La biblioteca di Lodovico Antonio Muratori
Laureato in Giurisprudenza e allievo della Scuola Vaticana di Biblioteconomia, emanel@alice.it
Abstract
Il lavoro si propone di prendere come esempio Lodovico Antonio Muratori (1672-1750) e la sua biblioteca per svolgere alcune riflessioni circa il crescente impatto del diritto nel mondo delle biblioteche e della competenza legale dei bibliotecari di oggi.
English abstract
The work aims to take Lodovico Antonio Muratori (1672-1750) and his library as an example to carry out some reflections about the increasing impact of law in the world of libraries and the legal knowledge of today’s librarians.
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Un talento fuori dal comune
Lodovico Antonio Muratori (1672-1750) è annoverato tra i più grandi storici italiani per la monumentale opera intitolata Rerum italicarum scriptores (1723). Eppure, il suo genio andò ben oltre le discipline storiche. Laureato in giurisprudenza e filosofia, bibliotecario, archivista, uomo di chiesa ed erudito, fu noto e ammirato in tutta Europa da personalità di altissima caratura, così come testimoniano i fitti scambi epistolari che intrattenne con Benedetto XIV, G.W. Leibniz, Giambattista Vico, Isaac Newton, Antonio Magliabechi, Giuseppe Tiraboschi e Luigi XIV.
Per mezzo secolo fu “bibliotecario e archivista ducale”, curando gli interessi del Ducato di Modena per volontà di Rinaldo I e poi di Francesco III d’Este.
Nella sua vasta produzione letteraria spiccano opere che ispirarono non solo progetti di codificazione, ma anche la futura mentalità giuridica: De codice Carolino (1726); Dei difetti della giurisprudenza (1742); Della pubblica felicità (1749).
In campo biblioteconomico non si rinvengono pubblicazioni significative, non tanto per disinteresse, bensì per la mole d’impegni di cui era oberato, infatti “egli pensava di formare un dì, se gli fosse abbondato il tempo, un’Opera col titolo di Bibliothecarius”.
Il periodo milanese e l'esperienza alla Biblioteca Ambrosiana (1695-1700)
Ormai già conosciuto in tutta Europa perché messo in contatto da Benedetto Bacchini con le più grandi menti dell’epoca, fece ingresso nella “Repubblica delle lettere” durante la permanenza a Milano in qualità di “dottore” presso la Biblioteca Ambrosiana, poiché segnalato ai Borromeo da Giovan Gioseffo Ors e Antonio Felice Marsili.
È noto che il Muratori fosse principalmente interessato ai “copiosi e rari” codici manoscritti che l’Ambrosiana possedeva, molti dei quali risultavano ancora da scoprire. Il suo acume nella ricerca gli permise infatti di riportare alla luce dei poemi inediti di S. Paolino che gli fruttarono la prima pubblicazione di gran rilievo, ossia gli Anecdota (1697).
La naturale indole da ricercatore gli fece altresì scoprire all’Ambrosiana un elenco di libri del Nuovo Testamento – il c.d. canone muratoriano – all’interno di un codice (Ambr. I 101 sup.) del sec. VIII.
Assai significativa è la descrizione della Biblioteca che troviamo in una lettera indirizzata all’amico Giovanni Iacopo Tori, in cui il Muratori non manca di dare dettagli sugli aspetti biblioteconomici: posseduto, utenza, servizi, architettura ed arredo. Essendo la lettera in questione datata 23 marzo 1695, sappiamo che in quel periodo il posseduto dell’Ambrosiana si aggirava “nel numero de’ spaventosi 60 mila volumi”, mentre i manoscritti erano “in numero di 14 mila”. Inoltre, i frequentatori della Biblioteca avevano gli interessi più variegati, essendo “persone di tutte le fattioni, galenisti, bartolisti, bonacinisti e che so io”, coadiuvate nella ricerca da “servitori che van dispensando i libri conforme il bisogno de’ leggitori”. Di particolare effetto sono le parole usate per esaltare la magnificenza della Biblioteca Ambrosiana:
È un bel vaso a somiglianza d’una chiesa, allegrissimo, e qualche buon uomo che talora v’arriva dentro si è posto in ginocchio credendola infatti un tempio, sinché si accorge non v’esser altare, o cappella, e che si sta ben incapellato. Di qua e di là vi son i suoi sedili e legigli per sostentar i libri di chi studia.
Gli anni trascorsi a Milano furono di grande stimolo intellettuale e letterario per il Muratori. Entusiasta per l’accoglienza, la visibilità ottenuta, i materiali raccolti, i frutti della ricerca e per essere venuto in contatto con le menti più illustri che popolavano le Accademie, non mancherà di elogiare in età adulta tale proficua esperienza, ricordando la città di Milano come “patria del buon cuore”.
L'incarico di bibliotecario e archivista presso la corte estense (1700-1750)
Dopo cinque anni trascorsi all’Ambrosiana, il Muratori non poté ignorare la chiamata del suo “naturale principe”, ossia il duca Rinaldo I d’Este, che lo “volle a’ suoi servigi”.
Sebbene fosse combattuto, in un primo momento, tra il fare ritorno a Modena o continuare l’appagante attività di erudito in quel di Milano, decise di mettersi a completa disposizione del duca estense il quale, conscio dei progetti che il Muratori stava portando avanti, gli concesse sei mesi di tempo per concludere le proprie attività nel capoluogo lombardo.
Del resto, gli venne offerto di ricoprire il prestigioso incarico di “bibliotecario e archivista ducale”, prendendo il posto del suo maestro, l’abate Benedetto Bacchini, già fondatore del celebre Giornale de’ letterati (1686).
Ciò che spinse il duca a richiamarlo a Modena fu dettato da motivi di carattere politico-dinastico. Se già anni prima, seguendo le convinzioni di G.W. Leibniz, si tentò invano di trovare le prove documentali delle radici comuni tra gli Estensi e la dinastia Brunswick-Lüneburg, la faccenda divenne di concreta importanza quando nel 1695 Rinaldo I d’Este si dimise dalla carica di cardinale e sposò Carlotta Felicita di Brunswick-Lüneburg. Era perciò sorta la necessità di condurre approfondite ricerche all’interno dell’archivio estense – che dal 1598 versava in pessime condizioni – così da far chiarezza sulle origini della nobile casata modenese.
L’indiscussa competenza del Muratori, nonché le sue abilità nella ricerca di fonti documentarie, gli valsero dunque l’incarico sia di riordinare l’archivio sia di risolvere l’annosa questione sulle radici estensi.
Ad ogni modo, non era certo intenzione del Muratori occuparsi a tempo pieno dell’archivio ducale, giacché la sua vocazione era per la biblioteca e ciò trova conferma nel fatto che Rinaldo I decise di aggiungere all’incarico di archivista anche quello di bibliotecario. Tanto fu gradito dal Muratori, al quale sarebbe dispiaciuto “di dover, mutando servigio, mutare impiego, e di Bibliotecario divenir mero Archivista”.
La dedizione muratoriana nelle vesti di bibliotecario si evince da alcune carte d’archivio che danno un’idea precisa dell’impegno prestato allo sviluppo delle raccolte ducali, soprattutto se si considera che il Muratori teneva personalmente i contatti con rinomati librai come Filippo Argelati. Non è dunque una casualità che siano emerse quattro “liste”, per un totale di 600 opere, destinate ad ampliare il posseduto della Biblioteca Estense, laddove la terza e la quarta, redatte dal Muratori stesso, sono rispettivamente intitolate Lista di Libri buoni che sono in Genava e Libri necessari alla Biblioteca di Sua Altezza Serenissima. Ebbene, il contributo dato nella gestione della Biblioteca Estense fu di altissimo livello e connotato da precise scelte relative alle collezioni. La Biblioteca restò “per tutto il periodo muratoriano una biblioteca di manoscritti”, in quanto gli stampati “giocavano un ruolo complementare, quali ausili nello studio e strumenti di diffusione degli ingenti tesori di sapienza e di conoscenza tratti dagli antichi codici, dalle cronache e dai documenti manoscritti”. E l’impressione che l’apertura al pubblico, avutasi nel 1750 con Francesco III, rifletta il modello di altre realtà conosciute dal Muratori, appare molto plausibile. Anzi, probabilmente tale evento denota ancor di più il successo dello spirito di riforma che, in quanto centrale nel pensiero del Muratori, ha altresì interessato il settore biblioteconomico.
Si badi che non è facile stabilire in che misura le scelte e la gestione muratoriana abbiano influito negli anni successivi alla sua scomparsa. Eppure, se dalla Biblioteca Estense nascerà l’attuale Biblioteca Estense Universitaria di Modena, ciò vuol dire che, in qualche modo, il genio del Muratori ha lasciato il segno.
Lodovico Antonio Muratori: "il miglior avvocato d'Italia"
Si è già avuto modo di evidenziare che il Muratori sia perlopiù ricordato nelle vesti di storico anziché di bibliotecario. In egual modo, quando si affronta il suo rapporto con la materia giuridica, viene alla luce il ritratto di una persona annoiata e delusa dal diritto, incline a criticarlo e ad allontanarsi da esso. Memorabili e significative sono infatti alcune sue frasi come “impossibil cosa è il guarir da’ suoi mali la giurisprudenza” oppure la circostanza che all’epoca la scelta della carriera forense fosse dettata unicamente dal “guadagno, che si spera un giorno o attualmente si cava dalla professione”.
Ciò posto, è bene constatare come le polemiche e l’insofferenza dello studioso modenese non riguardassero propriamente il diritto in quanto materia, bensì la sua incertezza, causata da un sistema giudiziario bisognoso quanto prima di riforme. D’altro canto, eccezion fatta per il breve periodo milanese, il Muratori non si allontanò mai dallo studio del diritto nell’arco della propria carriera. Ne sono prova gli incarichi ricevuti alla corte estense, le opere giuridiche che lo accompagnarono per tutta la prima metà del Settecento e la reputazione che anche in àmbito professionale vantava, poiché considerato da Vittorio Amedeo re di Sardegna “il miglior avvocato d’Italia”.
La scienza giuridica fu per l’appunto centrale nella vita del Muratori. In più riprese praticò la professione forense, senza contare che, di fatto, venne chiamato presso la corte estense non solo per le sue abilità nella ricerca ma anche – e soprattutto – per la conoscenza giuridica, giacché l’indagine sulle origini della casata modenese richiedeva sia il possesso di avanzate metodologie di ricerca, sia doti da giurista per analizzare e comprendere il contenuto dei documenti.
Degno di nota è altresì l’intervento del Muratori sulla questione di Comacchio – territorio ricco di saline conteso tra gli Estensi e lo Stato Pontificio –, che lo vide occuparsi del caso rivendicandone l’appartenenza al potere secolare nella Piena esposizione de i diritti imperiali ed estensi sopra la città di Comacchio (1712).
Negli ultimi anni della sua vita tornò ad occuparsi di pareristica legale e di alcune cause che coinvolsero la Compagnia della Carità di Modena. In particolare, nel 1740 fu proprio una vicenda giudiziaria sfavorevole presso la Rota di Bologna a spingerlo a scrivere l’opera Dei difetti della giurisprudenza (1742), in quanto all’interno di una lettera ammise che “una sentenza che mi venne in fastidio, mi ha fatto far quella operetta”.
La biblioteca del Muratori
Pare interessante soffermarsi sulla biblioteca di Lodovico Antonio Muratori, se non altro perché la ricerca dei suoi libri personali è stata – ed è tuttora – oggetto di approfonditi studi.
Le complicazioni che si sono riscontrate nella ricostruzione della biblioteca muratoriana riguardano da un lato l’assenza di un catalogo o di un inventario e dall’altro “il ‘convergere’ della sua ‘libreria’ personale e del suo ambiente di lavoro”, ossia il fatto che egli avesse a disposizione l’intera Biblioteca Estense.
Tale impasse è stata aggirata adottando un metodo di ricerca ben preciso, consistente nell’individuare alcuni “indizi” che testimoniassero l’appartenenza dei libri al bibliotecario ducale.
Pertanto, attraverso un’indagine rigorosa condotta nella Biblioteca Estense Universitaria, sono state individuate opere con nota autografa di possesso o con postille. Chiaramente, le opere del primo tipo sono più significative poiché, essendo firmate dal Muratori, possono con maggior certezza ritenersi parte della sua biblioteca privata. Bisogna altresì aggiungere che spesso tali note danno informazioni molto preziose, in quanto “presentano anche l’annotazione della data di acquisizione, oppure l’indicazione se il volume era proveniente da acquisto e, in alcuni casi, da quale libraio e a quale prezzo”.
Sebbene si abbia il sentore che la biblioteca del Muratori “sia andata in parte dispersa e in parte, la maggiore, sia rimasta presso la Biblioteca Estense”, dall’ultimo censimento del 2018 sono state individuate 111 opere, le quali sono state suddivise in due distinti cataloghi.
Struttura e caratteristiche del catalogo
La scelta di formare due cataloghi, anziché uno, rispecchia la presenza in alcune opere delle note di possesso e in altre di postille, peculiarità che hanno reso opportuno procedere in tal senso.
Il “Catalogo I” comprende sia i libri con nota autografa di possesso sia quelli donati al Muratori, per un totale di 90 opere; il “Catalogo II” comprende invece i libri con postilla autografa, per un totale di 21 opere. Riflettendo su quanto è contenuto in entrambi i cataloghi, si possono individuare delle caratteristiche che riguardano i libri ivi presenti.
Vengono subito all’occhio non solo la preminenza delle opere in latino, alle quali si affiancano quelle in volgare, greco, francese e inglese, ma anche gli autori che il Muratori prediligeva, tra i quali troviamo Dante, Petrarca, Cassiodoro, S. Agostino, S. Ambrogio, S. Bernardo, S. Tommaso d’Aquino e Philippe Labbé. Nonostante vi siano libri di pregio, come il commentario ciceroniano alle Epistole ad Attico uscito dal torchio di Paolo Manuzio, sembra utile proporre una ripartizione per classi – indicativa e desunta dai “Cataloghi I e II” – delle 111 opere possedute dal Muratori, al fine di evidenziarne la consistenza per materia.
000 Opere generali: 8
200 Religione: 43
300 Scienze sociali: 7 (Diritto)
400 Linguaggio: 3
600 Tecnologia: 1 (Medicina)
800 Letteratura: 4
900 Storia e geografia: 45
Le opere giuridiche possedute
Al netto delle opere uscite dalla sua penna ed elencate nel “Catalogo II” – Anecdota quae ex Ambrosianae bibliothecae codicibus nunc primum eruit (1697), Piena esposizione de i diritti imperiali ed estensi sopra la città di Comacchio (1712), Del governo della peste (1714), Della carità cristiana (1723), Rerum italicarum scriptores (1723), Motivi di credere (1730), De paradiso (1738), Antiquitates italicae medii aevi (1738), De superstitione vitanda (1740), Dei difetti della giurisprudenza (1742) e Il cristianesimo felice (1743) – il Muratori possedeva un’essenziale raccolta di libri giuridici, indispensabili per l’uomo di legge del Settecento.
Accanto alla In omnes praecipuas recuperandae possessionis constitutiones commentaria (1567) di Giacomo Menochio, seguono un’edizione, in 6 volumi, del Codex Theodosianus (1665) commentata da Jacques Godefroy, le Decisiones Rotae Bononiae (1694), le Lucubrationes legales utramque civilem et criminalem materiam (1709) di Alberto Cabruni e i Fasti consulares, ad illustrationem codicis Justinianei ac Theodosiani (1715) di Pieter Reelant. Insomma, la cultura giuridica e il continuo aggiornamento sono comprovati dai testi su cui studiava per redigere pareri legali o patrocinare i propri assistiti in giudizio. Già, perché dai titoli sopra riportati, s’intuisce come il Muratori non trascurasse nessuna branca del diritto, essendovi libri di diritto civile e penale, commentari alla compilazione giustinianea e teodosiana nonché raccolte di giurisprudenza ecclesiastica, del tutto coerenti con il suo titolo di dottore in utroque iure.
Il metodo muratoriano
Se il Muratori risulta tra i più grandi bibliotecari di sempre, ciò significa che le sue abilità fossero più uniche che rare. Fermo restando il background culturale, variabile da persona a persona, è il metodo, soprattutto nel settore bibliotecario, a fare la differenza. E quello muratoriano si dimostrò eccezionale: fondato sul criterio del “buon gusto”, consisteva nel ricercare, con spirito critico, in ogni cosa “il vero e il buono”, avendo cura di “discernere e ben usare le vie tutte, e i mezzi, o utili, o necessari”. Tradotto nella pratica, significava, più di ogni altra cosa, “saper distinguere l’essenziale dal secondario, il centrale dal marginale, l’utile dal superfluo”.
Tale metodo richiedeva però il possesso di alcuni strumenti essenziali, ossia la conoscenza delle lingue antiche e moderne nonché la padronanza delle “scienze ausiliarie” – tra cui il diritto – da intendersi quelle che sia allo studioso sia al bibliotecario consentivano di dare ad un documento il “giusto valore” e la corretta interpretazione.
Si pensi che il metodo muratoriano appena descritto fu così elogiato dai suoi contemporanei che nel 1714 quando “giunge ad Arezzo per studiare le pergamene dell’archivio del Capitolo della Cattedrale, [...] gli eruditi aretini convengono per osservare il suo modus operandi”.
La figura del giurista bibliotecario
Tra il “bibliotecario ducale” – o figure simili – e il bibliotecario dei giorni nostri vi sono nette differenze di ruolo e mansioni. La descrizione dell’Ambrosiana compiuta dall’erudito modenese dà uno spaccato del mondo bibliotecario settecentesco in cui gli addetti all’erogazione dei più comuni servizi – prestito, restituzione, consultazione e reference – vengono identificati come “servitori”, termine utilizzato non già in senso sminuente, ma nell’accezione propria del sostantivo, cioè coloro che sono al servizio dell’utenza.
Il bibliotecario del Settecento sembra dunque paragonabile all’odierno Responsabile o Curatore della biblioteca, giacché impegnato personalmente nell’allestimento e nella direzione della stessa, ma anche nella politica di gestione e ampliamento delle raccolte. Ciò trova conferma nelle attività svolte da altre figure di prim’ordine, come Gabriel Naudé, Angelo Rocca e Antonio Magliabechi, anch’esse insignite del titolo di “bibliotecario”.
Dunque, appare ancora più chiaro come questi grandi nomi – che insieme al Muratori hanno fatto la storia – svolgessero ruoli apicali nelle biblioteche di corte, essendo molto spesso in diretto contatto con il sovrano, nei confronti del quale non mancavano di definirsi, a loro volta, “servitori”.
Fatte le dovute precisazioni, è giunto il momento di avanzare alcune riflessioni sul Muratori bibliotecario. Bisogna subito notare come, anche in campo biblioteconomico, egli non abbia tradito il suo metodo, poiché è costante il riferimento ai “buoni libri” quando ragiona di biblioteche.
Peraltro, coerentemente con l’importanza data ai classici e alle lingue antiche, egli si domanda:
Qual mai biblioteca, infatti, è così povera da non contenere nei suoi scaffali Polibio, Dionigi d’Alicarnasso, Appiano, Dione Cassio, Plutarco, Erodiano, per tralasciare gli altri storici greci? E, d’altra parte, chi non ha a mano Sallustio, Giulio Cesare, Livio, Tacito, Svetonio, Sparziano, Capitolino, Lampridio, Vopisco, Ammiano, Floro, Eutropio, e gli altri storici di questo genere?
Tuttavia, non sono le questioni relative ai “gusti” del Muratori che si vogliono rimarcare, bensì l’incidenza che la formazione giuridica può oggettivamente aver avuto nel suo ruolo da bibliotecario. L’apporto che lo studio del diritto può dare al mondo delle biblioteche riguarda in special modo la forma mentis del bibliotecario stesso. Difatti, scienza giuridica e biblioteconomica sono accomunate dal medesimo obiettivo di fondo, ossia creare ordine: l’una nella vita quotidiana, l’altra in tutto ciò che attiene alla biblioteca.
In entrambe le realtà, l’ordine è possibile attraverso la predisposizione di regole, che molto spesso richiedono altresì il rispetto di determinati iter. Pertanto, può essere merito della formazione giuridica se, molto probabilmente, il Muratori si trovasse a suo agio nel lavorare in ambienti dove il materiale librario veniva suddiviso per classi (o materie) e ciò per l’approccio avuto con lo studio del diritto – tuttora predominante – che tende a organizzare concetti in categorie generali secondo una logica deduttiva. E stessa familiarità poteva avere con la consultazione dei cataloghi, essendo avvezzo allo studio di documenti giuridici e d’archivio, spesso caratterizzati da una struttura analoga.
Conclusioni: Muratori, il diritto e i bibliotecari d'oggi
Una domanda sorge quindi spontanea: quali spunti possono trarre i bibliotecari dei nostri tempi dalla figura del Muratori? Sicuramente, è un esempio di devozione per la professione bibliotecaria. Lo studioso, anche grazie alla sua formazione giuridica, riuscì a sviluppare mentalità, strumenti, competenze e un “metodo” per affrontare al meglio la prestigiosa mansione di “bibliotecario ducale”. E forse è proprio il diritto a essere il fil rouge tra i bibliotecari d’oggi e il Muratori.
Accanto ad un background formativo nelle scienze biblioteconomiche, librarie e storiche (per citarne alcune), la conoscenza giuridica – tra cui Diritto amministrativo, Diritto d’autore, Deposito legale, Legislazione bibliotecaria nazionale e regionale, Tutela della privacy e GDPR – è sempre più importante per il bibliotecario, non solo a livello professionale ma anche a livello concorsuale. Infatti, le nozioni giuridiche richieste tendono ad aumentare in funzione della Categoria (C, D, E) relativa al posto bandito, ma anche a differenziarsi secondo la natura universitaria o comunale dell’Ente cui la biblioteca afferisce.
Se il “cuore” della biblioteca è costituito dai bibliotecari e dai documenti, oltre che dagli utenti, da un altro punto di vista regolamenti, contabilità, procedure di acquisto, scarto librario, opere di ristrutturazione, pianificazione dei servizi e gestione del personale, sono “risorse” che la rendono dinamica e fruibile, in assenza delle quali la biblioteca sarebbe paralizzata al punto tale da non riuscire ad erogare i propri servizi. Queste “risorse” hanno tuttavia un’anima giuridica, essendo regolate dal diritto oppure a questo connesse, così necessitando una sempre più approfondita conoscenza legale che permetta ai bibliotecari di impiegarle in modo efficiente. E qualora tale conoscenza non sia già posseduta, è acquisibile tramite percorsi formativi (o di aggiornamento) erogati da associazioni oppure da enti che operano nel settore. Senza contare che il bibliotecario oggi ha, rispetto al tempo del Muratori, il vantaggio di avere a disposizione strumenti che gli consentono di restare al passo con la normativa attraverso un semplice click, cioè consultando siti istituzionali liberamente accessibili in rete.