Scuola di specializzazione in Beni archeologici Università della Basilicata filomenaguariglia@gmail.com
Abstract
L'articolo si propone di inquadrare la genesi e l'evoluzione della storia delle biblioteche, dalla loro forma embrionale alla loro maggiore definizione attraverso diverse modalità. Si inizia considerando ogni tipo di fonte disponibile: testimonianze letterarie, epigrafiche e, soprattutto, archeologiche. Il tutto nel quadro storico del processo di romanizzazione come fenomeno esteso e duraturo, che tende a plasmare ogni singolo aspetto della vita di un popolo e di una nazione. Si procede, quindi, con lo studio delle fasi progettuali che danno origine alle componenti strutturali delle biblioteche e, attraverso l'individuazione degli elementi caratteristici, si fissano quelli costitutivi per dare indicazioni precise su una tipologia architettonica riconoscibile attraverso le evidenze archeologiche. Lavorare con questa metodologia mette in evidenza come l'archeologia sia un campo di studio dal carattere multidisciplinare, facendo coesistere aspetti diversi che concorrono a un unico scopo.
English abstract
The article aims to frame the genesis and evolution of the history of libraries, from their embryonic form to their greater definition through different ways. It begins by considering each type of source available: literary, epigraphic and, primarily, archaeological evidences. All within the historical framework of the process of Romanization as an extensive and enduring phenomenon, that tends to shape every single aspect of the life of a people and a nation. It proceeds, then, with the study of the design phases that give rise to the structural components of libraries and, through, the identification of characteristic elements, fix the constituent ones in order to give precise indications about an architectural typology recognizable through archaeological evidences. Working with this methodology highlights how archaeology is a field of study with a multidisciplinary character, making different aspects coexist that concur for a single purpose.
Per scaricare l'articolo in pdf visita la sezione "Risorse" o clicca qui.
La vita culturale tra I e II secolo d.C. attraverso le attestazioni e le testimonianze archeologiche
Introduzione
L’immagine della biblioteca come custode delle antichità classiche, di un passato destinato a essere ricostruito, di memorie e di un sapere infinito, percorre la storia della letteratura e della ricerca. Gli studi storici, anteriori e contemporanei, hanno diretto la propria ragion d’essere sulla considerazione della rilevanza di luoghi come la biblioteca, il paradigma per eccellenza dove la storia, lo scibile e la vita incontrano la volontà di conservazione e protezione di un così ampio bagaglio esistenziale. Una tale concezione non possiede una storia recente, ma affonda le sue radici in un passato che ha tramandato non solo importanti testimonianze concrete, tangibili, ma anche ideologiche, che hanno costituito e costituiscono, ancora oggi, l’identità di un popolo. Quest’ultimo principio era ben radicato nell’animo degli antichi, attivi protagonisti della creazione non di una, ma molteplici identità culturali le quali, a loro volta, davano vita a nuove realtà che hanno, poi, trovato terreno fertile di propagazione nel corso dei secoli. Il tutto per dimostrare come, al contrario del pensare comune, le biblioteche, in quanto depositi della memoria dei popoli, godono di una storia millenaria che necessita di essere continuamente rivitalizzata per garantire loro una continuità di vita e a godere del dignitoso privilegio di essere ancora considerate le vestali di simboli vivi di una società e di una civiltà.
La biblioteca nelle fonti letterarie
Quando si parla di “biblioteca” occorre essere consapevoli della polisemia del termine: questo perché sia il greco βηβιηνζήθε che il latino bibliotheca, sono attestati nelle rispettive letterature in diverse accezioni: ad esempio, secondo il grammatico romano Sesto Pompeo Festo, per biblioteca si intende, in sostanza, sia la collezione di un gran numero di libri che lo spazio in cui i libri sono conservati.
Un dualismo si denota anche nella struttura interna delle biblioteche, dal momento che all’interno di una singola biblioteca, spesso, comparivano due collezioni di libri, una greca e una latina. Le fonti antiche sul tema in questione sono numerose e di varia natura, si procede da quelle letterarie, specialmente storiografiche, a fonti archeologiche. Tra le fonti letterarie che parlano di raccolte di libri sono inclusi eruditi come Strabone, Gellio, Isidoro di Siviglia, i quali hanno provveduto a tramandare dati relativi alle principali istituzioni; le informazioni archeologiche derivano invece da ceramiche, epigrafi e resti monumentali rinvenuti.
Da questo si può trarre una prima osservazione di carattere generale, ovvero che l’evoluzione delle istituzioni librarie si connette con la tradizione e la conservazione dei testi.
In particolare, per l’età romana, e precisamente per il II secolo d.C., per un felice periodo di oltre ottant’anni, l’amministrazione pubblica venne diretta dal valore e dalle capacità di Nerva, Traiano, Adriano e i due Antonini. Si assiste a un’epoca carica di fermenti, di dinamiche inarrestabili, all’acquisizione da parte di Roma e dell’Impero della consapevolezza di sé, della sua importanza e della sua imponenza; delle sue capacità e delle sue ambizioni. Certo, quest’epoca sarà anche caratterizzata da una serie di squilibri che mineranno le fondamenta dell’Impero, ma gli storici hanno sempre sostenuto che il II secolo d.C. fosse un beatissimum saeculum, dal momento che, una volta raggiunta una certa estensione geografica, vennero accantonate tutte le operazioni militari di conquista e di espansione.
Al fine di comprendere l’enorme e positivo impatto che possono aver avuto le azioni politiche, ideologiche, militari, economiche e sociali degli Antonini, si rivela utile operare un confronto rapido con la dinastia a essi precedenti, ossia quella dei Flavi.
Il loro periodo storico, di una notevole rilevanza, si caratterizza di:
una serie di proficui provvedimenti e di interventi atti a risanare gli squilibri sociali;
una riorganizzazione economica dello stato;
uno sviluppo delle province;
una particolare attenzione al mondo culturale, basti pensare all’istituzione della figura del maestro, primo fra tutti Quintiliano;
elargizioni di privilegi e compensi a studiosi e insegnanti, medici.
In linea con questa serie di importanti sviluppi, che si sono registrati nell’ambito della società romana, il motto dell’imperatore Vespasiano Roma Resurgens ben riassume un contesto così ricco e vasto.
Le pratiche di diffusione della cultura messe in atto da- gli imperatori della dinastia dei Flavi sono sì caratterizzate da una promozione degna di nota, ma, in realtà, la cultura è fortemente controllata e manipolata dagli stessi reggenti. Essi, infatti, impongono una sorta di conformità di pensiero che non lascia spazio alla libera espressione degli intellettuali, per poter così dominare a tutti gli effetti la società romana.
Nonostante, però, questo atteggiamento poco propenso a un libero sviluppo della cultura, si assiste, alla corte del periodo flavio, a un rinnovato cambiamento sociale che ha enormemente contribuito all’apogeo della realtà romana.
Figura 1 – Busti degli imperatori Vespasiano (69-79 d.C.), Tito (79-81 d.C.), Domiziano (81-96 d.C.). Fonte: https://caminandoporlahistoria.com
Figura 2 - Sesterzio in bronzo, 71 d.C. D: IMP CAES VESPASIAN AVG P M TR P P P COSIII; R: ROMA RESVRGENS S C. Fonte: http://primolevicenter.org/printed-matter
Gli storici dell’antichità sono concordi nell’affermare che, in effetti, il secolo della dinastia degli Imperatori adottivi è da definire come un secolo aureo, il cui rispetto per la libertà, per il pensiero altrui, per l’uomo, in virtù della pace e della prosperità che furono le padrone del secolo, consente ancora oggi di condividere questo giudizio. L’avvento di questa dinastia impresse un importante cambiamento in ambito politico, dal momento che l’ascesa al governo imperiale non seguiva più un criterio di natura familiare, ma avveniva attraverso il processo dell’adozione del futuro successore. Tale processo, inoltre, era strettamente connesso all’idea secondo cui la scelta del futuro imperatore doveva essere dettata dai meriti dei singoli, dando vita a una politica di giustizia ed equità. L’età degli Antonini si rivela un periodo storico in cui il protagonista assoluto è il cambiamento. L’impero, proprio nel II secolo, raggiunse una coesione ben più profonda e duratura che nelle fasi precedenti. Vari ne sono i fattori:
l’universale accettazione di una unificazione politica considerata definitiva, che assicura la pace e un diffuso benessere in un immenso sistema economico e finanziario unitario;
la vasta estensione alle province della cittadinanza romana;
equa regolamentazione giuridica dei rapporti tra i vari cives di un così vasto impero.
Per quanto riguarda l’ambito culturale:
ricca produzione letteraria sia da un punto di vista
quantitativo che qualitativo;
nascita e consolidamento di istituti culturali che
consentirono la fioritura del sapere;
notevole produzione poetica sia di natura greca che latina.
Il tutto privo di censura.
[...] Quelli che [scil. divennero imperatori] per adozione, furono tutti buoni, come furono quei cinque da Nerva a Marco. E come l’Imperio cadde negli eredi, ei ritornò nella sua rovina. Pongasi adunque innanzi un principe i tempi da Nerva a Marco, e conferiscagli con quelli che erano stati prima, e che furono poi; e dipoi elegga in quali volesse essere nato, o a quali volesse essere preposto. Perché, in quelli governati da’ buoni, vedrà un principe sicuro in mezzo de’ suoi sicuri cittadini, ripieno di pace e di giustizia il mondo; vedrà il Senato con la sua autorità, i magistrati co’ suoi onori; godersi i cittadini ricchi le loro ricchezze, la nobilità e la virtù esaltata; vedrà ogni quiete ed ogni bene; e, dall’altra parte, ogni rancore, ogni licenza, corruzione e ambizione spenta; vedrà i tempi aurei, dove ciascuno può tenere e difendere quella opinione che vuole. Vedrà, in fine, trionfare il mondo; pieno di riverenza e di gloria il principe, d’amore e sicurtà i popoli.
Figura 3 - Busti degli imperatori Nerva, Traiano, Adriano, Antonino Pio, Marco Aurelio Fonte: http://storieromane.altervista.org
Il lettore nel mondo romano
Trattare della biblioteca e di ciò che le appartiene equivale a volgere lo sguardo anche a quella figura cui è rivolto l’intero bene, ovvero il lettore.
Che si tratti del giornale o di Proust, il testo non ha un senso che per i suoi lettori; cambia insieme ad essi; si ordina secondo codici di percezione che gli sfuggono. Diventa testo soltanto nel suo rapportarsi all’esteriorità del lettore, attraverso un gioco di implicazioni e di astuzie fra due tipi combinati di aspettativa: quella che organizza uno spazio leggibile (una letteralità) e quella che organizza un metodo necessario all’effettuazione dell’opera (una lettura).
Il lettore, nei primi anni dell’impero, non è più solamente un impiegato civile o amministrativo o un maestro, ma un lettore libero che si dedica al prestigio della lettura con sincero piacere; in definitiva si tratta di un’identità che si rivolge alla lettura andando al di là delle necessità pratiche, dedicandovisi anche se non svolgeva professioni connesse con libro e cultura scritta. Luciano, autore vissuto nel II secolo d.C. e legato al genere della satira, ha delineato il profilo del lettore di quel periodo individuando una determinata categoria di persone le quali avevano l’abitudine di accumulare libri nelle dimore private, dedicando tempo alla lettura, pur non essendo esse necessariamente persone molto istruite. Anche le donne potevano accedere al mondo della scrittura e della lettura. Già nella Roma repubblicana sono attestate matronae e puellae doctae come nel caso di Cornelia, la madre dei Gracchi, o Sempronia, cultrice di lettere greche e latine; la donna lettrice, però, non si sviluppa prima dell’età augustea, anche se non mancano allusioni avverse nei suoi confronti; infatti, si affermò che fosse meglio se una donna “non capisse qualcosa di quanto legge nei libri”, poiché la si riteneva detestabile.
In ogni caso, l’estensione della fascia dei lettori si accompagna a una produzione di testi non più esclusiva da un punto di vista intellettuale, ma destinata ad affrontare, in primis, differenti generi e tematiche che, di conseguenza, risultavano di facile comprensione e acquisizione anche da parte dei meno colti, assistendo a un graduale incontro fra due mondi non sempre complementari.
[...] Un insieme che coinvolge il vasto arco delle categorie sociali che partecipano in qualche modo o aspirano in qualche modo a partecipare, direttamente o indirettamente, agli interessi e allo stile di vita delle classi egemoni che coinvolge tutti coloro che, a diversi livelli, assumono atteggiamenti ricalcati su quelli dell’élite.
L’architettura e l’ordinamento del sapere
Lo spazio della biblioteca, nella sua dimensione architettonica, bibliografica, digitale, antropologica, è il “luogo” in cui vengono resi visibili e, dunque, esteticamente e cognitivamente accessibili, i valori associati alla idea di biblioteca, oltreché i suoi caratteri funzionali ed organizzativi. Qui avviene la mise en espace del sapere e qui si attuano i fenomeni, documentari ed extra-documentari, che ne caratterizzano l’identità; qui avviene la “cottura” delle informazioni per produrre conoscenza; e ancora qui, nello spazio, si concretizzano e acquisiscono forma le diverse relazioni e interazioni tra le persone e i contenuti informativi degli oggetti documentari.
Nella storia dell’architettura le biblioteche sono, assieme alle case di abitazione e ai luoghi di culto, tra le più antiche tipologie edilizie, intendendo il termine “tipologia” dal punto di vista funzionale e della destinazione d’uso e da quello morfologico.
Da sempre la biblioteca si pone come concreta e possente rappresentazione del Sapere, documento e narrazione della comunità che la realizza, e di cui interpreta la memoria e le ambizioni, il passato e il futuro: dalle biblioteche più antiche (quella di Ninive o di Alessandria), annesse al tempio o al palazzo, alle biblioteche di epoca romana imperiale, che assumono una propria autonomia architettonica e divengono anche luoghi di ritrovo per gli eruditi.
Affrontare la tematica della conformazione architettonica dell’istituzione bibliotecaria, dunque comprendere come questa si sia evoluta da un punto di vista strutturale e quali fossero le fasi di progettazione che, al termine del processo, conducevano alla sua concreta realizzazione. Il presupposto di partenza è che, in quanto luogo di conservazione e deposito di materiali organici destinati all’uso scrittorio, quali papiro e pergamena, e luogo deputato all’accesso al sapere dei suoi utenti, la biblioteca richiedeva particolari caratteristiche termoigrometriche in grado di proteggere i materiali dagli agenti nocivi come l’umidità e le variazioni di temperatura; allo stesso tempo, l’edificio doveva essere fornito di luce sufficiente in grado di assolvere completamente le sue funzioni.
In virtù di questo si rendeva necessaria l’edificazione di una struttura architettonica che conciliasse le varie esigenze in modo da garantire la sopravvivenza del materiale nel quale si conservava lo scibile umano; dunque, vari erano gli aspetti da prendere in considerazione e sottoporre ad un’attenta analisi. Il risultato della progettazione, pertanto, si configura come una struttura perfettamente inserita nel contesto di riferimento e una tipologia edilizia di primaria importanza.
Le origini della biblioteca sono da ricercare in una costruzione che, inizialmente, era un impianto annesso ad altri: le prime biblioteche sono infatti legate alle scuole filosofiche, le quali, a loro volta, sono connesse ai gymnasia. Basti pensare al gymnasium di Olimpia di Tolomeo II, al gymnasium di Atene di Tolomeo III, e al rinnovo del gymnasium di Larissa di Filippo V. Esse, però, non sono solo biblioteche, ma anche monumenti sepolcrali destinati ad accogliere le spoglie del proprietario e dei familiari. Un’ulteriore struttura all’interno della quale si possono rinvenire tracce della presenza di biblioteche è il prytaneion, un edificio che veniva a configurarsi anche come archivio di stato, come si deduce dalla presenza attestata di testi su papiro o su pietra. Dunque, si può giungere alla conclusione che la biblioteca, almeno in origine, si presenta come una struttura polifunzionale.
Nel dettaglio del periodo storico preso in esame, in particolar modo gli anni dell’ascesa al potere della dinastia degli Antonini, le biblioteche romane presentavano una combinazione tra caratteristiche ereditate dalla cultura greca (come la presenza della sala principale legata alla stoa o al peristilio) e il tipico tratto dell’innovazione romana, ossia l’associazione della biblioteca a complessi più grandi come templi, fori, portici e complessi di bagni. È, dunque, opportuno elencare le caratteristiche architettoniche basilari della costruzione delle biblioteche, partendo dalla presenza del punto focale (v. Figura 4), ovvero il punto principale che consentiva la definizione interna della struttura delle biblioteche. Esistevano due tipologie di punto focale:
a forma di U continua, che segue le tre pareti della biblioteca;
interrotto dal punto focale, così da essere composto da due parti a forma di L.
Il punto focale determinava l’innesto del podio, ossia della struttura impostata sul muro lungo le tre pareti della sala della biblioteca che precedono le nicchie (v. Figura 6); a volte erano presenti due punti focali che consentivano l’inserimento della statua della divinità e dell’imperatore.
Per quanto concerne le nicchie (v. Figura 6), queste si presentavano come lo spazio al cui interno erano presenti gli armaria, luoghi designati all’inserimento del materiale scrittorio (v. Figura 7 e 8).
Si procede, poi, con l’innesto del colonnato (v. Figura 9), che incorniciava le nicchie murarie contenenti statue o ripiani su cui sarebbe stato posato il materiale librario; da tenere a mente anche la presenza di aperture superiori che consentivano un maggiore grado di illuminazione e la probabile esistenza di scale (v. Figura 10) che conducessero alle nicchie poste, eventualmente, ai livelli superiori.
Figura 4 - Esempi di punto focale (Myrsini Mamoli, Towards a theory of reconstructing ancient libraries, Georgia Institute of Technology, Chicago, Chicago University Press, 2014)
Palatina di Domiziano;
Biblioteca di Adriano;
Biblioteca di Celso; Biblioteca di Neone, Biblioteca Melitine;
Biblioteca Ulpia; Biblioteca di Rogatino.
Figura 5 - Esempi di podi nelle biblioteche:
Biblioteca di Adriano (Atene, Grecia): podio strutturale a U (M. Mamoli, Towards a theory cit.
Biblioteca di Nerone (Sagalasso): podio strutturale continuo, originariamente a U (M. Walkens e J. Poblome, 1995)
Biblioteca di Celso (Efeso): podio non strutturale a U (M. Mamoli, Towards a theory cit.)
Biblioteca di Nysa (Asia Minore): podio non strutturale a L nel lato O della sala principale (Archivio fotografico dell’Università di Friburgo)
Per quanto concerne la reale progettazione dell’edificio bibliotecario, è importante prendere in esame le fasi che ne regolano la generazione e la sua tangibile creazione. L’intero processo si compone di due macrofasi basate su un insieme di regole, le quali definiscono dapprima la biblioteca con la sua articolazione architettonica, poi l’involucro dell’edificio con la disposizione generale di quest’ultimo.
Più specificamente, l’intera realizzazione si divide in fasi che, inizialmente, riguardano la costituzione della sala principale della biblioteca con la definizione della sua organizzazione interna, partendo dall’impostazione della sala principale, a cui si susseguono il punto focale con il podio, le nicchie e il colonnato, oltre che l’impianto dell’apertura di accesso. In una fase successiva si assiste alla generazione del resto della pianta, con le stanze laterali, le stoai con le esedre, l’eventuale cortile e gli spazi posti lateralmente.
Figura 6 - Esempi di nicchie (M. Mamoli, Towards a theory cit.)
Biblioteca di Celso (Efeso);
Biblioteca di Nysa (Asia Minore);
Biblioteca Ulpia (Roma);
Biblioteca di Adriano (Atene, Grecia); e. Biblioteca Ulpia, muro N (Roma);
Biblioteca di Rogatino (Timgad).
Testimonianze archeologiche delle biblioteche
In questo modo si definisce maggiormente anche la personalità intellettuale del popolo romano, soprattutto quando il bisogno di dedicarsi all’aspetto culturale e l’amore per lo studio divennero più intensi, “l’arte libraria” iniziò a prendere vita, per poi assumere un’importanza preponderante per “appagare le esigenze dei nuovi tempi”.
Se la storia delle biblioteche va di pari passo con la storia letteraria di un paese, anzi è parte integrante della medesima, riflettendone l’indole e segnandone le vicende, riesce pure evidente che essa non può essere separata da quella del commercio librario, perché dal maggiore o minore prezzo di vendita, dalla maggiore o minore diffusione e bontà del libro, è più o meno agevolato anche l’incremento delle private e pubbliche biblioteche.
Sulla base dei criteri utilizzati, ovvero:
individuazione delle fonti antiche,
delineamento del quadro storico di riferimento,
trattazione degli aspetti strutturali,
si può, dunque, giungere all’elaborazione di una distinzione tripartita. Si hanno infatti biblioteche note sia da fonti letterarie antiche che da rinvenimenti archeologici; biblioteche note da rinvenimenti archeologici ma non da fonti letterarie antiche; biblioteche note da fonti letterarie antiche ma non da resti archeologici (v. Tabelle 1, 2 e 3).
Figura 7 - Armarium di Pompei
Figura 8 - Armarium di Boscoreale
Figura 9 - Esempio di colonnato, Biblioteca di Celso, Efeso. Fonte: https://sitioshistoricos.com
Figura 10 - Esempio di scale, Biblioteca Ulpia (M. Mamoli, Towards a theory cit.)
Conclusioni
Ripercorrere, con l’obiettivo di ricostruire, la storia delle biblioteche è un progetto che impone di prendere in considerazione fonti di diversa natura, le quali concorrono, assieme, all’individuazione e definizione della biblioteca nell’essenza delle dinamiche che vi sono alla base, della sua funzione di tempio della cultura, di ogni singolo elemento che abbia caratterizzato la sua evoluzione storica e morfologica. Si deve, dunque, far riferimento ad ogni elemento che aiuti a definire la varietà e complessità della biblioteca come pilastro del patrimonio intellettuale di una società. “L’existence de bibliothèques publiques dans les provinces à l’époque romaine et particulièrement sous l’Empire est chose connue depuis longtemps”, afferma René Cagnat, il quale continua con la sua tesi sostenendo che:
Les textes littéraires et les inscriptions en font mention, sinon fréquemment, du moins assez souvent pour que, de ces documents rapprochés, l’on puisse conclure à la présence d’édifices de cette sorte dans un grand nombre de villes importantes. Mais ce que l’on ignorait jusqu’à présent, c’était le plan de ce genre de constructions et les détails d’aménagement, soit de la salle de lecture soit des dépôts de livres.
In definitiva, le biblioteche sono state definite come:
Les bibliothèques sont bien plus que des simples dépôts des livres. Depuis des siècles, leur architecture et leur agencement célèbrent la lecture et le savoir. Elles en sont venues à symboliser la culture, que ce soit celle d’un indi- vidu, d’une institution ou d’une nation tout entière.
L'età romana
Login
Inserisci email e password per accedere ai contenuti della piattaforma
Abbonati
Per vedere il contenuto dell'articolo, devi essere abbonato.
Se possiedi un abbonamento, fai il login