Forse non tutti sanno che...
Università degli studi di Milano, danilo.deana@unimi.it
Abstract
L'articolo illustra le caratteristiche del Sistema bibliotecario Nazionale (SBN) la cui gestione è attualmente affidata all'Istituto per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche (ICCU) e che raggruppa circa un terzo delle oltre 18.000 biblioteche italiane. Dopo aver analizzato la varietà delle registrazioni bibliografiche, valutata la loro qualità, quella del catalogo e dei servizi forniti, propone una rifondazione di SBN da parte dei servizi bibliotecari universitari, sull'esempio di quanto già fatto da nove atenei del Sud con il catalogo condiviso.
English abstract
The article illustrates the characteristics of the Sistema bibliotecario Nazionale (SBN) whose management is currently entrusted to the Istituto per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche (ICCU) and which groups about one third of the over 18,000 Italian libraries. After having analyzed the variety of bibliographic records, assessed their quality, that of the catalog and of the services provided, he proposes a re-foundation of SBN by the university library services, following the example of what has already been done by nine southern universities with Share Catalogue.
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Un'analisi a tutto campo in occasione dei 35 anni di SBN
Il progetto di un Servizio bibliotecario nazionale (SBN) è stato presentato per la prima volta alla Conferenza nazionale delle biblioteche italiane tenutasi a Roma dal 22 al 24 gennaio 1979. Secondo i promotori del progetto – Angela Vinay, allora direttrice dell’Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche (ICCU), e Michel Boisset, responsabile della biblioteca dell’Istituto universitario europeo dal 1975 al 1983 – SBN avrebbe dovuto permettere di superare la frammentazione delle biblioteche italiane e favorirne la cooperazione.
Il progetto fu ufficialmente avviato il 4 aprile 1980 con la costituzione di una commissione di esperti composta da rappresentanti del Ministero dei beni culturali, dell’ICCU, della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, dell’Istituto universitario europeo e del Consiglio nazionale delle ricerche.
La Commissione propose la creazione di un Servizio bibliotecario nazionale articolato in un archivio bibliografico e in un catalogo. L’archivio avrebbe fatto in modo che ogni unità bibliografica fosse catalogata una sola volta, evitando duplicazioni di lavoro e garantendo la coerenza dell’intero catalogo (il compito di assicurarne la qualità, la completezza e la coerenza avrebbe dovuto essere affidato al servizio della Bibliografia nazionale italiana). L’archivio avrebbe anche costituito lo strumento per avviare una politica di coordinamento degli acquisti e della conservazione. Il catalogo, per parte sua, avrebbe permesso di conoscere le risorse di tutte le biblioteche immediatamente e in ogni momento e contemporaneamente avrebbe consentito a ogni biblioteca di chiedere i documenti a un’altra.
Il primo a essere realizzato fu l’archivio bibliografico, il cosiddetto Indice SBN. Per il catalogo si dovette attendere il 1997. Con il tempo, quest’ultimo è diventato è il più grande e consultato d’Italia. Al 30 settembre 2020 le registrazioni bibliografiche presenti nel catalogo erano oltre 18.000.000, cui corrispondevano più di 100.000.000 localizzazioni (in media ogni documento è posseduto da cinque biblioteche). Nel 2019 le visite al catalogo sono state circa 300.000 al mese. SBN è oggi promosso dal Ministero per i Beni e le attività culturali con la cooperazione delle regioni e del Ministero dell’Università ed è coordinato dall’ICCU.
Le biblioteche e i poli
A SBN aderiscono 6.581 biblioteche sulle 18.334 presenti in Italia, come rappresentato nel diagramma che segue, basato sui dati dell’Anagrafe delle biblioteche italiane. Si tratta di biblioteche statali, di enti locali, universitarie, scolastiche, di accademie e istituzioni pubbliche e private operanti in diversi settori disciplinari (Figura 1).
Le biblioteche che fanno parte di SBN sono raggruppate su base regionale in poli. Il primo polo, identificato con la sigla CFI, è stato costituito il 2 gennaio 1986 e comprendeva la sola Biblioteca nazionale centrale di Firenze. Da quel momento in poi il numero dei poli è continuamente aumentato, fino a raggiungere il totale di 104.
Il numero di biblioteche all’interno di ciascun polo è molto variabile. Di fronte a poli che ne contengono una sola (PCM Polo Città di Milano, RMC Polo Università cattolica del Sacro Cuore Agostino Gemelli, SCM Polo del Politecnico della cultura, delle arti, delle lingue della Fondazione Scuole civiche di Milano, SNT Polo Ministero della salute, UPG Polo Università per stranieri di Perugia), ce ne sono altri che ne raggruppano oltre 400, come il Polo regionale Piemonte-Torino (TO0) (Figura 2).
Nel diagramma le biblioteche che fanno parte dei diversi poli regionali sono rappresentate con lo stesso simbolo, ma di colore diverso. Nel caso della Calabria, ad esempio, le 76 biblioteche del Polo di Cosenza (CSA) sono simboleggiate da stelle rosa a sette punte, le 134 del Polo di Reggio Calabria (RCA) dallo stesso tipo di stelle, ma di colore viola.
I sistemi di automazione per biblioteche
I poli sono caratterizzati dal fatto che le biblioteche al loro interno utilizzano lo stesso sistema di automazione, scelto tra quelli che hanno ottenuto la certificazione da parte dell’ICCU e sono quindi in grado di assicurare il colloquio con l’Indice. I sistemi di automazione certificati sono 16, anche se attualmente ne sono in uso solo 11 (Figura 3).
I dati sono stati ricavati dalla pagina Tipologia dei poli SBN del sito dell’ICCU (iccu.sbn.it). Nel diagramma non è considerato il Polo Regione Abruzzo (ABR), di cui non è indicato il sistema di automazione.
I livelli di partecipazione
I poli possono scegliere se segnalare solo il possesso di documenti già descritti nell’Indice oppure alimentarlo catalogando i documenti non ancora descritti da altri. I poli che decidono per questa seconda forma di partecipazione devono compiere un’ulteriore scelta in merito alla condivisione delle registrazioni: se uniformare o meno quelle presenti nel loro sistema di automazione alle corrispondenti dell’Indice accogliendo le correzioni apportate da altri. I poli possono quindi aderire a SBN a tre diversi livelli: ricerca e localizzazione per possesso (livello 2); ricerca, localizzazione per possesso, creazione di nuove registrazioni e correzione delle registrazioni non condivise (livello 3); ricerca, localizzazione per possesso e per gestione, creazione e correzione delle registrazioni bibliografiche e di autorità, allineamento (livello 4).
Oltre il 90 per cento dei poli (96 su 104) ha scelto il livello 4. I poli a livello 3 sono sei – Polo Rete documentaria aretina (ARE), Polo COBIRE (CBR), Polo SBN di Biblioteche ecclesiastiche italiane (PBE), Polo Sistemi bibliotecari toscani (SBT), Polo Sistema bibliotecario Università di Genova (SGE) e Polo Università di Bergamo (UBG) –, mentre ne esiste uno solo a livello 2, quello del Sistema bibliotecario Anglona Gallura (BAG) di cui fanno parte 18 biblioteche.
Ci sono però delle eccezioni a questa regola. Esistono infatti sei poli che aderiscono a SBN a livello 4 in cui alcune biblioteche, le cosiddette biblioteche non collegate, sono presenti solo con il posseduto. Si tratta del Polo torinese (BCT), del Polo regionale SBN Sardegna (CAG), del Polo della Biblioteca comunale labronica di Livorno (LIA), del Polo biblioteche specialistiche di Reggio Emilia (REA), del Polo regionale Piemonte-Torino (TO0) e del Polo Università del Piemonte Orientale (UPO). Le biblioteche non collegate di questi poli sono in tutto 387. La maggior parte, 286, fa parte del polo TO0 (Figura 4).
La collezione
Le registrazioni bibliografiche
Nel 1999, l’ICCU decise di rendere possibile l’uso all’interno di SBN di sistemi di automazione per biblioteche non progettati specificamente per il colloquio con l’Indice, allo scopo di aumentare il numero delle biblioteche aderenti. Fu quindi realizzata un’interfaccia di comunicazione, il protocollo SBN MARC, basata su una variante del linguaggio bibliografico di scambio UNIMARC (Universal Machine Readable Cataloguing). UNIMARC è stato messo a punto nel corso degli anni Settanta del secolo scorso dall’International Federation of Library Associations and Institutions (IFLA) e da quel momento in poi è stato continuamente sviluppato.
Nel diagramma che segue, le 18.049.162 registrazioni bibliografiche in formato UNIMARC presenti all’interno dell’Indice SBN sono divise per tipo di risorsa descritta (a materiale a stampa, b materiale manoscritto, c partiture musicali a stampa, d partiture musicali manoscritte, e materiale cartografico a stampa, f materiale cartografico manoscritto, g materiali video e proiettato, i registrazioni sonore non musicali, j registrazioni sonore musicali, k grafica bidimensionale, l risorsa elettronica, m materiale misto, r manufatti tridimensionali o oggetti presenti in natura); livello bibliografico (a analitico, i risorsa integrativa, m monografia, s risorsa in continuazione, c collezione) e livello gerarchico (0 senza relazione gerarchica, 1 livello più alto, 2 livello al di sotto del livello più alto). Le informazioni sul tipo di risorsa descritta, il livello bibliografico e il livello gerarchico sono contenute nei caratteri 6, 7 e 8 del campo LEADER delle registrazioni bibliografiche (Figura 5).
Per dar conto anche dei gruppi meno numerosi come quelli relativi al materiale manoscritto (ba0 e ba1, ds0, fa2, fm0, fm1 e fm2) è stato necessario utilizzare una scala logaritmica. Per chi non avesse familiarità con i logaritmi ricordiamo che 100 è uguale a 1, 101 è uguale a 10, 102 è uguale a 100 e così via.
La scala logaritmica ha il difetto di rendere difficile comprendere immediatamente i rapporti tra i diversi gruppi. Le registrazioni relative a materiale a stampa (aa0, aa2, am0, am1, am2), ad esempio, rappresentano quasi l’80 per cento del totale, mentre quelle relative a registrazioni sonore musicali (ja0, ja2, jm0, jm1 e jm2), il secondo gruppo più numeroso, non arrivano al 10 per cento.
Le monografie
Le registrazioni relative a monografie (livello bibliografico m, livello gerarchico 0 o 2) sono 14.102.569, cui corrispondono 85.468.560 localizzazioni (ogni monografia è posseduta in media da quasi sei biblioteche) (Figura 6).
Il numero di registrazioni bibliografiche relative a monografie varia molto da polo a polo, così come il rapporto tra registrazioni e localizzazioni. Quest’ultimo è collegato al numero di biblioteche presenti: il polo Piemonte-Torino (TO0), ad esempio, raggruppa come detto oltre 400 biblioteche ed è caratterizzato dal rapporto più basso tra registrazioni e localizzazioni: 0,31 (al suo interno ogni monografia è posseduta da tre biblioteche). In media il rapporto tra registrazioni e localizzazioni all’interno dei poli è di 0,77. In questa sezione le registrazioni relative a monografie sono prese in esame anche per quanto riguarda la data di pubblicazione e la lingua del documento descritto, caratteristiche fondamentali per valutare la qualità di una collezione.
La maggior parte delle monografie cui si riferiscono le registrazioni bibliografiche presenti nell’Indice SBN sono state pubblicate dopo il 1900. I libri antichi, che per l’ICCU sono quelli editi prima del 1831, sono in tutto1.140.054 (Figura 7).
Le informazioni sulla data di pubblicazione sono ricavate dai caratteri 9-12 del campo 100 (General Processing Data) delle registrazioni bibliografiche.
Le lingue in cui sono redatte le monografie descritte nelle registrazioni bibliografiche dell’Indice SBN sono in tutto 455. Nel diagramma sono rappresentate solo quelle che contano un numero di monografie superiore all’1 per cento del totale (Figura 8).
Anche in questo caso è stato necessario utilizzare la scala logaritmica, senza la quale le monografie scritte in ceco, poco meno di 20.000, sarebbero sparite di fronte a quelle delle lingue maggiormente rappresentate. Oltre il 50 per cento delle monografie, infatti, è scritto in italiano. La lingua straniera più rappresentata è l’inglese (17 per cento del totale), seguito dal francese (9 per cento del totale) e dal tedesco (6 per cento del totale). Le monografie in latino sono quasi 600.000, mentre quelle in spagnolo non arrivano a 400.000.
Con gli anni la percentuale di registrazioni relative a monografie scritte in italiano o in inglese è andata continuamente aumentando: il 59 per cento delle registrazioni create nel 2018 sono infatti relative a monografie scritte in italiano, il 19 per cento a quelle in inglese (Figura 9).
I periodici
Le registrazioni relative a periodici (livello bibliografico s) presenti nell’Indice SBN sono in tutto 356.630, cui corrispondono 1.276.066 localizzazioni (ogni periodico è posseduto in media da quasi quattro biblioteche) (Figura 10). Anche in questo caso il numero di registrazioni bibliografiche relative a periodici varia molto da polo a polo, così come il rapporto tra registrazioni e localizzazioni, che va dallo 0,37 del polo Rete Documentario REAnet (RNT) all’1 dei poli di Bolzano (BZM), dei Sistemi bibliotecari toscani, (IST), della Rete documentaria Bibliolandia (PBI), della Citta di Milano (PCM), dell’Università cattolica del Sacro Cuore Agostino Gemelli (RMC), del Ministero della salute (SNT) e dell’Università per stranieri di Perugia (UPG). La media del rapporto tra registrazioni e localizzazioni nel caso dei periodici è 0,82, superiore a quella delle monografie (all’interno dei poli uno stesso periodico è posseduto da meno biblioteche rispetto a una monografia). Il polo di cui fa parte la Biblioteca nazionale centrale di Firenze (CFI) rappresenta un caso a sé. Essa riceve infatti per deposito legale tutte le pubblicazioni edite in Italia. Questo spiega perché possegga oltre il 40 per cento di tutti i titoli di periodici presenti in Indice.
Le nuove registrazioni
Il periodo considerato va dall’anno in cui sono stati inaugurati i primi poli fino al 2018 (i dati sul 2019 sono incompleti). La data di creazione della registrazione è inserita nei caratteri 0-7 del campo 100 (General Processing Data) (Figura 11).
Nel corso degli anni il numero di nuove registrazioni si è stabilizzato intorno alle 600.000. I picchi segnalano l’inserimento di registrazioni provenienti da poli che prima non facevano parte dell’Indice. Nel 2004, ad esempio, sono state inserite 269.994 registrazioni del neonato polo MUS. Nel 2015 è stata la volta di 1.585.182 registrazioni dell’Istituto centrale per i beni sonori e audiovisivi (DDS).
La catalogazione partecipata
I vantaggi della catalogazione partecipata sono evidenti se si confronta il numero delle registrazioni presenti all’interno di ciascuno polo con quello delle registrazioni create dai bibliotecari che lavorano all’interno del polo stesso, che in media non superano il 30 per cento del totale. Fa eccezione il Polo Istituto centrale per i beni sonori e audiovisivi (DDS). Esso infatti cataloga e spoglia tutto il materiale audio e video pubblicato in Italia che riceve per deposito legale. Ai bibliotecari che lavorano all’interno di questo polo si deve la creazione della quasi totalità delle registrazioni relative a spogli di materiale musicale (ja2) (Figura 12).
La situazione attuale
Infrastruttura
L’infrastruttura di SBN è stata progettato negli anni Ottanta del secolo scorso e da allora non si è praticamente evoluta. L’articolazione in 104 poli collegati tra loro da un indice centrale è una soluzione costosa e poco efficace.
L’Università degli studi di Milano, le cui biblioteche costituiscono il polo UM1, ha stipulato un contratto con Ex Libris per il sistema di automazione e il catalogo che prevede una spesa di poco meno di 1.800.000 € per otto anni. A questo si devono aggiungere gli stipendi dei due library manager (personale tecnico amministrativo di categoria D appartenente all’area delle biblioteche). Una spesa simile è sostenuta anche dall’Università degli studi di Firenze, dall’Università degli studi di Pisa (che fanno parte del Polo Sistemi bibliotecari toscani, SBT) e dall’Università degli studi di Padova (Polo universitario veneto, PUV). Queste università utilizzano lo stesso sistema di automazione e appartengono, come l’Università degli studi di Milano, alla categoria dei mega atenei, quelli con più di 40.000 iscritti. Alle spese sostenute dai singoli poli devono poi essere aggiunte quelle dell’ICCU, che gestisce l’infrastruttura dell’Indice, per un totale di diversi milioni di euro.
Oltre a essere costosa, l’infrastruttura non permette la correzione automatica delle registrazioni presenti in Indice. Gli allineamenti (la trasmissione delle correzioni ai poli) rischierebbero infatti di bloccarne il funzionamento. Questo si traduce in un aggravio di lavoro per i catalogatori nelle biblioteche.
Nell’edizione consolidata dell’International Standard Book Description pubblicata dall’IFLA nel 2011 è stata introdotta l’Area 0 relativa alla forma o alle forme fondamentali in cui si esprime il contenuto di una risorsa e al tipo o ai tipi di supporto impiegati per trasmettere quel contenuto. Lo scopo dell’area è quello di aiutare chi interroga un catalogo a identificare e selezionare le risorse appropriate ai sui bisogni. Secondo l’IFLA, infatti, la varietà e la complessità del contenuto delle risorse e dei tipi di supporto, unite alla necessità di considerare anche utenti con bisogni informativi particolari, hanno reso necessaria una maggiore specificità nella descrizione della forma del contenuto e del tipo di supporto.
Nel 2016 ai campi previsti per le registrazioni bibliografiche in formato UNIMARC sono stati aggiunti il 181 (Coded Data Field: Content Form), il 182 (Coded Data Field: Media Type) e il 183 (Coded Data Field: Type of Carrier). L’ICCU ha aggiunto in automatico questi campi alle registrazioni in Indice basandosi sui dati già presenti, ma i limiti dell’infrastruttura non hanno consentito di allineare le registrazioni così modificate a quelle corrispondenti presenti nei poli, un compito che è quindi ricaduto sulle spalle dei catalogatori.
Qualità delle registrazioni
Secondo l’IFLA LRM, il modello concettuale dell’universo bibliografico messo a punto dall’International Federation of Library Associations and Institutions, le attività che un catalogo dovrebbe permettere di svolgere sono cinque:
- Trovare, raccogliere informazioni su una o più risorse di interesse cercando con un qualsiasi criterio rilevante.
- Identificare, capire chiaramente la natura delle risorse trovate e distinguere tra risorse simili.
- Selezionare, determinare l’idoneità delle risorse trovate ed essere in grado di accettare o rifiutare specifiche risorse.
- Ottenere, accedere al contenuto della risorsa.
- Esplorare, scoprire nuove risorse utilizzando le relazioni tra di esse e in questo modo collocarle in un contesto.
Ognuna di queste attività è stata successivamente scomposta in una serie di casi d’uso secondo una tecnica utilizzata nello sviluppo delle applicazioni orientate agli oggetti. Un caso d’uso è un elenco delle interazioni che avvengono tra un attore e un sistema allo scopo di raggiungere un determinato obiettivo.
Per quanto riguarda le attività di Trovare, Identificare e Selezionare, il Catalogo dell’Indice SBN consente di reperire esclusivamente le registrazioni relative a manifestazioni di cui si conoscono il titolo o l’autore e di scegliere quella più adatta alle proprie esigenze solo per quanto riguarda la lingua e il tipo di supporto. I campi del quinto blocco (Related Title Block), ad esempio, sono stati scarsamente utilizzati e questo non permette di conoscere il titolo dell’opera che si realizza attraverso l’espressione incorporata nella manifestazione, come invece sarebbe richiesto dal primo caso d’uso di Trovare. L’attività di Ottenere è quella che è possibile svolgere con maggior successo, mentre non c’è la possibilità di portare a termine in modo completo nessuno dei casi d’uso previsti per Esplorare. I campi del sesto blocco (Subject Analysis and Bibliographical History Block), che permetterebbero appunto di scoprire nuove risorse utilizzando le relazioni tra di esse e in questo modo collocarle in un contesto, sono troppo pochi per poter essere impiegati con profitto e di fatto vengono ignorati dagli utenti (Figura 13).
Registrazioni duplicate
Un’altra caratteristica che determina la qualità di un catalogo è il numero di registrazioni bibliografiche duplicate che si trovano al suo interno. Un primo modo per calcolarle è quello basato sugli identificativi standard.
Nell’Indice SBN le registrazioni bibliografiche cui è associato un International Standard Book Number (ISBN), che identifica in maniera univoca una monografia, sono 3.655.068. Le registrazioni bibliografiche con un numero standard duplicato, relative cioè alla stessa monografia, sono 526.048, circa un settimo del totale. Sulla base di una semplice proporzione, si potrebbe ipotizzare che l’insieme delle registrazioni bibliografiche duplicate sia composto da 2.451.024 elementi.
Un secondo metodo per calcolare le registrazioni bibliografiche duplicate è quello di confrontare il numero di quelle relative a monografie a stampa pubblicate in Italia tra il 1948 e il 2018 con i dati sulla produzione libraria raccolti annualmente dall’ISTAT, l’Istituto nazionale di statistica.
In Italia, una copia di tutto ciò che viene destinato all’uso pubblico deve essere inviata per legge alle biblioteche nazionali di Firenze e di Roma, che provvedono a catalogarla. I dati dell’ISTAT non riguardano solo gli editori, ma tutti coloro che distribuiscono le loro pubblicazioni anche al di fuori dei canali commerciali. I due insiemi di dati sono quindi relativi ai medesimi documenti, come è stato possibile stabilire esaminando i dati sulla produzione editoriale lombarda.
Nell’Indice SBN le registrazioni bibliografiche relative a monografie a stampa pubblicate in Italia tra il 1948 e il 2018 sono 4.250.153, mentre l’ISTAT stima che nei settant’anni considerati siano stati prodotti 1.634.030 libri. In questo caso l’insieme delle registrazioni bibliografiche duplicate sarebbe composto da 6.939.024 elementi, oltre un terzo del totale.
Su queste stime possono essere fatte alcune considerazioni. Anzitutto, è più probabile che sia stata duplicata una registrazione bibliografica priva di ISBN piuttosto di una cui è associato un numero standard, dato il modo in cui sono progettati i sistemi di automazione per biblioteche. In secondo luogo, è più facile che sia stata duplicata una registrazione bibliografica relativa a una monografia pubblicata in Italia (che in media è posseduta da un numero maggiore di biblioteche) piuttosto che quella di una monografia pubblicata all’estero (nel catalogo dell’Indice SBN le registrazioni bibliografiche relative a monografie pubblicate all’estero sono 9.513.959, più della metà del totale). È ipotizzabile quindi che il numero delle registrazioni bibliografiche duplicate sia intorno al 25 per cento del totale, a metà strada tra le due stime.
Regole di catalogazione
Le Regole italiane di catalogazione REICAT sono state pubblicate nel 2009 a cura della Commissione permanente per la revisione delle regole di catalogazione. Esse hanno sostituito le Regole italiane di catalogazione per autori del 1979.
I due principali punti fermi che la Commissione ha individuato sono stati: una nuova struttura concettuale, ispirata al modello FRBR, e una nuova organizzazione del testo, concepito come un “codice” in grado di rispondere a funzioni e utilizzi diversi (dall’avviamento allo studio della catalogazione alla consultazione mirata da parte di esperti).
Nel 2010 è comparsa una Circolare per l’applicazione delle REICAT in SBN in cui si dice che, nonostante le Regole di catalogazione italiane siano state formulate per rendere la catalogazione partecipata più omogenea e soprattutto la ricerca più funzionale, in alcuni casi è stato necessario discostarsene “sia per il modello dei dati e le funzioni catalografiche del sistema che per una maggiore funzionalità in un catalogo cooperativo e una normalizzazione ritenuta necessaria ai fini della ricerca e dell’ordinamento”.
Oltre la metà delle REICAT non possono essere applicate all’interno di SBN in quanto riguardano opere ed espressioni, entità di cui non è prevista la descrizione. Questo nonostante nel 2012 l’IFLA abbia aggiunto ai quelli previsti per le registrazioni di autorità i campi UNIMARC 231 Authorized Access Point – Title (Work), 232 Authorized Access Point – Title (Expression), 241 Authorized Access Point – Name/ Title (Work), 242 Authorized Access Point – Name/ Title (Expression) e i corrispondenti campi 506 Preferred Access Point – Identification of a Work, 507 Preferred Access Point – Identification of an Expression, 576 Name / Preferred Access Point – Identification of a Work, 577 Name / Preferred Access Point – Identification of an Expression per le registrazioni bibliografiche.
Negli Stati Uniti, per fare un paragone, la pubblicazione delle nuove regole di catalogazione, le Resorce Description ed Access, ha spinto la Library of Congress a creare un nuovo linguaggio bibliografico di scambio, BIBFRAME (Bibliograph Framework), cui ha affiancato un sistema di automazione appositamente progettato.
Prestito interbibliotecario e fornitura di documenti
Il prestito interbibliotecario e la fornitura di documenti sono tornati al centro della scena soprattutto in conseguenza del continuo aumento delle spese per le risorse elettroniche. Lo dimostra, ad esempio, l’acquisizione da parte di Ex Libris, leader nel campo dei sistemi di automazione per biblioteche, di RapidILL, un’azienda che ha realizzato un’applicazione per lo scambio di documenti utilizzata da molte biblioteche statunitensi tra cui anche quelle della Harvard University. L’importanza che Angela Vinay e Robert Bossett avevano dato a questi servizi era quindi in anticipo sui tempi. Secondo Fiammetta Sabba, docente di biblioteconomia presso l’Università di Bologna, nel corso degli anni SBN ha però rinunciato in parte al progetto di dar vita a una vera e propria cooperazione sul piano degli acquisti documentari, dello sviluppo delle collezioni e della circolazione e conservazione dei documenti: “Rispetto a quello che fu il disegno iniziale si è finito per identificare SBN con il suo catalogo collettivo e dunque con la sua struttura anche tecnologica”.
Questo giudizio è in larga parte condivisibile. Per quanto riguarda però ILL SBN, il servizio di prestito interbibliotecario e fornitura documenti inaugurato nel 2009, esso rappresenta uno strumento importante, anche se è vero che non tutte le biblioteche che fanno parte di SBN vi aderiscono. Presso l’Università degli studi di Milano, ad esempio, oltre il 90 per cento di richieste di prestito interbibliotecario sia attive che passive passa attraverso questo servizio.
Nel caso della fornitura di documenti il canale più utilizzato è invece NILDE (Network for InterLibrary Exchange), un servizio gestito dalla Biblioteca d’Area di Bologna del Consiglio nazionale delle ricerche cui partecipano quasi 900 biblioteche e che nel 2019 ha permesso lo scambio di oltre 150.000 documenti. NILDE non si basa sul catalogo dell’Indice SBN, ma su ACNP, il catalogo italiano dei periodici cui aderiscono 1.966 biblioteche e che permette di accedere al posseduto di oltre 150.000 periodici.
Conclusioni
Nel 2015 il direttore amministrativo del Massachusetts Institute of Technology (MIT) ha chiesto al responsabile delle biblioteche delle università di costituire una task force che preparasse una relazione sul sistema bibliotecario, Nella relazione avrebbe dovuto essere incorporata l’enfasi posta dal MIT su eccellenza, innovazione e servizio. Il rapporto iniziava constatando che le biblioteche accademiche sono sulla cuspide di una trasformazione radicale dovuta alla nascita e allo sviluppo delle risorse elettroniche. Di fronte a questo cambiamento, la task force riteneva che le biblioteche avrebbero potuto riaffermare il loro ruolo solo se fossero state in grado di diventare una piattaforma aperta, affidabile, durevole, interdisciplinare e interoperabile, in grado di rappresentare la base per l’intero ciclo di vita delle informazioni per la ricerca e l’educazione a livello non solo del MIT, ma di tutte le università del mondo.
La necessità di incrementare la scoperta, l’accesso e l’uso delle risorse incorporando i sistemi e i servizi delle biblioteche nel flusso di lavoro degli utenti era già stata messa in evidenza da Lynn Silipigni Connaway e Ixchel M. Faniel in uno studio intitolato Riordinare Ranganathan. Questa necessità era vista come un’estensione della quarta delle cinque leggi elaborate dal bibliotecario indiano: “Risparmia il tempo del lettore”. Questa legge, secondo le due autrici, è la più importante di tutte e deve guidare l’interpretazione e l’applicazione delle altre quattro.
Perché gli strumenti e i servizi delle biblioteche possano essere incorporati nel flusso di lavoro degli utenti è necessario rappresentino un valore aggiunto per questi ultimi. Nel caso, ad esempio, del catalogo dell’Indice SBN, abbiamo visto come esso non sia in grado di portare a termine in modo soddisfacente nessuna delle cinque azioni previste dall’IFLA LRM (Trovare, Identificare, Selezionare, Ottenere ed Esplorare) e non abbia quindi alcuna possibilità di svolgere un ruolo diverso da quello attuale: uno strumento per trovare una risorsa di cui già si conosce il titolo o l’autore. Sarebbe quindi necessario che gli obiettivi iniziali di SBN fossero rivisti alla luce dei mutamenti intervenuti negli ultimi trent’anni e finalmente realizzati.
Dato che i molti proclami enunciati durante le celebrazioni svoltesi nel 2016 in occasione del trentennale di SBN prima a Roma, poi a Napoli e infine a Ravenna sono rimasti lettera morta, per realizzare questo progetto sarebbe necessario che i sistemi bibliotecari di ateneo si affiancassero all’ICCU nella gestione dell’Indice. All’interno dei sistemi bibliotecari di ateneo, infatti, si trovano competenze relative alla gestione delle risorse elettroniche e alla configurazione dei sistemi di automazione e dei cataloghi di ultima generazione che l’ICCU non possiede.
La stessa direttrice dell’ICCU, Simonetta Buttò, ha riconosciuto che, in un contesto come quello attuale, la riflessione sullo sviluppo e sull’evoluzione di SBN deve essere condotta anche da chi “è entrato nella comunità a cose fatte, portando con sé aspettative e bisogni di un’utenza che ha nel frattempo cambiato abitudini in fatto di informazione, di conoscenza, di studio”.
In Italia, il punto di partenza potrebbe esser quanto fatto con Share Catalogue da un consorzio di università meridionali formato dall’Università degli studi di Napoli Federico II, l’Università degli studi della Basilicata, l’Università degli studi del Sannio, l’Università degli studi di Salerno, l’Università degli studi di Napoli Parthenope, l’Università degli studi del Salento, l’Università degli studi di Napoli L’Orientale, l’Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli e l’Università degli studi Suor Orsola Benincasa.
Questo progetto sarebbe conveniente dal punto di vista economico e di utilità per i lettori, dato che potrebbe ad esempio trasformare il catalogo in un vero e proprio strumento di consultazione conforme ai requisiti stabiliti dall’IFLA LRM.
Il nuovo SBN potrebbe essere offerto gratuitamente a tutte le biblioteche italiane. Questa attività si inserirebbe in quella che oggi viene definita la terza missione delle università, ossia l’insieme delle attività con le quali gli atenei interagiscono direttamente con la società e il proprio territorio di riferimento, sia attraverso azioni di valorizzazione economica della conoscenza, sia più in generale attraverso attività ed eventi di ordine culturale, sociale e di divulgazione della scienza. La terza missione è chiamata così perché si affianca alle due missioni tradizionali: l’insegnamento e la ricerca.