Il paradigma della biblioteca sostenibile - 2
Università della Svizzera italiana, Biblioteca universitaria Lugano, f.giuseppe.meliti@gmail.com
Abstract
Questo articolo affronta il tema della sostenibilità in biblioteca, partendo dalla recente modifica costituzionale comprendente la tutela dell'ambiente, degli ecosistemi e della biodiversità all'interno dell'articolo 9. Sostenibilità in biblioteca viene qui analizzato attraverso l’approccio “Triple Bottom Line”, ovvero la “triplice contabilità” (economica, ambientale e sociale). Le biblioteche possono implementare alcune attività e azioni innovative, con un cambio di paradigma e di mentalità, verso la “equa sostenibilità” e nel contesto bibliotecario italiano post-pandemico, come strategia per recuperare gruppi di utenti persi negli ultimi 2 anni.
English abstract
This article deals with the topic of sustainability in library, starting from recent constitutional amendment
with inclusion of environmental, ecosystems and biodiversity defense inside article 9. Sustainability
in library is analyzed here through “Triple Bottom Line” approach, i.e. “triple accounting” (economic,
environmental and social). Libraries can implement some innovative activities and actions,
with a change of paradigm and mentality, towards “fair sustainability” and in Italian post-pandemic
library context, as strategy to recover groups of users lost during last 2 years.
Per consultare l'articolo completo in formato pdf visita la sezione "Risorse" oppure clicca qui.
Alcune azioni e l'approccio Triple Bottom Line
In Italia l’attenzione si sta indirizzando sempre di più verso il “paradigma della biblioteca sostenibile”, come recita anche il titolo di una recente monografia.
Alle questioni affrontate in questo volume si potrebbero aggiungere alcune “azioni di sostenibilità”, a partire dalla necessità da parte delle biblioteche di costruire collezioni che trattino i temi della sostenibilità ambientale nelle biblioteche pubbliche e sviluppare collezioni o che supportino, ove esistano, i curricula accademici relativi alla sostenibilità ambientale nelle biblioteche delle università, oppure che in queste possano rappresentare quel minimo di risorse di reference per futuri o inespressi bisogni informativi.
E forse l’attenzione verso le tematiche della sostenibilità nelle collezioni delle biblioteche ha ancora alcuni margini di miglioramento.
In particolare riportiamo qui le risposte alla domanda “In che misura percentuale i libri acquistati con questi fondi affrontano le tematiche della sostenibilità ambientale e dello sviluppo sostenibile, scegliendo un valore compreso tra 0% (nessun acquisto) e 100%?” del Questionario sui fondi MiBACT, rivolto alle 1.147 biblioteche pubbliche lombarde beneficiare, durante il 2020, del contributo ministeriale per acquisto di libri dalle librerie “di prossimità”, questionario svoltosi agli inizi del 2021 totalizzando 468 risposte complessive.
In particolare, 421 biblioteche hanno risposto a questa specifica domanda sopra riportata.
Tolte le 5 risposte che hanno dichiarato di non esserne a conoscenza o di non essere in grado di estrarre statisticamente questo dato, le restanti 416 risposte presentano una media complessiva del 9,83% come percentuale di acquisto sulle tematiche della sostenibilità.
Certamente questo dato del 9,83% è una media da prendere con tutte le avvertenze dettate anche dal componimento di Trilussa intitolato La statistica, contenente la famosa “questione dei due polli”. Inoltre, l’interpretazione di questo dato può essere per alcuni positiva e per altri negativa. Comunque, se una biblioteca ambisce a svolgere un ruolo anche soltanto di tipo informativo sugli obiettivi dello sviluppo sostenibile forse potrebbe basarsi su questa percentuale come punto di partenza, eventualmente da migliorare, o come obiettivo minimo da raggiungere, in particolare finalizzando adeguatamente i fondi straordinari ed aggiuntivi (come dovrebbero essere quelli ministeriali), che cadano eventualmente come una “manna dal cielo”.
Quello del rapporto tra collezioni e sostenibilità rappresenta quindi un tema di sostenibilità “interna” alla biblioteca, ma con risvolti anche all’esterno relativamente all’azione di “educazione” per uno sviluppo sostenibile della propria comunità.
Tutto questo assume in Italia una nuova luce con la recente modifica della Costituzione, nella quale è stata inserita esplicitamente la tutela dell’ambiente, degli ecosistemi e della biodiversità tra i suoi principi fondamentali, anche nell’interesse delle future generazioni (nucleo fondamentale del concetto di sostenibilità nella famosa definizione di “soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la possibilità che le generazioni future possano soddisfare i propri bisogni”), quindi configurando l’ambiente come un valore primario, al pari della salute, con cui ora si trova accoppiato.
La modifica dei due articoli della Costituzione ha portato alla loro seguente nuova formulazione (in grassetto le aggiunte):
Articolo 9
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.Articolo 41
L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali.
E, come evidenziavo altrove, “forse questo nuovo articolo 9 della Costituzione, letto nella sua interezza e nella sua unitarietà, potrebbe anche indicare a tutte le istituzioni della cultura e della ricerca e quindi dell’informazione e della conoscenza, oggetti e soggetti di quella promozione e di quella tutela assicurata dalla Repubblica, una missione: la cura dell’ambiente e la promozione della cura dell’ambiente”.
Infatti a seguito di questa riforma costituzionale, la prima e finora unica che ha riguardato i suoi “principi fondamentali”, è emerso da più parti (in primis Enrico Giovannini) l’invito a promuovere nelle persone questa coscienza ambientale ed ecologica, dando attuazione (un problema classico in questo ambito) al nuovo dettato costituzionale, sottolineando la necessità di “tradurre questo principio nelle politiche”, con anche l’appello alle pubbliche amministrazioni, da parte di Franco Bassanini, relativamente all’importanza della “promozione della cultura dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile”. Questo anche tramite specifiche direttive e programmi nelle singole decine di migliaia pubbliche amministrazioni: “Occorre che ciascuna di esse riveda e ripensi la propria attività, il proprio modo di lavorare e le proprie finalità, in modo da incorporare questi nuovi principi costituzionali nelle attività”.
E a proposito della necessità dell’educazione ambientale e dell’educazione alla sostenibilità da parte delle biblioteche e della realizzazione di una vera e propria alfabetizzazione ecologica (eco-literacy), questa dovrebbe essere un compito di tutte le tipologie di biblioteche, partendo da una specifica formazione per tutto lo staff. Per questi motivi bisognerebbe abbinare al piano della programmazione quello della realizzazione delle azioni e delle attività di sostenibilità nelle biblioteche, anche prendendo come traccia d’esempio quanto in biblioteca è stato già realizzato e sperimentato, come le buone pratiche indicate nelle SDG Stories incluse all’interno della IFLA Library Map e anche i casi presentati dal “libro di ricette sulla sostenibilità” pubblicato dall’ALA nel 2019, con le buone pratiche di sostenibilità realizzate da alcune biblioteche accademiche nordamericane nelle tre seguenti aree: “applicazione del pensiero della sostenibilità e dei suoi sviluppi; servizi di insegnamento, apprendimento e ricerca; coinvolgimento (engagement), sensibilizzazione (outreach) e partnership”.
Inoltre, seguendo la visione assunta dall’ALA delle biblioteche come models and leaders of sustainability, nel senso che le biblioteche non soltanto fanno da model di sostenibilità ambientale con l’essere sostenibili al loro interno (aspetto inizialmente prevalente nel movimento per la green library), ma anche svolgono il ruolo di “catalizzatore” (leader) di sostenibilità ambientale all’esterno, nelle rispettive comunità, si potrebbero allestire, ove possibile, giardini ed orti in biblioteca, utili non soltanto per il compostaggio della frazione umida prodotta internamente alla biblioteca, ma anche a scopi didattici e di apprendimento, con il coinvolgimento attivo della comunità sulle tematiche ecologiche, nell’educazione e nelle azioni ambientali: così facendo le biblioteche “crescono insieme” alla propria comunità”.
E, ancora nell’ottica della sostenibilità ambientale interna alla biblioteca, potrebbe essere opportuno realizzare il riciclo oppure il riuso dei libri eliminati dalla collezione. Se questi libri venissero ritirati come carta potrebbero essere specificamente impiegati in nuovi processi produttivi, ad esempio come materiale isolante. Inoltre, questi libri potrebbero essere rivenduti a terzi (se possibile) oppure donati (se opportuno), attuando quindi un loro riuso. Inoltre, come evidenzia Gary Shaffer, se il fatto che i bibliotecari buttino via libri continua sempre a fare notizia – libri che vengono spacciati da altri come in perfette condizioni –, questo “incubo delle pubbliche relazioni deve essere evitato a tutti i costi e può essere facilmente aggirato dando ai libri una seconda vita”.
E proprio a questo proposito forse si dovrebbero utilizzare il meno possibile nella professione e nell’attività bibliotecaria alcuni termini insostenibili anche ambientalmente, come appunto il termine “scarto” riferito all’attività di eliminazione dei libri dalla collezione della biblioteca a seguito di un processo di analisi e valutazione delle collezioni che porti alla loro revisione. I termini usati in inglese (weeding) e in francese (désherbage) rispecchiano forse meglio l’azione svolta, che è quella appunto corrispondente alla parola italiana “diserbo”, la quale nel vocabolario Zingarelli viene definita nel modo seguente: “Eliminazione delle erbe infestanti dal terreno”. Inoltre, il termine “scarto” ha sempre più una connotazione negativa anche da un punto di vista sociale, con tutte le eventuali conseguenti ricadute non positive anche nell’ambito della comunicazione all’esterno e delle pubbliche relazioni della biblioteca. Restando comunque in questa metafora agricola e ritornando un momento al tema del “giardino in biblioteca”, che ben si adatta alla sostenibilità ambientale interna ed esterna, si potrebbe sottoscrivere la seguente frase: “Biblioteche e giardini sono cugini naturali: entrambi dipendono dallo sforzo collettivo, sono le fondamenta delle nostre comunità, uniscono le persone e richiedono molto diserbo!”. D’altronde già Cicerone sosteneva nelle Epistolae ad familiares: “Si hortum in bibliotheca habes, deerit nihil”.
E ancora nell’ottica delle tre “R” del “riduci, ricicla, riusa”, si potrebbero realizzare oppure ospitare, anche periodicamente, in biblioteca i repair cafés, attività e momenti destinati alla riparazione di oggetti come dispositivi meccanici, elettrici ed elettronici, articoli in legno, biciclette, vestiti e altro, una sorta di spazio nel quale siano disponibili gli strumenti per le riparazioni “fai da te” e anche i volontari che aiutino a riparare o riparino direttamente gli oggetti.
Anche in questo modo si potrebbe dare un contributo per ridurre gli sprechi, il consumismo e l’obsolescenza programmata; si potrebbe condividere conoscenza e competenze e rafforzare la coesione sociale; si potrebbe creare convivialità nel “fai da te insieme” e, alla fine, fare in modo che le persone si prendano cura le une delle altre, con un perfetto “triplo bilancio”, economico (di tipo circolare), ambientale e sociale.
Questo approccio “a triplo risultato”, il quale si può considerare anche come una sorta di filo rosso che unisce tutte le azioni di sostenibilità sopra esposte, è il metodo alla fine adottato appunto dall’ALA per definire il concetto di sostenibilità, utilizzando lo strumento del “triplo bilancio” o “triplo risultato”, il Triple Bottom Line (TBL), con i suoi tre “pilastri” costituiti rispettivamente da People, Planet, Profit, portando alla seguente definizione operativa di sostenibilità per una biblioteca: “Per essere veramente sostenibile, un’organizzazione o una comunità devono incarnare pratiche che siano rispettose dell’ambiente, economicamente fattibili e socialmente eque”.
Questo approccio TBL è stato applicato in particolare alle biblioteche pubbliche da Gary L. Shaffer, che ha individuato dodici azioni da compiere, raggruppate nei seguenti quattro ambiti: sostenibilità economica; sostenibilità ambientale; sostenibilità sociale interna e sostenibilità sociale esterna.
Nell’analisi di questo modello TBL, proposto da Shaffer per le biblioteche, avevo altrove evidenziato come si potesse declinare anche la sostenibilità economica in “interna” (strumenti e fonti di finanziamento appropriati ed adeguati per soddisfare le esigenze della comunità) ed “esterna” (impatto della biblioteca come motore dell’economia, da misurare in termini di “ritorno sull’investimento”, return on investment o ROI), con l’avvertenza che, senza una sostenibilità economica interna, non si può avere alcun impatto economico esterno e quindi nessuna sostenibilità economica esterna ed in definitiva nessuna sostenibilità tout court. Inoltre, si potrebbe declinare la sostenibilità ambientale parimenti in “interna” (tutte le azioni relative alla riduzione dell’impronta ecologica della biblioteca) ed “esterna” (le azioni e le attività di eco-literacy per la comunità). Con un’ultima sottolineatura: sia che si parli di sostenibilità sociale interna (centrata sui “lavoratori della biblioteca”) o di sostenibilità sociale esterna (l’apporto della biblioteca alla coesione sociale ed al miglioramento della società), in realtà si sta sempre parlando di equità e di giustizia intragenerazionale e intergenerazionale.
Per questo motivo la sostenibilità in biblioteca finisce con legarsi non soltanto al tema del contributo di questa istituzione alla coesione sociale della propria comunità, ma anche alle tematiche della “giustizia sociale” in biblioteca, con un’attenzione rivolta sempre di più, durante gli ultimi anni e particolarmente in ambito bibliotecario statunitense, verso le questioni relative a “Diversità, equità e inclusione” (Diversity, Equity and Inclusion), identificate appunto tramite l’acronimo DEI oppure EDI (Equity, Diversity and Inclusion).
Tutto questo per costruire un futuro che non potrà essere veramente sostenibile se non sarà, prima di tutto, giusto ed equo, nell’ottica di una “sostenibilità equa” (fair sustainability), affermata anche da Nyagoy Nyong’o. D’altronde fra i 17 Sustainable Development Goals dell’Agenda ONU per il 2030 l’obiettivo 16, ultimo degli obiettivi “tematici”, è dedicato, non a caso, proprio alla giustizia, oltre che, ora profeticamente per certi versi, alla pace (Peace, Justice and Strong Institutions).
Si può sostenere che tutti e 17 gli obiettivi dell’Agenda 2030 “presuppongano la necessità dell’informazione e della conoscenza relativamente allo sviluppo sostenibile e non soltanto in campo ambientale”, con un ruolo imprescindibile per le biblioteche, anche secondo l’IFLA. D’altronde il principio dell’accesso pubblico all’informazione in campo ambientale, ben presente anche nell’accordo di Parigi del 2015 sui cambiamenti climatici (chiamato Cop 21), era stato sancito già nel 1998 dalla Convenzione internazionale di Aarhus, che afferma tre punti fondamentali: il diritto dei cittadini all’accesso alle informazioni in campo ambientale; il diritto alla partecipazione dei cittadini ai processi decisionali in ambito ambientale; il diritto degli stessi all’accesso alla giustizia in materia ambientale, il quale si configura come primo, e forse unico, strumento internazionale, legalmente vincolante, che offre concretezza ed efficacia al concetto di democrazia ambientale. Soffermiamoci un momento sulle problematiche e sulle prospettive di ricerca di ambito LIS (Library and Information Science) relativamente all’informazione in campo ambientale e nel campo dello sviluppo sostenibile. Su questo argomento sono intervenute, come detto altrove, Christine Meschede e Maria Henkel con un loro articolo del 2019, evidenziando il fatto che, se argomenti come le “biblioteche green” o le tecnologie d’informazione green sembrano essere affrontati e definiti, la ricerca futura potrebbe invece in particolare prendere in considerazione aspetti come l’educazione ambientale, la formazione delle opinioni sulla sostenibilità e la diffusione di informazioni sulla sostenibilità (ad esempio tramite social media o altri mezzi di informazione), includendo anche le ricerche sulle tecnologie dell’informazione ambientalmente sostenibili e studi sul reperimento della green information. Anche se sostenibilità e sviluppo sostenibile sono argomenti complessi, che richiedono un approccio interdisciplinare e multidisciplinare, la sostenibilità dovrebbe comunque trovare il giusto posto nella formazione LIS e “gli studiosi dell’informazione dovrebbero essere inclusi in questo dibattito” sulla sostenibilità, “in quanto l’informazione gioca un ruolo importante per lo sviluppo sostenibile”, e quindi andrebbero condotti sempre più studi in ambito LIS che portino sia a una sorta di “scienza dell’informazione sostenibile” (che potrebbe comprendere eventualmente anche la sostenibilità del digitale), sia ad una “scienza dell’informazione di sostenibilità”.
In questo periodo le biblioteche italiane stanno uscendo dalla pandemia con una netta riduzione della loro fruizione da parte della popolazione dai tre anni in su, attestandosi nel 2021 alla percentuale nazionale del 7,4% rispetto al 12,4% del 2020 e al 15,3% del 2019, quindi con un dimezzamento della fruizione delle biblioteche rispetto al dato del 2019, come ha sottolineato di recente Giovanni Solimine commentando l’uscita dell’ultimo Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (BES) relativo al 2021. Inoltre, Solimine ha individuato un crollo ancor più netto nelle generazioni più giovani, dove “si è aperta una vera e propria voragine”, con una forte diminuzione della fruizione da parte della fascia d’età 3-19 anni nel 2021 a quasi un terzo rispetto al 2019, con un crollo ancor più evidente nella fascia 6-10 anni, dove si veleggia quasi verso un quarto della fruizione rispetto al 2019 (38,7% rispetto al 11,8% del 2021).
Se questa riduzione della fruizione si è attestata intorno a poco più della metà nella fascia 20-24 (passando dal 36,1% del 2019 al 16,9% del 2021), e se questa riduzione si è tenuta intorno al 50% nella fascia 24-44, “fermandosi” invece nella fascia d’età dai 45 anni in avanti, ove si registra “soltanto” una riduzione della fruizione tra il 2019 ed il 2021 pari a una media del 38% (da un valore medio del 7,9% a quello di 4,8%), allora forse si potrebbe individuare un target primario su cui intervenire al più presto, quello dei bambini e dei ragazzi fino ai 19 anni (segmento dove in due anni si è perso ben il 70% della fruizione) e quello dei giovani e degli adulti fino ai 44 anni (segmento dove in due anni si è perso il 50% della fruizione).
Abbracciare la sostenibilità per le biblioteche italiane e diventarne “protagoniste”, come scrive Di Domenico, forse potrebbe essere una delle strategie per recuperare la fruizione almeno da parte di questi “ex-utenti”, partendo, o meglio, ripartendo, da queste generazioni più giovani, nelle quali emergono sempre più, anche in forma di protesta, l’impegno e la preoccupazione verso una crisi climatica non soltanto futura, ma già in atto (si veda ad esempio il movimento Fridays for Future e i suoi giovani esponenti, a partire da Greta Thunberg).
Questa strategia verso la sostenibilità Triple Bottom Line potrebbe partire anche da una singola azione di sostenibilità tra quelle descritte, come anche da un audit sull’utilizzo complessivo dell’acqua in biblioteca (sostenibilità ambientale “interna”), risorsa della cui limitatezza ci si rende conto specialmente nei periodi di siccità, sempre più in aumento a causa del riscaldamento globale. Il tutto nella prospettiva del Recovery and Reciliency Facility, pilastro centrale di Next Generation EU (che prevede, inoltre, il 37% dei fondi destinato alla transizione ecologica), e dello European Green Deal, che ha l’obiettivo di ridurre le emissioni nette di gas effetto serra del 50% entro il 2030 e di raggiungere la climate neutrality entro il 2050. Tutto questo con il coinvolgimento attivo dei cittadini e di tutte le parti della società nell’azione per il clima tramite l’iniziativa European Climate Pact, in modo anche da favorire, da parte dei singoli, delle organizzazioni e delle imprese, l’assunzione di impegni specifici per il clima negli stili di vita e nelle attività lavorative.
In definitiva, non solo il contesto mondiale ma anche quello europeo e quello nazionale italiano, (con la recente riforma costituzionale) dovrebbero spingere sempre di più verso l’impegno operativo e verso un “protagonismo” delle biblioteche italiane sulle tematiche della sostenibilità, con un loro cambio di paradigma, come sostiene ancora Di Domenico, nell’ambito delle collezioni, dei servizi, della gestione, delle relazioni con la comunità, dell’immagine sociale e del ruolo “politico”, del loro contributo al benessere delle persone, dell’etica e della deontologia bibliotecaria, anche nel senso, che qui abbiamo visto, di giustizia sociale e di “sostenibilità equa”.
Un cambio di paradigma in biblioteca a nome dell’impegno e dell’azione per la sostenibilità “a tripla dimensione” (economica, sociale e ambientale), ma sempre nei limiti delle risorse e della “biocapacità” del nostro pianeta. Quest’ultima costituisce quel “tetto ambientale” che non dovrebbe più essere superato, così da evitare il “sovrasfruttamento” planetario, anche secondo quel nuovo modello di economia per il XXI secolo proposto da Kate Raworth: l’“economia della ciambella”. Tutto questo lancia, come conclude un recentissimo libro pubblicato dall’ALA, una “sfida di mentalità” in biblioteca, le cui azioni devono andare sempre più nella direzione della transizione ecologica ed economica. Questo denota un “necessario cambiamento di mentalità nell’interesse della sostenibilità e della resilienza”, nell’ottica di realizzare queste azioni sempre “con un occhio all’equità, alla diversità ed all’inclusione di tutti”.