N.4 2021 - Biblioteche oggi | Maggio 2021

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Biblioteche pubbliche al Sud: leggere le tendenze

Milena Tancredi

Comitato esecutivo nazionale AIB, Biblioteca La Magna Capitana, Foggia milena.tancredi@aib.it

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Una tavola rotonda fotografa la situazione nelle regioni meridionali tra nuove sfide e criticità

Durante la tappa napoletana del Convegno delle Stelline, il 23 aprile 2021, si è svolta la tavola rotonda “Biblioteche pubbliche al Sud: leggere le tendenze”, organizzata dall’Associazione italiana biblioteche.
Se in Italia gli indici di lettura, i livelli di istruzione e le opportunità di apprendimento lungo l’arco di tutta la vita sono notevolmente inferiori alla media europea, questo divario è particolarmente drammatico se si osservano i dati relativi alle regioni del Sud.
Non potrebbe essere altrimenti, vista la carenza di servizi pubblici per il welfare culturale come le biblioteche di pubblica lettura. Basta effettuare una ricerca nell’Anagrafe ICCU delle biblioteche italiane per rilevare che si tratta di un divario sia numerico (a parità di popolazione, le biblioteche delle regioni meridionali sono poco più della metà di quelle presenti nelle regioni del Nord, con orari di apertura mediamente molto inferiori), sia qualitativo (in termini di accrescimento delle collezioni, sedi, attrezzature, personale professionalizzato, servizi offerti). In questo scenario, aggravato negli ultimi anni da alcune riforme che hanno favorito frammentazione e dismissione dei servizi bibliotecari, non mancano elementi di ottimismo: in alcune aree si continua o si comincia a investire sulle biblioteche di comunità, si sperimentano nuove forme organizzative, spesso orientate alla costruzione di alleanze permanenti con gli attori pubblici e privati più dinamici del territorio, oppure emergono tentativi di supplenza posti in essere da associazioni di promozione sociale, o anche da biblioteche storiche e di ricerca impegnate in attività di promozione culturale e disseminazione della conoscenza.
Questi i temi affrontati nella tavola rotonda, anche alla luce delle lezioni apprese durante la pandemia. A confronto ricercatori e illustri colleghi e colleghe: Anna Bilotta, Università degli studi di Salerno, dottore di ricerca in Scienze documentarie, linguistiche e letterarie; Domenico Ciccarello, Sistema bibliotecario Università degli studi di Palermo e vicepresidente AIB Sicilia; Antonio Curcio, direttore della Biblioteca Gullo, Casali del Manco (CS), componente dell’Osservatorio legislativo nazionale AIB; Raffale De Magistris, già direttore della Biblioteca universitaria di Napoli; Maria Antonietta Ruiu, direttrice Biblioteca del consolato del Senegal di Sassari, coordinatrice Osservatorio lavoro e formazione e componente Commissione nazionale biblioteche pubbliche AIB.
Ha introdotto e coordinato l’incontro Franco Mercurio, direttore emerito della Biblioteca provinciale di Foggia e della Biblioteca nazionale di Napoli, mentre le conclusioni sono state affidate a Cecilia Cognigni, coordinatrice della Commissione nazionale biblioteche pubbliche AIB.
Grandi professionisti che, per lavoro o per il loro impegno nell’AIB, conoscono il panorama variegato delle biblioteche italiane. Insieme abbiamo offerto il racconto della nostra esperienza, un punto di vista “trasversale” e orientato alla cooperazione e alla convergenza dei servizi bibliotecari e culturali. In ogni regione d’Italia nulla del 2020 è stato come al solito e le biblioteche statali, accademiche, specialistiche, pubbliche e i loro lavoratori, utenti e servizi sono stati tutti profondamente segnati dalla pandemia.
Riflettendo sull’anno, l’unico modo per raccontare le storie delle biblioteche d’Italia, con uno sguardo particolare al sud, è attraverso le “lenti” delle sfide che i bibliotecari sanno accettare.
Questa emergenza sanitaria, sociale, culturale e umana ha messo in evidenza il bisogno di infrastrutture culturali e sociali stabili. L’impossibilità di frequentare luoghi fisici, come le biblioteche, ha fatto sì che le persone ne percepissero “con forza” la mancanza e quindi ne rilevassero la necessità come strumenti di benessere e di welfare culturale.
L’AIB ha puntato i riflettori sulla resilienza, sulla determinazione e sulle innovazioni dei bibliotecari in circostanze senza precedenti.
Il periodo complicato, che stiamo ancora vivendo, ci impone una riflessione soprattutto sulle biblioteche pubbliche rispetto al contributo che possono dare al Paese in termini di proposta culturale, promozione della lettura, capacità di inclusione sociale e culturale, contrasto al digital divide, informazione e costruzione di comunità. L’AIB ha prodotto un documento con una serie di proposte di modifica, ricordando che le biblioteche sono organizzazioni che rappresentano e concorrono a costruire l’identità culturale delle comunità di riferimento e, come ricordano vari documenti dell’UNESCO, i loro servizi sono componenti necessarie delle politiche pubbliche per l’inclusione sociale, l’interculturalità, la rigenerazione urbana, il superamento delle diseguaglianze, dei divari digitale e territoriali.
Ovviamente nel Mezzogiorno il panorama delle biblioteche pubbliche si è molto diversificato nel corso della pandemia: si è confermato un sud a più velocità, a macchia di leopardo, con zone sempre più scure scendendo lungo lo stivale in Calabria. In Puglia, la sezione dell’AIB, consapevole e grata per l’enorme investimento della Regione Puglia (120 milioni di euro nella Community Library, finanziati nell’ambito del POR FESR Puglia 2014/2020 - Asse VI - Azione 6.7) ha incontrato, di recente, l’Assessore Massimo Bray e il dirigente Patruno del Dipartimento Turismo e cultura. Ha offerto loro la collaborazione alla realizzazione delle attività di formazione per bibliotecari, a cura di docenti formatori esperti, e la definizione di standard di qualità dei servizi bibliotecari assicurati da personale professionalmente qualificato. Si è proposta di contribuire alle politiche di consolidamento e incremento dei servizi e delle collezioni delle biblioteche pugliesi, nell’ottica di una comune strategia culturale che valorizzi la cooperazione tra le diverse realtà bibliotecarie, fino alle scolastiche. Collaborazione che è stata ben accolta e che si avvia a una proficua collaborazione.
Nella Magna Capitana, la biblioteca in cui lavoro da trentuno anni e dove sono responsabile della Biblioteca dei ragazzi, l’alleanza permanente con gli attori pubblici e privati più dinamici del territorio, inclusa l’università, è diretta, costante e continua. Dal 2003 la Magna Capitana è capofila del Polo SBN di Foggia, una delle articolazioni territoriali del servizio, che comprende biblioteche comunali, ecclesiastiche e scolastiche, oltre a quelle del Sistema bibliotecario dell’Università di Foggia e la biblioteca del Consiglio regionale pugliese. Nella Magna Capitana, da marzo 2020 stiamo proponendo incessantemente incontri online con le scuole, dalle materne alle secondarie di primo grado, sulla promozione della lettura e l’alfabetizzazione all’uso consapevole del catalogo; inoltre, abbiamo comunque organizzato la decima edizione del festival dedicato alla letteratura per ragazzi, il Buck Festival di Foggia, in sinergia con l’Università di Foggia.
Dopo la breve presentazione pugliese, si passa alla Sicilia.
È emerso un interessante quadro della pubblica lettura in Sicilia che presenta due facce: una, fatta di competenze, esperienza, progettualità, innovazione, capacità di impatto, soluzioni decisamente orientate a venire incontro ai bisogni dei cittadini; l’altra, invece, composta da ingenti sacche di incapacità gestionale. Sono presenti realtà eccellenti, in grado di fare la differenza perfino nei contesti più difficili delle periferie delle aree metropolitane, grazie alla professionalità dei bibliotecari che resta il fattore strategico di successo nella pianificazione e realizzazione degli interventi di politica bibliotecaria. Anche in Sicilia, come per altre regioni del sud, resta fortemente deficitario l’intervento normativo e programmatico delle regioni.
In Calabria, territorio culturalmente fragile dove si legge poco e i consumi culturali sono in coda alle classifiche nazionali, la pandemia ha contributo alla chiusura di molte biblioteche pubbliche, nel quasi totale disinteresse delle istituzioni locali, creando una situazione difficile e molto complessa. Occorrerebbe un piano urgente di rilancio del settore bibliotecario partendo dai bibliotecari professionisti. Allarmante inoltre il dato delle tante biblioteche gestite dai volontari, poche le realtà che hanno saputo riadattare i propri servizi in emergenza pandemia.
Completamente diversa la situazione in Sardegna, dove la presenza capillare delle biblioteche di pubblica lettura impatta positivamente sulla percentuale dei lettori (definiti dall’ISTAT come le persone che hanno letto almeno un libro per svago nei dodici mesi precedenti l’intervista), che risulta essere superiore, e in controtendenza, rispetto alla media nazionale nell’ultimo decennio, con la sola eccezione del 2019 in cui sì è verificato un brusco calo. La crescita e la diffusione delle biblioteche nel territorio, avvenute negli anni Settanta e che hanno portato al dato attuale di 367 su 377 comuni, con cui la Sardegna si posiziona al quinto posto in Italia per la presenza di biblioteche di pubblica lettura, sono da ricondurre al trasferimento delle competenze, attribuite costituzionalmente, dallo stato alle regioni. Fondamentale il principio della cooperazione bibliotecaria, impostato su una progettazione pluriennale e i programmi di formazione professionale del personale. Tutte azioni che hanno portato le biblioteche sarde a distinguersi per l’elevato livello dei servizi erogati e in meno di venticinque anni si è passati dalla mancanza quasi assoluta del servizio bibliotecario sul territorio a una sua capillare diffusione. Allo stato attuale, in Sardegna la percentuale delle biblioteche gestite in outsourcing è del 71%, un numero elevato se rapportato alla 16% della media nazionale. Quindi due anomalie tutte sarde legate alla presenza capillare delle biblioteche di pubblica lettura nell’isola: indici di lettura quasi sempre al di sopra della media nazionale e un elevato ricorso all’outsourcing per la gestione delle biblioteche.
A Napoli si ritrova una situazione bibliotecaria con molteplici sfaccettature, con le sue criticità e gli aspetti di eccellenza e con una preziosa offerta bibliografica che le istituzioni bibliotecarie nel loro complesso mettono in campo, nonostante le evidenti difficoltà a rendere fruibile il patrimonio. Permane una cronica incapacità dimostrata dalle istituzioni cittadine di “fare sistema”, sia in senso specifico, ricorrendo ad appositi strumenti giuridico-amministrativi, sia anche, più semplicemente, condividendo informalmente con altri partner progettualità ed esperienze operative. Modelli di gestione orientati alla cooperazione sembrano indicare la strada da intraprendere.
Sono stati riportati, anche, interessanti studi sui più recenti dati sulla lettura, la diffusione e l’uso delle biblioteche pubbliche in Italia (utilizzando come fonti Istat, Associazione italiana editori, Centro per il libro e la lettura, Anagrafe delle biblioteche italiane, Associazione italiana biblioteche) con un focus sui dati relativi alle regioni del sud e alle isole e un confronto tra queste e il resto del paese.
Questi dati ci hanno permesso una breve riflessione sullo stato dell’arte delle biblioteche pubbliche delle regioni meridionali, generalmente e notoriamente in ritardo rispetto alle altre (anche sul fronte legislativo), per provare a identificare alcuni dei motivi di questo ritardo. L’obiettivo è stato offrire uno spunto di riflessione alla luce delle esperienze di lavoro in contesti specifici del Sud del Paese e anche della recente pandemia, nel tentativo di individuare le potenzialità e le possibilità di rilancio per le biblioteche del Sud.
I dati non ci hanno sorpreso: l’AIB denuncia da tempo il ritardo dei servizi nelle biblioteche del sud con sistematicità e in tutte le sedi possibili locali e nazionali, come ad esempio il convegno nazionale su Biblioteche, sud e rigenerazione urbana da noi organizzato e svolto a Napoli il 30 gennaio 2020.
Questo convegno e la tavola rotonda del Convegno delle Stelline sono stati fortemente sostenuti e voluti dalla nostra presidente Rosa Maiello, con entrambi abbiamo provato a proporre soluzioni sostenibili e punti chiave su cui lavorare, oltre a stimolare il confronto pubblico. Riporto di seguito un estratto della precisa e puntuale introduzione di Franco Mercurio perché mi sembra che inquadri bene il tema: 

Cosa potrà accedere nel prossimo futuro? Ad oggi credo che non sia facile prevedere il futuro delle biblioteche pubbliche meridionali, quando il ciclo epidemico del Covid-19 si concluderà. Durante la prima fase dell’epidemia ha circolato, come d’altra parte in tutto il Paese, la convinzione non dichiarata apertamente che presto si sarebbe tornati tutti alla vita precedente.
Sebbene qualche visionario insistesse già l’anno passato nel dire che nulla sarebbe tornato come prima, i lockdown sono stati vissuti come una parentesi della nostra storia. Le strategie rivolte a fronteggiare gli effetti delle misure di prevenzione, e soprattutto la chiusura forzosa delle biblioteche, sono state assunte con il piglio di chi fronteggia un’emergenza in rapida evoluzione.
Non c’è dubbio che più agile e versatile è stata la risposta delle biblioteche pubbliche degli enti locali rispetto a quelle governative, anche nel Mezzogiorno. La capacità di resilienza e adattamento al nuovo scenario, imposto dal lockdown, si è basato essenzialmente su un retroterra culturale, presente in diverse biblioteche meridionali, che da tempo non considera il digitale come novità, ma come uno degli strumenti più potenti delle strategie bibliotecarie. Questa consapevolezza ha consentito di ampliare progressivamente la gamma di servizi bibliotecari a distanza. Perfino le strategie di costruzione delle collezioni di qualcuna di queste biblioteche si sono facilmente riorientate verso la selezione di risorse digitali, in modo da facilitare l’accesso da remoto. Si tratta di cambiamenti significativi nei metodi e nelle procedure che sembrano destinati a diventare strutturali. Diverso è il caso delle biblioteche pubbliche statali che operano al sud, (ma il mio ragionamento può essere esteso alla totalità delle biblioteche governative italiane) che sono attardate su una visione direi quasi ottocentesca della funzione della biblioteca pubblica statale. Si tratta di un ritardo strutturale, che si è stratificato nel corso di un secolo e mezzo, sia per la noncuranza del mondo politico, sia per striscianti tenaci resistenze burocratiche interne ai ministeri. La preminenza della visione conservativa del patrimonio su quella della fornitura di servizi ad alto valore aggiunto ha pervaso la storia delle biblioteche statali italiane e si è protratta fino a nostri giorni. Ha finito per rafforzare così il lungo processo di marginalizzazione dei beni librari statali e delle attività bibliotecarie. L’attenzione ministeriale si è limitata alla gestione delle collezioni esistenti senza particolari indicazioni riguardanti incrementi e sviluppi, riducendo le biblioteche statali a biblioteche di conservazione sui generis, piuttosto accartocciate sul loro passato che attente al presente e protese verso il futuro. 

Ci vuole una politica nazionale sulle biblioteche, con un’attenzione particolare al Sud: dopo la legge sulla promozione alla lettura, si deve giungere, in tempi brevi, a una legge nazionale sull’organizzazione bibliotecaria e definire, normativamente, i livelli uniformi di qualità per le biblioteche, bisogna rilanciare la formazione e la professionalità. È necessaria la consapevolezza di una formazione continua, che va declinata, partendo dalle competenze fondamentali: saper navigare, ricercare, gestire, filtrare, valutare e valutare dati, informazioni e contenuti digitali; essere in grado di proteggere la confidenzialità dei dati e delle informazioni; di identificare, recuperare, organizzare, capitalizzare e condividere il patrimonio di informazioni all’interno di reti e comunità virtuali. È necessario che tutti comprendano, dai decisori ai responsabili dei servizi, che è fondamentale personale qualificato: basta con l’uso del volontariato o di personale non preparato nella gestione dei servizi. Occorre inoltre potenziare la relazione con il mondo della scuola e della formazione permanente, sia con la messa a disposizione di piattaforme, sia con l’avvio di percorsi di rafforzamento delle competenze della popolazione. Bisogna poi rafforzare le alleanze con i servizi comunali collegati al welfare, che si sono attivati nel periodo dell’emergenza a supporto della popolazione (servizi sociali, servizi educativi) per condividere programmi e politiche di sostegno, e le biblioteche pubbliche sono fondamentali per lavorare sul cambiamento. Il Recovery plan potrebbe certamente offrire l’occasione per rilanciare le biblioteche pubbliche al Sud, occorrono però scelte coraggiose da parte degli amministratori locali. È ormai diventato necessario che le biblioteche, in particolare le pubbliche, siano realtà sicure, inclusive e resilienti, capaci di promuovere azioni positive.
Organizzando la tavola rotonda, la nostra speranza è stata quella di fornire elementi sulle biblioteche del Sud che nel tempo potrebbero stimolare conversazione, riflessione e, infine, azione. Abbiamo approfondito temi e prospettato opportunità e soluzioni, speriamo che questa discussione ispiri apprezzamento per il ruolo essenziale che le biblioteche hanno nel nostro mondo e che persuada a fare dei passi in avanti per aiutarle a prosperare.
Questo periodo storico, per la sua natura e la spinta al cambiamento, richiede grande perseveranza