N.3 2023 - Biblioteche oggi | Aprile 2023

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Biblioteche e conservazione preventiva

Donatella Matè

Già Laboratorio per la Conservazione preventiva, Istituto centrale per la patologia degli archivi e del libro; donatella.mate@gmail.com

Pasquale Trematerra

Dipartimento Agricoltura, ambiente e alimenti, Università degli studi del Molise; trema@unimol.it

Il ruolo dell’IPM nella strategia di gestione e controllo degli infestanti.

Riprese fotografiche degli autori (Figure 1, 2, 3, 4), di Carlo Tronci (ENEA - UTAGRI C.R. Casaccia), Alessandra Paolini e Alessandra La Marca della BBCA-onlus (Figure 5, 6, 7).

Abstract

La maggior parte del patrimonio culturale conservato nelle biblioteche (e negli archivi) è rappresentato da materiali di origine organica e come tale suscettibile di attacchi da parte di biodeteriogeni. Infatti, questi ambienti possono fornire un habitat ideale per vari organismi, compresi gli insetti, che trovano in essi una fonte di cibo e un rifugio per crescere e riprodursi. Negli ultimi anni sono stati sviluppati piani (e progetti) per la prevenzione e il controllo di questi parassiti attraverso l'adozione di strategie di gestione integrata (o IPM), che dovrebbero far parte di qualsiasi programma di conservazione preventiva. La difesa integrata si basa sulla combinazione e l'integrazione di pratiche ecologiche e a basso impatto, anche in un'ottica di sostenibilità, come riportato dall'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.

English abstract

Most of the cultural heritage preserved in libraries (and archives) is represented by materials of organic origin and as such susceptible to attack by biodeteriogens. In fact, these environments can provide an ideal habitat for various organisms, including insects, which find in them a source of food and a refuge to grow and reproduce. In recent years, plans (and projects) have been developed for the prevention and control of these pests through the adoption of integrated management strategies (or IPM), which should be part of any preventive conservation program. IPM is based on the combination and integration of ecological and low-impact practices, also with a view to sustainability, as reported by the 2030 Agenda for Sustainable Development.

 

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La necessità di assicurare la durabilità del patrimonio culturale richiede l’elaborazione e l’adozione di adeguate strategie di conservazione preventiva. Nella scelta di interventi che possano dimostrarsi efficaci nel contrasto al deterioramento, dunque, è imprescindibile un’accurata identificazione dei fattori di rischio e la stima della probabilità che essi possono determinare una perdita di valore per i cimeli e le collezioni. Tra le principali cause figurano gli organismi biodeteriogeni, fra i dieci agenti del deterioramento individuati da Michalski (1994) e Waller (1995) nelle loro opere di sistematizzazione dell’approccio alla valutazione e alla gestione del rischio. 

In merito agli agenti biologici, potenzialmente nocivi nella conservazione dei beni librari e archivistici, gli insetti costituiscono una significativa minaccia poiché sono in grado di causare infestazioni con danni ingenti su una grande varietà di materiali organici di cui i beni sono costituiti (carta, pergamena, colle ecc.).

Da alcuni anni la risposta a questa complessa problematica viene offerta nell’ambito dell’Integrated Pest Management (IPM), strategia globale e multidisciplinare incentrata soprattutto sul monitoraggio, sulla prevenzione delle infestazioni e sulla drastica riduzione nell’uso di biocidi.

Le applicazioni di IPM hanno avuto successo in molte biblioteche, archivi, musei e gallerie di tutto il mondo. Un esempio virtuoso arriva dalle biblioteche del Regno Unito in cui la conservazione preventiva è una pratica ricorrente adottata all’interno di strutture sia pubbliche sia private: solo per citare le più importanti, si ricordano British Library, National Archives e National Trust con appositi dipartimenti che si occupano di Collection Care. In Italia questo tipo di approccio è, purtroppo, ancora scarsamente diffuso nelle pratiche di tutela delle principali istituzioni; tuttavia, è possibile rilevare una crescente sensibilità alla tematica da parte dei conservatori.

L’esigenza di sviluppare soluzioni sempre più eco-compatibili si rivela attuale anche nell’applicazione di strategie integrate per la lotta a tutti gli altri organismi infestanti o inquinanti, poiché in linea con gli obiettivi di sostenibilità auspicati su larga scala in ambito conservativo e riferibili anche al mondo delle biblioteche.

Specie di interesse e danni correlati alla presenza di insetti

Gli insetti (Phylum Arthropoda, Classe Insecta) sono in grado di provocare ai materiali librari (e archivistici) danni più o meno gravi a seconda della specie coinvolta, stadio vitale, prolificità, condizioni ambientali e risorse trofiche. Tipologia e stato di conservazione dei beni sono elementi fondamentali. La maggior parte degli insetti prospera in ambienti caldi, spesso umidi e bui, preferendo condizioni riparate e indisturbate. Il loro ciclo vitale passa attraverso varie fasi di crescita e soprattutto il periodo larvale, in alcune specie, rappresenta lo stadio di sviluppo in cui il danno viene espletato.

Nell’ambito dei più comuni insetti dannosi ai libri e ai documenti cartacei si devono considerare quelli appartenenti all’ordine Coleoptera con le famiglie Anobiidae e Dermestidae. Tra gli anobidi maggiormente diffusi vi sono i generi Stegobium, Anobium e Gastrallus ampiamente rinvenuti nel corso di numerose campagne di monitoraggio e ispezioni presso sedi conservative di biblioteche e archivi.Molto presente è Stegobium paniceum (L.) (drugstore beetle or biscuit beetle), specie cosmopolita che si nutre principalmente di sostanze a base di amido, di reperti di piante essiccate, di lana, carta e Anobium punctatum (DeGeer) (woodworm or furniture beetle), infestante di oggetti in legno ma che può attaccare anche libri e documenti vari. Negli ultimi anni A. punctatum in molti paesi è stato in gran parte sostituito da Stegobium, in quanto più tollerante a una gamma ampia di livelli di umidità e temperatura. Altre specie dannose ricorrenti sono: Xestobium rufovillosum DeGeer (death watch beetle), Lasioderma serricorne (F.) (cigarette beetle or tobacco beetle), Nicobium castaneum (Olivier) (library beetle), Gastrallus spp.

Le larve di tali coleotteri si nutrono scavando nei materiali gallerie a sezione circolare, nel legno o nei supporti cartacei (dal percorso irregolare, più o meno tortuose, che si possono intersecare in un fitto intreccio) (Figure 1, 2 e 3) di diverso diametro a seconda dell’accrescimento larvale. Queste al raggiungimento della maturità ampliano ulteriormente le gallerie rivestendole di particelle di “rosume”, in modo da costruire la camera pupale per la loro trasformazione in pupa. Una volta completato lo sviluppo, l’adulto che ne deriva pratica un foro sfarfallando verso l’esterno. Il deterioramento prodotto dalla loro attività trofica può determinare, a volte, anche la perdita di resistenza meccanica del bene interessato.

Figura 1 Particolare di pagina di libro con gallerie dovute all'azione di larve di Anobidi
Figura 2 Particolare di gallerie su pagine di libro dovute a larve di Anobidi
Figura 3 Particolare di volume danneggiato da termiti. Visibile la presenza di residui di salive, escrementi e terriccio

Dei materiali lignei, nella maggior parte dei casi, viene attaccato solo l’alburno che contiene sostanze di riserva (amidi e zuccheri). Mentre nei manufatti cartacei, come i libri e i manoscritti, l’attacco inizia in particolar modo dalle legature e dal dorso, per via delle colle utilizzate, procedendo poi verso l’interno.

I Dermestidi, con le specie raggruppate in Attagenus spp. (Figura 4), o Anthrenus spp. e Dermestes spp., preferiscono materiali a base di cheratina e chitina trovando fonte in: tessuti, rilegature e montature con colle animali, materiali proteici quali lana, seta, pergamena, cuoio e pelli nonché insetti tenuti in collezioni e animali imbalsamati. I danni maggiori si verificano ad opera delle larve dalle abitudini essenzialmente lucifughe.

Figura 4 Adulto di Attagenus sp. (Dermestidae) su trappola adesiva, osservazione allo stereomicroscopio

Altri biodeteriogeni frequentatori delle biblioteche italiane, il cui danno è generalmente contenuto in quanto difficilmente si verificano infestazioni indoor di elevate dimensioni, appartengono all’ordine Zygentoma, famiglia Lepismatidae: Lepisma saccharinum L. (= Lepisma saccharina) (silverfish) e Thermobia domestica (Packard) (firebrat). I cosiddetti “pesciolini d’argento”, per la colorazione determinata dalle squamette grigio-argentee che ne ricoprono il corpo, sono associati a condizioni di elevata umidità localizzata >70-80%. Vivono prevalentemente in luoghi poco luminosi, oscuri − sono infatti crepuscolari/notturni − e polverosi, con presenza di detriti, a spese di materiali cartacei, tessili e in particolare degli adesivi di origine animale. L’albumina e la gelatina, leganti costituenti lo strato immagine delle stampe fotografiche, rappresentano infatti appetibili fonti di cibo. Si alimentano altresì di microfunghi e, necessitando di substrati proteici, talora si nutrono di cadaveri ed esuvie (resti dell’esoscheletro derivanti da mute di insetti) anche di altri lepismatidi. Il danno si manifesta con erosioni superficiali di diversa estensione dai contorni irregolari, a volte talmente profonde da determinare perforazioni.

Diffusa in Europa – presente anche in Italia – la specie sinantropica Ctenolepisma longicaudatum Escherich che tollera livelli di umidità e temperatura indoor più bassi.

Spesso associati alla presenza di contaminazioni dovute allo sviluppo di microfunghi, dei quali si nutrono, si riscontra la presenza dei Psocoptera. Conosciuti come “pidocchi dei libri”, i più comuni appartengono alla famiglia Liposcelidae con il genere Liposcelis (per le specie Liposcelis divinatorius Müller e Liposcelis bostrycophila Badonnel). Questi piccoli insetti (gli adulti misurano 1-2 mm ca.) sovente rinvenuti tra i materiali cartacei, soprattutto se sistemati in luoghi poco frequentati, prediligono ambienti riparati e bui (se scoperti si spostano velocemente e si nascondono), polverosi e con un alto tasso di umidità. Il loro esoscheletro poco consistente e il colore del tegumento, in genere grigiastro-bruno molto chiaro, li fa apparire quasi trasparenti, rendendoli in molti casi invisibili o non facilmente evidenziabili. L. divinatorius (booklouse) (0,7-2 mm) cosmopolita, è comune anche nei luoghi in cui si conservano prodotti secchi di origine vegetale e animale, come del resto L. bostrycophila.

I comuni scarafaggi, ordine Blattodea, cosmopoliti e frequentatori di luoghi umidi e poco illuminati con la tendenza a rifuggire la luce tanto da rendere spesso difficile la loro individuazione, sono dotati di apparato boccale masticatore che consente loro di cibarsi di ogni tipo di materiale organico con preferenza per le sostanze ricche di amido e zuccheri semplici. Sono di solito legati ad ambienti caldo-umidi e poco salubri, la loro presenza è sporadica, una infestazione in ambienti conservativi di materiale cartaceo non è frequente. Della famiglia Blattidae è da menzionare Blatta orientalis L. (oriental cockroach, blackbeetle), lucifuga, igrofila e termofila che si nutre di un gran numero di materie organiche: alimenti vari di origine vegetale e animale, sostanze in fermentazione, tessuti, carta, cuoio ecc. Meno comune rispetto alla precedente, particolarmente esigente di condizioni climatiche caldo-umide è Periplaneta americana (L.) (american cockroach), i cui danni sono del tutto analoghi a quelli indicati per B. orientalis. Altre blatte da menzionare sono Blattella germanica (L.) (german cockroach) e Supella longipalpa (F.) (brown banded cockroach) della famiglia Blattellidae, dal regime alimentare polifago. I danni provocati su libri e documenti consistono in erosioni a contorno irregolare anche di notevole entità. Il materiale venuto a contatto con questi insetti può risultare macchiato dalle loro deiezioni e dal cibo rigurgitato all’atto dell’alimentazione.

Tra i più temibili insetti dannosi si annoverano le termiti (ordine Isoptera). In Italia è presente la famiglia Kalotermitidae (termiti del legno secco) con Kalotermes flavicollis (F.) (yellownecked dry-wood termite), che occasionalmente attacca il legno da costruzione, e Cryptotermes brevis (Walker) (west Indian dry-wood termite). I maggiori danni sono dovuti alla famiglia Rhinotermitidae con la specie Reticulitermes lucifugus (Rossi) (Mediterranean termite) presente in tutta l’area mediterranea. Sono insetti che evitano la luce e che necessitano di una umidità relativa molto elevata, prossima al 100%; determinano danni gravi spesso irreparabili, se trascurate sono in grado infatti di scavare completamente l’interno di un libro o di una trave, lasciando l’esterno perfettamente integro.

Nel contesto generale, sono da ricordare anche alcune specie di Lepidoptera (della famiglia Tineidae) che possono causare, durante lo stadio larvale, gravi danni a tessuti, a seta, alla pergamena mentre raramente danneggiano materiali cartacei. Tineola bisselliella (Hummel) (common or webbing clothes moth) e Tinea pellionella (L.) (case-bearing clothes moth), caratterizzata da più ampia polifagia (può nutrirsi ad esempio di insetti essiccati tenuti in collezioni e uccelli impagliati), sono due delle più importanti specie con estesa distribuzione.

Tracce, segni e indicatori della presenza di insetti dannosi o nocivi

Tra gli elementi chiave – fra i più importanti ed essenziali – di una strategia di gestione e controllo degli infestanti, che nel prossimo paragrafo vengono sintetizzati, troviamo lo svolgimento delle attività ispettive. Queste azioni, svolte a cadenza più o meno ravvicinata da personale specializzato, consentono di individuare con tempestività qualsiasi segnale rappresentante un problema presente o futuro per la corretta conservazione dei beni da salvaguardare.

Infatti durante una fase ispettiva possono essere evidenziati alcuni segni preliminari che permettono una individuazione tempestiva di un attacco di natura entomologica. Riscontrare la presenza di insetti vivi o accertare il compimento di un danno sono evidenze tangibili di una infestazione in atto, in assenza però di tale riscontro si rivela prioritario intercettare e comprendere le diverse tracce e i segni associabili alle varie specie di cui si è fatto cenno in precedenza.

Da tenere in considerazione che il ritrovare insetti morti o loro frammenti può anche essere associabile a una vecchia infestazione, come del resto l’assenza di insetti vivi può essere il sintomo di una infestazione non ancora attiva o attiva a bassi livelli.

Di seguito si riportano alcune evidenze, individuate dagli autori, che possono contribuire a fornire indicazioni utili al rilevamento della presenza o attività di insetti infestanti.

EVIDENZE: INDICATORI DELLA PRESENZA DI INSETTI

Coleoptera Anobiidae

  • Individui morti e/o loro frammenti in prossimità di gallerie, davanzali di finestre o in anfratti
  • Fori (da considerare: forma, diametro e distribuzione). La forma e le dimensioni dei fori di sfarfallamento sono tipici nelle varie specie, ad es. circolare, 1-2 mm, in Anobium punctatum; circolare, 1-1,5 mm in Stegobium paniceum. Si possono però individuare ulteriori piccoli fori nelle pareti delle gallerie per espellere gli escrementi
  • Rosume (polvere di rosura + escrementi). Da considerare le dimensioni e l’aspetto (osservazione allo stereomicroscopio). Le caratteristiche fisiche sono tipiche di ogni specie. Ad es.: granulare fine, fusiforme (a forma di limone) in Anobium punctatum; fusiforme e irregolare circolare in Stegobium paniceum (Figura 5)

Coleoptera Dermestidae

  • Individui morti e/o loro frammenti
  • Esuvie larvali (tegumento abbandonato periodicamente durante la muta)

Zygentoma Lepismatidae

  • Individui morti e/o loro frammenti
  • Esemplari vivi nei diversi stadi di sviluppo
    (giovani e adulti)
  • Escrementi di colore nero, simili a granelli
    di polvere sulle superfici
  • Esuvie

Psocoptera Liposcelidae

  • Individui morti
  • Esemplari vivi nei diversi stadi di sviluppo
    (giovani e adulti, talvolta alati)
  • Presenza di funghi microscopici che costituiscono
    un substrato nutrizionale sul quale proliferano

Blattodea Blattidae, Blattellidae

  • Individui morti e/o loro frammenti
  • Esemplari vivi (neanidi, ninfe e adulti)
  • Forte odore acre. Gli ambienti infestati sono caratterizzati da un odore associabile alla “muffa”
  • Escrementi di colore nero, simili a granelli di polvere sulle superfici
  • Presenza di ooteche (astucci bruni/neri contenitori delle uova)

Isoptera Kalotermitidae, Rhinotermitidae

  • Individui morti e/o loro frammenti
  • Esemplari vivi di vari stadi
  • Individui alati nella fase di sfarfallamento (aprile-maggio)
  • Presenza di escrementi solidi a forma di barilotto, a sezione esagonale arrotondati alle estremità e visibili allo stereomicroscopio (Figura 6)
  • Gallerie nel legno che corrono parallele alle fibre. Legno dal caratteristico aspetto sfogliato con strati sovrapposti. L’assenza di polvere di rosura nelle gallerie rende i danni distinguibili da quelli di xilofagi come gli anobidi
  • Camminamenti terrosi su muri o pavimenti o formazioni tubulari a forma di stalattiti o stalagmiti che servono da riparo alla luce. I camminamenti realizzati dagli operai sono costituiti da un impasto di saliva, da prodotti della masticazione, terriccio, frammenti di legno ed escrementi (Figura 7)

Lepidoptera Tineidae

  • Individui morti e/o loro frammenti
  • Esemplari di vari stadi vivi
  • Astuccio tipico entro il quale la larva si rifugia durante lo sviluppo (per 2-3 mesi). La protezione man mano si accresce e al termine misura circa 1 cm. La larva la trascina con sé fino a quando si trasforma in crisalide, ciò avviene nell’astuccio stesso
Figura 5 Adulto di Stegobium paniceum, resti di altri esemplari e rosume.
Figura 6 Ingrandimento allo stereomicroscopio di escrementi di Reticulitermes sp. dalla tipica forma a barilotto a sezione esagonale
Figura 7 Ingrandimento allo stereomicroscopio dei resti di camminamenti termitici trovati durante una ispezione in un locale conservativo di beni librari

La gestione integrata: un programma sostenibile

Come accennato, il concetto di gestione integrata (IPM), combinazione di procedure tecniche e culturali adottate contro gli insetti dannosi – sviluppato negli anni Cinquanta nel settore agro-alimentare –, si basa sull’estensione e applicazione di metodi non finalizzati all’uso sistematico di prodotti biocidi e nasce in risposta a due importanti fattori: lo sviluppo della resistenza agli insetticidi e la distruzione dei nemici naturali. Oltre a essere applicato in agricoltura, nella conservazione delle derrate alimentari e nel settore ospedaliero, è stato recepito anche nel campo della salvaguardia dei beni librari, archivistici e artistici.

Fino agli anni Ottanta contro gli insetti molesti o dannosi si agiva con trattamenti che prevedevano l’utilizzo di prodotti biocidi i quali nel tempo hanno mostrato anche rischi per i materiali stessi. In quegli anni la conservazione preventiva in Italia non era ancora praticata, e soprattutto non si parlava di gestione integrata degli infestanti, anche se nelle realtà conservative di molte importanti istituzioni internazionali la pratica di IPM aveva iniziato a inserirsi. Solo dopo molti anni l’uso di numerosi biocidi è stato vietato dalla legislazione europea a causa dei rischi per la salute e l’ambiente [Regolamento (UE) n. 528/2012].

L’IPM, applicato con successo, considera sia la conoscenza del contesto ambientale/microclimatico del luogo di conservazione (nonché dell’ambiente esterno), sia le possibili tipologie di danno provocato ai materiali. Tale approccio − che dovrebbe far parte di ogni programma di conservazione preventiva −, si propone di ridurre al minimo il rischio al patrimonio, tutelando la salute degli operatori.

L’obiettivo è di mettere a punto metodologie non impattanti sulla salute dell’uomo e sull’ambiente, contemporaneamente all’eliminazione dell’entomofauna infestante i beni conservati in luoghi confinati (come le biblioteche); ambienti in cui l’esigenza della conservazione di reperti e manufatti, anche di valore, si affianchi a quella dell’intervento con sostanze o metodi compatibili con la frequentazione di personale e utenti.

Utile per l’efficacia dell’IPM è lo strumento delle zone rischio, utilizzabile nelle varie realtà conservative. Introdotto in diversi musei di Londra il concetto delle Risk Zones si basa sul principio della prevenzione dei pests all’interno degli edifici che conservano beni culturali, ambienti che avranno sempre una popolazione residente di insetti parassiti. Si tratta in pratica di capire i fattori correlati caratterizzanti gli habitat delle varie specie che intervengono nel loro sviluppo: fonti nutrizionali, temperatura, umidità e aree-rifugio.

Partendo quindi da una identificazione, una analisi e una valutazione dei fattori di rischio si deve arrivare a impostare un piano d’azione che ha lo scopo di prevenire, monitorare e applicare opportuni metodi di controllo al fine di debellare gli insetti nocivi.

Questo particolare tipo di management deve avere prerogative eco-sostenibili, mettendo in atto programmi di ispezione e/o di sorveglianza, in modo da poter tempestivamente comprendere la natura e la dimensione della situazione (grazie alla identificazione degli infestanti e alla stima della loro abbondanza); prosegue con azioni di monitoraggio, controllo e/o eliminazione del problema verificando che i risultati finali siano conformi alle aspettative e, in caso contrario, correggendo eventuali carenze del sistema.

L’applicazione di una strategia integrata per gli infestanti, che possa essere modulata in un ambiente indoor, è stata sostenuta dal CEN - Comitato europeo per la standardizzazione, che nel 2016 ha pubblicato l’apposita norma di riferimento EN 16790 “Conservation of cultural heritage - Integrated pest management (IPM) for protection of cultural heritage”. Si tratta di uno standard manageriale che individua le azioni essenziali da attuare in una biblioteca, o archivio, museo oppure in altra istituzione al fine di ridurre al minimo la presenza di possibili biodeteriogeni indoor. Nella norma viene posta l’attenzione sull’importanza della presenza di un coordinatore in grado di sviluppare e attuare un programma IPM, costruito ad hoc, al fine di assicurarne l’efficacia, con le procedure di comunicazione e i livelli di rendicontazione, comprese anche la corretta formazione del personale e un supporto adeguato per il suo espletamento.

Le componenti chiave di questa strategia, secondo la normativa citata, sono così riassumibili: a) comprendere la vulnerabilità materiale; b) riconoscere i parassiti (le principali specie e il danno provocato); c) valutare la situazione con ispezioni e monitoraggi; d) ridurre i rischi; e) risolvere il problema determinato dai parassiti; f) effettuare monitoraggi post-trattamento.

Le azioni da attuare possono essere riassunte:

  • valutazione della vulnerabilità del bene attraverso la conoscenza del contesto ambientale outdoor e indoor e cioè delle caratteristiche delle strutture architettoniche e impiantistiche nonché del microclima, unitamente a quelle di alloggiamento; esame della vulnerabilità del bene considerando lo stato di conservazione e i suoi costituenti;
  • contenimento/impedimento dell’ingresso dei pests minimizzando i punti di accesso e sistemando dispositivi utili a isolare porte, finestre, lucernari (griglie, zanzariere, strisce di gomma ecc.);
  • eliminazione di zone che possono fornire habitat favorevoli alla sopravvivenza e alla riproduzione degli insetti, evitando l’apporto di qualsiasi fonte di nutrimento e di materiali utili per nidificare e stabilirsi;
  • svolgimento di ispezioni periodiche negli ambienti di conservazione e controllo dei beni in entrata/uscita al fine di individuare eventuali tracce di infestazione;
  • predisposizione di un locale di isolamento (locale quarantena) ove poter confinare gli oggetti che presentano indizi/evidenze di infestazioni;
  • attuazione di pratiche di igiene sia dentro che nell’area esterna all’edificio;
  • programmazione e realizzazione di campagne di monitoraggio termoigrometrico (con analisi dei dati);
  • messa a punto di monitoraggi entomologici mediante l’uso di trappole specifiche nei vari locali (da collocare in aree definite);
  • pianificazione di opportuni trattamenti di lotta, in base alle situazioni riscontrate. Si dovrà tenere presente della assoluta necessità di optare per sistemi a basso/nullo impatto ambientale (ad esempio atmosfere controllate/modificate – da utilizzare per eliminare alcune specie di insetti – interventi di deumidificazione, depolveratura e igiene ambientale);
  • programmazione di un monitoraggio post-trattamento per accertare il livello di efficacia dei metodi utilizzati e validazione della strategia intrapresa attraverso stime periodiche e revisioni delle procedure attuate con eventuali modifiche utili a correggere le criticità delle azioni adottate.

Riflessioni

La realizzazione di un programma di questo tipo, all’interno di una istituzione potrebbe non rivelarsi semplice, soprattutto nelle fasi iniziali, ma sicuramente nel tempo darebbe i suoi frutti. Essendo protocolli operativi in fase dinamica, al contrario del pest control, potrebbero essere di volta in volta modificati e adattati alle differenti situazioni, anche in considerazione delle alterazioni di alcuni parametri climatici ambientali dettati dai cambiamenti climatici in atto.

In proposito l’Agenda 2030 dell’ONU, nell’ottica della sostenibilità ambientale, impone ai conservatori del patrimonio culturale una attenzione particolare a tali tematiche unitamente a quella di adottare pratiche eco-sostenibili attraverso azioni efficaci e soluzioni alternative all’uso di sostanze dannose per l’ambiente (e spesso anche ai beni stessi).