N.5 2021 - Biblioteche oggi | Luglio-Agosto 2021

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Del bibliotecario in campagna elettorale

Claudia Bocciardi

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Non neghiamolo: chi lavora nelle biblioteche d’ente locale è un soggetto periodicamente MOLTO a rischio. 

Assai più di chi – fortunato lui – svolge il suo servizio in realtà più tranquille, dove i capi e i vertici sono lontani, e spesso paciosamente disinteressati. E se qualcuno, in questi ultimi mesi pandemici, si è fatto irretire dal (cos’è? Andiamo ragazzi! È lo stato d’animo imperante, causato dall’atmosfera Covid!), non esiste nulla come una bella campagna elettorale, in vista delle elezioni amministrative che possa scuotervi dal torpore, fin nelle vostre più intime fibre. Provate a dire di no, cari colleghi comunali. Quando la propria realtà cittadina, ancorché piccolina e provinciale, si avvicina alla tenzone elettorale, il bibliotecario entra in una specie di immenso frullatore. Uno di quelli tanto di moda, che fanno i centrifugati, per intenderci. Centrifuga- to: è proprio l’aggettivo giusto. 

Per quattro anni – ditelo, su – avete vivacchiato nel vostro quotidiano lavorativo, senza che gli alti vertici dell’ente si siano accorti che esistete. Un dignitoso tran tran, con pochi spiccioli da spendere in libri, rimasugli degli avanzi di bilancio. (Che dite? Ah, sì! Non scordiamoci il contributo MiBACT, ora diventato più semplicemente e amichevolmente MIC). Ma insomma, normalmente si vivacchia, no? In mezzo, una pandemia che ha dimezzato, quando non azzerato, le attività. E ora? È come se qualcuno premesse sul pedale di un acceleratore, dopo avervi fatto salire, a forza, su un’auto di grossa cilindrata, a velocità sostenuta, coi capelli sparati peggio che nel tunnel del vento. E tutto questo perché, d’improvviso, ci si accorge che la cultura dà lustro all’immagine e voi diventate, vostro malgrado, i sacerdoti, o le vestali, chiamati d’acchito a dare prestigio, fama, onore, all’amministrazione uscente. (Per rastrellare voti, s’intende). 

Attempati – e già questo, di per sé costituisce un rischio – e abituati all’idea che una volta andati in quiescenza voi, non ci sarà nessuno a raccogliere il vostro sconsolato testimone, vi tocca salire su questo periodico, snervante, formidabile, giro in Tagadà. (Quelli della mia età se lo ricordano, vero?). Potendolo fare, andreste a nascondervi nelle profondità dei magazzini della vostra biblioteca, se avete la fortuna di averli (noi non li abbiamo, perciò son tutti cavoli nostri). Eccovi qui, invece: vi si chiede finanche il sangue. Aperture straordinarie in domeniche d’agosto, organizzazione di rassegne infinite con ospiti di eccezione – anche se siete due gatti – progetti grandiosi che spuntano come funghi, proclami e conferenze stampa. Una pletora di fuochi d’artificio atti a catturare l’attenzione della vostra sonnacchiosa, simpatica comunità. E non si bada a spese, non si bada! Che diamine! Come ne uscirete? Come sempre: spettinati e sciagattati. Quasi ubriachi, in verità. E quando tutto questo sarà finito, se sarete sopravvissuti – massì, sopravviverete, come sempre – tirerete un sospiro di sollievo, ritornando alle quiete giornate di sempre. 

Fino alla prossima tornata elettorale, s’intende.