N.5 2022 - Biblioteche oggi | Luglio-Agosto 2022

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Quando la scienza diventa partecipativa

Maria Cassella

Responsabile Area servizi bibliotecari, Campus Luigi Einaudi, Università degli studi di Torino maria.cassella@unito.it

Abstract

Il crowd è una nuova attività nelle biblioteche, negli archivi e nei musei legata alle collezioni speciali. Si tratta di un'attività coinvolgente con un duplice obiettivo: il primo è quello di creare nuove partnership e sviluppare comunità bibliotecarie; il secondo è quello di valorizzare le collezioni speciali. Il crowdsorucing può anche essere un'esperienza stimolante per gli utenti della biblioteca. L'autore offre alcuni esempi di collezioni in crowdsourcing nelle biblioteche accademiche e discute la relazione tra crowdsourcing e citizen science. Viene inoltre discusso il progetto Europeana Transcribe e le sue implicazioni sulle collezioni di Europeana. Nella parte finale dell'articolo l'autore fornisce alcuni suggerimenti e descrive alcuni strumenti per praticare la citizen science nelle biblioteche accademiche.

English abstract

Crowdsourcing is a new activity in libraries, archives and museums related to special collections. It is an engaging activity with a twofold aim: the first aim is to create new partnerships and to develop library communities; the second aim is to enhance special collections. Crowdsorucing can also be an inspiring experience for library users. The author offers some examples of crowdsourced collec- tions in academic libraries and discusses the relation between crowdsourcing and citizen science. The Europeana Transcribe project and its implications on Europeana collections is also discussed. In the final part of the article the author gives some suggestions and describes some tools to practice citizen science in academic libraries.

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La valorizzazione delle collezioni speciali attraverso il crowdsourcing

Le biblioteche, pubbliche e accademiche, discutono da qualche anno nei convegni e nei workshop tematici di open science e citizen science. Quest’ultima è la scienza realizzata con la collaborazione dei non esperti, dei cittadini, dei volontari, degli amatori, degli studenti. Sebbene la prassi di utilizzare volontari nella raccolta di dati risalga ai primi del Novecento, il termine citizen science viene introdotto per la prima volta nel 1995 dal sociologo Alan Irwin in un libro diventato successivamente un punto di riferimento nella riflessione sulla scienza partecipata. L’autore metteva in evidenza l’importanza del contributo offerto nella risoluzione dei problemi da quella categoria di esperti considerati dalla scienza tradizionale come “laici” o profani.

In letteratura vengono utilizzati in modo difforme e non sempre coerente termini diversi per riferirsi alle pratiche di citizen science: civic science, public science, participatory science, democratic science, crowdsourced science ecc. 

In italiano il termine citizen science viene tradotto in modi diversi: “scienza partecipata”, “scienza dei cittadini”, “scienza collaborativa” o “scienza di tutti”.
Questa difformità terminologica rende complesso tracciare uno stato dell’arte delle iniziative di citizen science nelle diverse discipline in Italia e in Europa. Sono, tuttavia, identificabili due importanti dimensioni (e relativi ambiti di applicazione) della citizen science.

  • La prima è la dimensione della democrazia partecipativa che si concentra sulla soddisfazione dei bisogni espressi e inespressi dei cittadini onde superare condizioni di diseguaglianza. Questa dimensione focalizza la sua attenzione sugli aspetti sociali, culturali e inclusivi della scienza; è un approccio che attiene maggiormente, anche se non esclusivamente, all’ambito delle scienze umane e sociali. 
  • La seconda dimensione è quella più conosciuta e praticata di scienza realizzata con la partecipazione dei cittadini che si prestano in modi diversi a raccogliere dati, talvolta finanche ad analizzarli e a valutarli sotto la guida dei ricercatori. Questa dimensione riguarda maggiormente, ma non esclusivamente, le scienze naturali che, di fatto, sono l’ambito di applicazione più importante e diffuso per la citizen science. I primi e più rilevanti esperimenti di citizen science nascono, infatti, in campo scientifico e fanno leva sugli amatori, sugli appassionati di ornitologia, di astronomia, di clima, ambiente, biologia ecc. 

Secondo un’indagine avviata nel 2016 e conclusa nel 2017, in Europa l’11% dei progetti di scienza partecipata realizzati apparteneva all’ambito delle scienze umane e sociali, il 75,7% al campo delle scienze della vita, il 7,5% a quello delle scienze naturali, il 5,8% alle discipline ingegneristiche.

Nelle scienze umane i progetti di citizen science hanno come principale oggetto di studio il patrimonio culturale posseduto da musei, archivi o biblioteche e si concretizzano in una serie di attività che mirano al coinvolgimento dei pubblici nell’arricchimento dei dati relativi alle collezioni digitali, nella trascrizione dei testi, nella taggatura delle immagini, nella georeferenziazione ecc. al fine di valorizzare il patrimonio culturale, di renderlo sempre più aperto, completo – e, quindi, fruibile – e, al tempo stesso, di realizzare ricerche di tipo innovativo sui manoscritti, sui reperti, sui documenti di archivio ecc. 

In questo senso, nelle scienze umane, i progetti di scienza partecipata sono anche progetti digital humanities. Grazie al fatto di sollecitare la partecipazione di volontari, cittadini, scuole, associazioni ecc. alle attività di valorizzazione del patrimonio culturale, la scienza partecipata rafforza il legame tra biblioteche, archivi e musei, da una parte, collezioni e pubblici, dall’altra. 

Si realizzano, così, esperienze uniche di collaborazione e di co-creazione nell’ambito dei beni culturali. 

La crowdsourced science per la valorizzazione del patrimonio culturale

Da alcuni anni le collezioni speciali (fondi storici e fondi di persona) di biblioteche, archivi e musei sono oggetto di importanti progetti di public engagement: mostre, mostre virtuali, progetti di digitalizzazione, laboratori e programmi educativi, collaborazioni con il variegato mondo di Wikimedia: Wikipedia, Wikimedia commons, Wikibooks, Wikisource, Wiki loves monuments, Wikivoyage ecc. 

Le collezioni speciali, infatti, si prestano in modo naturale a essere oggetto di attività di valorizzazione attraverso il public engagement. Hanno valore per una molteplicità di stakeholders in quanto sono oggetto di studio per docenti e ricercatori universitari nei progetti di ricerca: sono rilevanti per la storia delle discipline, per la didattica e per l’evoluzione del pensiero scientifico nei secoli. 

Fuori dall’accademia, le collezioni speciali sono di interesse per le comunità di non esperti, in quanto legate alla storia e alla cultura di un territorio. 

Evidence suggests that users are more likely to become engaged in this way with local collections relevant to their lives or on topics with a thematic focus.

Non è un caso che alcuni studiosi abbiano sottolineato il rapporto molto stretto di queste collezioni con gli obiettivi e le finalità della public history.
Il coinvolgimento del pubblico nella valorizzazione delle collezioni comporta numerosi vantaggi: 

  • sottolinea la duplice natura del documento come oggetto-prodotto, analogico o tecnologico, e oggetto-processo culturale e sociale
  • favorisce una fruizione più consapevole e matura del patrimonio culturale da parte del comune cittadino. In questo senso, la valorizzazione dei beni non è più solo un’attività fine a se stessa ma, attraverso la partecipazione dei pubblici, diventa funzionale ad altri scopi come, ad esempio, quello di educare il cittadino al valore e alla tutela del patrimonio. “Condividere – scrive Fiammetta Sabba – significa sensibilizzare, e di riflesso insegnare la tutela come approccio etico ai beni culturali di ogni tipo”;
  • mette in luce il valore pubblico delle collezioni, la loro natura di bene comune. 

Il canale digitale consente, infatti, una disseminazione capillare e un ampio riuso del patrimonio, compiti ormai ritenuti inscindibili dalla tutela e dalla fruizione fisica delle collezioni. 

Il compito di musei, archivi e biblioteche sembra, ormai, non esaurirsi più nella, pur fondamentale, garanzia di tutela e fruizione fisica delle collezioni, ma si misura sempre di più con obiettivi di disseminazione delle risorse culturali digitali, a fronte di istanze crescenti di partecipazione, riuso e co-creazione di contenuti che provengono dal basso nello spirito della convenzione di Faro del 2005, la cui ratifica è stata approvata dal parlamento italiano il 23 settembre 2020.

Tra i progetti di public engagement centrati sulle collezioni digitali stanno conoscendo una certa diffusione i progetti di crowdsourcing. Il crowdsourcing fa riferimento ad una metodologia “per ottenere servizi, idee o contenuti sollecitando contributi volontari da gruppi di individui o organizzazioni, in particolare da comunità online”

Nelle scienze umane i progetti di crowdsourcing relativi alle collezioni presuppongono:

  • una progettazione di medio-lungo termine;
  • una solida campagna di comunicazione rivolta ai potenziali collaboratori esterni;
  • una consolidata attività di digitalizzazione. 

Quando queste attività collaborative vengono programmate e realizzate in un contesto di ricerca possiamo ricondurre il crowdsourcing sotto l’etichetta di: crowdsourced science. Come abbiamo scritto in precedenza, la crowdsourced science è una delle molteplici denominazioni e declinazioni della citizen science. Così come la citizen science, è un termine ombrello sotto il quale si raccolgono pratiche eterogenee di partecipazione dei pubblici alla costruzione dei progetti di ricerca. 

I progetti di crowdsourced science legati al patrimonio culturale sono di tipo diverso e mirano a coinvolgere direttamente e attivamente volontari di ogni età nella trascrizione, nell’interpretazione semantica dei testi, nella taggatura dei documenti, nella geolocalizzazione delle immagini ecc. 

La raccolta dei dati, dei metadati, delle trascrizioni ecc. si serve di piattaforme di partecipazione e di condivisione pubbliche come, ad esempio: 

  • Zooniverse, il più importante portale esistente di citizen science; ospita centinaia di progetti in diver- se discipline, da quelle scientifiche a quelle umani- stiche, con milioni di iscritti nel mondo;
  • Particip-Arc, piattaforma francese lanciata nel 2017 dal Ministero della Cultura per sostenere e sviluppare i progetti di scienza partecipativa nel mondo dei beni culturali;
  • LibCrowds, piattaforma creata ad hoc dalla British Library (BL). Ospita 175 progetti di crowdsourcing centrati sulle collezioni della BL. A giugno 2022 LibCrowds accoglie i contributi di quasi 3.000 volontari e 175 progetti; sulla piattaforma vengono messi in evidenza e premiati ogni anno i dieci volontari più attivi. 

Non tutte le iniziative di crowdsourcing sono riconducibili stricto sensu sotto il cappello della scienza partecipata, in quanto non tutte le attività appaiono direttamente legate a progetti di ricerca. Tuttavia, man mano che cresce l’interesse verso le attività di public engagement, alcuni portali di biblioteche digitali si stanno evolvendo nella direzione di realizzare attività di collaborazione e di co-reazione sulle collezioni. Ad esempio: 

  • Transcriu-me, il portale della biblioteca digitale della Biblioteca Nazionale della Catalogna; raccoglie le collezioni digitalizzate da diverse biblioteche catalane e, per alcune di esse, consente di realizzare la trascrizione dei testi in modo collaborativo; 
  • e-manuscripta, il portale di fonti manoscritte digitalizzate dalle biblioteche e dagli archivi svizzeri;
  • alcune collezioni digitali della Biblioteca centrale dell’Università di Zurigo sono oggetto di progetti di crowdsourcing: Transcribing Zschokke, la trascrizione delle lettere di Heinrich Zschokke, e Across Space and Time, progetto di georeferenziazione collaborativa di 2.500 carte geografiche; 
  • Europeana Trascribe, il progetto di trascrizione collaborativa di alcune collezioni digitali ospitate su Europeana, l’infrastruttura che raccoglie e dà accesso alle risorse culturali digitali europee.

Su quest’ultimo progetto vale la pena fare un breve approfondimento. 

Europeana Transcribe e le crowdsourced collections

Europeana Transcribe è un’iniziativa di crowdsourcing rivolta ai cittadini europei. Lo scopo è quello di arricchire in modo collaborativo alcune delle collezioni digitalizzate nell’ambito del network Europeana attraverso il portale Europeana Transcribe. La selezione dei volontari che effettuano le trascrizioni avviene attraverso hackathon pubblici aperti a tutti: i transcribathons

La possibilità di collaborare a progetti di trascrizione offre ai cittadini europei alcuni vantaggi:

  • favorisce la conoscenza del patrimonio culturale europeo e le sue relazioni con il presente;
  • incoraggia i partecipanti a migliorare la comprensione e le modalità di utilizzo di piattaforme come Europeana. 

Per quanto riguarda le collezioni digitalizzate, oltre ai vantaggi in termini di ricercabilità, promozione e disseminazione, le trascrizioni collaborative aprono nuove possibilità di ricerca, traduzione, analisi, distribuzione e riutilizzo del materiale. 

A partire dal 2022 Europeana Transcribe sarà reingegnerizzata grazie al nuovo progetto europeo: Enrich Europeana Plus. Il progetto si propone di trasformare Europeana Transcribe in un portale di servizi a favore delle istituzioni culturali, grazie a nuovi strumenti di intelligenza artificiale per automatizzare le trascrizioni. Enrich Europeana Plus svilupperà servizi e strumenti partendo da una tecnologia di handwritten text recognition messa a punto nell’ambito di un altro progetto europeo: READ – Recognition and Enrichment of Archival Documents (2016- 2019), finanziato dal programma quadro Horizon 2020. Enrich Europeana Plus prevede di organizzare alcune campagne di crowdsourcing per coinvolgere il pubblico in attività di arricchimento della descrizione semantica e multilingue di alcune collezioni accessibili a partire da Europeana. 

Nel 2020 alcune collezioni di Europeana, oggetto di attività di arricchimento dei contenuti tramite metadati prodotti dagli utilizzatori (user generated metadata) e/o di trascrizione collaborativa, sono state analizzate da uno studio realizzato dalla Cyprus University of Technology sotto l’egida della Europeana Foundation.  Per lo studio sono stati realizzati e analizzati tre questionari rivolti rispettivamente agli aggregatori nazionali di Europeana, ad aggregatori tematici e a partner esterni, oltre a undici interviste da remoto rivolte ad altrettanti partner e stakeholder di Europeana e tre eventi pubblici. 

I risultati dello studio fanno emergere come stia crescendo da parte dei professionisti dei beni culturali la fiducia nei contenuti generati dagli utenti, grazie allo sviluppo della tecnologia e al successo di progetti come i GLAM-Wiki o attraverso le attività di condivisione realizzate sui social. 

Tuttavia, per ogni progetto di arricchimento delle collezioni tramite user generated content (UGC) è necessario fornire assistenza e prevedere un controllo di qualità da parte di chi mette a disposizione i contenuti. Per il futuro, l’obiettivo principale delle azioni relative alle collezioni digitalizzate resta quello di concentrarsi sulle attività di user generated metadata e di transcribathon, più che sull’arricchimento dei contenuti attraverso i social e lo storytelling. 

Infine, lo studio della Cyprus University of Technology auspica che l’Europeana Foundation si faccia promotrice di una standardizzazione delle pratiche di crowdsourcing che sono, al momento, le più disparate; anche il tema dell’interoperabilità tra i progetti è cruciale: nonostante standard e protocolli condivisi, ancora oggi, il livello di interoperabilità tra le digital library resta basso ed è auspicabile possa crescere in futuro. 

Per le biblioteche è innegabile il potenziale del crowdsourcing per allargare le comunità di riferimento e rafforzare il modello di biblioteca partecipativa, sia nello spazio fisico (i transcribathon si svolgono in presenza negli spazi della biblioteca o sono organizzati in collaborazione con biblioteche e archivi) sia sulle piattaforme partecipative, in spazi virtuali. Questi ultimi “possono estendere l’ambito della biblioteca per raggiungere le comunità che potrebbero non essere in grado di visitare un luogo fisico e quelle che sono più a loro agio nell’interazione online”

Il crowdsourcing offre, dunque, la possibilità di un cambio di prospettiva per il patrimonio culturale europeo, consente di generare nuovo valore culturale con concreti vantaggi di lungo termine per il patrimonio stesso e per i cittadini europei. Nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) è prevista la realizzazione di una piattaforma di co-creazione e crowdsourcing che offrirà nuove possibilità di interazione col patrimonio digitale italiano. 

Come avviare un progetto di crowdsourcing nelle scienze umane

La partecipazione dei volontari ai progetti di crowdsourcing è in grado di focalizzare l’attenzione di un vasto pubblico sulle collezioni di biblioteche, archivi e musei, con risvolti importanti sull’accessibilità del patrimonio culturale, l’educazione del pubblico alla sua fruizione, la disseminazione su scala internazionale. Tuttavia, i progetti di crowdsourcing sono complessi, coinvolgono una molteplicità di partner e stakeholder con ruoli diversi e possono anche comportare costi elevati di realizzazione: la digitalizzazione delle collezioni e la presenza di un’infrastruttura tecnologica sono, infatti, due componenti fondamentali di un qualsivoglia progetto di questo tipo. 

La prima fase di un progetto di valorizzazione delle collezioni in un’ottica collaborativa aperta è relativa alla definizione degli obiettivi e allo studio del contesto. 

L’individuazione degli scopi e degli obiettivi costituisce la prima azione nella definizione e redazione di un progetto. È, infatti, con essi che devono essere messi in relazione le risorse economiche e umane a disposizione e i tempi prefissati, al fine di giungere ad un prodotto rispondente alle aspettative.

Quanto al contesto, si renderà indispensabile avviare un’analisi delle comunità di riferimento della biblioteca e redigere un elenco delle possibili collaborazioni. Infatti, le concrete possibilità di lanciare o far parte di un progetto di crowdsourcing nelle scienze umane sono legate alla capacità delle biblioteche di ampliare la propria rete di relazioni e di partner. Internamente la collaborazione con i docenti e con i centri di ricerca in digital humanities consente spesso di realizzare progettualità di tipo avanzato sulle collezioni, combinando in un unico progetto attività di tipo diverso che vanno dalla digitalizzazione, alla costruzione di LOD, alla collaborazione con il mondo Wiki-GLAM, al crowdsourcing. Tra le possibili collaborazioni esterne potranno essere valutate quelle con musei, archivi, associazioni professionali, comitati locali, scuole, imprese operanti nel settore del cultural heritage, associazioni e fondazioni culturali. I soggetti sopra citati possono ricoprire ruoli di tipo diverso in un progetto di crowdsourcing: finanziatori, facilitatori, partner e, da ultimo ma non per ultimo, possono essere coinvolti nelle attività di crowdsourcing per il reclutamento dei volontari o come volontari. Una strategia parallela per costruire nuove alleanze è quella di organizzare eventi promozionali come workshop, science cafè, flash mob, hackathon, transcribathon ecc., servendosi per la comunicazione dell’evento del portale istituzionale, del sito web, dei canali social della biblioteca e delle anagrafiche universitarie. In generale, un progetto di scienza partecipata, quale che sia il livello di coinvolgimento della biblioteca, obbliga a ottimizzare i canali di comunicazione, a ripensare e migliorare la propria offerta comunicativa con un impatto positivo su tutti i servizi al pubblico. 

A seguire, per il lancio di un progetto di citizen science nelle scienze umane, va predisposta un’analisi delle collezioni. Oltre che in buono stato di conservazione la collezione selezionata per il progetto dovrà rappresentare un valore per la memoria collettiva locale al fine di attrarre l’interesse di gruppi di volontari e di possibili investitori. 

L’interesse verso una collezione piuttosto che verso un’altra potrà essere sollecitato anche dall’attività di studio di un docente, un ricercatore o un dottorando. Talora la scelta potrà essere vincolata a celebrazioni o anniversari, sollecitata dagli eredi di un autore, dalla donazione di un fondo, da una fondazione privata, da un’associazione culturale ecc. 

I fondi di persona sono tra le collezioni speciali quelle più adatte ad essere oggetto di attività di crowdsourcing: non solo perché, come abbiamo già argomentato, sono indissolubilmente legati alla storia di un luogo, una città, un ente ecc. ma anche per le loro caratteristiche intrinseche in quanto costituiti oltre che da materiale bibliografico a stampa, da carte e documenti personali, lettere, manoscritti, materiale cartografico e fotografico, letteratura grigia ecc. 

Diversamente da quanto era prassi fino a qualche anno fa, è buona norma far sì che il materiale archivistico collegato con un fondo di persona resti collocato nei locali della biblioteca che conserva il fondo. Infatti, insieme al materiale bibliografico, questo materiale d’archivio rappresenta una testimonianza unica e indissolubile dell’attività didattica, del pensiero e del lavoro intellettuale di un docente universitario. 

Da ultimo, ma non per ultimo, in fase di progettazione, dovranno essere affrontati il tema delle risorse umane e quello delle competenze interne; laddove in un ateneo o in una biblioteca esista una figura – o un ufficio – che già si occupa di open science appare naturale che questa si occupi inizialmente anche di citizen science, sommando alle competenze professionali sui repository, sulla valutazione, sui portali di pubblicazione ecc. nuove capacità relazionali e comunicative. Nei progetti si potranno coinvolgere con ruoli diversi anche bibliotecari esperti di biblioteca digitale, di collezioni, di dati e metadati e/o bibliotecari che abbiano collaborato a progetti di digital humanities. Altre competenze richieste nei progetti di scienza partecipata sono relative al project management, alla comunicazione, alla gestione dei dati della ricerca secondo il modello FAIR.

Alcune di queste competenze non saranno necessariamente in capo agli staff delle biblioteche. Infatti, come abbiamo già osservato in precedenza, i progetti di citizen science sono complessi e richiedono la collaborazione tra profili professionali diversi. 

In Europa alcune università hanno deciso di destinare una o più risorse alla citizen science incardinandole in strutture come: facoltà, uffici ricerca, uffici di supporto all’open science, uffici relazioni con il pubblico, uffici di public engagement ecc. o, nelle realtà dove la scienza partecipata è un tema ormai maturo, di creare centri a supporto delle attività e dei progetti. 

La Syddansk University in Danimarca ha creato un vero e proprio centro dedicato alla citizen science. Si tratta del SDU citizen science knowledge center, coordinato dalla biblioteca dell’università. Il centro serve tutte le facoltà SDU e l’Odense University Hospital. 

Sovente la possibilità di ottenere risorse umane è legata alla capacità di attrarre finanziamenti. 

Come finanziare le attività di citizen science

Trattandosi di attività progettuali straordinarie per avviare un’iniziativa di scienza partecipata, gestirla e mantenerla nel tempo è fondamentale capire a quali fondi interni o finanziamenti esterni sia possibile ricorrere per coprire i costi di un progetto. 

Quanto al problema delle risorse interne, alcune università hanno creato budget di ateneo per finanziare le attività di public engagement. Le biblioteche possono inserirsi in questo flusso di finanziamenti interni proponendosi come partner nei progetti dei dipartimenti. Quanto ai finanziatori esterni, fondazioni e associazioni si mostrano nei loro bandi sempre più attente al tema dell’impatto sociale che viene accresciuto considerevolmente dalla partecipazione pubblica alla costruzione dei progetti di ricerca. 

Soprattutto l’Unione europea è interessata a esplorare e finanziare progetti di scienza aperta e di scienza partecipata. In Horizon Europe la citizen science è considerata una linea di azione strategica per l’open science per rafforzare la fiducia dei cittadini europei nella scienza e nei suoi risultati e per aumentare il livello di alfabetizzazione scientifica in Europa. 

A livello internazionale, tramite l’associazione delle bblioteche europee di ricerca, LIBER, alcune biblioteche accademiche sono state coinvolte in progetti europei sul tema della citizen science. 

1. il progetto INOS (Integrating Open Science e Citizen Science into Active Learning Approaches in Higher Education); scopi del progetto sono: 

  • sviluppare una base pedagogica basata sull’apprendimento attivo per la pratica della scienza aperta; 
  • accrescere negli staff delle biblioteche le competenze necessarie per sostenere le attività di open science e di citizen science. Le due biblioteche partner in questo progetto sono: la Tallinn University Library (Estonia) e la University of Oulu Library (Finlandia). 

2. il progetto CeOS_SE (Citizen enhanced Open Science in South Europe).

Il progetto nasce dall’esigenza di produrre e condividere buone pratiche sulla citizen science e le biblioteche in Europa, in modo da avviare nuove attività progettuali nelle biblioteche accademiche dei paesi del Sudest Europa. Oltre l’associazione LIBER che lo coordina, i partner del progetto sono sette: la Syddansk University in Danimarca, la Patras University in Grecia, l’Università di Cipro, la Univerzitetska biblioteka “Svetozar Mar- ković” in Serbia, la National and University Library in Zagabria, la Library Studies and Information Technologies University in Bulgaria e, per l’Italia, l’Università degli studi di Torino. 

Il progetto è articolato in sei moduli che hanno lo scopo di:

  • avviare una ricognizione dei progetti di citizen science che coinvolgono le biblioteche accademiche in Europa;
  • avviare una ricognizione dei progetti di partnership tra biblioteche pubbliche e accademiche;
  • formare gli staff bibliotecari e accrescere le competenze dei bibliotecari in merito al supporto ai progetti di citizen science;
  • produrre e/o diffondere buone pratiche;
  • esplorare se e in che modo la citizen science sia inclusa nei curricula universitari, in modo particolare negli studi di Biblioteconomia e Scienze dell’informazione. 

Il progetto CeOS_SE è un’opportunità per le biblioteche e i bibliotecari dell’Europa del Sud e dell’Est per avviare percorsi di crescita professionale che portino biblioteche pubbliche e accademiche ad avere un ruolo rispetto alla citizen science e a prendere parte a progetti. 

Citizen science e biblioteche: alcuni strumenti utili

Nonostante la ricchezza delle collezioni e la disponibilità di un’infrastruttura tecnologica potente, in Italia le biblioteche accademiche non hanno ancora consolidato percorsi di scienza partecipata. La citizen science e tutto il public engagement, in generale, suscitano grande interesse nella comunità bibliotecaria italiana ma vengono considerati come temi non prioritari; anche la carenza degli organici ha un impatto negativo sulla possibilità di impegnarsi in progetti di scienza partecipata o in attività collaterali. 

Ciononostante, si possono segnalare in Italia due biblioteche coinvolte in altrettanti progetti di citizen science:

  • la biblioteca del CNR, area di Potenza, che ha lanciato due anni fa il progetto Trascrivi Marconi. Il progetto è ospitato sulla piattaforma Zooniverse e ha come scopo quello di trascrivere le carte personali, le lettere private e i diari di Guglielmo Marconi. Il progetto prevede la collaborazione con alcune classi liceali della città di Potenza che realizzeranno il lavoro di trascrizione dei testi; 
  • la Biblioteca Norberto Bobbio dell’Università di Torino, che unitamente all’Ufficio Open Science di Ateneo, partecipa al progetto CeOS_SE, sopra descritto.

Il percorso per impegnarsi sui temi della scienza partecipata è graduale ed ogni struttura può affrontarlo in modo autonomo; molto si può realizzare anche attraverso l’autoformazione. 

Per le biblioteche pubbliche due anni fa è stata pubblicata la guida: The Library & Community Guide to Citizen Science, opera della piattaforma statunitense di scienza partecipata: SciStarter. La guida offre esempi di progetti di scienza partecipata, presenta buone pratiche e dà suggerimenti utili nel reclutamento dei volontari.

In ambito accademico, LIBER, l’associazione europea delle biblioteche di ricerca europee, ha costituito nel 2019 un gruppo di lavoro sulla citizen science: il LIBER citizen science working group;  tra gli obiettivi del gruppo vi è quello di realizzare una guida per le biblioteche accademiche sul modello di SciStarter. 

A novembre 2021 è stato pubblicato dal gruppo di lavoro il primo volume della guida dal titolo: Citizen Science skilling for library staff, researchers, and the public; in esso gli autori si concentrano sulle competenze da sviluppare in biblioteca per sostenere, partecipare o lanciare dei progetti di scienza partecipata

Molto utile perché ricco di materiale e documentazione, aggiornatissimo è il portale EU citizen.science, realizzato con un finanziamento Horizon 2020; raccoglie informazioni su progetti, risorse, risorse educative, piattaforme, organizzazioni che lavorano ai temi della citizen science in Europa. Alcuni dei progetti registrati sono attivi al momento in Italia. 

Per avere un quadro sulla citizen science in Europa è interessante leggere il report di Marina Manzoni, Katrin Vohland e Sven Schade Exploring Citizen science strategies and initiatives in Europe, aggiornato a marzo 2021. In Europa le iniziative di scienza partecipata sono sempre più diffuse e una delle difficoltà è appunto quella di mapparle e di reperire informazioni sui progetti in corso e sui loro risultati. 

Per un’analisi della partecipazione dei volontari nei progetti è consigliabile la lettura del Libro bianco Themes, objectives and participants of citizen science activities, pubblicato a marzo 2021 come uno dei risultati del progetto europeo CSTrack. Si tratta di uno studio sui temi, gli obiettivi e i volontari che prendono parte ai progetti di scienza partecipata. Lo studio indaga le motivazioni che spingono i volontari a collaborare nei progetti di citizen science.

Infine, per seguire gli sviluppi della citizen science in Europa è utile entrare nella community della European Citizen Science Association (ECSA), l’associazione europea per la citizen science che ha costituito anche un gruppo di lavoro su Citizen Science e università. Di recente è nata come costola di ECSA senza, tuttavia, un collegamento formale con essa, l’associazione Citizen Science Italia.