Biblioteche e bibliotecari in sanità tra Compassionate Computing e fake news
Responsabile della Biblioteca di Infermieristica della Fondazione I.R.C.C.S. Policlinico S. Matteo di Pavia, mchieppi@yahoo.it
Abstract
Le biblioteche sanitarie, in quanto istituzione sociale, hanno la responsabilità di garantire l'attenzione sulla salute pubblica e la fornitura di informazioni aggiornate agli operatori sanitari e agli utenti. In qualsiasi pandemia il ruolo del bibliotecario è quello di ideare strategie di comunicazione efficaci che forniscano sia al pubblico in generale che alle popolazioni esposte che sono maggiormente a rischio informazioni utilizzabili per garantire la sicurezza dei cittadini. Nell’era dei social media, la disinformazione si diffonde attraverso diversi canali di social media e i bibliotecari devono contrastarla condividendo solo informazioni affidabili. Nella pandemia di coronavirus, la letteratura mostra che due strategie sono le più efficaci per bibliotecari e utenti: facilitare il lavoro da casa per il personale della biblioteca e fornire agli utenti le informazioni necessarie per evitare l’infodemia.
English abstract
Health Libraries, as a social institution, are responsible for ensuring public health awareness and the provision of up-to-date information to health workers and users. In any pandemic a librarian’s role is to devise effective communication strategies that provide both the general public and exposed populations who are most at risk with actionable information to ensure the safety of citizens. In the age of social media, misinformation is spread through different social media channels and Librarians must to counteract this by only sharing reliable information. In the coronavirus pandemic, the literature shows that two strategies are most effective for librarians and users: facilitating work from home for library staff and providing users with the information necessary to avoid the infodemia.
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Introduzione
Le biblioteche possono andare oltre le loro competenze e fornire supporto emotivo e psicologico alla comunità contro l’allontanamento sociale in risposta al COVID-19 che, come si è visto, ha un grande impatto sul vissuto quotidiano delle persone. Le biblioteche afferenti alle aree sanitarie, in quanto istituzioni sociali, hanno quindi la responsabilità di garantire la promozione della salute pubblica e la fornitura di informazioni aggiornate al personale sanitario. Di riflesso, questi bibliotecari sono considerati colaboratori fondamentali invitati a portare il loro apporto in loco o a distanza. Con la chiusura delle biblioteche, essi stanno lavorando in spazi virtuali per fornire servizi, risorse e supporto da remoto in particolare per la ricerca e l’innovazione, includendo, in concomitanza con l’attuale crisi sanitaria, il controllo di informazioni false disseminate in rete e la fornitura di notizie autentiche e aggiornate. Bisogna inoltre sottolineare che, nell’era dei social media, la disinformazione si diffonde attraverso diversi canali come Facebook, Twitter, WhatsApp, Instagram ecc. I bibliotecari hanno quindi l’obbligo di contrastare questo problema condividendo solo informazioni sicure e affidabili. Le loro capacità di riassumere e fornire le migliori evidenze disponibili supportano in modo efficace il processo decisionale dei sanitari, i quali quindi possono, dal canto loro, soddisfare l’urgente bisogno di prove di alta qualità durante la fase di risposta a un’epidemia, qualsiasi essa sia. Integrare i servizi nei piani organizzativi dediti alle calamità e informare i bibliotecari sull’utilizzo di strumenti atti a educare l’utenza in merito ottimizzeranno la capacità di questi di sostenere in futuro gli sforzi di una risposta ancora più decisa alle pandemie. Sebbene la distanza sia un buon modo per prevenire la diffusione del COVID-19, l’accesso alle informazioni per gli utenti rimane una responsabilità sociale dei bibliotecari. La sfida consiste nell’elaborare strategie di comunicazione efficaci che forniscano, sia al pubblico in generale che alla fetta di popolazione più esposta al rischio, informazioni utilizzabili per garantire la loro e la sicurezza altrui. Durante l’attuale situazione, in letteratura vengono evidenziati tre punti sui quali il bibliotecario deve puntare l’attenzione: supportare la salute della comunità (informare sui presidi di protezione individuale, su norme e procedure da seguirsi per l’igiene ecc.), sostenere i gruppi di ricerca e i sanitari (ad esempio richiamando l’attenzione di medici e infermieri sugli ultimi sviluppi in materia di vaccinazione, kit diagnostici e studi pertinenti pubblicati su riviste scientifiche), fornire i servizi fondamentali all’utenza (fra questi: supporto virtuale ai propri utenti, invio di documenti in formato elettronico e di risultati relativi a ricerche bibliografiche, mantenere contatti con l’utenza attraverso videoconferenze). Il modo e il momento in cui il personale della biblioteca comunica con i propri utenti rivela molto sulla loro professionalità. Lo sviluppo di strategie efficaci per raggiungere i destinatari è un processo interattivo e stimolante che continua a evolversi man mano che la tecnologia e le esigenze degli utenti crescono e cambiano, ma la verità immutabile è l’indispensabilità di queste strategie. Vale quindi il paradigma che lo scopo della divulgazione della biblioteca è universale: raggiungere il maggior numero possibile di utenti nel tentativo di informarli sulle risorse autorevoli disponibili e dei mezzi che dispongono per accedervi. Subentra poi il fattore legato al livello di capacità dei bibliotecari afferenti all’area sanitaria di gestire i servizi online, il quale è direttamente proporzionale al mantenimento di importanti relazioni con medici, docenti e studenti e persino con la creazione di nuove opportunità per ulteriori interazioni. Riconoscendo che ci sarebbe stata una necessità immediata di convertire i compiti comunemente svolti in presenza in modalità virtuale in pochi giorni, molti bibliotecari hanno utilizzato le relazioni stabilite avviando una comunicazione precoce con l’utenza. Essi hanno continuato a fornire assistenza costante anche da casa e alcuni hanno anche sperimentato un aumento dei contatti e di compiti da svolgersi da remoto online. Questa è stata la chiave per garantire che gli studenti, ad esempio, fossero in grado di completare con successo l’elaborato di fine studi.
La Compassionate Computing come risorsa ai tempi del COVID-19
Esistono molti approcci per combinare l’etica con la tecnologia con il fine creare un approccio umanamente più confidenziale con quest’ultima, sia con quella di ultima generazione che con gli intenti volti alla creazione di sistemi nuovi. La Compassionate Computing concede priorità alle esigenze delle persone che utilizzano i mezzi tecnologici presenti rispetto al fascino dell’innovazione, spostando l’attenzione sulle esigenze effettive degli utenti. Per intendere cosa sia la Compassionate Computing e di come questa strategia sia stata utile durante la pandemia globale, Laurie N. Taylor, afferente alla Biblioteca George A. Smathers dell’Università della Florida, ha condiviso in un’intervista le sue definizioni, le applicazioni pratiche prima e dopo il manifestarsi del COVID-19 e le prospettive future di applicazione della Compassionate Computing. Il lavoro di Taylor nelle discipline digitali ha innescato per la prima volta il suo interesse per il modo in cui la tecnologia può essere applicata al benessere della comunità, ma quando la pandemia ha cambiato radicalmente l’ambiente di lavoro accademico, il suo impegno ha affrontato le più ardue sfide. Taylor descrive la Compassionate Computing come un approccio basato su studi di tecnologia, di sociotecnologia ed etica dell’assistenza. Compassionate Computing significa capire che l’informatica non è mai solo tecnologia ma riguarda sempre più le persone, le politiche e le comunità che la utilizzano. Questa infatti è diventata una parte fondamentale dell’esperienza di lavoro in biblioteca, dalla fornitura di risorse elettroniche alla ricerca di informazioni. L’innovazione informatica è spesso sbandierata come la soluzione ai problemi del passato, snellendo i processi di lavoro e aumentando la produttività e l’efficienza ma spesso porta con sé problemi di costi, formazione e manutenzione continua. La Compassionate Computing guarda alle persone, ai loro bisogni e ai loro limiti tecnologici favorendo l’etica rispetto all’innovazione. Un esempio che Taylor porta alla luce è riferito allo sviluppo di un sito web per un progetto di digitalizzazione nei Caraibi. Sebbene la biblioteca avesse la capacità di creare un sito web che utilizzava le tecniche più avanzate, sviluppò invece un sito web molto semplice, per garantire che si caricasse rapidamente ovunque fosse necessario, per essere utilizzato con diversi livelli di velocità di internet. Per rendere il sito web immediatamente funzionale al pubblico dei Caraibi, che lavora con velocità internet potenzialmente più lente, questo fu creato quindi seguendo linee informatiche molto semplici. Se è vero che la tecnologia stessa è per natura passiva ma ha al contempo impatti importanti sulla vita dei suoi utenti, la Compassionate Computing chiede ai programmatori/gestori di considerare più consapevolmente i livelli di tecnologia da implementare per soddisfare al meglio le esigenze degli utenti. C’è una certa sovrapposizione tra la Compassionate Computing e altri approcci etici alla tecnologia, come il Minimal Computing. Quest’ultimo si riferisce all’applicazione di una tecnologia soggetta a rigorose limitazioni di hardware, software o componenti di rete che richiedono al professionista dell’informazione di considerare seriamente le limitazioni dell’ambiente dell’utente e il tipo di strumentazione necessaria. Le differenze, sebbene minime, risiedono nel focus: la Compassionate Computing si concentra sull’utente e sui suoi bisogni, il Minimal Computing sulla tecnologia e sui suoi limiti in uma precisa situazione. Al fine di chiarire ulteriormente i termini, la Compassionate Computing non deve essere confusa con l’Affective Computing, in quanto quest’ultima mira a insegnare alle macchine le emozioni umane, mentre la Compassionate Computing incoraggia gli esseri umani a sostenersi meglio a vicenda attraverso l’applicazione ponderata della tecnologia. Prendersi cura degli utenti finali e riflettere su come i loro bisogni possono essere effettivamente soddisfatti non è un concetto nuovo, ma lo sviluppo di una corrente di pensiero precisa e di un conseguente movimento è riferibile all’ultimo decennio. La Compassionate Computing ha applicazioni chiare in era COVID-19, quando i modi e i luoghi in cui i dipendenti lavorano sono diventati più fluidi e flessibili. Di fronte a tutti questi cambiamenti e incertezze, atteggiamenti come il rapportarsi con i dipendenti con più comprensione consentendo loro una programmazione più flessibile, fornendo una comunicazione più trasparente e offrendo un incoraggiamento positivo, sono diventati caratteristiche atte a rispondere a delle necessità. Continuare a lavorare e vivere in una pandemia globale ha evidenziato quanto siano essenziali i dipendenti e quanto siano tutti connessi ad un progetto. Una delle applicazioni della Compassionate Computing, ad esempio, messa in pratica dalla Biblioteca George A. Smathers, è stata quella di consentire ai lavoratori di portare a casa i loro personal computer, pur se molti di essi sostenenevano che avrebbero potuto lavorare su un laptop o su un iPad. Dai vertici hanno considerato il fatto che se si fosse trattato solo di un giorno un iPad poteva andare benissimo ma lavorando sul lungo periodo, si necessitava di strumenti adeguati per scongiurare problemi ai polsi o alla schiena ad esempio. Normalmente questa non era una procedura comune e la strumentazione non lasciava mai l’edificio della biblioteca ma in questo caso è stata fatta un’eccezione. Sono state poi concesse delle USB WiFi in modo che il dipendente potesse lavorare in serenità nell’ambiente di casa a lui più favorevole senza il problema di cavi e di rooter. Siccome la biblioteca poteva fornire solo un numero di schede limitato, ha chiesto ai propri lavoratori di acquistare il necessario dietro rimborso dell’istituzione. Tutto questo è andato sia a vantaggio della biblioteca che del lavoratore: la produttività è aumentata, così come l’approccio positivo del dipendente verso il suo datore di lavoro e verso i colleghi. È stato dimostrato che offire orari di lavoro più flessibili, permetendo al lavoratore di poter prendersi cura della propria famiglia più da vicino, ha giovato ad entrambe le parti.
Informazioni e fonti affidabili vs fake news
Il lavoro e le competenze dei bibliotecari nella selezione e nella diffusione delle informazioni sono fondamentali per supportare il personale sanitario, sia medico che infermieristico. La novità e la rapida diffusione del virus hanno aggiunto così una vera e propria urgenza alla disponibilità e alla distribuzione di informazioni affidabili per ridurre il suo potenziale fatale. In qualità di fornitori esperti di informazioni pubbliche, i bibliotecari hanno tentato di rispondere all’infodemia di notizie false, disinformazione e propaganda con una grande varietà di strategie, ma il COVID-19 rappresenta una sfida unica a causa della posta in gioco coinvolta, a volte mortale. COVID-19 ha anche cambiato radicalmente la cultura dell’assistenza sanitaria e aumentato la necessità di informazioni in merito, controllate e affidabili. La salute e l’igiene sono argomenti di discussione quotidiana e il pubblico è sommerso da messaggi spesso contraddittori relativi alla prevenzione e al trattamento per il COVID-19. Poiché i bibliotecari rimangono in prima linea nelle questioni relative alla salute del cittadino, sia che lavorino con gli utenti di persona o tramite mezzi virtuali, l’importanza di identificare adeguatamente le loro esigenze e fornire informazioni affidabili sulla salute è sempre più importante. I bibliotecari afferenti alle scienze della salute posseggono la preparazione e le competenze per fornire una guida al pubblico su come trovare informazioni credibili e affidabili, specialmente durante l’attuale pandemia. Essi dovrebbero condividere risorse e collaborare fra loro, sviluppando strategie comuni, con lo scopo di stimolare i propri utenti a essere più critici nei confronti di ciò che viene loro presentato attraverso i social media e altri canali web. Utilizzando i numerosi strumenti a loro disposizione, tra cui spiccano formazione e educazione, l’obiettivo dei professionisti dell’informazione sanitaria deve essere quello di consentire al pubblico di distinguere tra fatti e informazioni veritiere e fondate e notizie false. Hanno infatti le conoscenze, le capacità e l’esperienza per svolgere un ruolo importante nella lotta contro quelle che in gergo contemporaneo vengono definite fake news. Tra i falsi miti emersi, i più comuni quanto eclatanti risultano essere: bere alcol protegge dal COVID-19, spruzzare alcol o cloro su tutto il corpo uccide il nuovo coronavirus, mangiare aglio aiuta a prevenire l’infezione, il COVID‐19 non può essere trasmesso in aree con clima caldo e umido, il freddo e la neve uccidono il nuovo coronavirus, fare un bagno caldo previene la nuova malattia, il virus può essere trasmesso attraverso le punture di zanzara, gli asciugamani sono efficaci nell’uccidere il coronavirus, le lampade di disinfezione ultravioletta uccidono il COVID-19, la clorochina possiede effetti inibitori sul virus, il 5G ha causato la pandemia.
L’abbondanza di informazioni sui social media, spesso senza alcun controllo sulla loro autenticità, rende difficile per il singolo distinguere tra fatti e opinioni, propaganda o pregiudizi. C’è un enorme aumento di racconti sui social media che possono inizialmente sembrare credibili, ma che in seguito si rivelano falsi e privi di fondamento. Tuttavia, nel momento in cui si dimostra che alcune notizie sono deliberatamente false, si corre comunque il rischio che il danno potenzialmente provocato potrebbe essere irreversibile.
L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) sta guidando gli sforzi per ridurre sia la diffusione della malattia che la relativa infodemia. Alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco del 15 febbraio 2020, il direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha dichiarato: “Non stiamo solo combattendo un’epidemia; stiamo combattendo un’infodemia”. Allo stesso modo, Sylvie Briand, (Direttore della gestione dei rischi infettivi presso il programma di emergenza sanitaria e della strategia per contrastare il rischio infodemico dell’OMS), ha rivelato alla rivista Lancet:
Sappiamo che ogni focolaio sarà accompagnato da una sorta di tsunami di informazioni, ma anche all’interno di queste informazioni si hanno sempre disinformazione, dicerie ecc. Sappiamo che anche nel Medioevo esisteva questo fenomeno. Ma la differenza ora con i social media è che questo fenomeno è amplificato, va sempre più veloce, come i virus che viaggiano con le persone e vanno sempre più veloci. Quindi è una nuova sfida, e la sfida è il [tempismo] perché devi essere più veloce se vuoi riempire il vuoto... La posta in gioco durante un’epidemia è assicurarsi che le persone facciano la cosa giusta per controllare la malattia o per mitigarne l’impatto. Quindi non è solo l’informazione ad assicurarsi che le persone siano informate; è anche assicurarsi che le persone siano informate per agire in modo appropriato.
Molte biblioteche hanno sviluppato delle guide per aiutare gli studenti, il personale, i docenti e il pubblico in generale a riconoscere le fake news. Già nel 2016 l’IFLA aveva sviluppato una linea guida formata da 8 punti per identificare le notizie false:
- Considera la fonte (indaga sul sito, i suoi scopi e le info di contatto).
- Verifica l’autore (fai una breve ricerca sull’autore. È plausibile? È reale?).
- Verifica la data (le notizie vecchie ri-postate non sono per forza rilevanti per l’attualità).
- Verifica i tuoi preconcetti (valuta se le tue convinzioni influenzano il tuo giudizio).
- Approfondisci (i titoli possono venire esagerati per attrarre click. Qual è la vera storia?).
- Cerca fonti di supporto (clicca su quei link. Determina se l’informazione data sostiene davvero la storia).
- Chiediti se sia uno scherzo (se è troppo stravagante potrebbe trattarsi di satira. Fai una ricerca sul sito e sull’autore).
- Chiedi agli esperti di controllare (chiedi ad un bibliotecario o consulta uno dei siti dedicati alla verifica dei fatti).
Diversi paesi hanno anche sviluppato siti web a proposito. Questi aiutano le persone a determinare l’autenticità dei fatti presentati da qualsiasi notizia o sito di informazione, così come ha fatto l’OMS. Per quanto riguarda i bibliotecari, le risorse correlate alla pandemia sono numerose (da quelle messe a disposizione dalla Medical Library Association a quelle pubblicate dalle biblioteche universitarie statunitensi come quella di Yale o a quelle dell’università del Vermont) anche se, naturalmente, i riferimenti più indicativi rimangono quelli pubblicati dall’IFLA. Un caso degno di nota arriva da alcuni medici italiani afferenti all’Università di Udine. In un articolo pubblicato a ottobre 2020 sullo “European journal of emergency medicine”, riportano che il 14 febbraio 2020 il Ministro della Salute francese, Oliver Véran ha twittato: “L’assunzione di farmaci antinfiammatori (ibuprofene, cortisone ecc.) potrebbe essere un fattore di peggioramento dell’infezione. Se hai la febbre, prendi il paracetamolo. Se stai già assumendo farmaci antinfiammatori o sei in dubbio, chiedi consiglio al tuo medico”. La notizia, che dopo tre giorni è arrivata a contare oltre 40.000 retweet, è stata considerata corretta da numerose strutture sanitarie con in vetta l’Ospedale universitario di Losanna, il quale ha avallato l’informazione che l’utilizzo di farmaci antinfiammatori (ibuprofene, ketoprofene, naprossene, diclofenac ecc.) non è raccomandato in caso di malattia simil-influenzale possibilmente causata da COVID- 19, così come il “British Medical Journal” che il 17 marzo 2020 ha pubblicato un articolo dal titolo: Covid-19: ibuprofen should not be used for managing symptoms, say doctors and scientists. In Italia, l’informazione corretta è copiosamente supportata da numerosi siti istituzionali, i cui link sono debitamente raccolti e ordinati (insieme a quelli riferiti a siti internazionali), a conferma dell’autorevolezza delle fonti citate, sulle pagine di “Bibliosan: le biblioteche in rete degli Enti di ricerca biomedici italiani”. In sintesi, le fonti italiane maggiormente autorevoli in merito sono:
- SBBL - Sistema bibliotecario biomedico lombardo: Risorse e supporti per il miglioramento continuo delle prestazioni sanitarie: COVID-19 (SARS-CoV-2), pagina che raccoglie tutta la documentazione prodotta delle maggiori istituzioni, società scientifiche ed editori su COVID-19.
- ISS - Istituto superiore di sanità: Rapporti ISS COVID-19, indirizzati al personale sanitario per affrontare i diversi aspetti della pandemia. Forniscono indicazioni essenziali e urgenti per la gestione dell’emergenza e sono soggetti ad aggiornamenti. Sono prodotti dai Gruppi di lavoro COVID ISS composti da ricercatori dell’Istituto superiore di sanità, che possono anche operare in collaborazione con altre istituzioni”; ISS per COVID-19, una sezione dedicata a comunicati, video, e approfondimenti.
- Ministero della Salute: Nuovo Coronavirus, caratterizzato da un aggiornamento costante dei dati.
- AIFA - Agenzia italiana del farmaco: Emergenza COVID-19, sezione in cui “Si raccolgono tutte le informazioni più rilevanti e aggiornate sulle sperimentazioni in corso, sui farmaci utilizzati al di fuori delle sperimentazioni cliniche, sugli studi osservazionali correlati al COVID-19 oltre che sul corretto utilizzo dei medicinali nella popolazione esposta al virus”.
- GIMBE - Evidence for Health: Pandemia Coronavirus e campagna vaccinale: Monitoraggio indipendente, in cui Marco Mosti, Responsabile Dataroom GIMBE COVID-19 riporta: “Benvenuti nella pagina di monitoraggio dell’epidemia da Coronavirus (COVID-19) e della campagna vaccinale in Italia a cura della Fondazione GIMBE. Da febbraio 2020 alimentiamo quotidianamente la Dataroom GIMBE con i dati ufficiali del Ministero della Salute, dell’Istituto Superiore di Sanità e del Commissario straordinario per l’emergenza COVID-19. Abbiamo scelto di pubblicare pochi e semplici grafici che permettono di comprendere immediatamente l’andamento della pandemia in Italia e abbiamo recentemente arricchito il sito con una sezione interamente dedicata al monitoraggio della campagna vaccinale. Quotidianamente elaboriamo analisi, grafici, previsioni e report destinati a Istituzioni pubbliche e organizzazioni private: questo è il contributo che abbiamo scelto di dare al Paese in questo difficile momento”.
- Fondazione internazionale Menarini: The new initiative of Fondazione Internazionale Menarini: Coronavirus Library, pubblica costantemente un elenco aggiornato e selezionato degli articoli più pertinenti scelti dalle più importanti riviste mediche internazionali e riviste del mondo.
Da segnalare inoltre il sito del GIDIF-RBM - Associazione dei documentalisti biomedici italiani, citato anche in un articolo dall’“Health Information & Libraries Journal” per mano di Muhammad Yousuf Ali e Peter Gatiti afferenti alla Faculty of Health Sciences Library, The Aga Khan University, Karachi, Pakistan, che, oltre a proporre corsi di formazione on-line, ha pubblicato sia sulle proprie pagine che su YouTube il video COVID19. Racconti di scienza, medicina e documentazione. Il filmato raccoglie i racconti di sette professionisti (medici, editori e documentalisti) che narrano delle problematiche incontrate durante la pandemia, delle risorse che hanno utilizzato, dei progetti, di letteratura scientifica, di medicina basata sull’evidenza, di supporto psicologico, di formazione a distanza per gli operatori sanitari e del bisogno di presenza dell’utenza.
Conclusioni
Nella fase del lockdown i bibliotecari si sono trovati di fronte all’impossibilità di basare i servizi sul contatto diretto con gli utenti. In pandemia, la distanza sociale è uno dei punti cardine per proteggerci e in questa era dell’informazione, la consapevolezza della salute pubblica è la chiave per ridurre al minimo la probabilità di contagio e i bibliotecari possono svolgere un ruolo vitale per diffondere le informazioni con gli operatori sanitari, la società e la comunità. Questi professionisti svolgono un ruolo vitale nell’informare e aggiornare le notizie di interesse sulla salute pubblica all’utenza in generale e agli operatori sanitari. Editori rinomati e leader nel settore, come Elsevier, Oxford, Wiley, BMJ, Nature, Sage e altri, forniscono accesso gratuito alla letteratura più recente sul coronavirus nella lotta contro il suo diffondersi. Infatti, se le risorse elettroniche erano un contenitore significativo per le biblioteche prima della pandemia, questa ha solo aumentato l’importanza dell’accesso a queste raccolte. Da qui, le biblioteche dovrebbero convertire i loro servizi in supporto remoto il più e il più rapidamente possibile. Da sottolinearsi, è il fatto che nell’attuale crisi sanitaria, il ruolo dei bibliotecari si è necessariamente ampliato in modo significativo. Essi svolgono un ruolo cruciale: dal generare consapevolezza, al filtraggio di informazioni false, al supporto dato a ricercatori e docenti, alla fornitura di servizi di consultazione e invio di documenti. In sintesi, durante la pandemia stanno trovando nuovi modi per sostenere la loro missione. Per questo ne escono rafforzati nella loro competenza legata all’intermediazione, fattore di indiscusso successo per le strategie di ricerca implementate a favore dell’utente. Per quanto riguarda l’utilizzo dei social media nelle biblioteche, esso è diventato essenziale per fornire adeguatamente servizi bibliotecari a supporto di questi sistemi di comunicazione. Le loro piattaforme consentono un più ampio dialogo e cooperazione tra bibliotecari e utenti online. La letteratura infatti evidenzia che Facebook, Twitter, YouTube, Instagram, LinkedIn, Tumblr, Pinterest e Flickr sono gli strumenti più comunemente utilizzati dai bibliotecari. Non sorprende inoltre che un’ampia percentuale di bibliotecari abbia una visione positiva dell’uso dei social media per raggiungere gli obiettivi della biblioteca, tra cui primeggiano la diffusione di informazioni e la promozione delle attività. In definitiva, vivere in una pandemia globale è stato ed è un’enorme fonte di stress sia per i datori di lavoro che per i dipendenti, quindi un approccio più comprensivo nel fornire supporto tecnologico può essere essenziale per alleviare la tensione e rendere più positive le interazioni con gli utenti. La vera sfida è far capire alle persone che esse stesse sono la parte più importante rispetto a qualsiasi soluzione tecnica.