N.3 2023 - Biblioteche oggi | Aprile 2023

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Dalle fake news all'infodemia

Viviana Vitari

viviana.vitari@aib.it

Abstract

Recensione di Viviana Vitari al libro di Matilde Fontanin, Dalle fake news all'infodemia, Milano, Editrice Bibliografica, 2022, 248 p.

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Che Dalle fake news all’infodemia sia più un glossario che un saggio complementare di dottorato, o forse un repertorio ragionato di information literacy o una cornice sull’ecosistema della disinformazione, è un dubbio che sorge spontaneo fin dall’indice. Occorre addentrarsi nell’efficace prefazione di Paola Castellucci e leggere l’introduzione dell’autrice per avere le chiavi di accesso alla consultazione.

Da buoni consum-attori di media, prima di procedere a una lettura sequenziale, meglio indagare sullo sviluppo della ricerca e sulla sua sfida educativa. Pur affrontando un glossario, l’autrice non soltanto descrive, ma diventa gatekeeper, custode critica e interprete di una duplice lingua inglese e mediatica, foriera di fraintendimenti per la frettolosità con cui viene afferrata dalla rete. Al lettore viene richiesto di andare oltre i traduttori online e di procedere verso una ricostruzione longitudinale di alcune espressioni per una loro reinterpretazione tecnica.

Matilde Fontanin è formatrice per la lingua inglese, coltiva relazioni professionali internazionali e si interessa di e-learning, cioè di apprendimento a distanza. Questo portfolio multilivello la legittima nello sbrogliare le ambiguità di un uso erratico dell’inglese. Sta proprio in questo l’originalità di stesura del testo. Esso ci rende reattivi alle diversità di connotazione per luogo, area scientifica e momento d’uso. Una lingua veicolare è un vantaggio interculturale in un’infosfera che trasforma il mondo, ma ci rende al contempo un po’ stranieri gli uni agli altri nell’incomprensione della sua costruzione sociale. L’anglodominio non esime perciò i bibliotecari, protagonisti e destinatari di questo testo, dal padroneggiare più tecnicamente alcune espressioni. Un impegno da estendere a educatori e giornalisti, non alieni da una pauperizzazione del vocabolario.

Per una lettura efficace, occorre inoltre inserirsi in quell’orizzonte della post-verità delineato dall’autrice, dove le informazioni rimangono presunte e inafferrabili, in una situazione collettiva in buona parte onlife: noi che leggiamo siamo “l’ultima generazione a percepire la differenza tra ambienti online e offline” (p. 15). Passiamo poi a selezionare dall’indice la nostra parola preferita, o quella che vogliamo smascherare. Si può scegliere l’espressione polirematica per eccellenza, “fake news”, a cui viene dato ampio spazio, oppure “infodemia” (non per nulla sono entrambe parte del titolo), oppure si può individuarne una senza un ordine preciso e macinarla per un po’.

Delle 57 voci trattate ne scelgo una, “Xanadu”. Ultima nel glossario, arriva inaspettata e intrigante, una sorta di sfida sul terreno delle digital humanities. È il nome dato al palazzo estivo di Kublai Khan, troppo sbalorditivo per essere vero. È il titolo della poesia di un Coleridge sotto l’effetto degli oppiacei. È l’enigmatico appellativo della casa domotica di Bill Gates. È anche la “password” per entrare nel film Quarto potere del giovane Orson Welles. Con Ted Nelson e Gino Roncaglia, citare Xanadu non significa riferirsi a un luogo, ma a un sogno. Fisico o digitale che sia, si tratta di un sogno ambiguo e seducente. Significa prefigurare un palazzo immenso che sia deposito di conoscenze e ricchezze, un imprevedibile reticolo nel regno di internet. È ben più dei social network. È un nesso, un iperuranio in evoluzione perenne, dove la tecnologia, quasi sotto gli effetti di un sogno oppiaceo, dominerà le nostre dimore, noi compresi, in qualcosa che ancora non è. Xanadu è un modello per pensare a un futuro imponente, anche ingannevole: quello dettato da un’infodemia come nuovo allucinogeno.

Il volume non è quindi un glossario in senso stretto. Proprio per questo non può che valorizzare dei workshop di information literacy. La connotazione critica dei lemmi permette al lettore di evitare fraintendimenti, ma anche di mostrare come la loro complessa costruzione sociale possa portare il vocabolario del quarto potere in perenne e vertiginosa ascesa.