La Collezione dantesca di Carlo Negroni della Biblioteca civica di Novara
valentina.znn@gmail.com
Abstract
Nell'anno di Dante, l'ambizione di questo articolo è quella di mettere in luce l'importante collezione dantesca che il sen. Carlo Negroni (1819-1896), esperto di Dante e promotore della fondazione della Società Dantesca Italiana, ha lasciato alla città di Novara. In seguito alla costituzione della Biblioteca Negroni, la collezione fu ampliata. Lo scopo della recente ricerca è stato quello di ricostruire il nucleo originario della collezione Negroni attraverso lo studio dell'inventario post mortem e dei cataloghi attualmente presenti. Dalla catalogazione di incunaboli, cinquecentine e seicentine sono emersi spunti interessanti per ripercorrere la storia e la circolazione dei singoli pezzi.
English abstract
In the year of Dante, the ambition of this article is to highlight an important Dante collection that Sen. Carlo Negroni (1819-1896), Dante’s expert and promoter of the foundation of the Società Dantesca Italiana, left to the city of Novara. Subsequent to the establishment of the Negroni Library, the collection was expanded. The purpose of recent research was to reconstruct the original core of Negroni’s collection by studying the post mortem inventory and the catalogs currently present. From the cataloging of incunabula, sixteenth and seventeenth-century books interesting ideas have emerged to retrace the history and circulation of the individual items.
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La fitta rete di iniziative attivate per il 700esimo anniversario della morte di Dante Alighieri costituisce una significativa occasione per riscoprire una delle raccolte librarie dantesche più cospicue in Italia, rimasta nascosta per decenni nei magazzini della Biblioteca civica Negroni di Novara (BCNNo) e conosciuta solo localmente e da parte di qualche studioso.
Dell’importanza di questa collezione era ben consapevole il suo creatore, il sen. Carlo Negroni, giurista, politico e giornalista, che nel 1890, alla stesura del suo testamento, scrisse:
raccolta questa che è tra le più copiose che si conoscano, essendovi compresa una grande quantità di esemplari di somma rarità, di straordinario valore e mancanti anche a non poche delle primarie e più ricche Biblioteche pubbliche e private.
La Collezione dantesca di Carlo Negroni è considerevole non solo per la quantità e qualità delle edizioni delle opere di e su Dante, ma anche per la figura stessa del senatore, che, oltre a essere stato un appassionato dantista, ebbe un ruolo rilevante nella nascita della Società Dantesca Italiana, dando un forte impulso agli studi di settore in Italia. Negroni, nel proemio alla pubblicazione delle Letture edite ed inedite di Giovan Battista Gelli (1887), da lui curata con la collaborazione del bibliotecario regio Vincenzo Promis, auspicava che anche in Italia venisse costituita una società che si occupasse del culto, dello studio e della divulgazione della letteratura dantesca, osservando che:
E non pure nel continente europeo, ma oltre l’Atlantico, si sono formate e fioriscono Società Dantesche; le quali non hanno altro intento, che di onorare l’altissimo poeta, e di propagarne lo studio e la venerazione. Ma per una singolarità, della quale non saprei se altra sia più deplorevole, di tali società non una è ancor sorta in Italia.
Rivolgendosi direttamente agli accademici della Crusca li esortò affinché la società venisse fondata in seno all’Accademia stessa:
Non sembra a voi, illustri Accademici, che a tale mancanza convenga riparare? Per me credo che altri non vi potrebbe riparare meglio e più degnamente di voi, che sempre avete Dante in cima de’ vostri pensieri; che in lui principalmente cercaste il fiore della buona favella, di cui siete sindacatori e custodi; che del suo poema procuraste due edizioni, purgandolo di molti errori che vi erano trascorsi; e che siete, per quanto io mi sappia, l’unico sodalizio letterato, che di tanto gli sia stato cortese. Né altrove dovrebbe questa Società italiana iniziarsi, che nella vostra Firenze, madre di ogni coltura e gentilezza e patria del poeta.
Iniziò così un’intensa corrispondenza con l’acca- demico della Crusca Giovanni Tortoli, attraverso la quale Negroni venne informato in merito al dibattito in corso, culminato poi nell’adunanza collegiale del 10 maggio 1887 quando l’Accademia deliberò “di accogliere il voto dell’illustre comm. Negroni e di promuovere sollecitamente la costituzione di una Società dantesca italiana”. I lavori proseguirono fino al 31 luglio 1888, quando a Palazzo Vecchio fu approvato lo statuto ed eletto presidente provvisorio Pietro Torrigiani, sindaco di Firenze.
Alla sua morte, sopraggiunta il 15 gennaio 1896, Negroni nominò la Città di Novara erede universale tramite un lascito testamentario redatto nel 1890 presso il notaio Giuseppe Costa, con il vincolo di istituire a suo nome una biblioteca secondo le seguenti disposizioni:
Questa Biblioteca sarà eretta in Corpo morale, e avrà un’Amministrazione composta di un Presidente e di quattro membri, nominati dal Consiglio Comunale. [...]
Saranno assegnate per dote alla Biblioteca:
La mia casa di Novara, e in essa la Biblioteca avrà la sua sede [...]
Tutti i miei libri, manoscritti e codici, nei quali ho speso una parte cospicua del mio avere, e non meno certamente di un capitale di lire cento cinquanta mila;
Tutti i miei oggetti d’arte, carte, medaglie e quella parte della mia mobiglia che insieme con gli scaffali e ogni altro accessorio potrà, a giudizio dell’Amministrazione come sopra costituita, destinarsi, ad uso e servizio della Biblioteca.
Nello stesso anno il Consiglio comunale deliberò l’istituzione della biblioteca, costituendo un’apposita Commissione e approvandone lo Statuto; l’anno successivo la Biblioteca Negroni venne eretta in forma di ente morale sotto la presidenza dell’avv. Camillo Boeri; nel 1899 fu nominato direttore l’avv. Emilio Boeri e nel mese di marzo, infine, la biblioteca aprì al pubblico.
La città di Novara si trovò dunque ad avere due biblioteche pubbliche: la Negroni, di carattere storico, umanistico e giuridico, e la Civica, di indirizzo più scientifico e contemporaneo. Questa situazione creò presto difficoltà gestionali ed economiche spingendo il Consiglio comunale alla decisione di unificare i due enti con il trasferimento del patrimonio librario della Biblioteca Civica presso il palazzo Negroni, dando così origine all’attuale BCNNo. In questo modo si esaudì ciò che lo stesso Carlo Negroni auspicò nel suo testamento:
Quando poi il Municipio lo creda conveniente, non solamente non ho difficoltà, ma desidero che sotto la medesima Amministrazione e nel medesimo locale si riunisca alla Biblioteca Negroni la presente Biblioteca Civica, nel qual caso desidero altresì che a due delle mie sale si trasferisca la denominazione di Sala Bollini e di Sala Pampuri in memoria di qui due benemeriti cittadini che furono il cav. Prospero Bollini e l’avv. Giovanni Pampuri, e che la stessa onoranza si accordi successivamente agli altri che arricchissero la mia Biblioteca con donazioni o legati considerevoli.
Quella Dantesca è una delle quattro collezioni – insieme alla “Collezione delle edizioni della Crusca”, alla “Collezione di opere dei primi secoli della lingua” e alla “Collezione ciceroniana” – che Carlo Negroni stesso identificò all’interno della sua vasta biblioteca e per le quali raccomandò “in modo particolarissimo all’Amministrazione della Biblioteca e alle sue cure intelligenti e benevole”.
Nei primi decenni dopo la sua scomparsa, la Collezione fu ampliata da ulteriori opere, per la maggior parte contemporanee, ma anche da qualche edizione più antica. Fin da subito smise di essere una collezione del Fondo Negroni, diventando la Collezione dantesca della BCNNo.
In precedenti ricerche è stato effettuato uno scavo bibliografico per risalire al fondo originario della collezione appartenuta a Negroni, attività che si è rivelata affatto semplice in quanto le fonti a disposizione sono apparse subito inutili: i due cataloghi autografi di Negroni, il primo redatto dal 1871 al 1881 e il secondo nel 1892, non danno conto delle acquisizioni avvenute negli ultimi anni di vita mentre il catalogo a schede mobili e il catalogo topografico della Collezione risentono dell’ampliamento effettuato nei primi decenni del Novecento.
Nel 1921 il presidente della biblioteca Guido Bustico pubblicò a più riprese il catalogo della Collezione, articolato per tipologia: codici danteschi, manoscritti di argomento dantesco, edizioni della Divina Commedia (DC), opere minori e infine bibliografia della critica. Quest’ultima sezione, redatta in ordine alfabetico per autore, è rimasta però incompleta e si articola in “A-Del Lungo”. è quindi evidente che anche questa fonte non fosse adeguata, sia per la sua parzialità, sia per il suddetto ampliamento della Collezione. A queste problematiche si aggiunge il fatto che Negroni non si preoccupò mai di apporre ex libris o altra nota manoscritta che potesse ricondurre le opere al suo possesso.
L’unica testimonianza dalla quale è stato possibile trarre informazioni utili e complete per l’identificazione delle opere appartenenti a Negroni è l’inventario post mortem redatto anch’esso dal notaio Giuseppe Costa. L’inventario, oltre a elencare tutti gli arredi e gli oggetti d’arte rinvenuti all’interno dell’abitazione in Corso Cavallotti 4, costituisce un vero
e proprio catalogo dei volumi che formavano la biblioteca. Procedendo in ordine topografico per “scaffale”, ogni opera fu censita riportando, ove presente, autore, titolo, luogo di edizione, editore, anno di pubblicazione e numero di volumi, per un totale di oltre 16.800. Anche i numerosi opuscoli contenuti all’interno di cartelle furono elencati singolarmente. Un lavoro che impegnò il notaio e i suoi assistenti in 28 sedute tenutesi tra il 4 febbraio e il 9 maggio 1896. Questa preziosa e minuziosa fonte, nonostante una serie di imprecisioni dovute a semplificazioni dei titoli, errori di trascrittura o di datazione, ha permesso di isolare ed estrapolare tutte le opere di e su Dante e risalire finalmente alla reale consistenza della Collezione dantesca così come Negroni la organizzò, vale a dire 724 opere a stampa per un totale di 1.000 volumi, suddivisi in:
- 9 incunaboli;
- 50 cinquecentine in 56 volumi;
- 11 seicentine in 12 volumi;
- 35 edizioni del Settecento in 60 volumi;
- 607 edizioni dell’Ottocento in 853 volumi;
- 10 opere senza data.
A questi si aggiungono un codice manoscritto del 1465 e 22 manoscritti ottocenteschi, mentre gli opuscoli risultano quantificati in 1.218 unità. Un’altra informazione che si ricava da questo inventario è che, all’interno dei 35 scaffali, i volumi non furono disposti per tematica e tanto meno vennero tenute separate le quattro collezioni da lui stesso identificate e segnalate all’interno dei suoi cataloghi. Infatti, a esclusione di un primo blocco di cartelle contenenti le miscellanee distinte in Ciceroniana e Dantesca occupanti i primi due scaffali, la totalità delle opere si presentavano in ordine apparentemente casuale, con un’alternanza di opere di letteratura, religione, diritto, etica ed economia. È dunque ipotizzabile un ordine per dimensione, attualmente non ancora verificabile in assenza di una panoramica delle misure dei volumi non trattati e che non appartengono alla Collezione dantesca.
Una volta identificato il nucleo originario, per ogni opera contenuta nell’inventario si è cercata la presenza fisica all’interno della BCNNo individuando la relativa collocazione. Fortunatamente le quattro collezioni furono fin dal principio ricostruite e conservate in modo compatto, a eccezione degli incunaboli, che sono stati collocati separatamente insieme ai manoscritti e alle edizioni di pregio della biblioteca, e delle cinquecentine, che costituivano un fondo a sé stante insieme a tutte le edizioni del XVI secolo della biblioteca. Per incunaboli e cinquecentine si sono recuperate le collocazioni dai cataloghi a schede mobili appositamente costituiti. Per le edizioni successive invece si è consultato il catalogo topografico della Collezione in quanto il catalogo speciale a schede mobili riporta vecchie collocazioni non aggiornate. Anche questo strumento, redatto negli anni Novanta del Novecento, si è però rivelato parzialmente inadeguato, poiché riporta infatti solo i dati inerenti ad autore, titolo, anno di stampa e numero di volumi, omettendo totalmente il luogo di stampa e l’editore. Risulta dunque impossibile, dalla sua sola consultazione, identificare con sicurezza l’edizione di cui fa parte il singolo esemplare, soprattutto in un fondo monotematico come questo, dove sono presenti diverse edizioni della Divina Commedia (DC) edite nello stesso anno. Questa prima ricerca ha permesso di identificare con certezza 494 opere su 724; solo una ricognizione direttamente agli scaffali situati nei depositi consentirebbe di ricondurre i volumi esistenti a quelli inventariati dal notaio Costa e quindi restringere il numero delle opere che potrebbero essere state spostate, confluite in altri fondi o smarrite in più di un secolo di attività della biblioteca. A tal proposito si è riscontrato che sei cinquecentine citate nell’inventario appartengono alla “Collezione delle edizioni della Crusca”, circostanza del tutto comprensibile se si considera che l’Accademia della Crusca si occupò molto di edizioni dantesche. Un’altra opera invece è presente solo nel patrimonio appartenuto alla Biblioteca civica prima che le due istituzioni venissero congiunte: in questo caso si può ipotizzare che esistessero due copie della stessa opera provenienti da ciascuna biblioteca e che attualmente sia rimasta solo quella della Civica che ne riporta correttamente il timbro di appartenenza sulla scheda mobile.
Divina Commedia stampata a Venezia da Giovanni Battista e Melchiorre Sessa nel 1578
La Collezione dantesca è certamente un fondo consistente, per questo motivo, arrivati alla fase di catalogazione, si è scelto di prendere in esame solamente i volumi più antichi. Restringendo il campo a incunaboli, cinquecentine e seicentine, si è riusciti a portare a termine la catalogazione di tre nuclei ben circoscritti e compatti, senza quindi lasciare alla BCNNo un lavoro incompleto e frammentario. Nell’Inventario Costa le opere a stampa relative a scritti danteschi stampate fino all’anno 1700 ammontano a 70, delle quali:
- 6 facenti parte della “Collezione delle edizioni della Crusca”;
- 3 risultano smarrite;
- 1 risulta doppia;
- 3 non hanno riscontro nei cataloghi della BCNNo.
A queste va invece aggiunta un’opera che è sfuggita in fase di inventariazione, in quanto si trova legata insieme a un’altra.
Il patrimonio antico della BCNNo è stato inventariato solo per quelle opere che sono state inserite nell’Opac SBN, per questo motivo in fase di catalogazione si è provveduto ad attribuire a ogni volume trattato un numero di inventario, che è stato apposto in matita sul recto della carta di guardia o, in caso di assenza, sul primo recto disponibile in basso a sinistra, mentre il BID della notizia bibliografica è stato annotato in alto a sinistra della medesima pagina.
Le cinquecentine erano rivestite con copertine in plastica, che sono state rimosse per consentire alle coperte in pelle e in pergamena di disporre di più adeguate condizioni di conservazione. Si è inoltre provveduto a riposizionarle nella collocazione originaria insieme al resto della Collezione dantesca, la cui segnatura era ancora presente con apposite etichette sul dorso e sul verso del piatto anteriore di ogni volume. Questa decisione è stata presa nel rispetto di prassi ormai consolidate volte alla conservazione della forma originale dei fondi di appartenenza la cui indivisibilità è fondamentale per lo studio della genesi e dello sviluppo delle collezioni, per la storia delle opere e delle relative edizioni, della loro ricezione nei diversi secoli, della loro circolazione, nonché per la storia della lettura.
A questo proposito risulta fondamentale trattare i volumi come se fossero documenti storici specifici e differenziati rilevando qualsiasi intervento apposto all’esemplare dopo la sua uscita dall’officina del tipografo: il tipo di legatura, le decorazioni aggiunte (miniature, rubricature, acquarellature delle incisioni ecc.) e qualsiasi evidenza che possa ricondurci a eventuali possessori precedenti, vale a dire ex libris, note di possesso e segni d’uso. Nel nostro caso, Carlo Negroni non lasciò alcuna traccia di sé, a esclusione di qualche nota o richiamo manoscritto di studio, che nulla hanno a che vedere con la volontà di porre un segno distintivo di appartenenza, ma che risultano altrettanto interessanti per risalire alle connessioni esistenti tra la sua biblioteca e le sue attività, ossia al modo in cui si è servito dei libri per i suoi studi. Attualmente in SBN sono presenti poche informazioni d’esemplare con legame ai possessori solo dove l’identificazione è risultata certa a una prima e rapida valutazione. Gli studi effettuati successivamente e ancora da completare, non sono stati ancora inseriti online e riguardano non solo l’identificazione dei possessori, ma in generale tutte le note all’esemplare comprese le descrizioni della legatura e dello stato di conservazione.
Figura 1 - Divina Commedia stampata a Venezia da Nicolò Lorenzo della Magna nel 1481.
Figura 2 - Divina Commedia stampata a Venezia da Bonino de’ Bonini nel 1487.
Un discorso a parte va fatto per gli incunaboli i quali non sono stati ancora inseriti in SBN, per questo ci si è limitati a creare registrazioni in un ambiente separato e autonomo confrontandosi con il catalogo dei manoscritti e incunaboli redatto da Alessandro Veglio e che compare in una pubblicazione sulla storia della BCNNo del 1932.
Come già detto in apertura di questo intervento, la Collezione consta di diversi esemplari particolarmente rilevanti dal punto di vista della storia della tipografia, principalmente italiana. Solo per citarne alcuni, abbiamo:
- la prima edizione commentata della DC al cui interno è contenuta l’editio princeps della Vita di Dante di Boccaccio edita a Venezia da Vindalino da Spira nel 1477;
- l’edizione della DC del 1481 di Nicolò Lorenzo della Magna con calcografie tratte da disegni di Sandro Botticelli. La particolarità di questa edizione sta nel tentativo di imprimere le calcografie direttamente sulla carta del testo, purtroppo i problemi di centratura degli spazi a esse dedicati hanno determinato un ripensamento da parte dello stampatore che, dopo le prime due calcografie, decise di tirare quelle successive separatamente, ritagliandole e incollandole negli spazi destinati. Nel nostro esemplare sono presenti solo le prime due: la prima risulta tagliata a causa della rifilatura inferiore della carta e perciò ne è stata incollata una copia nel verso della carta precedente, mentre la seconda, posta all’inizio del secondo canto, è stata erroneamente stampata anche all’inizio del terzo (Figura 1);
- l’edizione della DC del 1487 di Bonino de’ Bonini con iniziali miniate in oro e xilografie interamente acquarellate (Figura 2);
- la prima edizione aldina della DC del 1502 con relativa falsificazione stampata a Lione da Baldassarre Gabiano. Anche dell’aldina del 1515 possediamo sia l’originale che la falsificazione di Gregorio di Gregori;
- la prima edizione della DC di Filippo Giunta del 1506;
- la prima edizione della DC in lingua italiana stampata in Francia a Lione da Jean de Tournes nel 1547.
L’edizione del 1481 è attualmente coinvolta nell’interessante “Progetto Dante 1481” promosso dalla Fondazione Polonsky e dal CERL (Consortium of European Research Libraries), che consiste in un copy-census illustrato di tutti gli esemplari esistenti di questa edizione: attraverso l’inserimento delle note d’esemplare e di provenienza nella banca dati MEI (Material Evidence in Incunabola) e delle relative immagini nel PDA (Provenance Digital Archive) si vuole mettere in risalto la storia dell’edizione e dei suoi esemplari, la ricezione dell’opera e la sua circolazione nei secoli, nonché le modalità in cui i vari possessori l’abbiano letta e studiata. Il CERL ha altresì espresso un entusiastico interesse verso il nucleo di incunaboli danteschi della BCNNo, in ragione ovviamente della sua consistenza: ben nove di Carlo Negroni e due appartenenti ad altri fondi. Grazie a questa collaborazione è stato possibile scoprire, attraverso il confronto di una vecchia segnatura e della nota manoscritta “Munich” nella controguardia anteriore, che il nostro esemplare fece parte dei “duplicati” della Bayerische Staatsbibliothek di Monaco che vennero venduti all’asta nel corso dell’ottocento; questo spiega inoltre la nota manoscritta in tedesco datata 1831 risalente a un libraio che probabilmente si era aggiudicato il volume all’asta.
Tra gli altri possessori da me identificati compaiono personaggi rilevanti nell’ambito culturale italiano. Ne cito brevemente alcuni a mio avviso importanti e per certi versi curiosi:
- Filippo Sassetti (Firenze, 1540 - Goa, 1588) mercante, viaggiatore e letterato fiorentino che nel 1572 scrisse un Discorso in difesa di Dante (Figura 3);
- Giovanni Andrea Scartazzini (Bondo, 1837- Fahrwangen, 1901), pastore protestante svizzero e noto dantista che si occupò del commento e della traduzione in tedesco della DC (Figura 4);
- Sebastiano Canterzani (Bologna, 1734 - 1818), professore di matematica, fisica e astronomia all’Università di Bologna, la cui biblioteca fu messa in vendita alla morte del figlio, che l’aveva ereditata, con la pubblicazione di un catalogo nel 1847 dove il nostro esemplare risultava in vendita per 60 scudi romani.
- Guido IV Meli Lupi di Soragna, ultimo sovrano del principato di Soragna prima dell’avvento di Napoleone nel 1791 e della successiva annessione del principato al Ducato di Parma e Piacenza;
- i conti Valperga di Masino e Caluso la cui biblioteca tuttora è conservata al Castello di Masino (Figura 5).
Figura 3 - Frontespizio del Discorso di Giacomo Mazzoni in difesa della Commedia stampata a Cesena da Bartolomeo Raverio nel 1573 con nota manoscritta in greco e nota di possesso di Filippo Sassetti.
Figura 4 - Nota di possesso di Giovanni Andrea Scartazzini.
Figura 3 - Frontespizio del Discorso di Giacomo Mazzoni in difesa della Commedia stampata a Cesena da Bartolomeo Raverio nel 1573 con nota manoscritta in greco e nota di possesso di Filippo Sassetti
Leggendo questi nomi è inevitabile che scaturisca la curiosità e il desiderio di indagare in che modo i libri siano passati dalle mani di questi personaggi a quelli del nostro bibliofilo, come nel caso di un compendio alla DC del 1696, di cui abbiamo due copie, una delle quali riporta l’ex libris della biblioteca dei conti Valperga di Masino e Caluso con tanto di collocazione. Trattandosi di una famiglia non estinta la loro biblioteca non è stata oggetto di smembramento e dispersione ed è tuttora custodita nella dimora originale, sarebbe quindi interessante determinare come questa copia sia arrivata nelle mani di Negroni: è stato un passaggio diretto o ci sono stati possessori intermedi? È stato acquistato o donato? È stato un prestito che per vicissitudini non è mai stato restituito? Opzione, quest’ultima, poco plausibile dato che ne possedeva già un’altra copia. Sorgono spontaneamente tutta una serie di domande che alimentano la tentazione di approfondire le ricerche, ma per farlo occorrerebbero maggiori risorse e più ampie prospettive affinché il risultato possa essere divulgato e valorizzato insieme al patrimonio che si sta trattando e non resti confinato alla mera curiosità del professionista che vi si imbatte.
La Collezione necessiterebbe infatti di un più incisivo programma di intervento volto allo studio, alla catalogazione e alla sua valorizzazione, non solo dal punto di vista bibliografico, ma finalizzato anche a porre le basi per la nascita di altri percorsi di ricerca, come l’analisi della sua genesi e del suo sviluppo os- sia quando e tramite quali canali le opere sono state acquisite.
In questa prospettiva è inevitabile ribadire l’importanza dello studio delle provenienze per ricostruire la storia di questi esemplari nel corso dei secoli, fatta inevitabilmente di intrecci e di relazioni con altre collezioni, attraverso i loro viaggi nello spazio e nel tempo.
Infine per ricostruire le connessioni originarie tra gli studi danteschi e la biblioteca di Negroni sarebbe auspicabile riaccostare la Collezione all’intero Fondo Negroni e all’archivio, nonché a tutti quegli oggetti e mobili che il possessore ha lasciato insieme alla biblioteca e alla sua dimora, ricreando così un ambiente fisico o virtuale fecondo per la ricerca da parte di studiosi e ricercatori.
Sicuramente i festeggiamenti danteschi offrono l’opportunità alla Collezione di essere riscoperta e divulgata e in quest’ottica è stato previsto l’allestimento di una mostra dove saranno esposti alcuni tra i volumi più significativi e pregiati. Come avvenuto un secolo fa, in occasione dalla mostra organizzata nel 1921 per il sesto centenario, sarà pubblicato un catalogo, oggi come allora parziale ma aggiornato e in formato e-book, consentendo così di traghettare la Collezione dantesca direttamente nella modernità, con l’augurio che questo sia solo l’inizio di uno splendido viaggio verso la sua scoperta integrale.