Carlo Revelli: una vita intera da bibliotecario
Già direttore delle Biblioteche civiche torinesi, paomes53@gmail.com
Abstract
Carlo Revelli ha lavorato per 41 anni nelle Biblioteche Civiche di Torino, scalando tutti i gradini della scala gerarchica: da distributore di libri nel 1944 a esperto catalogatore, fino a diventarne direttore dal 1972 al 1985. Questa esperienza professionale è stata la ragione del suo costante rapporto con gli utenti, con le loro diverse esigenze di informazione, documentazione e arricchimento culturale. Questa attenzione è stata anche riflessa nella sua attività di ricercatore: Revelli fu autore di testi chiave nel campo della catalogazione, apprezzato formatore e membro attivo dell’Associazione Italiana Biblioteche (AIB).
English abstract
Carlo Revelli worked for 41 years in Turin’s Civic libraries, climbing all the steps of the hierarchical ladder: from book distributor in 1944 to expert cataloguer, until he became the director from 1972 to 1985. This professional experience was the reason for his constant reference to the users, with their varied needs for information, documentation and cultural enrichment. This attention was also reflected in his researcher’s activity: Revelli was author of key texts in the field of cataloguing, appreciated trainer and active member of the Italian libraries association (AIB).
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Carlo Revelli ha svolto la sua intera attività lavorativa nelle Biblioteche civiche di Torino. Incominciò a lavorare nel novembre 1944, quasi diciottenne, presso la Biblioteca popolare ubicata sopra il Teatro Carignano, al terzo piano: l’unico punto di servizio funzionante in quel momento, dopo il bombardamento della sede principale avvenuto nel 1943. Era ancora studente, al suo primo lavoro e contemporaneamente impegnato nell’attività partigiana, cresciuto in una famiglia antifascista. Assunto in Comune con la qualifica di spazzino fuori ruolo, era stato subito mandato in Biblioteca, visti i suoi studi liceali. Fu assegnato al servizio al pubblico e quella esperienza iniziale, proseguita, prima di passare alla catalogazione, anche nella sede provvisoria di Palazzo Carignano assegnata alla Biblioteca civica di Torino nel 1948, fu fondamentale, per la costante attenzione a mettere al primo posto il soddisfacimento delle esigenze del pubblico (non gli piaceva parlare di utenti) che caratterizzò tutta la sua attività professionale. Nel 1968 fu chiamato a far parte della Commissione ministeriale che elaborò le nuove Regole italiane di catalogazione (RICA), di cui fu anche apprezzato divulgatore in incontri con i bibliotecari svoltisi già a partire dal 1977, avvalendosi di un testo provvisorio distribuito dall’AIB subito dopo la presentazione al Ministero avvenuta il 26 aprile 1976, ben prima della loro pubblicazione ufficiale nel 1979.
Assunta la responsabilità delle Biblioteche civiche e raccolte storiche della Città di Torino nel 1972, ricevendone le consegne dal precedente direttore Enzo Bottasso che passava alla neocostituita Soprintendenza regionale ai Beni librari, ne restò Direttore fino al pensionamento, nel 1985.
Da allora ha continuato a frequentare quasi quotidianamente la Biblioteca civica centrale come utente, discreto e solerte compulsatore delle numerose riviste biblioteconomiche a disposizione del pubblico negli espositori della Sala periodici, fonti ispiratrici delle sue rassegne della letteratura professionale internazionale. Esse comparivano con regolarità nella rubrica Osservatorio internazionale di “Biblioteche oggi”, la rivista che, già al suo nascere, lo vide nel Comitato di direzione, insieme a Luigi Crocetti, Piero Innocenti e, per un certo periodo, Paolo Traniello.
Negli ultimi anni, con il sopravvenire di difficoltà nella deambulazione, ha dovuto privilegiare la frequentazione della Biblioteca civica zonale più vicina al suo domicilio: ancora pochi giorni prima di morire ha amabilmente conversato con la bibliotecaria, che gli aveva telefonato per segnalargli la disponibilità di alcuni libri da lui prenotati.
Nel 2006 mi consultai con i colleghi delle Biblioteche civiche torinesi su come festeggiare i suoi 80 anni e cogliemmo al volo la proposta dell’Editrice Bibliografica di collaborare per la pubblicazione di un’antologia dei suoi articoli più significativi, che furono selezionati da un gruppo di lavoro coordinato da Cecilia Cognigni e furono accompagnati dalla bibliografia dei suoi scritti, alla quale lavorarono in particolare le colleghe Valeria Calabrese e Maurizia Vitali.
La produzione scientifica di Carlo Revelli si è infatti espressa prevalentemente in articoli di rivista, recensioni e comunicazioni congressuali, con l’eccezione di due monografie (Il catalogo per soggetti e Il catalogo, cui è seguito nel 2002 il volumetto sulla citazione bibliografica), che sono ancora oggi punti di riferimento ineludibili per gli studiosi del settore.
Con l’antologia del 2006, intitolata La biblioteca come teoria e come pratica, intendemmo testimoniargli la riconoscenza per il suo magistero professionale, espresso lungamente anche attraverso la docenza in innumerevoli corsi di formazione e di aggiornamento, in ogni parte d’Italia. In tali occasioni, unanimemente apprezzato per chiarezza espositiva e abilità didascalica, mirava a far cogliere innanzi tutto lo spirito e i principii della catalogazione, prima ancora della casistica catalografica, peraltro sempre accuratamente snocciolata, mettendo sempre in evidenza l’obiettivo di soddisfare le esigenze degli utenti. Revelli indicava questo obiettivo come prioritario anche per chi cataloga e riteneva che esso fosse perseguibile solo avendo ben chiari i principii della catalogazione, per trovare la soluzione giusta nella descrizione e nell’indicizzazione di fronte a una realtà documentaria mai pienamente riconducibile ai casi previsti nelle norme codificate.
Carlo Revelli non è stato solamente uno dei più autorevoli studiosi italiani di biblioteconomia, attento a tutte le tematiche bibliotecarie e non solo alla catalogazione, con lo sguardo volto a coglierne novità e problematiche con una prospettiva non limitata ai confini nazionali. Oltre – e prima ancora – che studioso, egli è stato bibliotecario: proprio dall’esperienza di tanti anni di quotidianità lavorativa, volta a cogliere e a soddisfare le esigenze di un’utenza sempre più composita, ha ricevuto stimolo e indirizzo la sua stessa attività di studio.
Erede della specifica tradizione torinese di attenzione alla funzione sociale della biblioteca pubblica, colta nel modello anglosassone della public library, già agli albori dall’editore Giuseppe Pomba e poi vigorosamente propugnata nel primo Novecento dal banchiere Alberto Geisser, oggi troppo poco conosciuto, egli ha promosso lo sviluppo del servizio nella forma strutturata del sistema bibliotecario urbano. Essa si è concretizzata, durante la direzione di Carlo Revelli, nella progressiva apertura di ben otto biblioteche zonali di non piccole dimensioni, la prima delle quali non a caso intitolata ad Alberto Geisser, al posto delle precedenti bibliotechine circolanti, ospitate nelle scuole e aperte per lo più solo nel fine settimana.
Le biblioteche “decentrate” pensate da Carlo Revelli si sono caratterizzate per la sede quasi sempre appositamente realizzata ex novo, la dotazione libraria cospicua (fra 20 e 40.000 volumi, con almeno 8-10.000 unità iniziali) e tutta a scaffale aperto; la quotidiana apertura al pubblico (purtroppo non la domenica); una ricca sezione di narrativa, anche di genere, distinta dalla saggistica; l’adozione della CDD per la saggistica, una sezione “Piemonte” dedicata alla storia locale e la presenza di altri supporti documentari oltre al libro: all’inizio vinili di ogni genere musicale in sezioni fonoteche con postazioni per l’ascolto in cuffia, cui si sono aggiunti, con il passare degli anni, cassette magnetofoniche e compact-disc.
Di non minore rilievo per l’avvio e il successivo funzionamento del Sistema bibliotecario urbano di Torino è stata la costituzione di un Centro-rete per le acquisizioni, la preparazione per l’uso pubblico dei libri e dell’altro materiale documentario e la gestione della circolazione tra le diverse sedi, in modo da consentire al personale di tali sedi di dedicarsi pienamente all’utenza e alla promozione della lettura nel proprio ambito territoriale. In tale complementarietà tra l’offerta di servizi delle diverse sedi e tra i diversi ruoli del personale operante all’interno del Sistema bibliotecario urbano si ritrova la centralità della cooperazione, parola chiave del pensiero e della concreta attività bibliotecaria di Carlo Revelli.
Sono soluzioni organizzative oggi del tutto ovvie, che però non hanno visto in quegli anni molte esperienze analoghe, in altre grandi città italiane.
Sono soluzioni organizzative oggi del tutto ovvie, che però non hanno visto in quegli anni molte esperienze analoghe, in altre grandi città italiane. Esse testimoniano la concretezza operativa di Carlo Revelli, certo più conosciuto per i suoi contributi alla teoria della catalogazione, ma davvero aperto all’attualità su tutti i terreni della pratica biblioteconomica. In quegli stessi anni, ancora troppi suoi coetanei in analoghi ruoli di responsabilità direzionale si concentravano prevalentemente nello studio erudito dei “gioielli” del passato presenti nelle collezioni delle loro biblioteche e, così facendo, non facilitavano certo la percezione di tutte le potenzialità delle biblioteche pubbliche da parte degli amministratori locali e, più in generale, nel comune sentire dei loro elettori.
Un’altra preziosa eredità del periodo in cui Carlo Revelli ha diretto le Biblioteche civiche torinesi, frutto di un’attenzione che era stata anche del suo predecessore Enzo Bottasso, è la cospicua biblioteca professionale. Essa fu fatta crescere da Revelli in anni in cui il Comune di Torino non lesinava le risorse per gli acquisti librari e venne aperta a tutti presso la Direzione delle Biblioteche civiche. Ad essa si è associata, sempre nella sede di via della Cittadella che dal 1960 ospita la Biblioteca civica centrale, la già menzionata disponibilità di un grande numero di periodici di biblioteconomia italiani e, soprattutto, stranieri. L’attenzione e l’impegno diretto di Carlo Revelli per la crescita professionale dei bibliotecari e il miglioramento qualitativo del servizio bibliotecario si sono concretizzati anche nella costante partecipazione alla vita associativa e alle iniziative promosse dall’Associazione italiana biblioteche, che nel 1988 lo ha anche voluto suo Socio d’onore.
Iscritto all’Aib dal 1951, ne ricostituì nel 1977 la Sezione regionale piemontese, di cui fu Presidente dal 1977 al 1984 e fu ancora membro del Comitato esecutivo regionale dal 1988 al 1993. Dal 1978 al 1984 fu attivo negli organi associativi nazionali, membro fino al 1981 del Consiglio direttivo e poi del subentrato Comitato esecutivo nazionale.
Il suo esempio merita di essere adeguatamente meditato anche da quelle colleghe e da quei colleghi che oggi sembrano non avere ancora scoperto l’arricchimento umano e professionale, l’apertura alle altre esperienze italiane e straniere offerti dalla partecipazione a una associazione professionale quale l’AIB. Con cortesia, ironia e discrezione tipicamente torinesi, nella quotidianità di tanti anni di lavoro nelle Biblioteche civiche di Torino, Carlo Revelli è stato sempre attento anche alle vite di coloro che lo circondavano, indipendentemente dalla loro collocazione nella scala gerarchica, pure con piccoli gesti di interessamento accompagnati ai saluti quotidiani al personale più nascosto, quello della torre libraria della Biblioteca centrale, dalla quale passava per raggiungere il suo ufficio. Queste piccole attenzioni sono ricordate ancora oggi dai colleghi più anziani: Revelli dimostrava così la consapevolezza di lavorare con un gruppo di persone che per lui non sono mai state semplici numeri di matricola comunale, ciascuno di loro infatti era caratterizzato da proprie aspirazioni, potenzialità e, non di rado, sofferenze individuali e rilevanti difficoltà familiari, oltre che da specifiche attitudini e capacità di contribuire con professionalità al conseguimento degli obiettivi di servizio.
Tutto ciò che ha saputo essere, fare e dare glielo scrivemmo quattordici anni fa per i suoi 80 anni e lo scorso 26 novembre l’ho ripetuto davanti al suo feretro anche a nome degli altri colleghi presenti: grazie Carlo, non ti vedremo più in biblioteca ma il tuo esempio ci accompagnerà ancora!