N.2 2022 - Biblioteche oggi | Marzo 2022

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Donne che corrono con le renne

Viviana Vitari

unibg.academia.edu/VivianaVitari linkedIn.com/in/vivianavitari

Abstract

Lo studio sulla stregoneria nel Finnmark e la narratologia, il metodo di analisi utilizzato dallo studioso Willumsen, hanno permesso di far emergere nuovi contenuti storici da fonti archivistiche molto ben conservate. Il database di fonti e studi regionali e nazionali fornisce straordinari indizi per comprendere la diffusione della stregoneria in un luogo dimenticato. La valorizzazione delle fonti avviene oggi anche attraverso un museo storico e commemorativo a Vardø: si affaccia sul fiordo e rende un pezzo di storia a portata di turismo.

English abstract

The study about sorcery in Finnmark and the narratology, the method of analysis used by the schol- ar Willumsen, have allowed new historical contents to emerge from very well preserved archival sources. The database of regional and national sources and studies provides extraordinary clues to understanding the spread of witchcraft in a forgotten location. The valorization of the sources takes place today also through a memorial, historical museum in Vardø: it overlooks the fjord and makes a piece of history within the reach of tourism.

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Fonti primarie sulla più grande caccia alle streghe del Nord Europa

Il “Melkerutå” termina con un atterraggio leggero. Pochi i passeggeri a bordo, sufficienti per riempire l’aircraft che attraversa il fiordo al crepuscolo e riporta a casa i pendolari. Nell’idioma locale è paragonato al camioncino del latte. Usciamo da un piccolo gate, l’unico. Siamo in agosto, nell’estremo Nord della Lapponia norvegese, al di sopra del Circolo Polare Artico. Qui, quando la sera decide di non toccare il buio, ci si può fermare per un picnic sulla spiaggia e si appoggia la borraccia dentro la carcassa di qualche cetaceo di mare, spinta lì dalla bassa marea. Dal fiordo di Varanger sul suv di Marit Ekkernes, pedagogista per enti scolastici e municipali, il viaggio continua fino al 71° parallelo oltre Capo Nord, dove l’arco marino non è più un arco. Il Ministero dell’istruzione sostiene programmi in norvegese e in sami per la valorizzazione di lettura, scrittura e matematica applicate. Gli esperti sono inviati nelle piccole scuole remote della contea di Finnmark visitandole una a una anche durante le tempeste. È il delivery delle più alte professionalità lungo l’onda sonora degli joik, canti tradizionali sami. I Sami sono l’ultimo popolo indigeno con tradizioni preservate. È in questa terra che si è consumata una delle più tristi vicende d’Europa di panico da stregoneria. In questo articolo si fa riferimento in special modo agli studi comparati di Liv Helene Willumsen e alle fonti norrene ritenute indispensabili per scoprire un tassello di storia sconosciuto nel mare nostrum.

Nella ricerca sulla stregoneria si è deciso di partire dal Finnmark. Era in uso dire che la magia arrivava col vento del Nord, laddove i Sami vivevano di pesca e “intessevano i venti”. Per propiziarsi il clima ostile suonavano tamburi ossessivi entrando in contatto con i morti e predicendo il futuro. Si riteneva che la malvagità venisse dal Nord e che gli abitanti ne fossero più inclini rispetto ai Paesi soleggiati. In quei luoghi ancora oggi l’ululato del vento incute paura: solo i demoni possono volare attraverso la tempesta.

Land art

Con i proventi dell’oro nero, in Norvegia non sono fiorite isole di neve nel deserto, ma ponti e tunnel di collegamento fra villaggi, che l’inverno renderebbe altrimenti irraggiungibili. Fra le onde del Barents e le coste siberiane, il portolano locale ci fa approdare verso le più suggestive riserve naturali e abitative dei Sami, oltre che dentro archivi storici preziosissimi. A Vardø l’arte si coniuga con la storia e ci pone di fronte a espressioni mozzafiato. È il caso dello Steilneset Memorial, che celebra il luogo dove le streghe erano di casa. Il memoriale ricorda le 91 persone, 77 delle quali donne, che furono processate per stregoneria e mandate al rogo nel 1621. Se abbiamo presente Christo che, con la sua passerella d’oro sul lago d’Iseo, ci ha fatto scoprire uno sconosciuto laghetto glaciale nel ventre industriale della Lombardia, possiamo apprezzare altri nomi che hanno avuto il pregio di ricreare un’atmosfera sospesa e surreale in località dove approda un singolare turismo. Il memoriale è costituito da due edifici progettati dall’architetto svizzero Peter Zumthor: la Minnehall, una costruzione lunga 125 metri, e il Flammehuset, all’interno del quale troviamo l’installazione dell’artista franco-americana Louise Bourgeois intitolata The Damned, the Possessed and the Beloved (Il dannato, il posseduto, l’amato, ndr). Siamo nella municipalità di Vardø e il Memoriale risale solo al 2011, l’anno in cui noi ci stavamo occupando dei referendum sul nucleare, la privatizzazione dell'acqua pubblica e, in lontananza, ma non troppo, avevamo l’eco di Fukushima.

A differenza di un monumento ai caduti, che tutti unisce in nome di una patria, con lo Steilneset ogni nome ha una sua individualità, a ogni donna vengono assegnati uno spazio e un tempo. È un memoriale che esercita sul visitatore un diritto all’eresia. Le sue targhe attingono dagli archivi storici regionali e blasona vite ordinarie altrimenti perse dentro le pieghe del tempo. È a Vardø che le vittime delle credenze demonologiche sembrano tornare vicine e l’installazione di Louise Bourgeois le ricorda con una sedia al centro di un cubo infuocato, che mai si estingue e che rilancia strisce giallastre fino a qualche decina di metri di distanza.

Storiografia delle streghe sami

Ci sono paesi dove inferno non significa fiamme. Non è un dantesco imbuto bollente, ma lo si immagina freddo. Vento e ghiaccio sono infernali, mettono da sempre gli abitanti alla dura prova. In Norvegia, nel 1600, tempo delle streghe per antonomasia, la preghiera era un mormorio nero presso un braciere. I sedici gradi sottozero e il clima da cacciatori di foche erano opera del diavolo, soprattutto per quei preti che arrivavano dal sud, spesso dalla Danimarca. 

In un indimenticabile Natale del 1617, che ha regalato tempesta e naufragi tra i fiordi dell’estremo Nord, si palesa l’ombra oscura del diavolo fino a portare, nel gennaio del 1621, al primo processo alle streghe con la tortura dell’acqua. L’ultimo risale al 1663.

Le ricerche di Liv Helene Willumsen, docente al Dipartimento di Storia e studi religiosi dell’Università di Tromsǿ, partono geograficamente da questo estremo nord del Finnmark e scendono via via lungo tutta la penisola. È il Nord il centro di gravità delle migliori fonti di informazione sulle streghe di tutta la Norvegia e fors’anche d’Europa. Gli Archivi di Stato regionali di Tromsǿ e della magistratura del Finnmark conservano dettagliati documenti amministrativi da cui inferire informazioni preziose sulla cultura norrena e lappone del XVII secolo. In rapporto al numero degli abitanti, l’esecuzione capitale di due terzi delle accusate di stregoneria fa pensare a una situazione simile, se non addirittura peggiore, ad altre aree sensibili, come la Scozia e la Mitteleuropa. Novantuno vittime su tremila abitanti in un’area di fronte alla Siberia è un fatto con più di una conseguenza collaterale: si è trattato di un freno inibitore allo sviluppo di una popolazione minoritaria.

La più recente edizione del libro di Willumsen, The Witchcraft Trials in Finnmark, Northern Norway (Bergen, Varanger Museum-Skald Publisher, 2010) contiene documenti così dettagliati da potersi immaginare tutto il processo come una sequenza di fotogrammi, che ricostruiscono gli eventi dal momento in cui l’accusata è portata davanti al giudice fino al verdetto finale. 

Una seconda fonte informativa è la trascrizione del 1998 di un manoscritto sui casi di stregoneria ed empietà, rara raccolta di sentenze pre-1620 e curata da un governatore di Vardø del tardo secolo XVII.

Una terza importante fonte storica è l’elenco dei processi degli Archivi del Folklore norvegese (Norsk folkeminnelags) con 984 casi che si estendono dalla diffamazione alla stregoneria. 

Nel 2011, in corrispondenza dell’inaugurazione del memoriale dedicato alle vittime di Vardø, viene pubblicato un opuscolo con testi risalenti ai verdetti di ciascuna delle vittime accusate di stregoneria, un testo recuperabile in norvegese, inglese, tedesco e finlandese. Si tratta di quattro fonti indispensabili per superare l’ostacolo della scrittura gotica norrena. 

Gli studi proseguono a livello regionale. In Witch in the North si desumono dati quantitativi e qualitativi, primo risultato di una ricerca circoscritta alle sentenze di tipo demonologico, che ha suscitato stupore per la predominanza di vittime norvegesi e non sami. A questo fa da contraltare la correlazione maschile con lo sciamanesimo che, nella storia della Norvegia, ha avvalorato lo stereotipo dei sami come stregoni. Dottorandi e tesisti norvegesi hanno contribuito ad ampliare il perimetro delle ricerche e a far luce sulle inaspettate violenze perpetrate in un’area geografica sconosciuta, un tableau della caccia alle streghe in Norvegia.

Ai micro-contributi regionali si aggiungono studi di respiro nazionale, anche comparati, sulle persecuzioni per sortilegio e sulla loro fenomenologia. Una prospettiva più globale e ampliata al contesto europeo viene inquadrata da Rune Blix Hagen.

La combinazione di dati quantitativi e qualitativi e l’attenta lettura della narrazione dei processi sono state considerate pioneristiche e innovative nella storiografia di questi avvenimenti. Continuano ancora oggi su altri distretti per liberare i contenuti dalle difficoltà di traduzione delle lingue locali e per avviare studi di genere, sulla mentalità e sull’etnoscienza, non ultimo lo sciamanesimo locale.

Interno del Minnehall, © Jarle Wæhler, Statens vegvesen 

Un caso studio

Con il metodo storiografico combinato di dati qualitativi, quantitativi e narratologia, Liv Helene Willumsen ha dato voce a tutti gli attori coinvolti in un significativo processo di stregoneria del XVII secolo.

Nel Finnmark dal 1600 al 1692 ben 135 persone furono sottoposte a processo per pratiche magiche e di queste 91 subirono l’esecuzione capitale, perlopiù bruciate su un rogo. Il caso delle sei bambine accusate di stregoneria nel 1663 è emblematico. Nello studio sono stati analizzati il contenuto della loro confessione e la costruzione linguistica dell’esposizione. Sono stati valutati gli atti giudiziari e l’influenza che essi possono aver avuto sui giudici. Da una parte è stata prestata attenzione alla semantica del processo, dall’altra al linguaggio utilizzato, al tipo di discorsi effettuati e alla trascrizione. Per la disseminazione di idee sulla stregoneria, il Finnmark rimaneva anch’esso dentro un fenomeno europeo, non isolato, della modernità. Chi era sospettata di stregoneria era trascinata in un processo penale alla stessa stregua di assassini, ladri e criminali di ogni tipo. I processi per stregoneria si diffusero in Europa fra il 1450 e il 1750, con un picco intorno al 1570-1680. Si stimano 40.000-60.000 esecuzioni, con la percentuale maggiore, in rapporto alla popolazione, in Germania, Scozia e nel Finnmark, che noi inquadriamo come Lapponia norvegese.

Nel Finnmark avvenivano due tipi di processi a seconda del concetto di stregoneria diffusosi. Da una parte c’erano processi isolati dove una persona alla volta veniva portata sotto accusa davanti al giudice per maleficium, nella convinzione che avesse procurato danno alla vittima facendo uso delle formule attribuite alla stregoneria. Dall’altra c’erano processi definiti “da panico”, avvenuti in un periodo di tempo molto concentrato. Tutti si basavano sulla dottrina occidentale della demonologia ed erano la conseguenza di denunce legate a raduni e attività sociali collettive. Sospetti di questo tipo portavano frequentemente alla morte. Nei sospetti rientravano anche le bambine, anzi, per loro era l’accusa principale. Se le motivazioni erano assimilabili al resto dell’Europa, non lo erano le modalità con cui venivano effettuati i processi. Nel Finnmark un decreto del 1617 colpì streghe e complici: per la prima volta nella storia legislativa danese-norvegese veniva data una precisa definizione di “strega”. Le “vere” streghe, originariamente chiamate rette troldfolk, erano coloro che si erano date al diavolo o che avevano a che fare in qualche modo con lui. Erano particolarmente pericolose perché venivano a patti con il demonio. Il decreto probabilmente generò panico fin dal 1620 in questa sperduta area geografica. A dare il colpo di grazia alla diffusione di una tale percezione fu lo scozzese John Cunningham, che arrivò come governatore del distretto di Vardø nel 1619, un anno prima dell’attacco di panico generale. Le convinzioni demonologiche si diffusero facilmente e velocemente in un’area così periferica e con una situazione etnica minoritaria così particolare. Oltretutto occorre aggiungere un certo entusiasmo da parte dell’amministrazione centrale e locale verso la caccia alle streghe. Willumsen ha potuto ricavare dati preziosi grazie alle fonti dei tribunali locali tenuti in ottimo stato di conservazione dal 1620 presso gli archivi della prefettura. Complice di questa preservazione è il cancelliere, la cui figura venne istituita nel 1591. A lui era affiancata una giuria di uomini di fiducia della zona, anche se dal 1687 i magistrati eliminarono la sua presenza nei casi ritenuti di minor conto. La maggior parte dei giudici che operava in Norvegia nel 1600 era nata in Danimarca e lì aveva studiato. Occorre quindi contemplare una difficoltà linguistica per loro non indifferente: la maggior parte delle donne accusate parlava un dialetto locale, mentre i documenti venivano scritti in alfabeto gotico e in un danese ricco di parole vernacolari con un po’ di latino, scarsamente assimilato. Durante il processo venivano presi appunti dettagliati, poi ritrascritti per l’archivio distrettuale. Si tratta di fonti archivistiche preziose per gli studi, perché la trascrizione veniva effettuata su tutto il processo, in ogni suo passaggio dall’inizio alla fine. Il risultato è stato quello di offrire molteplici interpretazioni, soprattutto in relazione alle imputate.

The Damned, The Possessed and The Beloved di Louise Bougeois. L’installazione è collocata all’interno del Flammenhuset, l’altra struttura disegnata da Peter Zumthor, che, insieme al Minnehall, costituisce lo Steilneset Memorial. La sedia in metallo, circondata da sette specchi ovali e attraversata da cinque fiamme perpetue, evoca la fine tormentata dei condannati.

Veduta invernale del Minnehall © Bjarne Riesto, Statens vegvesen.

Narratologia

Per l’interpretazione delle fonti, la studiosa ha privilegiato il metodo narratologico approfondito da Gérard Genette sulla narrazione fittizia e fattuale (Narrative Discourse. An essay in method, Ithaca, Cornwell University Press, 1980).

Nello studio del livello funzionale di un testo si distingue fra storia e discorso. Il personaggio non è solo una persona scomparsa e recuperata dentro un documento, ma continua a essere un partecipante, un attante, un agente con dei suoi tratti psicologici. È una colonna portante per la comprensione del testo e quindi va analizzato minuziosamente. Nel caso analizzato, cioè il processo per stregoneria di sei bambine, si esaminano il ceto e il contesto culturale e religioso. Il lato psicologico emerge dal loro modo di esprimersi e dalle emozioni di fronte al giudice, che passano dall’ironia fino al pianto. La protagonista, cioè la bambina di volta in volta accusata, è al centro dell’azione e mette in moto la scena descritta dallo scrivano. Si individuano l’antagonista come l’accusatrice, l’aiutante come un padre o un marito che collabora per il riscatto della donna di famiglia e gli avversari visibili o minori, la cui ostilità si nutre del panico da stregoneria. Il personaggio comprimario, che mai compare in scena ma viene citato da alcune bambine, è colei che ha manipolato le imputate al punto che le stesse sembrano non parlare per voce propria.

Lo scrivano compila i dialoghi ponendosi in un ruolo centrale e autorevole nel riportare le voci di tutti i partecipanti. Il suo punto di vista è funzionale alla comprensione degli eventi. Il racconto dei fatti è mediato dal narratario, che ne sa meno dei personaggi e ha una focalizzazione esterna agli eventi stessi. Lo scrivano è senza dubbio un professionista che tenta di essere un testimone allodiegetico, fuori dai fatti, senza volerli influenzare con la propria descrizione. Un aspetto che favorisce la veridicità delle testimonianze.

Nei documenti presenti in archivio la confessione dell’imputata è una narrazione incorporata dentro la più ampia descrizione dell’intero processo. Trasformata in discorso indiretto, la confessione appare coerente con altre conoscenze di stregoneria. Tenendo presente la differenza tra forma e contenuto, presumibilmente lo scrivano, essendo un professionista affidabile, riportava gli interventi in base alle convenzioni legali. Nonostante ciò, il contenuto risulta fortemente connotato dalle conoscenze dell’imputata. Le confessioni delle bambine risentono di una forte personalizzazione e sembrano riportate fedelmente, fermo restando che il cancelliere, nella sua autorità, può aver influenzato gli interrogatori. Se in altri paesi come la Germania del sud l’interrogatorio avveniva sotto forma di questionario, questo non accadeva nel Finnmark, dove rimaneva aperto, permettendo interpretazioni diverse. Il governatore o il balivo gestivano le domande, influenzando la confessione. Lo scrivano poteva anche sintetizzare dei passaggi o enfatizzarne altri. Tuttavia, era un professionista e non era presumibilmente nelle sue intenzioni modificare il contenuto delle dichiarazioni. Quindi le fonti si ispirano a più informazioni. Emergono più voci, non solo quella dello scrivano, ma anche quelle dell’imputata, dei testimoni e della legge.

L’“effetto panico”

Nel Finnmark ci furono sicuramente tre manifestazioni collettive di stregoneria da “panico”, tutte nella stessa area geografica dell’est intorno a Vardø: l’“effetto panico” esplose dapprima nel 1620-1621, poi nel 1652-1653 e in ultima battuta, la più tragica, nel 1662-1663, con ben trenta donne coinvolte, tutte incarcerate per settimane o mesi in un antro chiamato il “buco delle streghe” e messe sotto tortura perché confessassero qualcosa dei loro incantesimi, anche nei confronti di navi naufragate in precedenza. Venti di loro furono uccise e due torturate a morte prima ancora che finisse il processo. Dagli studi norvegesi questa recrudescenza è imputabile a una reazione da panico per l’introduzione di nuove idee in un gruppo che ne era vergine, convinzioni ben radicate a Copenhagen e in altre parti d’Europa, ma non ancora nel Finnmark. Si parlava della necessità del sacrificio di un figlio al diavolo, del marchio del diavolo, del fatto che il diavolo mettesse al mondo i suoi figli per mezzo di donna e che una madre strega insegnava la stregoneria alla sua primogenita.

Queste nozioni demonologiche dovettero essere state prima comunicate a un gruppo di prigioniere nella fortezza di Vardøhus, probabilmente ripetute davanti al giudice e sicuramente raccontate fuori dalle mura, dove la gente aggiungeva di volta in volta sempre nuovi elementi. L’ideologia di uno riuscì ad accendere il panico collettivo. Una miccia.

L’antefatto riporta a un’erudita coppia norvegese, i Rhodius, incarcerati vicino a Oslo, poi trasferiti a Vardøhus nell’inverno del 1662, pochi mesi prima della diffusione dell’attacco di panico collettivo. Ambrosius Rhodius era un astrologo e fisico, politicamente pericoloso perché, a seguito di una sua premonizione, aveva anticipato gli sviluppi di una guerra in corso. La moglie, nipote di un medico del re Federico II, fu anch’ella incarcerata per dissapori con il governatore e sindaco di Christiania, l’attuale Oslo. A Vardøhus, in un contesto già compromesso, entrò in contatto con bambine sospettate di stregoneria e influenzò anche altre carcerate sulle nozioni demonologiche tentando di spingerle alla confessione.

Le streghe bambine

I documenti raccontano di una Ingeborg Iversdatter di Vadsø, denunciata nel 1663 da una donna perché avrebbe partecipato a una festicciola dove era presente il diavolo: non se ne conosce l’età, ma si parla di una bambina piccola, di fatto la prima ad essere accusata di stregoneria. Confessò di aver imparato tutto dalla mamma: la disgrazia fu che la madre era già stata messa al rogo per stregoneria. Ingeborg denunciò un’altra bambina di 12 anni, che ammise di essere stata introdotta a queste pratiche dalla zia, già giustiziata. Si narra di altre bambine, una di 8 anni, sorella di Ingeborg, e altre di età sconosciuta. Il caso di Maren Olsdatter è stato considerato utile nella ricerca, perché la sua testimonianza viene trattata dallo scrivano alla pari di quella di una donna adulta. Maren utilizza immagini folkloristiche, ampiamente riutilizzate nella letteratura del XIX secolo, come l’essere stata testimone del diavolo sotto forma di un cane nero con le corna in testa come le capre. Grazie a una birra speciale, disse di aver avuto delle apparizioni. Il diavolo la tentò per tre volte sotto varie spoglie, anche quelle di un uomo con gli artigli. Lei gli negò l’obbedienza, finché non le venne offerto in cambio del denaro. Tutte credenze religiose in bocca a una ragazzina osservante e dal grande talento narrativo.

L’immagine del diavolo era ormai interiorizzata da adulti e bambini e gli elementi culturali erano simili: il numero tre, le tentazioni, l’offerta di denaro. La confessione di Maren non è priva di un senso dell’umorismo proprio delle narrazioni infantili: un diavolo che si presenta come un cane e lei stessa dice che non si è mai visto un cane che parla. La bambina narra fino a descrivere un persino divertente viaggio all’inferno, con un diavolo che soffiava fiamme attraverso un tubo e che immergeva una coscia di prosciutto nell’acqua bollente dei dannati per cucinarla. Racconta di una congrega gioiosa di donne che danzavano tenendosi per mano e altri rituali legati alla stregoneria e al maleficium, come il fatto di rubare il latte dalle vacche altrui fino a farne uscire il sangue. La menzione di altre persone coinvolte in queste avventure era considerata un segnale di confessione, ma anche un’opportunità per avviare altri processi per stregoneria.

La voce narrante di padri e mariti

Nei documenti che riguardano il caso delle sei bambine, la Willumsen esamina frase per frase le trascrizioni dei processi, facendo emergere la fantasia delle narrazioni, le voci pentite, la manipolazione di Anne Rhodius e persino il coraggio di due uomini di famiglia, un marito e un padre, che invocarono la buona reputazione delle imputate. Il panico omicida arrivò al parossismo nel 1663, dove qualsiasi indizio che potesse far pensare a un complotto nei confronti del governatore diventava sufficiente per l’accusa. Il governatore era posseduto in prima persona dalla paura di essere esposto alla stregoneria. Non mancarono, in questo quadro di imposture e superstizioni, le apologie: venne letta in tribunale la lettera di Sǿren Christensen, marito e padre di due accusate, che fece di tutto per ristabilire la reputazione della moglie. La bambina ebbe la forza di ammettere successivamente di essere stata tratta in inganno da Anne Rhodius, che l’aveva spinta a mentire ai propri genitori. Anche il padre della piccola Sigri, Peder Olsen, si alzò davanti al giudice imponendo alla querelante di ritrattare le infamie verso sua moglie. Funzionò, perché così avvenne. Lo scrivano riporta le parole di smascheramento della bambina nei confronti di Anne Rhodius, che avrebbe convinto lei e un’amichetta, probabilmente ancora più piccola, al racconto demonologico garantendo in cambio la sua protezione e il fatto di diventare figlie di Dio. Lo scrivano riporta le minacce ricevute dalla bambina.

La voce della legge

La disamina delle narrazioni non può escludere la corte. È la prima volta che si riporta di accuse di stregoneria nei confronti di bambine nel Finnmark e la studiosa considera interessante valutare la modalità con cui le autorità giudiziarie trattarono i loro casi. Alcune di loro furono ascoltate entro un solo processo, essendo considerate casi complicati, trattandosi di bambine molto piccole, non in grado di prendere da sole delle decisioni, senza aver ancora ricevuto i Sacramenti e totalmente ignoranti. Il tentativo del prete era di convincerle quotidianamente a convertirsi per accedere al Paradiso. Tuttavia, si riteneva che ormai avessero il Male dalla loro parte, incapaci di affrancarsene, e peggio ancora erano accusate di aver appreso le pratiche di stregoneria dalle madri. Condizioni che non permettevano di liberarsi dal diavolo e che fecero decidere per un rinvio al giudice d’appello. Furono assolte, anche in virtù del loro pentimento, del pianto di qualcun'altra per la paura e delle dichiarazioni sulle narrazioni manipolatrici di Anne Rhodius, che in qualche modo aveva la chiave d’accesso al cosiddetto “antro delle streghe”, la cella predisposta dentro il castello del governatore. La Rhodius le minacciava di buttarle a mare o picchiarle col ferro. Il giudice le riaffidò ai genitori, per chi ne aveva, mentre le orfane venivano assegnate a madri affidatarie. Comportamenti simili sono stati trovati anche nei documenti giudiziari di Blǻkulla (Svezia): le bambine, esauste, alla fine tentavano di discolparsi assicurando che sarebbero ritornate a Dio.

Nei casi di assoluzione si nota una particolarità: i verdetti sono trascritti in maniera sintetica e senza particolari motivazioni.

Un’esecuzione sul rogo. Illustrazione da un libro di metà Ottocento. Fonte: Wikimedia Commons.

La voce del Finnmark

Ci sono alcuni elementi particolarmente enfatizzati nei documenti giuridici inerenti al 1662-1663, nuovi rispetto al passato, diffusisi per panico collettivo: 

  • la difficoltà di liberarsi definitivamente del Maligno una volta che questi ha messo piede in casa;
  • le bambine vengono cedute al diavolo dalle loro stesse madri; 
  • il diavolo può impossessarsi del nascituro quando è ancora nel grembo della madre; 
  • la stregoneria viene passata dalla madre alla figlia primogenita. 

Quest’ultima fu la credenza che maggiormente intaccò gli abitanti. Sicuramente c’erano individui nella posizione di saper diffondere più facilmente certe idee demonologiche fra la gente, al punto da mandare qualche donna innanzi al giudice. In ogni caso, queste idee ebbero accoglienza fra i rappresentanti della giustizia. A differenza di altre aree geografiche dove lo stereotipo della strega era quello di una vecchiarda sterile, nel Finnmark le streghe potevano essere giovani o anziane, anche sposate e con figli. Affinché la persecuzione potesse continuare nel tempo, non bastava la vulnerabilità delle donne. Occorrevano nuove idee che carburassero quella che la Willumsen chiama la “sindrome della moda”. Il fatto che dei bambini fossero accusati di stregoneria alimentava una moda, che si alternava a momenti di oblio. Le idee passavano di moda, dopo essere state ripetute di confessione in confessione fino a esaurirsi da sole. Poche le differenze fra le confessioni adulte rispetto a quelle infantili: per esempio, solo le bambine raccontavano di presunte relazioni sessuali con il diavolo, forse qualcosa di simile a degli abusi. Anche in altri paesi, come nella Germania del Sud e in Austria, si riportano per vere le confessioni di stregoneria delle bambine: i loro racconti erano ritenuti assolutamente validi, portando così alla condanna e alla morte loro stesse o le donne che accusavano. Ogni bambina era perciò al contempo vittima e colpevole, capace di mentire anche nei confronti della propria madre senza capirne le gravi conseguenze.

Oralità e narrazione

L.H. Willumsen e studiosi come Toivo, Rowlands, Eilola valutano quanto la struttura narrativa sia importante nel ricordo e nella trascrizione degli scrivani in tribunale. La modalità della trasmissione orale delle nozioni demonologiche impattava senz’altro sul verdetto. L’argomento era caldo, e nuovi particolari erano ben accolti per fomentare la curiosità. La storia originaria poteva essere dipinta diversamente di volta in volta. L’accuratezza e la ricchezza di dettagli delle trascrizioni di balivi e scrivani sono considerate tali da rendere l’archivio del Finnmark esemplare. Il linguaggio utilizzato è molto più vicino alla lingua parlata e spontanea di altri testi dello stesso periodo. È arricchito anche di particolarità individuali o locali, che spostano l’enfasi da un’eventuale influenza delle commissioni alla reale voce narrante delle bambine. Testimonianze straordinarie di narrazione.

Alcune conclusioni

Nello studio dei documenti di Vardøhus, da ritenersi fonti primarie di eccezionale interesse storico, Willumsen ha posto particolare attenzione a quattro fattori.

Lo scrivano doveva essere un professionista attento a svolgere il proprio compito con la massima diligenza. Non doveva aver influenzato il verdetto in base alla trascrizione delle confessioni, che tra l’altro venivano gestite dal governatore e dal balivo. Trascritte in forma indiretta, probabilmente con qualche termine in più per dare coerenza al testo, le interviste sono comunque riportate con cura e lasciano emergere le reali espressioni verbali. Non ironizza né esprime simpatia, quindi era coinvolto nella paura della stregoneria, ma senza contraffare le trascrizioni.
Nelle confessioni si colgono dettagli specifici per ogni bambina. Dall’oralità emerge l’originalità della comunicazione verbale di ciascuna di loro. L’interrogatorio aperto (senza un questionario obbligatorio) faceva emergere con maggiore libertà i racconti personali. 
La stregoneria veniva alimentata oralmente dalla gente, che ne influenzava il tono e la diffusione. La presenza in tribunale di pescatori e gente comune deve essere stata determinante per la diffusione di credenze che già venivano sostenute dai predicatori. Il diavolo doveva essere un argomento consueto di conversazione. Tuttavia, non vanno trascurate le impattanti influenze di forti personaggi come John Cunningham negli anni Venti e la coppia Rhodius negli anni Sessanta del XVII secolo. 
Un ultimo aspetto interessante è l’estrema velocità di diffusione di tali convinzioni, ivi compresa quella di poter accusare delle bambine. Soprattutto in prossimità di Vardøhus, dove oggi è visitabile il memoriale Il dannato, il posseduto, l’amato, si riteneva che le bambine potessero stringere patti col diavolo. Non solo agli adulti, ma anche ai piccoli venivano fatti sentire racconti di questo tipo, che venivano prontamente assimilati. Cultura popolare e colta erano continuamente in relazione fra di loro.

Interno della biblioteca di Karasjok, dove ha sede anche il Parlamento dei Sami.

La nuova biblioteca Deichman di Oslo, inaugurata nel 2020 © Marit Ekkernes.

Epilogo

Oggi a Karasjok, la capitale del Finnmark, c’è una biblioteca modernissima, costruita in base ai criteri di sostenibilità ambientale e integrata nella foresta. Dal foyer si accede al Parlamento dei Sami, una minoranza che gode di rispetto e attenzione presso il governo centrale. Siamo in un contesto dove i ruoli non sono una lotta di genere. Del resto, da sempre, le mogli dei vichinghi avevano in mano le chiavi di casa, mentre gli uomini partivano per terra e per mare. A loro rimaneva la responsabilità della gestione del villaggio. Erano sole e si autogestirono evolvendosi nei secoli, fermo restando casi specifici senza i quali Henrik Ibsen non avrebbe scritto Casa di bambola.

Nella più lontana Bodø vi è un’altra modernissima biblioteca che si riflette sul porto, e la nuova Deichman di Oslo, un incantesimo di luce, inaugurata nel 2020, preserva una qualità di servizi tutta nordica.

Le streghe sono un remoto pezzo lacerato di storia, da cui il Paese si è riscattato garantendo una qualità di vita diffusa, non a macchia di leopardo. Anche i musei più sperduti, come quello di Vardø, lavorano per incrementare pubblici e contatti. La regione è ormai attestata per aver raggiunto il maggior numero di persone accusate di trolldom, stregoneria, in tutta Europa in rapporto al numero di abitanti. Il fanatismo di Cristiano IV, re di Danimarca e Norvegia, trovò il suo humus in luoghi dove le donne vivevano da sole, quindi in preda al “malvagio”.

Quello di Willumsen è uno studio dettagliato in un perimento territoriale minimo, a cui oggi si accede attraverso un tunnel sottomarino, quasi deserto, nel gelido mare di Barents, all’altezza della Siberia, visibile in lontananza. È uno studio che ci riporta al dovere di far emergere le fonti anche per storie minoritarie, lontane, aliene, perché ciò che le muove, in questo caso il fanatismo per stregoneria, riguarda i popoli tutti, compresi quelli più dimenticati, fuori dalla ruota della fortuna e dello spettacolo dei viaggi. Sono storie che possono uscire all’aperto grazie allo studio di fonti archivistiche ben conservate e preservate. Gli archivi storici e artistici toccano oggi anche Vardø, sperduto villaggio all’altezza di Capo Nord, la capitale delle streghe della Norvegia, e ci offrono la possibilità di ampliare, con le recenti traduzioni in inglese, anche le nostre dotazioni e conoscenze.

Biblioteca di Bodø, nei pressi del porto © Runar Kristiansen.

Bibliografia

Liv Helene Willumsen, Children accused of witchcraft in 17th-century Finnmark, “Scandinavian Journal of History”, 38 (2013), 1, p. 18-41, https://dx.doi.org/10.1080/03468755.2012.741450.

Ead., Memorials to the Victims of the Witchcraft Trials: Orkney and Finnmark, Norway, “New Orkney Antiquarian Journal”, 2020, n. 9, http://www.livhelenewillumsen.no/res/Memorials%20to%20the%20Victims.pdf.

Ead. The Historiography of Witchcraft Research in Norway, 1994-2011, www.livhelenewillumsen.no/res/Historiography.pdf.

Ead., Seventeenth-Century Witchcraft Trials in Scotland and Northern Norway, PhD thesis, University of Edinburgh, 2008.

Ead., Steilneset. Memorial to the victims of the Finnmark witchcraft trials, Oslo, 2011. Ead., The Witchcraft Trials in Finnmark, Northern Norway, Bergen, Varanger Museum-Skald Publisher, 2010.

Steilneset Memorial. Art Architecture History, Stamsund, co-edited with Reidun Laura Andreassen, 2015, https://issuu.com/orkana/docs/steilneset_memorial.

Sitografia

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Deichman Bjørvika Bibliotek, https://deichman.no/bibliotekene/bj%C3%B8rvika.

Karasjok Bibliotek, https://karasjokbibliotek.no.

The Norwegian folklore Archives, www.hf.uio.no/ikos/english/services/knowledge/norwegian-folklore/norwegian-folklore-archives-nfs/index.html.

Stormen Bibliotek, https://stormen.no/bibliotek.

Varanger Museum, www.varangermuseum.no/en/search/%2525252B.