N.5 2021 - Biblioteche oggi | Luglio-Agosto 2021

Navigazione dei contenuti del fascicolo

Sull’ovvietà della disponibilità e dell’accessibilità delle risorse digitali al tempo del lockdown

Fabio Cusimano

Veneranda Biblioteca Ambrosiana, fcusimano@ambrosiana.it

Abstract

Il lockdown e la grave pandemia COVID-19 hanno costretto tutti noi a sperimentare un nuovo approccio alla vita quotidiana mediata dagli strumenti digitali: spesso questo uso estensivo della tecnologia è avvenuto in modo forzato; in altri casi, invece, l'apertura di orizzonti più ampi verso i contenuti digitali è avvenuta in modo più naturale. Queste considerazioni valgono non solo per gli individui, ma anche per le istituzioni culturali. Internet si è infatti trasformato nello pseudonimo di un'umanità costretta, frenata, ma proprio per questo ancora più desiderosa di espansione, evasione e conoscenza. In quest'ottica, il Viaggio intorno alla mia camera, opera prima di Xavier de Maistre, può essere utilizzato come metafora significativa di ciò che ognuno di noi ha vissuto e sta ancora vivendo, tutto proiettato nella dimensione digitale del XXI secolo, dalla dimensione ormai semplicistica dell'online alla pervasività più profonda dell'infosfera, dell'onlife. Tutti noi, infatti, siamo ormai abituati a reperire rapidamente ogni tipo di servizio in forma digitale applicando il minimo sforzo, ma non commettiamo l'errore di non considerare il vasto contesto tecnico che fa da sfondo alla trasformazione digitale in atto, sottovalutando l'altra faccia di questa medaglia: sono infatti necessarie specifiche strategie di implementazione, ingenti investimenti infrastrutturali (a livello globale e locale), risorse finanziarie ancora più consistenti e personale altamente qualificato per affrontare la sfida e trasformarla in realtà. Anche gli asset digitali lo sono.

English abstract

The lockdown and the serious COVID-19 pandemic have forced all of us to experience a new approach to everyday life as mediated by digital tools: often this extensive use of technology was brought about in a forced manner; in other cases, however, the opening of wider horizons towards digital content took place in a more natural way. These considerations apply not only to individuals but also to cultural institutions. The Internet has in fact turned into the alias of mankind that is forced, held back, but for this very reason even more eager for expansion, evasion, and knowledge. With this in mind, the Viaggio intorno alla mia camera, Xavier de Maistre’s first work, can be used as a significant metaphor of what each of us has lived and is still experiencing, all projected into the digital dimension of the 21st century, from the now simplistic dimension of the online to the deeper pervasiveness of the infosphere, of onlife. All of us, in fact, are now used to quickly finding every type of service in digital form by applying the minimum effort but do not make the mistake of not considering the vast technical context in the background of the digital transformation in progress, underestimating the other side of this coin: in fact, specific implementation strategies, huge infrastructural investments (globally and locally), even more substantial financial resources, and highly qualified personnel are necessary to address the challenge to turn it into reality. So are digital assets really that obvious? Can ubiquitous access to them be considered so obvious?

Per scaricare l'articolo in pdf visita la sezione "Risorse" o clicca qui.


Una riflessione sulle profonde trasformazioni culturali indotte dalla pandemia

Digital collections are deceptive; when users turn to online platforms to access content, the amount of work required to provide uninterrupted access to digital materials is not always obvious or clear.

Preambolo

Al tempo del lockdown, extrema ratio a seguito della grave pandemia da SARS-CoV-2 (altrimenti noto come Covid-19), tutti noi, tanto in Italia quanto a livello globale, abbiamo fatto esperienza (e ne stiamo ancora facendo) di un nuovo approccio alla quotidianità mediata dagli strumenti digitali: chi per motivi professionali, chi per motivi di studio, i più per svago e per diletto, tutti stiamo cercando di evadere dal nostro confino domestico proprio grazie alla Rete. Internet si è improvvisamente tramutato nell’alias di un’umanità costretta, frenata, limitata, compressa, ma proprio per questo motivo ancor più desiderosa di espansione, evasione, conoscenza! 

Prolegomeni di un’esperienza vissuta

Se già dalla seconda metà degli anni Novanta internet viene apostrofato come la “piazza virtuale” per antonomasia, oggi tale concetto viene estremizzato se pensiamo a quante nostre attività quotidiane svolgiamo prevalentemente online: dalla ormai semplicistica dimensione dell’online siamo passati alla più profonda pervasività dell’infosfera, dell’onlife.

A causa del confinamento da Covid-19 molte categorie professionali hanno trasformato la propria postazione informatica domestica in un vero e proprio ufficio, riconfigurando di conseguenza anche il proprio ménage domestico in funzione dell’attività lavorativa ormai svolta prevalentemente in regime di telelavoro/smart working. Lo stesso dicasi per gli studenti di ogni ordine e grado, alla stessa stregua dei docenti che hanno erogato contenuti didattici secondo le medesime modalità. 

Parimenti alla dimensione lavorativa e formativa forzatamente trasferitesi online, anche il commercio tramite internet è divenuto uno dei principali canali d’approvvigionamento di generi alimentari e beni di prima necessità: se, in tempi pre-pandemia, infatti, l’utilizzo dell’e-commerce  rappresentava per molte persone solo un’alternativa agli acquisti fisici, di prossimità, di quartiere, in un contesto così complicato come quello che stiamo vivendo da oltre un anno a questa parte esso sta prepotentemente tentando di imporsi come la “nuova” normalità. 

La stessa sorte è toccata anche al vastissimo e multiforme mondo dell’intrattenimento, con giochi, film, documentari ecc. fruibili online, 24/7, in modalità multipiattaforma: non è affatto un caso che l’e-commerce e l’intrattenimento online abbiano registrato una crescita a dir poco esponenziale a livello globale, se confrontata anche solo con il biennio precedente. E il mondo della cultura? Al tempo del lockdown anche le cosiddette “istituzioni della memoria” di cui agli acronimi MAB (Musei, archivi, biblioteche) e GLAM (Galleries, Libraries, Archives and Museums), la cui missione fondativa – urge ricordarlo! – è proprio quella di promuovere l’accesso ed enfatizzare la fruizione del prezioso patrimonio in esse custodito, hanno reagito alla chiusura causata dall’emergenza sanitaria, come anche alle successive limitazioni imposte come misure precauzionali, cercando di migliorare la propria presenza online evolvendone la qualità e moltiplicando le iniziative (spesso fruibili gratuitamente). La presenza in rete, infatti, per le biblioteche e i musei si è trasformata da mera vetrina promozionale pre-pandemia a canale di comunicazione privilegiato per raggiungere il proprio pubblico impossibilitato a frequentarne gli spazi in presenza. E molti di noi hanno goduto di tali servizi come un vero e proprio antidoto contro un sempre più dilagante senso di isolamento, di alienazione e di scoraggiamento. 

Ebbene, dal generale al particolare, in un simile contesto s’immagini un percorso centrifugo, il cui fulcro può essere fissato al centro del microcosmo che circonda ognuno di noi: quest’ultimo potrà essere la propria abitazione, la propria camera, oppure un cantuccio che ci ispira serenità; insomma, un piccolo orizzonte rassicurante all’interno del quale abbiamo imparato a riconfigurare progressivamente tutte le nostre attività, le nostre sensazioni, i nostri sentimenti, nel bene e nel male. Trattandosi di un movimento centrifugo, esso porterà ognuno di noi al di fuori del proprio guscio, della propria bolla, del proprio spazio sicuro – ma anche fortemente limitante – e in questo scenario l’ambiente digitale riveste un ruolo molto importante, se non addirittura decisivo: in questi mesi tanto difficili – come anche nel prossimo futuro – ognuno di noi ha guardato al digitale mediato da internet come a una necessaria valvola di sfogo, perché è proprio grazie a questo nuovo orizzonte digitale, così sfumato e indefinito, che abbiamo potuto guardare oltre i nostri limiti all’interno dei quali siamo stati confinati, riappropriandoci – per quanto possibile – di alcune delle consuetudini che caratterizzavano la nostra vita com’era un tempo: in qualche modo siamo tornati al cinema, in biblioteca, al museo, in teatro; siamo tornati a incontrare le persone a noi care, sebbene sempre e solo a distanza... Insomma: abbiamo provato a riaprire i nostri orizzonti, passando a volo d’uccello dalla nostra camera al mondo intero, in digitale. 

Il Viaggio intorno alla mia camera: dall’isolamento all’ubiquità dell’onlife

Il Viaggio intorno alla mia camera si configura come una significativa metafora, come un efficacissimo paradigma ante litteram di quanto ognuno di noi ha vissuto e sta ancora vivendo, il tutto proiettato nella dimensione digitale del XXI secolo, dall’isolamento all’onlife

Il riferimento letterario è al titolo di un romanzo, l’opera prima di Xavier de Maistre, la cui seconda edizione è stata pubblicata in traduzione italiana nel 1824 a Milano per i tipi della tipografia e libreria Manini ne’ Tre Re  e di cui la Figura 1 riproduce il frontespizio. 

Le analogie tra quanto narrato dall’autore e il nostro vissuto ai tempi del lockdown sono fin troppo facili da cogliere, proprio a partire dalla costrizione coatta in casa (arresti domiciliari di quarantadue giorni per l’autore; confino precauzionale per noi). Fatte le debite differenze, al netto di esse i sentimenti che affiorano tra le pagine di questa finzione letteraria sono sostanzialmente analoghi al desiderio di evasione e alla voglia di libertà che pervadono la nostra quotidianità attuale, a ulteriore riprova – se mai ne avessimo avuto bisogno – di come l’animo umano e la fantasia pulsino e anelino alla vita sempre nel medesimo modo, anche se a secoli di distanza: 

Il mio cuore prova una soddisfazione inesprimibile, quando penso all’infinito numero di sventurati, a cui offro un espediente sicuro contro la noja, un sollievo contro i mali che soffrono. Il diletto di viaggiare nella propria camera è immune dall’inquieta gelosìa degli uomini e indipendente dalla fortuna. [...] Ogni uomo sensato, io non ne dubito, vorrà appigliarvisi, di qualunque indole, di qualunque temperamento egli sia. Avaro o prodigo, ricco o povero, giovane o vecchio, nato sotto la zona torrida o presso al polo ei può viaggiare, com’io ho viaggiato. Non avvi nell’immensa umana famiglia, che formicola so- pra la terra, un solo, – no, non avvi un solo (di quelli, in tendo, che abitano camere) il qual sia per negare la sua approvazione alla nuova maniera di viaggiare, ch’io introduco nel mondo (Cap. I, p. 14-15). 

Coraggio, che il viaggio abbia inizio!

Coraggio, dunque, si parta. – Seguitemi voi tutti, che una mortificazione dell’amore, una negligenza dell’amicizia tien chiusi nella vostra camera, lungi dalla picciolezza e dalla perfidia degli uomini. Gli sgraziati, gli infermicci, gli annojati, quanti ne sono al mondo, tutti mi seguano. – Tutti i poltroni si levino in massa. – (Cap. II, p. 17).

“Tutti i poltroni si levino in massa”! Ed è proprio dall’elogio della poltrona che tutto ha inizio:

Oh che mobile prezioso una seggiola a bracciuoli! Massime per l’uomo meditativo. Nelle sere lunghe d’inverno è spesso cosa dolce non che prudente lo stendervisi mollemente, lungi dal fracasso delle numerose assemblee. – Un buon fuoco, de’ li bri, una penna, quali preservativi contro la noja! Ma qual piacere l’obliare e i libri e la penna, per attizzare il suo fuoco, lasciandosi ire a qualche grata fantasia, – o accozzando alcune rime per sollazzo degli amici! Le ore scorrono allora leggierissimamente sopra di voi, e cadono in silenzio nell’eternità, senza farvi sentire il loro tristo passaggio (Cap. IV, p. 25).

Seduti su quella poltrona o su quel divano possiamo essere proiettati in un nuovo scenario, ricco di ogni esperienza che desideriamo compiere; il tutto, però, potenziato – oggi potremmo anche dire “aumentato” – grazie alla dimensione digitale, che amplifica la nostra fantasia e rende possibile una simile esperienza in ogni dove, in modo ubiquo. Con in mano il nostro libro preferito, in formato cartaceo o in formato digitale (mediato tramite e-reader, tablet o smartphone), o ancora, ivi comodamente adagiati per ascoltare un podcast, partecipare a un webinar, visitare virtualmente un parco o un museo o una mostra online, assistere a un concerto o a una pièce teatrale trasmessa in live streaming oppure come servizio on demand. Insomma: dalla propria camera, mutatis mutandis, al mondo intero! 

Figura 1 - Frontespizio della seconda edizione dell’opera Viaggio intorno alla mia camera di Xavier de Maistre

Accesso ubiquo alle risorse digitali: croce e delizia, necessità e opportunità

Se le biblioteche sono le “piazze del sapere”, per dirla con Antonella Agnoli, di questi tempi internet ha estremizzato il proprio status di “piazza virtuale”, contribuendo in modo decisivo a riconfigurare non solo l’esperienza quotidiana di tutti noi nella ricerca e nella fruizione dei contenuti e dei servizi digitali tra i più diversi, ma divenendo al contempo parte integrante della rinnovata strategia di comunicazione e fruizione per le biblioteche stesse, come anche per i musei, gli archivi, le università e tutte le istituzioni culturali. A tal proposito afferma Alessandra Maffiotti:

Oggi siamo abituati alla forma classica del libro gutenberghiano e abbiamo dimenticato che anch’esso è nato come una tecnologia innovativa che, rispetto agli strumenti precedenti, avrebbe dovuto migliorare il reperimento e l’elaborazione delle informazioni contenute nel testo. La sua affermazione come veicolo privilegiato della comunicazione tout court, non solo letteraria, tuttavia non è stata affatto neutrale ma ha plasmato la forma del pensiero occidentale, producendo un modello culturale di trasmissione del sapere cui sono corrisposti per secoli precisi paradigmi inerenti ai concetti di testualità, autorialità e ricezione. Nell’ultimo trentennio lo sviluppo di apparecchiature digitali sempre più avanzate a portata del pubblico di massa, la diffusione pervasiva della rete e delle culture partecipative hanno introdotto forti discontinuità rispetto al passato, scardinando la solidità di quegli assunti teorici e riqualificando le relazioni tra i soggetti coinvolti – testi, autori e lettori. Nella dimensione immateriale del Web, verso la quale stanno migrando tumultuosamente le risorse documentarie affrancandosi dalla fisicità del supporto cartaceo, la forma dei contenuti si modifica generando a sua volta la nascita di nuovi stili cognitivi atti ad interpretarli. La lettura allora si fregia di nuovi aggettivi: diventa social, augmented, stratificata nei diversi livelli semantici che i link della rete rendono disponibili e immediatamente fruibili. A fronte di questi profondi cambiamenti di natura sociale cosa si affaccia di nuovo sul mondo delle biblioteche?

La rivoluzione indotta dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) garantisce la simultanea disponibilità di conoscenze tecniche, sociali e umane grazie all’accesso a banche dati da parte di persone, imprese, istituzioni. L’esponenziale pervasività delle TIC ha sensibilmente accelerato la velocità della comunicazione permettendo di snellire la raccolta delle informazioni stesse e la loro analisi. Le persone e le informazioni sono molto più interconnesse rispetto al passato, con forti influenze nel modo di lavorare, di vivere, di imparare. Le TIC permettono di manipolare contenuti, di modificare e connettere le informazioni che provengono da fonti diverse. Oggi più che mai la cultura dell’innovazione coincide con la cultura della gestione della tecnologia e dei dati:

What is the impact of information and communication technologies (ICTs) on the human condition? In order to address this question, in 2012 the European Commission organized a research project entitled The Onlife Initiative: concept reengineering for rethinking societal concerns in the digital transition. [...] ICTs are not mere tools but rather social forces that are increasingly affecting our selfconception (who we are), our mutual interactions (how we socialise); our conception of reality (our metaphysics); and our interactions with reality (our agency). In each case, ICTs have a huge ethical, legal, and political significance, yet one with which we have begun to come to terms only recently. 

Al giorno d’oggi i big data hanno raggiunto la gente comune: grazie ai moderni dispositivi mobili e alle loro caratteristiche hardware, infatti, è ormai possibile avere sempre e ovunque a portata di mano svariate informazioni, così come la possibilità di effettuare ricerche online o di prendere appunti sulle proprie attività e quindi analizzarle in seguito. 

L’accesso ubiquo alle risorse digitali, senza limitazioni spaziali e temporali, è diventato il nostro scenario abituale: tutti noi siamo ormai abituati a reperire rapidamente ogni tipologia di servizio in forma digitale applicando il minimo sforzo; ci siamo a tal punto assuefatti a tale scenario, siamo talmente sicuri che la Rete – qui intesa sia come internet as a service, sia come infrastruttura di connessione fisica per le telecomunicazioni − non ci tradirà, che agiamo “viziati” dall’abitudine... Si tratta senz’altro di una grande opportunità che la tecnologia ci offre, ma non si compia l’errore di non considerare il vasto contesto tecnico sullo sfondo, sottovalutando l’altra faccia di questa medaglia. Tale approccio pretende apposite strategie di realizzazione, ingenti investimenti infrastrutturali (a livello globale e a livello locale), ancor più ingenti risorse finanziarie e personale altamente qualificato in grado di accettare la sfida per tramutarla in realtà. Sono, dunque, davvero così ovvie le risorse digitali? Può essere considerato così scontato l’accesso ubiquo a esse? Una considerazione è certa: le risorse digitali non si generano autonomamente (o, almeno, non del tutto), né tantomeno esse divengono fruibili pubblicamente in modo del tutto automatizzato; la filiera produttiva del digitale è lunga e complessa e necessita di molte fasi operative e di un continuo monitoraggio dei processi tecnici, della qualità, dei costi. Spesso l’estrema semplicità dei processi di ricerca, così come oggi vengono percepiti lato utente, insieme alla conseguente fruizione delle risorse digitali in modalità multiformato tramite l’utilizzo di un medesimo dispositivo, fanno sì che i più siano portati a pensare che il mondo dei contenuti digitali e della digitalizzazione sia un mondo facile, immediato, addirittura privo di costi, ma non è così! 

Il digitale, con la sua pervasività e la sempre crescente velocità di diffusione, sta costruendo degli “specchi” che fedelmente duplicano le apparenze, come visionariamente tratteggiato da Borges, una moltiplicazione dell’esistente in cui è possibile muoversi ad una velocità e con dei risultati che solo dieci anni fa erano inimmaginabili e che ancora oggi, qualche volta, riescono a stupirci! E in tale scenario di borgesiana memoria le biblioteche giocano un ruolo significativo:

[...] sul versante più tecnico della big data curation; sul fronte culturale dell’accesso democratico alla conoscenza. Per quanto riguarda il primo aspetto, la sensazione è che non sia sufficientemente diffusa la consapevolezza che un domani la possibilità di tramandare il passato (l’oggi) dipenderà proprio dalla corretta conservazione e cura dei dati. “Cura dei dati” in senso lato, perché affinché i dati siano leggibili/utilizzabili sarà necessario curare/tramandare anche il contesto in cui i dati sono stati generati, poter risalire alla loro fonte e alle possibilità di analisi che vi erano connesse.

Risorse accessibili online, biblioteche analogiche e biblioteche digitali

Le biblioteche digitali hanno una storia breve, ma già foriera di un ricco dibattito internazionale. A cominciare dalla definizione stessa di biblioteca digitale, di cui si contano diverse formulazioni.

Nel frattempo, le tecnologie stanno trasformando le biblioteche analogiche che, tuttavia, non sempre comprendono a pieno l’importanza delle tecnologie digitali e quindi rischiano di perdere coerenza all’interno di questo contesto in continuo divenire. Ciononostante, anche se sferzate dal digitale che avanza e, ancora peggio, travolte dalla pandemia in atto, le biblioteche resistono con resilienza, come afferma Alfredo Serrai:

Attualmente le biblioteche esistono e sopravvivono perché, a memoria d’uomo, ci sono sempre state, almeno da alcune migliaia di anni: in quanto realtà storiche, educative, quali testimonianze ed esempi di un percorso che definiamo di civiltà, di cultura, di tradizione, e di progresso. Le biblioteche sono coeve all’invenzione della scrittura, insieme all’esistenza di una tradizione di sapienzialità, di sperimentazione magica, di culto dei morti, di pratiche liturgico-religiose; generalmente, in sostanza, come uno degli effetti del dominio politico e sociale da parte di una casta di addetti all’esercizio ed al mantenimento delle regole della convivenza, della tradizione, e delle liturgie sociali.

Combattuti tra la sacralità antropologico-culturale della biblioteca e la corsa all’innovazione digitale tipica dei nostri giorni, può essere utile riflettere proprio su una possibile definizione degli scopi della biblioteca digitale qui intesa come categoria generale, per cominciare ad affrontare il problema dell’impatto delle tecnologie dell’informazione sulla società. Ci si potrebbe chiedere: quale è il ruolo della biblioteca digitale? Quali sono i suoi caratteri fondamentali? E soprattutto, quale è l’impatto possibile della biblioteca digitale sulle persone? A tal proposito risulta estremamente utile far riferimento alle parole di Anna Maria Tammaro:

[...] la biblioteca digitale non è quello che viene comunemente inteso, cioè un deposito di contenuti digitali con servizi di ricerca collegati. L’idea centrale del concetto di biblioteca digitale è che la facilitazione della conoscenza e l’azione sociale devono andare insieme: ci sono molte possibili costruzioni sociali del mondo e ognuna di queste porta a una diversa azione per diverse comunità.

Il tema del rapporto tra libri e biblioteche analogici e mondo digitale non è affatto nuovo, e proprio in questa direzione ci aiuta a riflettere Edoardo Barbieri:

il tema non è [...] tanto quello della contrapposizione tra la realtà del libro e quella del digitale, con un partito “conservatore” attaccato ai libri e uno “innovatore” sostenitore del digitale (se si osservano bene le cose, alla fin fine sembra spesso che i significati “politici” di tali scelte vengono addirittura capovolti dai due schieramenti...), ma di chiedersi invece come le due realtà si integrino. Solo qualche stupido pensa che si possa semplicemente sostituire il cartaceo col digitale.

E se prendiamo in considerazione il mondo delle bi- blioteche di conservazione, le precedenti affermazioni appaiono ancor più realistiche. È sempre più necessario, infatti, soffermarsi a valutare il reale impatto che le tecnologie digitali hanno sul mondo dell’informazione, compreso quello – a volte fin troppo anacronistico – delle biblioteche. E ancora Barbieri:

[...] Occorre superare il vecchio (e glorioso) motto che faceva della biblioteca, in particolare quella pubblica, “il punto di accesso locale alla informazione”. Attualmente ciò non è più vero. Tale punto di accesso è oggi, semplicemente, il mio smartphone, dal quale ricevo informazioni su tutto: vie, traffico, ristoranti, meteo... Le informazioni mi arrivano cioè mediate da motori di ricerca o App che mi raggiungono tramite quel piccolo strumento digitale (ex-telefonino) che tengo in tasca. Per ciò che riguarda la biblioteca – tranne che per quote residuali della popolazione prive di accesso a Internet –, la questione delle informazioni mi sembra del tutto superata. Occorre invece sostenere con forza che, a fianco delle semplici informazioni, ci sono altre forme di conoscenza: dalle notizie (ciò che accade intorno a me nel mondo, e il suo significato), alla conoscenza vera e propria. La biblioteca si posiziona su questa “seconda linea” più stabile, profonda e interessante. Non solo ti dirà se girare a destra o a sinistra e ti consentirà di sapere dove sei andato a finire, ma ti permetterà di capire dove ti trovi! Il tema del patrimonio antico e prezioso delle biblioteche si colloca, ovviamente, a questo livello [...].

Ognuno di noi sa bene che la ricerca scientifica in campo umanistico si è sempre svolta attingendo informazioni da biblioteche, archivi e centri di documentazione. Il cambiamento più evidente apportato in questo campo dalla tecnologia è certamente quello dell’evoluzione dei cataloghi bibliografici, ovvero i moderni OPAC (Online Public Access Catalog) cui ormai ognuno di noi è avvezzo: mediante la conversione catalografica verso i moderni standard tecnologici la ricerca di informazioni sulle opere necessarie alla ricerca è ormai divenuta rapida, molto efficiente e disponibile da qualsiasi postazione informatica collegata a internet, ed è anche ottimizzata per essere fruita da dispositivi mobili.

Tutto questo, nell’attuale scenario pandemico, appare ancor più vero: la ricerca si è spostata dalla sala di lettura della biblioteca alla scrivania della nostra camera, il tutto grazie alla dimensione digitale che ha reso ubiqua l’interrogazione di cataloghi, repertori, banche dati e biblioteche digitali: 

ciò che il lockdown dovuto al Covid-19 ha fatto emergere a una consapevolezza più diffusa è che [...] è necessario che le biblioteche siano (diventino, se non lo sono) transmediali, cioè che “operino fluidamente” tra mondo fisico e mondo digitale (tra contenuti a stampa e contenuti digitali) perché in questo modo anche se la sede nel mondo fisico viene temporaneamente chiusa esse possono continuare a essere vive e attive nel mondo digitale. Una biblioteca transmediale che si concepisce come centro di accesso a informazione e conoscenza valorizza la sua funzione in tempo di chiusura fisica perché quando più c’è bisogno di informazione corretta continua a essere aperta ai cittadini nel mondo digitale.