Rapporto sulle biblioteche italiane
Università degli studi di Parma
Abstract
Recensione di Giada Costa al libro curato da Vittorio Ponzani, Direzione scientifica di Giovanni Solimine, Rapporto sulle biblioteche italiane, Roma, Associazione italiana biblioteche, 2019, 191 p.
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Dal 2001 l’AIB pubblica un rapporto sulle biblioteche italiane con lo scopo di evidenziare tendenze, sviluppi e questioni che contribuiscono alla crescita del servizio bibliotecario nel suo complesso.
L’ottavo rapporto AIB pubblicato nel 2019 considera gli eventi e gli aspetti di rilievo per le biblioteche nell’arco temporale 2015-2017.
Il primo tra i contributi che compongono il volume è a firma di Andrea De Pasquale e segnala il moltiplicarsi di accordi di valorizzazione interistituzionali tra enti pubblici e pubblico-privati per garantire qualità dell’offerta culturale a fronte di costanti riduzioni di risorse finanziare e umane; in quest’ottica si pone, tra gli altri, l’esempio della Biblioteca nazionale centrale di Roma, che ha siglato diversi accordi finalizzati alla valorizzazione di fondi librari come quello dell’Associazione italiana biblioteche e della Biblioteca medica statale trasferita dal Policlinico Umberto I nei locali della Nazionale. L’adozione del project financing per riunire servizi prima gestiti in maniera disgiunta (bar, riproduzioni, bookshop, didattica, mostre, eventi) ha risolto il problema degli spazi sottoutilizzati garantendo una gestione unitaria meglio sostenibile. La realizzazione di Spazi900 ha inteso potenziare l’educazione al patrimonio da parte delle biblioteche statali offrendo un’esposizione permanente legata agli autori del Novecento, di cui la Biblioteca nazionale centrale di Roma conserva materiale documentario a seguito della politica di incremento delle raccolte condotta negli ultimi anni.
L’ISTAT ha inserito nel Programma statistico nazionale (PSN) un’indagine sulle biblioteche volta a condurre una rilevazione a carattere censuario, descrivendone caratteristiche strutturali, servizi offerti, attività svolte, livelli di fruizione da parte del pubblico. Grazie alla collaborazione tra ISTAT e Dipartimento di Lettere e culture moderne dell’Università La Sapienza la rilevazione segue un andamento sistematico con cadenza annuale su tutte le biblioteche del territorio nazionale, e ha avuto come primo risultato l’aggiornamento dell’Anagrafe delle biblioteche italiane e l’inserimento nel BES (Rapporto su benessere equo e sostenibile) anche di indicatori relativi alle biblioteche per identificarne il valore di impatto nella qualità della vita della collettività. Si tratta di passi significativi e fondamentali verso un processo decisionale basato sui dati che Chiara Faggiolani propone come approccio da prediligere nelle decisioni che riguardano i sistemi complessi. Le biblioteche data-driven costituiscono quindi il modello da tenere come riferimento per legittimarne il ruolo culturale e sociale, perché esse, utilizzando le parole dell’autrice, “rappresentano uno dei sistemi culturali più capillari e solidi del nostro Paese, ma le persone non lo sanno, attraverso i media passa tutt’altro tipo di informazione” (p. 20).
Sul fronte dei servizi di reference e di educazione all’informazione Laura Ballestra e Chiara Pinciroli segnalano e commentano i documenti che in anni recenti hanno ridefinito la cornice di riferimento per la competenza informativa contemporanea:
- Framework for information literacy for higher education elaborato nel 2015 dall’American College and Research Libraries;
- Digcomp del Joint Research Center della Commissione europea, da cui emerge il ruolo della “competenza digitale come leva per la crescita sociale ed economica dei cittadini” (p. 28), che è stato recepito dall’Agenzia per l’Italia digitale con l’assegnazione alle biblioteche di un ruolo di primo piano nell’azione di contagio digitale e informativo dei cittadini;
- Piano nazionale MIUR per la scuola digitale del 2015;
- Manifesto per l’information literacy pubblicato dall’AIB nel 2016;
- Linee guida per il raggiungimento della competenza informativa dei laureati italiani diffuse nel 2018 da CRUI.
Nel censire i servizi di reference e educazione all’informazione le autrici concludono affermando che “l’assistenza informativa resta quasi nascosta nei censimenti e nelle indagini che descrivono il mondo delle biblioteche, risulta quindi numericamente invisibile e poco comunicata da parte di chi dovrebbe evidenziare il ruolo delle biblioteche come mediatori di informazione” (p. 42).
A proposito di normativa e politica bibliotecaria Luca Bellingeri ripercorre i principali atti normativi che nello scorso triennio hanno voluto regolamentare le biblioteche statali rilevando che, a fronte degli investimenti economici, è mancato per questi istituti un quadro organico di riferimento e una progettualità cultuale. L’autore segnala inoltre che elargire fondi economici senza un adeguato piano di riorganizzazione e sufficienti risorse umane rischia di risultare vano, se non addirittura peggiorativo di alcune realtà già in affanno gestionale; auspica dunque una seria e puntuale ridefinizione dei compiti delle biblioteche statali in un’ottica di sistema individuando obiettivi di servizio e investendo su progetti a vantaggio dell’intera comunità bibliotecaria e del Paese. Bellingeri sottolinea gli effetti negativi prodotti dalla riforma del 2014, tra cui la musealizzazione, a seguito degli accorpamenti di istituti e luoghi di cultura, di alcune biblioteche statali (si pensi alla Palatina di Parma, la Reale di Torino, la Braidense di Milano, l’Estense di Modena) private della loro componente più viva di strumento di informazione per la collettività (p. 53).
Claudio Leombroni ripercorre regione per regione le travagliate fasi dell’attuazione della legge Delrio e la conseguente trasformazione delle Province, con la ridefinizione di ruoli e compiti, la riallocazione del personale, la mancanza o l’insufficienza di risorse compensative da parte delle Regioni per l’esercizio di funzioni ritenute non fondamentali come la cultura e le biblioteche, che prima di questa riforma erano distribuite in 55 reti bibliotecarie, partecipate da circa 3.800 biblioteche e da oltre 2.600 comuni. Leombroni mette in guardia sul rischio che le modifiche introdotte all’ente Provincia cancellino un ruolo territoriale che negli anni si è dimostrato forte e capace di compensare di fatto in molte realtà la mancanza o la debolezza della biblioteca del Comune capoluogo.
Rosa Maiello riferisce sul dibattito generato dalla Direttiva europea UE 2017/1564 e dal Regolamento UE 2017/1563 in tema di copyright e sui molti e puntuali interventi dell’AIB volti a chiarire e migliorare gli ambiti di applicazione della normativa.
A Gianni Stefanini spetta il compito di illustrare il contesto delle biblioteche pubbliche di ente locale. La spesa per questa tipologia di biblioteche è ancora in contrazione nonostante una lieve diminuzione dell’astensione culturale e un benaugurante aumento dell’incidenza dei consumi culturali sulla spesa delle famiglie. Segnali di cauto ottimismo si possono leggere nella disponibilità di un’analisi puntuale, continua e sempre più precisa dei dati rilevati sulle biblioteche di pubblica lettura a cura di Cepell e AIB, la cui indagine sistematica si pone come strumento fondamentale per realizzare politiche e strategie di intervento in grado di fare crescere il settore. Gli ultimi dati disponibili restituiscono l’immagine “di un Paese molto frazionato che investe poco nella cultura e nelle sue biblioteche” (p. 109), in cui le risorse per gli acquisti si sono ridotte quasi della metà rispetto a tre anni prima, l’indice di impatto è in calo, l’indice di circolazione si attesta su meno di un libro in prestito per abitante. I servizi digitali si confermano una realtà ormai sempre più affermata attraverso le due piattaforme MLOL e ReteINDACO e sono resi possibili grazie soprattutto alla cooperazione sistemica e sovra-sistemica che, tra le altre cose, ha permesso l’avvio del PID e l’ottimizzazione delle risorse; ricca è la varietà di attività rivolte a bambini e ragazzi che contribuisce a evidenziare la progressiva trasformazione delle biblioteche di ente locale in “hub di comunità, l’unico centro in molti territori in grado di animare la vita delle comunità” (p. 114). Una menzione speciale viene fatta alla Biblioteca San Giorgio, che ha avuto un ruolo importante per decretare Pistoia Capitale italiana della cultura 2017, e alle reti bibliotecarie della Città metropolitana di Milano che hanno organizzato, ospitato e promosso gli eventi culturali durante l’Expo.
L’aggiornamento sul mondo delle biblioteche universitarie è affidato a Gabriele Mazzitelli e Serafina Spinelli, che segnalano il rischio che queste si riducano a sale di lettura in cui l’organizzazione del sapere lascia sempre più il posto alla sola gestione dello spazio (p. 126). Certamente l’invecchiamento del personale bibliotecario, la mancanza di un adeguato turnover con la conseguente difficoltà di trasmettere le conoscenze acquisite alle nuove leve rendono problematica la progettazione e lo sviluppo di servizi avanzati e di attività innovative adeguati alle esigenze informative degli utenti per lo studio, la ricerca e l’insegnamento. Un altro rischio evidenziato è la perdita di controllo, da parte dei bibliotecari, sia sulle caratteristiche dei servizi sia sui loro costi, affidando completamente alle aziende la gestione degli applicativi e dei dati. Significativa è la riflessione da parte degli autori sui discovery tools, le cui interfacce di ricerca google like rendono solo apparente la semplificazione della ricerca informativa e docu-mentaria, mentre nei fatti spostano la complessità della dimensione bibliografica e documentale alle funzioni di ricerca avanzata (filtri, faccette), alla valutazione dei risultati ottenuti, alla loro integrazione con fonti esterne, alla capacità di ottenere l’accesso o la fornitura dei documenti non direttamente accessibili a testo pieno (tutti aspetti che rendono quanto mai necessario predisporre adeguati strumenti di IL). La mancanza di GIM, che non è stata certo colmata da Good Practice, è un segnale di un appiattimento della cooperazione di respiro nazionale tra i vari sistemi bibliotecari solo su servizi quali NILDE e ACNP e sull’acquisizione delle risorse elettroniche tramite CARE. Una delle novità maggiori che hanno interessato in questi anni le biblioteche delle università sono le anagrafi della ricerca, finalizzate alle valutazioni interne ed esterne, a cui sono correlate una serie di tematiche sul processo della comunicazione scientifica, l’imperativo publish or perish, gli indicatori bibliometrici e le metriche alternative, gli aspetti legati all’open access. In una fase in cui le università sono chiamate a investire nel rapporto con il territorio pochi sembrano comprendere che proprio le biblioteche potrebbero essere fra gli strumenti più potenti ed efficaci per svolgere questa missione (p. 130).
La disamina puntuale che Fabio Venuda fa insieme a Gino Roncaglia, Luisa Marquardt ed Elisabetta Laino sulle biblioteche scolastiche arriva a individuare la causa principale del loro mancato sviluppo nell’assenza di istituzionalizzazione e di un canale di finanziamento costante nel tempo. Le biblioteche scolastiche del nostro Paese si presentano in media con spazi molto limitati, spesso prive di posti a sedere, con una dotazione documentaria insufficiente sia nel numero che nella qualità (testi obsoleti, provenienti più da donazioni non sempre appropriate che da una consapevole politica delle acquisizioni), con aperture giornaliere risicate, affidate per lo più a volontari privi di specifiche competenze biblioteconomiche, spesso prive di strumenti di ricerca bibliografica, con un limitato uso della tecnologia anche solo per l’informatizzazione del catalogo. Da segnalare due eccezioni significative nel panorama scolastico: TorinoReteLibri e la Rete bibliotecaria scuole veronesi.
Waldemaro Morgese e Vittorio Ponzani indicano nelle “ecobiblioteche” un esempio di sinergia tra biblioteca e ambiente nell’ottica della sostenibilità e richiamano quel concetto di comunitarismo che le biblioteche da sempre rappresentano nella loro “capacità di trovare equilibrio tra diritti individuali universali e il bene comune, fra l’individuo e la comunità” (p. 150). Le esemplificazioni di ecobiblioteche presentate sono individuate sulla base della rispondenza ad uno dei seguenti parametri: soluzioni architettoniche, tecnologiche e infrastrutturali adottate (Comano Terme, TN; Melzo, MI; Meda, MB); specializzazione tematica delle collezioni e dei fondi bibliodocumentali posseduti (CNR; ENEA; ISSN; Ispra-ARPA-APPA; Ufficio Biblioscienze dell’Istituzione biblioteche di Roma); promozione sistematica o ricorrente di iniziative e servizi che coinvolgono il territorio sulle questioni ambientali e i valori ecologici (Perugia, Taranto, Centro ‘Labter-Green Point’ di Genova).
Trent’anni di biblioteche in rete è il titolo del contributo di Simonetta Buttò in cui si ripercorrono i progetti finalizzati a rendere il servizio bibliotecario nazionale sempre più aperto, interoperabile, capace di valorizzare il patrimonio culturale e di migliorare la comunicazione con un pubblico vasto.
Il triangolo formazione-occupazione-professione è analizzato con dati statistici alla mano da Alberto Petrucciani e Vittorio Ponzani. Gli autori segnalano la limitata presenza di corsi specifici, a dimostrazione dello scarso riconoscimento politico del bibliotecario come professione intellettuale che richiede una preparazione universitaria dedicata; difatti i dati occupazionali non sono particolarmente incoraggianti, nonostante il recente concorso del MiBACT tramite il quale sono state assunte 54 unità di personale a tempo indeterminato, permane la gravissima contrazione dell’occupazione legata ai pensionamenti e alla mancanza di adeguato ricambio generazionale (i dati sono nettamente peggiori per le biblioteche pubbliche e statali rispetto a quelle universitarie), aumentando così “il rischio che giovani bibliotecari adeguatamente formati e specializzati siano costretti a cercare lavoro fuori dalle biblioteche” (p. 189).
A conclusione di questo ultimo Rapporto AIB, prendendo a prestito le parole di Gianni Stefanini, si può affermare che “pur permanendo lo stato generale di crisi del sistema biblioteca, il Paese (o forse la necessità storica) sta lanciando segnali di ripresa che ribadiscono che la biblioteca può porsi al centro di un processo di rivitalizzazione e di sviluppo della propria comunità. Si tratta di germogli non ancora del tutto radicati nel tessuto sociale ed economico: alla comunità dei bibliotecari il compito, da buoni giardinieri, di proteggere, coltivare e far crescere questi germogli piantandone ancora molti altri finché le biblioteche diventino il giardino fiorito del nostro Paese” (p. 123).