ognuna con una diversa data di pubblicazione. Secondo la Guida alla catalogazione in SBN - Materiale moderno, dovrebbe invece essercene solo una.
Per Adelphi, la presenza di un numero così elevato di registrazioni duplicate è un’ironia del caso. Roberto “Bobi” Bazlen, una delle persone che ha maggiormente contribuito a disegnarne il profilo, riteneva infatti che una casa editrice dovesse anzitutto pubblicare libri unici, “che potevano avere forma di romanzi o memorie o saggi o, in breve, di qualsiasi altro genere. Ma comunque dovevano nascere da un’esperienza diretta dell’autore, vissuta e trasformata in qualcosa che spiccasse, solitario e autosufficiente”.
Va detto che talvolta gli editori sembra vogliano complicare di proposito la vita ai catalogatori. La traduzione di Massimo Mila è stata pubblicata per la prima volta da Frassinelli nel 1945 come Siddhartha. Un poema indiano. Il titolo riproduceva quello della prima edizione tedesca: Siddhartha. Eine indische Dichtung (Berlin, S. Fisher Verlag, 1922). Il 23 dicembre 1965 Frassinelli cedette il suo catalogo ad Adelphi che ripubblicò il romanzo prima nella collana “Numeri rossi” (1973) e poi nella “Piccola biblioteca Adelphi” (1975) modificando il titolo in Siddharta ed eliminando il sottotitolo. Tutte le successive ristampe del volume sono state presentate come nuove edizioni. Nel 2012, in occasione dei cinquant’anni della morte di Hermann Hesse, fu pubblicata una versione arricchita nella “Biblioteca Adelphi” intitolata Siddhartha. Dall’anno successivo anche il volume della “Piccola biblioteca Adelphi” cambiò titolo, con il risultato di affiancare altre cinque registrazioni relative all’edizione del 2013 alle 63 già esistenti per quella del 1975.
Le registrazioni presenti nell’OPAC SBN relative alle pubblicazioni Adelphi, oltre riferirsi spesso allo stesso volume, presentano anche una seconda anomalia: la loro qualità, infatti, varia molto da una all’altra. In molti casi esse mancano dei punti di accesso considerati essenziali nella Dichiarazione di principi internazionali di catalogazione. Senza di essi, un catalogo non può svolgere le funzioni per cui dovrebbe essere stato progettato: Trovare (“Raccogliere informazioni su una o più risorse d’interesse tramite qualsiasi criterio di ricerca rilevante”), Identificare (“Comprendere chiaramente la natura delle risorse trovate e distinguere risorse simili”), Selezionare (“Determinare l’idoneità delle risorse trovate ed essere in grado di accettare o rifiutare risorse specifiche”), Ottenere (“Accedere al contenuto della risorsa”) ed Esplorare (“Scoprire risorse usando le relazioni tra di esse e dunque porre le risorse in un contesto”).
Le funzioni sono state individuate e definite dall’International Federation of Library Associations and Institutions al termine di un percorso durato oltre trent’anni e culminato con la pubblicazione dell’IFLA Library Reference Model (IFLA-LRM). Esse sono proprie di qualsiasi tipo di catalogo. Per convincersene, è sufficiente leggere quanto scritto da Ralph Stair e George Reynolds, due docenti che hanno insegnato in diverse università statunitensi, a proposito dei siti di commercio elettronico:

Un sistema di commercio elettronico di successo deve gestire le molte fasi che i consumatori affrontano durante il ciclo di vita della vendita. Al centro di qualsiasi sistema di questo tipo c’è la capacità dell’utente di cercare e identificare gli articoli in vendita, selezionarne alcuni e negoziare i prezzi, le condizioni di pagamento e la data di consegna; inviare l’ordine al venditore per acquistare gli articoli; pagare per il prodotto o il servizio; ottenerne la consegna e ricevere il supporto post-vendita.

L’unica differenza tra i cataloghi delle biblioteche e i siti di commercio elettronico sembrerebbe essere la funzione di “Esplorare”, prevista nell’IFLA LRM ma non considerata da Stair e Reynolds.
L’ambizione dei siti di commercio elettronico non è solo quella di far trovare al cliente ciò che cerca, ma anche ciò che gli potrebbe interessare, nella speranza di aumentare il volume delle vendite fornendo allo stesso tempo un servizio di consulenza. Nel caso, ad esempio, dei siti dedicati all’abbigliamento, tutti – sia quelli dei produttori più ricercati come Loro Piana, sia quelli dei produttori mass market come UNIQLO – affiancano ai singoli capi outfit accuratamente studiati (un Lookbook nel caso di Loro Piana, una sezione chiamata Adotta questo look nel caso di UNIQLO). Oltre agli outfit, sono poi proposti una serie di altri capi collegati a quello visualizzato. Avere la possibilità di scegliere tra molti prodotti è sicuramente una cosa positiva, ma chi gestisce un’attività commerciale sa bene che un numero troppo elevato di possibilità finisce per paralizzare il cliente, colpito da una sorta di sindrome di Stendhal. Egli va invece indirizzato. Da qui gli outfit e i capi che potrebbero interessare.
Per rendere possibile lo svolgimento delle cinque funzioni, i cataloghi si affidano a una base di dati in cui sono descritti gli oggetti di interesse dell’universo di riferimento, le entità, con i loro attributi e le loro relazioni.
Le entità definite nel modello concettuale messo a punto dall’IFLA sono in tutto nove. Le prenderemo in considerazione una a una attraverso un esempio concreto che ci permetterà anche di elencare alcuni degli attributi e delle relazioni previsti dal modello.
Nel momento in cui un catalogatore in servizio presso la Biblioteca del Polo di lingue e letterature straniere, una delle 17 biblioteche che fanno parte del Servizio bibliotecario d’ateneo dell’Università degli Studi di Milano, ricevesse una copia del romanzo di Thomas Mann Der Zauberberg nella traduzione di Ervino Pocar, gli attribuirebbe subito un numero di inventario e una segnatura di collocazione.
La copia è un’entità del tipo ESEMPLARE, che raggruppa gli oggetti che “recano segni destinati a veicolare un contenuto intellettuale o artistico”. Il numero di inventario (“024 13521”) e la segnatura di collocazione (“1L. GT19. D06.M001. 034”) appartengono invece al tipo NOMEN, di cui fanno parte tutte le designazioni associate alle entità.

Il numero di inventario e la segnatura di collocazione sono stati attribuiti all’esemplare nel momento in cui esso è diventato proprietà della biblioteca. Le biblioteche appartengono al tipo AGENTE COLLETTIVO, di cui fanno parte i gruppi o le organizzazioni di persone con un nome specifico e in grado di agire in modo unitario. Quando il catalogatore inizia a redigere una descrizione bibliografica a partire dall’esemplare posseduto dalla biblioteca entra in campo un altro tipo entità: la MANIFESTAZIONE. La descrizione bibliografica, infatti, non è relativa alla singola copia, ma all’insieme di risorse di cui la copia fa parte. Di qui la necessità di definire un tipo entità che comprenda appunto “gli insiemi di tutti i supporti che si presume condividano le stesse caratteristiche per quanto riguarda il contenuto intellettuale o artistico e la forma fisica” e di cui la descrizione bibliografica è un attributo.
Il tipo entità MANIFESTAZIONE è stato definito solo in tempi recenti, ma era presupposto già nei primi cataloghi a stampa. Nel caso in cui una biblioteca possedesse più copie dello stesso libro, infatti, non veniva ripetuta la descrizione, un attributo della manifestazione, ma venivano invece elencate le diverse segnature di collocazione, nomen attribuiti agli esemplari.
Le manifestazioni sono create, prodotte e distribuite da singoli esseri umani (raggruppati nel tipo entità PERSONA) o da agenti collettivi. Questi processi avvengono in uno o più luoghi e in un certo periodo, entità che fanno capo ai tipi LUOGO (“una determinata estensione di spazio”) e ARCO DI TEMPO (“un’estensione temporale con un inizio, una fine e una durata”). Nel nostro caso la manifestazione è stata creata da Arnoldo Mondadori editore a Milano nel corso del 1965. Vale la pena di sottolineare che “Arnoldo Mondadori editore”, “Milano” e “1965” sono nomen attribuiti rispettivamente a un agente collettivo, a un luogo e a un arco di tempo.
A un livello superiore di astrazione rispetto al tipo entità MANIFESTAZIONE si trovano i tipi ESPRESSIONE e OPERA. Un’espressione è “una determinata combinazione di segni che veicola un contenuto intellettuale o artistico”, mentre l’opera rappresenta “il contenuto intellettuale o artistico di una determinata creazione”. Ripercorrendo all’inverso il cammino, possiamo dire che nel caso del nostro esempio l’opera Der Zauberberg creata da Thomas Mann si è realizzata attraverso una espressione: la traduzione italiana di Ervino Pocar la cui data di copyright è il 1965. L’espressione è incorporata nella manifestazione esemplificata dalla copia posseduta dalla Biblioteca del Polo di lingue e letterature straniere.
Dopo aver imparato a conoscere le entità dell’universo bibliografico, possiamo tornare alla Dichiarazione di principi internazionali di catalogazione. Essa prevede che per ogni manifestazione sia creata una descrizione bibliografica conforme all’International Standard Bibliographic Description (ISBD), cui devono essere collegati una serie di punti di accesso relativi al titolo proprio, alla data di pubblicazione e a eventuali identificatori della manifestazione stessa. La descrizione deve essere collegata anche al titolo dell’opera, a sua volta legato al nome del creatore e a soggetti e numeri di classificazione.
Nelle registrazioni bibliografiche presenti nell’OPAC SBN non è mai riportata la descrizione bibliografica, mentre i punti di accesso relativi al titolo dell’opera, a soggetti e a numeri di classificazione sono presenti solo in poco più del 10% dei casi.
Possiamo ora riprendere l’esame delle procedure realizzate per porre rimedio alle due anomalie che abbiamo messo in evidenza, in modo da adeguare le registrazioni presenti nell’OPAC SBN a quanto previsto dalla Dichiarazione di principi internazionali di catalogazione.
Le registrazioni, prima di essere confrontate tra di loro per individuare eventuali duplicati, sono state raggruppate per autore (nei termini di UNIMARC per responsabilità principale) o, nel caso questo non sia presente, per curatore (la responsabilità secondaria). Non avrebbe senso, infatti, paragonare le registrazioni relative ai diari di Etty Hillesum, di György Lukács o di Guido Morselli per stabilire se si riferiscono o meno allo stesso volume. Basarsi oltre che sulla responsabilità intellettuale anche sul titolo della manifestazione non è possibile: i catalogatori, infatti, incorrono in tutti gli errori tipici degli antichi copisti quando trascrivono le informazioni presenti sul frontespizio.
Raggruppare per autore o per curatore le registrazioni ha permesso di evitare che il numero dei confronti aumentasse a dismisura: se la prima registrazione avesse dovuto essere paragonata a tutte le altre 9.150, la seconda a 9.149 e così via, si sarebbe arrivati a oltre 40 milioni di confronti invece dei 392.820 che si sono resi effettivamente necessari.
Ci troviamo di fronte a un problema di classificazione binaria. Si tratta infatti di assegnare gli elementi di un insieme a due diverse classi sulla base delle loro caratteristiche. Nel nostro caso, gli elementi sono i confronti tra registrazioni, le classi i confronti tra registrazioni relative allo stesso volume (i positivi) e i confronti tra registrazioni che non lo sono (i negativi). I confronti, come detto, sono in tutto 392.820. Di questi 28.050 appartengono alla prima classe, 364.770 alla seconda. La differenza tra il numero dei positivi e quello dei negativi può essere spiegata con un esempio. Le 36 registrazioni relative ai 21 volumi di Alberto Arbasino pubblicati da Adelphi hanno dato origine a 630 confronti: 26 positivi e 604 negativi. Il numero totale dei confronti corrisponde a quello delle possibili combinazioni che si ottengono avendo a disposizione 36 elementi, mentre i confronti positivi sono il risultato della presenza di cinque registrazioni de L’ingegnere in blu (“Piccola biblioteca Adelphi”), quattro di La vita bassa (“Biblioteca minima”), tre di Fratelli d’Italia (“Gli Adelphi”) e Mekong (“Piccola biblioteca Adelphi”), due di La bella di Lodi (“Gli Adelphi”), Dall’Ellade a Bisanzio (“Piccola biblioteca Adelphi”), Lettere da Londra (“Piccola biblioteca Adelphi”) e Parigi o cara (“Piccola biblioteca Adelphi”). Cinque registrazioni relative allo stesso volume danno infatti origine a dieci confronti positivi, quattro a sei, tre a due e due a una.
Nell’apprendimento automatico la soluzione di qualsiasi problema passa attraverso la creazione di un modello. Si tratta di un processo molto articolato che è stato descritto in modo comprensibile anche ai non specialisti in uno dei testi che compare sempre nelle classifiche relative ai migliori libri sull’argomento: Hands-On Machine Learning with Scikit-Learn, Keras, and TensorFlow. Per valutare la bontà di un modello di questo tipo, che potrebbe essere applicato anche alle registrazioni relative a volumi pubblicati da altri editori, si utilizza una matrice di confusione (confusion matrix) che raggruppa i risultati raggiunti in veri negativi, falsi positivi, falsi negativi e veri positivi.

 

Giudicati negativi

Giudicati positivi

Negativi

364.490

480

Positivi

585

27.465

A partire dalla matrice di confusione è possibile calcolare due misure utilizzate per farsi un’idea ancora più chiara della validità del modello: la precisione e il recupero, che in questo caso sono pari rispettivamente a 0,983 e a 0,979. La precisione si ottiene dividendo il numero dei veri positivi per la somma di veri e falsi positivi, mentre il recupero è il numero dei veri positivi diviso per la somma di veri positivi e falsi negativi. Le misure, i cui valori possono variare tra 0 e 1, devono sempre essere considerate insieme: un modello che fosse in grado di identificare esattamente solo una frazione dei positivi (alta precisione, basso recupero) o che giudicasse positivi non solo tutti quelli che lo sono, ma anche una gran parte dei negativi (bassa precisione, alto recupero) non risulterebbe infatti particolarmente utile.
I risultati raggiunti sono incoraggianti, anche per il fatto che il valore della precisione è, seppure di poco, superiore a quello del recupero. Nel nostro caso, infatti, è più importante evitare i falsi positivi che i falsi negativi: fondere tra loro registrazioni che non andrebbero fuse è diverso dal lasciare le cose come stanno.
La capacità di individuare le registrazioni relative allo stesso volume per poterle poi fondere insieme è un grande vantaggio anzitutto per la funzione di Ottenere. Se infatti un abitante di Castelnovo del Friuli, il paese in cui è nata e vive mia madre, interrogasse l’OPAC SBN per sapere quale biblioteca dei dintorni possiede una copia di Siddharta, dovrebbe esaminare 63 diverse registrazioni prima di poterlo stabilire con certezza. Chi vive in una grande città troverebbe prima quanto cerca, dato che potrebbe contare sulla presenza di un maggior numero di biblioteche nei pressi della sua abitazione.
Creare una nuova registrazione a partire dalle registrazioni relative allo stesso volume ha anche permesso di aumentare la percentuale di quelle che riportano indicazioni relative al titolo dell’opera. Si è passati infatti da 5.327 registrazioni su 9.151 a 1.980 su 3.169. Anche se le funzioni di Trovare, Identificare e Selezionare non sono ancora completamente garantite, è stato comunque fatto un passo in avanti.
Il titolo dell’opera può anche essere utilizzato per stabilire la lingua dell’espressione originale, un dato che non è quasi mai presente nelle registrazioni dell’OPAC SBN. Nel caso di Adelphi, la maggior parte delle traduzioni è dall’inglese, seguono quelle dal tedesco, dal francese e dallo spagnolo.
Il guadagno nel caso di soggetti e classi, altri due punti di accesso considerati essenziali nella Dichiarazione di principi internazionale di catalogazione, è ancora più netto. Da 1.713 registrazioni dotate di soggetto su 9.151 si passa infatti a 1.218 su 3.169. Va tenuto presente che, non essendo tradizionalmente prevista la soggettazione di romanzi e raccolte di poesie, la percentuale nel caso di Adelphi non potrà mai salire oltre la soglia del 40% (la stima è basata sulle novità pubblicate dalla casa editrice tra il 2009 e il 2018).
Per quanto riguarda la Classificazione decimale Dewey, si passa da 4.113 registrazioni su 9.151 cui è associata almeno una classe a 2.851 su 3.169, dal 45 al 90%. Con queste percentuali, la possibilità di esplorare il catalogo diventa concreta. Esplorare, come già detto, è l’ultima e più complessa funzione che un catalogo dovrebbe permettere di svolgere a chi lo interroga secondo l’IFLA LRM.
I risultati ottenuti sono riassunti nel diagramma che segue, dove è rappresentata la percentuale di registrazioni che contengono un determinato dato prima e dopo l’esecuzione delle procedure.

Figura 2 Risultati delle procedure sulle registrazioni bibliografiche presenti nell’OPAC SBN relative a volumi pubblicati da Adelphi tra il 1963 e il 2018

Dato che prima di essere esaminate le registrazioni sono state raggruppate per responsabilità principale o, nel caso questa non fosse presente, per responsabilità secondaria, ci si potrebbe chiedere perché ci sia stato un aumento delle registrazioni che riportano questi punti di accesso. Durante la preparazione dei dati, alle registrazioni relative a monografie prive di titolo significativo sono stati aggiunti i punti di accesso presenti nei livelli superiori, anche se le guide alla catalogazione SBN non lo prevedono. L’aumento dei punti di accesso relativi alle responsabilità alternative e secondarie si spiega anche con il fatto che non sempre essi sono presenti in tutte le registrazioni relative allo stesso volume, esattamente come per il titolo dell’opera, i soggetti e le classi Dewey. Per concludere, vale la pena di mostrare una delle schede analitiche di Siddharta presenti nell’OPAC SBN e la scheda come si potrebbe presentare dopo le procedure. Nel caso del catalogo abbiamo considerato la prima scheda dell’elenco ottenuto a seguito di una ricerca svolta per titolo (“Siddharta”) e filtrata successivamente per editore (“Adelphi”).

Scheda 1 Siddharta (Catalogo OPAC SBN, analitica)

La scheda dopo le procedure raggruppa dati raccolti tra le registrazioni da cui ha avuto origine. Li abbiamo disposti in modo che mostrino le diverse entità considerate e le loro relazioni, in linea con le raccomandazioni della Dichiarazione di principi internazionali di catalogazione (il simbolo ⓘ è utilizzato per il collegamento alla registrazione di autorità). In testa è riportata la descrizione bibliografica conforme allo standard ISBD che, sempre secondo la Dichiarazione, dovrebbe essere creata per ogni manifestazione.

Scheda 2 Siddharta (analitica)

La scheda va al di là dei requisiti essenziali previsti dalla Dichiarazione. Oltre ai punti di accesso al titolo dell’opera, al nome del creatore, al titolo proprio della manifestazione, alla data di pubblicazione e al numero di classificazione, sono infatti presenti anche quelli relativi al nome del creatore dell’espressione incorporata nella manifestazione (il traduttore), al luogo di pubblicazione e al nome del creatore della manifestazione (l’editore). Infine, come già detto, invece di quattro localizzazioni (la Biblioteca dell’Istituto tecnico industriale Niccolò Copernico Alfredo Carpeggiani di Ferrara, la Biblioteca comunale di Montefalco, la sede di Borgo Cavour della Biblioteca comunale di Treviso e la Biblioteca comunale di Marcon), la scheda ne riporterebbe diverse centinaia, che nell’OPAC SBN sono disperse tra 63 registrazioni. L’Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche (ICCU), l’ente cui è affidata la gestione dell’Indice SBN, ha scelto di seguire una strada diversa rispetto a quella qui ipotizzata. Esso si è infatti concentrato sulle interfacce di ricerca, dando vita prima al portale “Alphabetica”, che consente di interrogare simultaneamente tutte le basi di dati gestite dall’ICCU, poi a una nuova versione dell’OPAC SBN, caratterizzata da “una grafica di tipo responsive in grado di adattarsi a tablet, smartphone e grandi schermi”.