N.3 2021 - Biblioteche oggi | Aprile 2021

Navigazione dei contenuti del fascicolo

Sapere e sentire digitale

Maddalena Battaggia

Dottoranda in Scienze documentarie, Sapienza Università di Roma, maddalena.battaggia@uniroma1.it

Augusta Giovannoli

Responsabile ricerca e sviluppo dell’area multimedia, Biblioteca civica multimediale Archimede di Settimo Torinese, augusta.giovannoli@gmail.com

Abstract

Il contributo si propone di presentare le peculiarità, gli obiettivi e il carattere innovativo dell'attività piemontese “Sapere digitale. Educazione civica digitale in biblioteca” con particolare attenzione alla progettazione e ai risultati della fase di ricerca sul campo. Per ottenere il risultato della ricerca è stato utilizzato l'approccio multi-metodo: indagare il contesto territoriale piemontese in termini di competenze e strumenti digitali e comprendere i sentimenti dei bibliotecari nei confronti dell'ambiente digitale. La ricerca ha reso possibile individuare una serie di gap infrastrutturali e formativi nel campo digitale delle biblioteche piemontesi, ma ha anche dimostrato la rilevanza e il ruolo che progetti come Sapere Digitale potrebbero svolgere per le nostre biblioteche e la società.

English abstract

The paper aims to present the peculiarities, objectives, and innovative character of the Piedmontese project “Sapere digitale. Educazione civica digitale in biblioteca” with particular attention to the design and results of the field research phase. The mixed-methods approach was used to achieve the research objectives: inquiring about Piedmont’s territorial context in terms of digital skills and tools and understanding the librarians feeling towards the digital environment. The research has made it possible to identify a series of infrastructural and training gaps in Piedmont libraries’ digital field, but it has also demonstrated the relevance and role that projects such as Sapere Digitale could play for our libraries and society.

Per consultare l'articolo completo in formato pdf visita la sezione "Risorse" oppure clicca qui.

Un progetto sull'educazione civica digitale nelle biblioteche pubbliche piemontesi offre il campo per un'innovativa indagine conoscitiva

Il presente contributo si propone di illustrare le peculiarità, le finalità e il carattere innovativo del progetto piemontese Sapere Digitale. Educazione civica digitale in biblioteca soffermandosi sulla metodologia e sui risultati della fase di ricerca sul campo presentati in occasione della X Giornata delle biblioteche piemontesi organizzata dalla sezione regionale dell’AIB.

Il progetto Sapere Digitale

Immaginare i bibliotecari e le bibliotecarie del Piemonte sempre più come degli art director della conoscenza in grado di muoversi con disinvoltura tra le diverse opportunità che il digitale offre; vedere le biblioteche sempre più come luoghi di riferimento non solo per l’information literacy ma anche per la media e la data literacy: questi alcuni degli ambiziosi obiettivi del progetto Sapere digitale. Educazione civica digitale in biblioteca.
Sapere Digitale nasce nella primavera del 2018 dall’esigenza di promuovere e introdurre servizi e competenze digitali nelle biblioteche, arricchendone l’immagine e la qualità a partire da una riflessione sulla persistenza della refrattarietà nei confronti del digitale, che non riguarda certo solo le biblioteche. L’idea si traduce subito in un gruppo di lavoro interbibliotecario che, nel giro di pochi mesi, dà vita a un progetto compiuto.
Oltre alla Biblioteca civica multimediale Archimede della Fondazione ECM in qualità di capofila, sono state coinvolte fin dall’inizio nel gruppo di lavoro, e sono ora partner di progetto, la sezione piemontese dell’Associazione italiana biblioteche, lo SBAM (Sistema bibliotecario area metropolitana torinese), le biblioteche civiche torinesi, la rete di biblioteche scolastiche torinesi Torino Rete Libri e altre ancora.
Il progetto, sostenuto dalla Regione Piemonte-Settore biblioteche e dalla Compagnia di San Paolo – bando I luoghi della Cultura 2019 – , ha come finalità principale quella di incentivare il ruolo cruciale che le biblioteche possono giocare a supporto dell’educazione civica digitale e della diffusione di una sempre maggiore consapevolezza nel corretto utilizzo delle tecnologie digitale da parte degli insegnanti e a ricaduta della cittadinanza intera. L’idea che sta alla base del progetto è quella di una biblioteca aumentata dove, accanto ai libri, svolgono un ruolo strategico – grazie al digitale – altre forme e modalità di lettura e di esplorazione della conoscenza, in grado di favorire a diversi livelli l’approfondimento e l’accesso all’informazione. Sapere Digitale non è dunque soltanto un’azione di formazione permanente per l’acquisizione di competenze digitali, ma è stato da subito concepito come un percorso in cui l’aggiornamento professionale si configurasse come uno stimolo per la motivazione e l’attivazione delle biblioteche sul versante della cultura digitale.
Inoltre, è stata l’occasione per mappare le dotazioni tecnologiche in possesso delle biblioteche e per delineare lo stato dell’arte della cultura e delle creatività digitale. La ricerca in questo senso contribuisce al progetto producendo dati che siano utili alla sua costante evoluzione e che permettano di andare sempre più incontro alle esigenze che emergono da una trasformazione digitale, per sua natura rapida.
Le biblioteche del Piemonte hanno deciso di farsi coinvolgere, di sperimentare e di diventare parte attiva nella promozione dell’educazione civica digitale. I tre assi del progetto presentati in questa sede sono quindi la formazione, l’attivazione e la ricerca. Le modalità di adesione a Sapere Digitale sono volutamente state pensate come estremamente semplici e informali. Le biblioteche che ne fanno richiesta aderiscono a un patto formativo mediante una telefonata o una mail e possono partecipare in diversi modi: ospitare un corso, proporre un tema di approfondimento o un progetto, avviare delle iniziative di educazione civica digitale: il tutto sempre con il supporto di Sapere Digitale. Al termine di ogni corso formativo viene quindi proposto alle biblioteche partecipanti di presentare progetti inerenti ai temi trattati, per la realizzazione dei quali possono contare sulla consulenza di esperti e su un tutoraggio gratuito, come gratuita è la formazione per chi partecipa ai corsi. Una parte dei posti è a disposizione degli insegnanti delle scuole di diverso ordine e grado, che in questo modo si configurano come potenziali destinatari delle iniziative delle biblioteche e al tempo stesso diventano loro stessi partecipanti attivi.
Il progetto è aperto a tutte le biblioteche del Piemonte, che sono oltre 700, e si rivolge in particolare a quelle civiche, ma possono aderire – e hanno aderito finora – anche biblioteche universitarie e archivi.

Dalla formazione all'attivazione delle biblioteche

Ufficialmente il progetto ha preso il via nell’aprile 2019. Finora sono stati realizzati oltre 30 corsi di formazione, webinar di approfondimento e presentazioni di libri sui temi dell’educazione civica digitale che hanno coinvolto circa 1.000 persone tra bibliotecari e insegnanti del Piemonte.
Peculiarità del progetto è la tipologia della formazione intesa come modalità di attivazione: partecipando ai corsi gratuiti i bibliotecari e gli insegnanti sono chiamati a loro volta ad attivarsi e a replicare o a progettare iniziative simili nelle rispettive realtà, declinandole secondo i bisogni e le aspettative dei loro territori. In questo modo i corsisti sono coinvolti non solo nell’organizzazione della formazione, ma diventano anche co-progettisti delle attività, specializzandosi sulle tematiche affrontate durante il processo formativo.
Un altro tratto distintivo del progetto riguarda i contenuti della formazione, che non verte soltanto sull’information literacy, disciplina bibliotecaria per eccellenza, ma anche su media e data literacy, gaming, ideazione e progettazione di risorse digitali, social network e digital storytelling. La scelta che è stata fatta fin da subito, inoltre, è stata quella di privilegiare sempre gli aspetti positivi della cultura digitale, pur affrontando incidentalmente anche quelli negativi, sia per evitare di sovrapporsi ai numerosissimi progetti già esistenti sui problemi legati al cyberbullismo, sia per fare emergere altri temi, che soprattutto sui media vengono spesso trattati con superficialità, focalizzandosi sul digitale e la rete come fonti di ispirazione, di approfondimento e di scoperta. Proprio per questo i formatori coinvolti nel progetto, così come gli esperti chiamati a far parte del comitato scientifico, non sono, nella maggior parte dei casi, bibliotecari, ma personalità che appartengono ad altri domini o settori disciplinari: dalla linguistica alla psicologia, passando per il marketing, il giornalismo e la data science o professionisti di settore riconosciuti come i più autorevoli a livello nazionale. Questa scelta è servita a favorire ancora di più lo scambio di competenze, l’interdisciplinarietà e lo scambio di saperi tipici delle logiche della rete e del digitale, arrivando anche a sperimentare nuove metodologie e pratiche progettuali che derivano proprio dall’incontro con professionisti che lavorano in discipline diverse dalla biblioteconomia, come è avvenuto ad esempio nell’esperienza di lavoro comune tra bibliotecari e giornalisti. Anche la tipologia dei corsi proposti è molto variegata. Sono stati infatti strutturati prevedendo una parte teorica e una pratica, un livello base e uno avanzato, senza mai trascurare gli aspetti di approfondimento culturale. Tutto questo è stato pensato nell’ottica di poter uscire, anche se per poche ore, dalle nostre bolle, tema più che mai attuale e che naturalmente non riguarda solo i bibliotecari ma la vita di ognuno di noi.
Per supportare il progetto da subito è stato attivato un canale che non poteva essere che digitale. Sapere Digitale, infatti, è anche un blog, che, oltre a mettere a disposizione tutte le informazioni sul progetto, sulle modalità di partecipazione, sui risultati della ricerca, è anche una piattaforma di lavoro dove gli stessi protagonisti raccontano i progetti che stanno realizzando nelle rispettive biblioteche. Il blog rappresenta anche uno strumento di aggiornamento con consigli di lettura, segnalazioni, focus su progetti e buone pratiche di educazione civica digitale da cui trarre spunti di riflessione e di ispirazione per nuove iniziative, articoli e infine rubriche curate appositamente per il canale dal comitato scientifico, dai docenti e dagli esperti per approfondire i temi e farsi venire idee nuove.

L'avvento della pandemia e una nuova mentalità

Le biblioteche piemontesi si sono da subito dimostrate interessate al progetto aderendo fin dall’inizio ai corsi di formazione e dopo pochi mesi dall’avvio hanno cominciato a delineare anche le prime ipotesi progettuali concrete derivanti dall’azione combinata di formazione, tutoraggio e consulenze personalizzate. In fase pre-pandemica il progetto veniva recepito dai corsisti più come occasione di aggiornamento e consapevolezza, e la fase progettuale veniva in un certo senso rimandata: permanevano delle resistenze di tipo culturale, oltre alla difficoltà oggettiva, malgrado il sostegno del progetto, di applicare in concreto le nozioni apprese nei singoli contesti anche a causa della scarsità di risorse di personale e di tempo – aspetto quest’ultimo che caratterizza in particolare proprio quelle biblioteche più piccole che maggiormente avrebbero esigenza di innovarsi.
La pandemia, arrivata dopo meno di un anno dall’avvio, ha accelerato notevolmente sia il processo di formazione, sia la realizzazione concreta dei progetti, anche se molto piccoli e operativi, perché le biblioteche, chiuse in Italia per tre mesi consecutivi e ora non del tutto, e non tutte ancora, riaperte dopo un anno, hanno dovuto necessariamente convertirsi al digitale per continuare a comunicare con i loro pubblici e a erogare i loro servizi. In questo senso anche il progetto ha dovuto adattarsi velocemente e, oltre alle attività di formazione e di tutoraggio, ha attivato una sorta di sportello permanente per supportare le altre biblioteche nella fase dell’emergenza. Questo ha portato a risultati molto tangibili e rapidi, come l’apertura di nuovi canali digitali – da YouTube a Skype, da WhatsApp a tutti i canali social come Facebook, Instagram e Twitter –; l’uso e l’acquisto delle piattaforme per realizzare le dirette; l’utilizzo delle app di lettura per i laboratori didattici; la creazione e selezione di materiali digitali di qualità da proporre ai lettori; i podcast; la realizzazione di tutorial per agevolare l’utilizzo delle biblioteche digitali e delle piattaforme per la didattica e, infine, la creazione di mostre virtuali.
Sicuramente l’attività di sostegno emergenziale che Sapere Digitale si è impegnata a offrire al territorio è difficile da mappare in una fase così complicata, ma essa ha comportato senza dubbio una rivoluzione nel mondo delle biblioteche, un sempre maggior interesse per il progetto e, in generale, un aumento della fiducia nei confronti del digitale.

Progettualità e suggestioni

Ora che la pandemia sembra purtroppo essere diventata una costante del lavoro quotidiano, si registra all’interno del progetto e tra i corsisti il desiderio di una vera trasformazione digitale che renda permanente e metta a sistema anche quelle elaborazioni emerse durante l’emergenza rendendole più solide. Si intravedono anche quelli che sembrano essere i risultati più promettenti che, se al momento non sono ancora misurabili in termini numerici, sono sicuramente di ampio respiro e indicano un cambiamento culturale. In particolare, preme qui evidenziare una direttrice di marcia basata sulla creazione di laboratori formati da più biblioteche e scuole che lavorano su tematiche diverse, con il coordinamento della Biblioteca Archimede.
Il primo è un gruppo di lavoro sulle app digitali e educative per i più piccoli dove, sotto la guida dell’esperta di letteratura digitale Giulia Natale, le bibliotecarie e le insegnanti coinvolte stanno imparando a selezionare le app più adatte per ogni età e situazione, a costruire laboratori didattici –intesi come veri e propri percorsi di andata e ritorno tra albo, libro cartaceo e app digitale –, e infine a selezionare materiali digitali per sezioni specifiche da proporre all’utenza quando le biblioteche riapriranno completamente.
Il secondo gruppo di lavoro, che vede coinvolte una decina di bibliotecarie e bibliotecari, è invece realizzato con giornalisti esperti di fake news e di dati nell’ambito di una iniziativa che si allinea alla filosofia del percorso di media e data literacy per le scuole superiori Open the box. Sapere Digitale partecipa infatti alla sperimentazione promossa da Open the box: attraverso una serie di laboratori di co-desing verranno realizzati percorsi digitali e materiali didattici ad hoc per le biblioteche, da mettere in condivisione. 

Mappare il contesto, indagare il sentire: la fase di ricerca sul campo del progetto

A partire dalla primavera 2020 Sapere Digitale ha deciso di affiancare alla notevole offerta formativa e progettuale anche una fase di ricerca sul campo finalizzata a mappare le competenze e gli strumenti digitali presenti sul territorio piemontese, a raccogliere informazioni utili alla costruzione di percorsi formativi adeguati alle esigenze di coloro che operano nelle biblioteche, e ad attivare queste ultime nei confronti della promozione e del corretto uso del digitale nella società.
La ricerca, con la supervisione scientifica del Laboratorio di Biblioteconomia sociale e ricerca applicata alle biblioteche (BIBLAB) della Sapienza Università di Roma, si è posta come obiettivo principale quello di approfondire il contesto piemontese in termini di competenze e di strumenti digitali a disposizione. Per giungere a tale obiettivo è stato ritenuto necessario indagare anche il “sentire” dei bibliotecari nei confronti del concetto di cultura digitale. Si è convinti infatti che l’analisi del rapporto che in generale gli individui, e nel nostro caso i bibliotecari, intrattengono con il mondo digitale nella vita quotidiana e in quella professionale sia essenziale per comprendere le motivazioni profonde che sono alla base delle loro azioni e che questo possa avere una ricaduta sul ruolo delle biblioteche rispetto al tema complesso della alfabetizzazione digitale della nostra società. Con l’espressione “indagare il sentire” si intende dunque analizzare la relazione che gli individui intrattengono con l’ambiente digitale, relazione che può qualificarsi contemporaneamente, così come le relazioni umane, in modi differenti e alle volte contraddittori: relazione tormentata, serena, sana, insana, superficiale, profonda, carica di incomprensioni. L’evoluzione tecnologica chiede sempre più agli individui, e ai lavoratori, una capacità di adattamento a contesti in mutazione che inevitabilmente implicano il modificare le proprie abitudini lavorative e non solo. Tale capacità di adattamento varia da individuo a individuo, provocando stati d’animo che possono muoversi dall’acceso entusiasmo al forte disagio. Il possedere o meno competenze digitali “tende a contrapporre chi ha risorse, pre-competenze, motivazioni ad apprendere e, non ultimo, contesti di vita e di lavoro favorevoli per sfruttare le opportunità della digital economy e chi invece ne è escluso”. A fronte di tutto questo il bibliotecario deve configurarsi come il punto di riferimento anche per gli “esclusi” e non può permettersi di essere egli stesso escluso, o concepirsi come tale.
La questione dell’adeguamento ai cambiamenti tecnologici che la contemporaneità impone è senza dubbio complessa e non riguarda solo il contesto bibliotecario. Il documento prodotto dalla Commissione europea Indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI) 2020 ci dice che nel 2019 l’Italia si è collocata all’ultimo posto nella dimensione che indaga le competenze digitali dei cittadini europei (Capitale umano): solo il 42% degli italiani di età compresa tra i 16 e i 74 anni è risultato essere in possesso di competenze digitali di base e solo il 22% di competenze digitali superiori a quelle di base. Le percentuali riferite alla media europea erano, sempre in riferimento all’anno 2019, rispettivamente 58% e 33%. Questo ritardo del nostro Paese non può essere sottovalutato, in quanto esso va a incidere direttamente sul welfare della nostra società. L’epoca storica in cui stiamo vivendo ha infatti inevitabilmente messo gli individui di fronte alla necessità di acquisire competenze digitali per poter vivere attivamente nella sfera privata, in quella lavorativa e in quella legata alle relazioni sociali. L’emergenza pandemica da Covid-19, tuttora in corso, ha inesorabilmente reso ancora più urgente il tema del digital divide, oggi strettamente e inevitabilmente connesso a quello del social divide, e delle sue conseguenze:

(…) il digital divide è, in primo luogo, una metafora: coglie una linea di frattura tra chi sta dentro e chi sta fuori dalla società digitale, e quindi tra inclusione ed esclusione, tra uguaglianza e vari aspetti delle disuguaglianze e delle segregazioni.

Il convegno AIB “Biblioteche per il welfare digitale. Le proposte dell’AIB” che si è tenuto il 26 e 27 novembre 2020, ha avuto come oggetto proprio la riflessione intorno al ruolo determinante che le biblioteche e i bibliotecari devono ricoprire “nelle azioni educative per combattere divari digitali e informativi e creare percorsi di inclusione e sostegno all’apprendimento permanente”. AIB inoltre è stata tra i principali firmatari dell’appello Library Pledge for Digital inclusion, 10lanciato da IFLA il 16 ottobre 2020, che chiedeva alle biblioteche di tutto il mondo di impegnarsi al fine di promuovere l’inclusione digitale e l’accesso alle informazioni durante il periodo di emergenza pandemica da Covid-19 e oltre.
Ritornando al progetto di ricerca, e a fronte di quanto detto, si ritiene che analizzare l’utilizzo del digitale, il grado di competenza e il sentire – inteso quindi come relazione che l’individuo intrattiene con l’ambiente digitale – dei bibliotecari, si delinei come un’operazione estremamente rilevante sia per i lavoratori medesimi che per le biblioteche: si auspica infatti che i primi siano portati a ragionare sui propri compiti e sulla propria attività lavorativa e che le seconde siano portate a riflettere sul proprio ruolo nei confronti dell’alfabetizzazione digitale dei cittadini.
In quest’ottica la ricerca si è dunque impegnata per produrre dati che potessero aiutare il progetto Sapere Digitale a comprendere maggiormente il territorio piemontese nelle sue potenzialità e nelle sue carenze; ad attuare una progettualità formativa in grado di rispondere in maniera sempre più adeguata ai bisogni informativi di tutti coloro che operano nelle biblioteche piemontesi; a costruire percorsi atti a rafforzare competenze specialistiche e trasversali al fine di rendere i bibliotecari protagonisti attivi nella promozione, nella produzione e nella diffusione della cultura digitale.

Una metodologia "esplorativa"

La ricerca sul campo è stata strutturata secondo un disegno di ricerca misto di tipo sequenziale esplorativo. Tale disegno prevede due fasi di ricerca: una prima fase in cui l’utilizzo degli strumenti propri della ricerca qualitativa ha permesso di individuare una serie di tematiche significative, e una seconda fase in cui gli strumenti della ricerca quantitativa hanno consentito di indagare quelle medesime tematiche all’interno di un campione più ampio. La scelta è ricaduta su questa tipologia di modello poiché lo scopo principale che ci si è posti in fase di progettazione della ricerca è stato quello di individuare, tramite differenti punti di vista di testimoni privilegiati sul tema di cultura digitale e biblioteche, gli argomenti più rilevanti da sottoporre ai bibliotecari piemontesi.
La prima fase, “esplorativa”, ha previsto quindi nove interviste, di cui una doppia, effettuate tra aprile e luglio 2020, a dieci professionisti che a differente titolo si sono occupati e si occupano di biblioteche e cultura digitale.
La seconda fase ha contemplato invece la costruzione e la somministrazione di due questionari a bibliotecari e operatori culturali piemontesi tra il 15 dicembre 2020 e il 31 gennaio 2021:

  1. Sapere Digitale-Biblioteche: rivolto ai responsabili di biblioteca, di sistema di biblioteche e di rete di biblioteche; 
  2. Sapere Digitale-Bibliotecari: rivolto ai bibliotecari e agli operatori culturali.

Le interviste e la loro progettazione

La prima fase della ricerca ha utilizzato lo strumento dell’intervista in profondità secondo il metodo, ispirato al paradigma interpretativo, della grounded theory
La grounded theory, solitamente considerata come procedura di analisi dei dati, viene qui intesa come vera e propria

“strategia di ricerca”: un modo di concepire il processo della ricerca scientifica sin dalla fase di progettazione (disegno di ricerca), definito dal tipo d’informazioni ricercate e dall’uso di determinati strumenti per reperire tali informazioni. Si tratta, dunque, al contempo di un “metodo generale” che, in quanto tale, offre uno sguardo teorico sulle tecniche di raccolta e analisi dei dati, ma anche di un “insieme di procedure”, ovvero di strumenti concreti che ne consentono l’applicazione.

Le caratteristiche di specificità di una ricerca grounded sono il campionamento teorico; la comparazione costante e la ricorsività; la concettualizzazione e codifica e infine l’utilizzo di memo e diagrammi.
L’approccio narrativo, applicato mediante lo strumento dell’intervista, è stato scelto per giungere all’obiettivo della prima fase di ricerca: conoscere profondamente il punto di vista dei soggetti narranti cogliendo sia gli universi di significato che le molteplici sfumature concettuali.
I criteri di selezione del campionamento teorico dei dieci professionisti intervistati sono stati coerenti alle necessità conoscitive del ricercatore. I tre più significativi, a parere di chi scrive, sono stati la conoscenza del territorio piemontese, la familiarità con il progetto Sapere Digitale e infine la pluralità dei punti di vista.
Il primo criterio, la conoscenza del territorio piemontese, è stato considerato essenziale in quanto ogni territorio è portatore di una sua specifica storia, di una sua cultura, di una sua politica lavorativa e, per essere conosciuto, compreso e interpretato, è necessario guardarlo mediante lo sguardo di chi vi appartiene. La familiarità con il progetto Sapere Digitale è stata invece ritenuta fondamentale in quanto si voleva comprendere il “dietro le quinte” della progettualità, i fini e le motivazioni, le aspettative e gli auspici di coloro che avevano contribuito alla sua creazione. Infine, la pluralità dei punti di vista, ovvero le diverse prospettive derivanti dalle differenti provenienze professionali, ha permesso di comprendere il rapporto tra biblioteche e cultura digitale in maniera ricca, sfaccettata, articolata: proprio grazie a tutte queste prospettive in concerto è stato possibile comprendere quali fossero le tematiche maggiormente significative per indagare tale rapporto. Le interviste, effettuate tra aprile e luglio 2020, sono state registrate, trascritte e analizzate attraverso il software di analisi testuale Atlas.ti. Tale software permette di estrarre i brani testuali ritenuti significativi dalle singole interviste, di assegnargli dei codici e, quindi, di confrontare i brani cui è stato assegnato il medesimo codice. Il confronto dei dati testuali provenienti dalle narrazioni dei diversi soggetti narranti si profila come il momento chiave dell’analisi: esso ha infatti permesso di individuare quelle tematiche maggiormente significative – fase uno del disegno di ricerca esplorativo sequenziale – sulla base delle quali costruire le domande dei questionari oggetto della seconda fase del disegno di ricerca. La prima fase di ricerca, oltre a permettere di individuare le tematiche rilevanti da indagare mediante lo strumento del questionario, ha consentito anche di comprendere altri due aspetti fondamentali.
Il primo ha riguardato la necessità di circoscrivere l’oggetto conoscitivo: dopo l’analisi delle interviste si è arrivati alla conclusione che i quesiti dovessero essere indirizzati maggiormente a rilevare dati inerenti alle biblioteche di ente locale nella convinzione che l’analisi dei medesimi temi nel contesto delle biblioteche scolastiche meriti un’indagine a parte con domande specifiche e utili ad attuare una puntuale analisi della complessa realtà di questi istituti.
Il secondo aspetto ha riguardato invece l’esigenza di cogliere sfaccettature diverse differenziando i punti di vista. In altre parole, ci si è resi persuasi che fosse necessario diversificare le prospettive mediante la costruzione di due questionari: uno, Sapere Digitale-Biblioteche, rivolto ai responsabili di biblioteca, di sistema di biblioteche e di rete di biblioteche e finalizzato da una parte a comprendere la fisionomia delle biblioteche piemontesi in termini di personale, competenze e strumenti a disposizione delle stesse e dall’altra ad approfondire il sentire dei responsabili nei confronti dei temi legati alla cultura digitale. Si ritiene infatti che il punto di vista dei responsabili condizioni inevitabilmente le politiche di promozione del digitale e la realizzazione di attività formative a esso legate nelle biblioteche. L’altro, Sapere Digitale-Bibliotecari, rivolto ai bibliotecari e agli operatori culturali e finalizzato a indagare il ruolo del digitale nella loro vita personale e professionale, le loro competenze, il loro profondo sentire nei confronti dell’utilizzo degli strumenti digitali.

I questionari e la loro costruzione

I questionari sono stati strutturati in sezioni tematiche, che a loro volta contenevano uno o più quesiti. Si è scelto di proporre quesiti che prevedessero risposte aperte o chiuse in base all’oggetto indagato.
Le domande a risposta aperta lasciano a chi risponde uno spazio maggiore di espressione e fanno emergere, talvolta, dati che il ricercatore non si aspettava di raccogliere in fase di preparazione del questionario. La mancanza di standardizzazione si configura come la criticità metodologica maggiore in fase di analisi. Questa tipologia di quesiti con risposta aperta è stata utilizzata laddove lo scopo da raggiungere era quello di comprendere le motivazioni e i bisogni dei rispondenti. Le domande a risposta chiusa permettono invece al destinatario delle domande di avere un maggior grado di concentrazione sull’oggetto del quesito senza il rischio di incorrere in divagazioni.
Dal punto di vista del ricercatore il principale beneficio è quello dell’immediatezza della codifica. Le criticità dei quesiti a risposta chiusa consistono principalmente nel fatto che difficilmente emergono tematiche profonde e nella possibile incapacità dei rispondenti di riconoscersi nelle opzioni proposte. Questa tipologia di quesito è stata utilizzata prevalentemente quando l’obiettivo era quello di mappare con precisione la realtà indagata.
Tuttavia, al fine di non perdere informazioni potenzialmente importanti e di evitare a chi rispondeva la “frustrazione derivante dal fatto di non trovare, tra quelle prefissate, la risposta corrispondente alla propria condizione […] frustrazione che, se ripetuta più volte può spingere il rispondente a interrompere l’autosomministrazione del questionario”, in diversi quesiti a risposta chiusa si è scelto di dare l’opportunità di potersi esprimere al meglio inserendo tra le opzioni di risposta l’alternativa “Altro”. La criticità metodologica in fase di analisi dell’alternativa “Altro” è consistita nella necessità di suddividere in categorie concetti espressi dai bibliotecari con parole o locuzioni differenti. La lettura dei dati deve dunque necessariamente tenere conto di questo aspetto.
Il questionario Sapere Digitale-Biblioteche è stato strutturato in 8 sezioni per un totale di 32 domande. Le prime tre sezioni si sono concentrate sull’analisi del profilo dei rispondenti, delle biblioteche e dei contesti territoriali in cui queste erano site al fine di ottenere un quadro preciso della situazione piemontese. La terza e la quarta sezione sono state dedicate alla rilevazione di informazioni inerenti alla formazione e alle competenze digitali del personale delle biblioteche e ai percorsi formativi, sempre in ambito digitale, promossi dalle biblioteche e indirizzati sia al personale che agli utenti. La sesta e la settima sezione hanno invece indagato le dotazioni tecnologiche e i servizi digitali messi a disposizione delle biblioteche e la percezione del rispondente nei confronti dell’importanza dei canali di comunicazione digitali delle biblioteche. L’ultima sezione, infine, ha chiesto a chi rispondeva quale ruolo dovessero ricoprire, secondo la sua opinione, le biblioteche per l’educazione digitale della cittadinanza.
Il questionario Sapere Digitale-Bibliotecari è stato strutturato in 6 sezioni per un totale di 24 domande. La prima sezione si è concentrata sull’analisi del profilo del rispondente sia da un punto di vista personale che professionale. La seconda e la terza sezione hanno indagato il “sentire digitale” del rispondente sempre nella duplice dimensione privata-lavorativa: tali sezioni si sono poste come fine quello di comprendere le modalità e l’atteggiamento dei rispondenti nei confronti del mondo digitale. La quarta e la quinta sezione sono state dedicate all’analisi della percezione del grado di competenza e della formazione ricevuta in diversi ambiti digitali, andando inoltre a indagare se i rispondenti ritenessero utile ricevere formazione in tali ambiti. Infine, la sesta sezione ha voluto approfondire quali erano le condizioni ritenute significative dai rispondenti per decidere di frequentare o meno un corso formativo.
Entrambi i questionari proponevano una sezione conclusiva pensata per lasciare spazio ai rispondenti di approfondire liberamente questioni non affrontate all’interno del questionario.
I due questionari hanno richiesto mediamente ai rispondenti quindici-venti minuti di tempo per la compilazione.
L’invito alla compilazione dei questionari è avvenuto tramite invio mail a diverse mailing list delle biblioteche piemontesi e attraverso la promozione dell’iniziativa sulle pagine web e Facebook del progetto Sapere Digitale.
Sono stati effettuati diversi solleciti alla compilazione, sia via mail, sia via social network, che si sono rivelati fondamentali per il progressivo incremento del numero dei rispondenti ai questionari.
Le risposte al questionario Sapere Digitale-Biblioteche sono state 176, mentre a quello Sapere Digitale-Bibliotecari sono state 299.

Le interviste parlano, le interviste illuminano

Le tematiche emerse dalle interviste sono state suddivise in diverse macroaree. L’individuazione di tali macroaree non deriva da un’analisi quantitativa dei temi maggiormente affrontati dai professionisti: l’analisi effettuata è sempre di tipo qualitativo e l’identificazione di una macroarea può provenire dall’analisi della narrazione di un singolo professionista. Le macroaree principali individuate sono state: Destinatari del questionario; Mappatura del contesto e della comunità; Formazione; Competenze; Percezione; Consapevolezza; Bibliotecari e lockdown; Modalità di fruizione corso.
Per quanto riguarda i destinatari del questionario, come accennato precedentemente, l’analisi delle interviste ha permesso di comprendere l’importanza di costruire due differenti questionari, di cui uno rivolto ai responsabili di biblioteche/sistema bibliotecario e uno ai bibliotecari, al fine di poter sia attuare una mappatura del contesto, sia indagare il sentire profondo dei bibliotecari nei confronti del digitale. Tutte le altre macroaree hanno concorso principalmente verso due finalità: mappare il contesto e comprendere in profondità il rapporto tra bibliotecari e cultura digitale.
Con mappare il contesto si intende non solo comprendere quale sia la situazione di partenza delle biblioteche piemontesi – in termini di connettività, strumenti digitali a disposizione, finanziamenti ricevuti e servizi messi a disposizione –, ma anche capire maggiormente il profilo di coloro che dentro di esse operano relativamente ai livelli formativi e alle competenze digitali in loro possesso.
La comprensione invece del rapporto tra bibliotecari e cultura digitale si è rivelata utile per rilevare la percezione e il grado di consapevolezza sull’importanza non solo del ruolo del digitale nella realtà contemporanea, ma anche del ruolo che le biblioteche dovrebbero ricoprire all’interno dell’educazione digitale della propria comunità.
Si rimanda al documento Sapere Digitale. Educazione civica digitale in biblioteca: La Ricerca per consultare i brani testuali specifici riferiti a ogni macroarea.

I questionari riflettono, i questionari raccontano

Di seguito si riportano i dati maggiormente rilevanti raccolti mediante i due questionari. Laddove possibile è stata attuata un’analisi comparata dei due questionari.

Profilo dei rispondenti 

I rispondenti ad entrambi i questionari sono stati prevalentemente di sesso femminile, di età compresa tra i 41 e i 70 anni e operanti all’interno della provincia di Torino. In ambedue i questionari la maggior parte dei rispondenti si è qualificata come Bibliotecario/Funzionario di biblioteca (Q1: 35,8%; Q2: 38,5%). Una considerevole percentuale di rispondenti si è qualificata, in entrambi i questionari, come volontario (Q1: 17,6%; Q2: 16,7%). Tale dato potrebbe essere letto come l’attestazione di un numero considerevole di realtà bibliotecarie gestite esclusivamente, o quasi, da volontari, che solo grazie alla loro buona volontà forniscono il servizio bibliotecario a territori che altrimenti ne sarebbero sprovvisti. Per quanto riguarda i titoli di studio posseduti dai rispondenti, in ambedue i questionari la maggior parte ha sostenuto di essere in possesso, come titolo più alto, del Diploma superiore (Q1: 39,8%; Q2: 43,5%), seguito dalla Laurea vecchio ordinamento in altro indirizzo (Q1: 33%; Q2: 30,8%). Pochi sono risultati i rispondenti in possesso di titoli specifici in Biblioteconomia o in Beni Culturali (Q1: 7,4%; Q2: 6,4%). Per quanto riguarda la conoscenza della lingua inglese la maggior parte dei rispondenti ha dichiarato di avere una conoscenza discreta della lingua (Q1: 51%; Q2: 46,8%) o una conoscenza buona (Q1: 23,3%; Q2: 25,4%). Rimane comunque alta la percentuale di chi ha dichiarato di non aver alcuna conoscenza della lingua inglese (Q1: 15,3%; Q2: 14,7%). Nel solo questionario Sapere Digitale-Bibliotecari è stato chiesto ai rispondenti se fossero iscritti all’Elenco nazionale dei professionisti dei Beni culturali, profilo Bibliotecario, e solo l’11,7% ha risposto affermativamente. Questo dato, che in assoluto potrebbe sembrare basso, in realtà rimane in linea con l’esiguo numero di bibliotecari a livello nazionale iscritti all’Elenco ministeriale con profilo Bibliotecario.

Contesto territoriale, biblioteche e connettività

Quesiti relativi al contesto territoriale in cui sono site le biblioteche dove operano i rispondenti sono stati effettuati solo nel questionario Sapere Digitale-Biblioteche. Indagare queste tematiche è risultato particolarmente importante per comprendere i servizi offerti dai comuni, ma anche per capire quanto e come le biblioteche potrebbero sopperire a eventuali mancanze. Secondo il documento Le comunicazioni nel 2020 dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni:

(…) emerge in Italia una forte discrepanza tra copertura infrastrutturale del territorio e penetrazione dei servizi. Da una parte, senza l’adeguata infrastrutturazione gli operatori non potrebbero offrire servizi qualitativamente migliori. Dall’altra parte, sono gli individui/famiglie (e le imprese) che effettuano l’eventuale decisione di acquisto dei servizi di connessione; ciò sulla base di processi decisionali che, in alcuni casi, possono risultare anche di una certa complessità.

Sempre secondo tale documento, in Piemonte, a fronte di livelli di copertura territoriale che potenzialmente consentono al 79,9% delle famiglie piemontesi di accedere a servizi internet con velocità maggiori o uguali a 30 Mbps (media italiana: 88,9%), solo il 32,4% (media italiana: 37,2%) di esse possiede effettivamente una simile connessione. Il tema è complesso e meriterebbe ulteriori approfondimenti.
Ritornando ai dati del questionario, l’81,3% dei rispondenti ha dichiarato che nel paese/città in cui è sita la biblioteca è presente una buona copertura internet, contro il 9,1% che ha affermato che la connessione non è presente. Il restante 9,6% ha dichiarato la presenza della connessione qualificandola tuttavia come discreta, media, non stabile, non omogenea, mediocre, sufficiente. Dall’analisi dei dati è inoltre emerso che il 67,6% dei comuni dove sono site le biblioteche mette a disposizione dei cittadini il Wi-Fi gratuito; il 28,4% non lo mette a disposizione, mentre una piccola parte, il 2,8%, precisa che esso è a disposizione, ma solo in alcune zone. In questo contesto il 62,5% dei rispondenti ha affermato che la propria biblioteca offre il servizio di Wi-Fi gratuito agli utenti, mentre l’1,7% delle biblioteche offre il servizio Wi-Fi, ma a pagamento, e sempre l’1,7% non ha connessione a internet.

Biblioteche: finanziamenti e strumenti a disposizione 

Nel questionario Q1 un quesito era dedicato a comprendere se negli ultimi cinque anni fossero stati erogati finanziamenti specifici per implementare il digitale in biblioteca: il 67,7% ha dato risposta negativa. Il Comune risulta essere l’ente che ha erogato il maggior numero di finanziamenti seguìto dalla Regione, dallo Stato e da fondazioni bancarie. La maggior parte dei rispondenti ha dichiarato di non considerare adeguati i finanziamenti, soprattutto in termini di formazione del personale. Anche per quanto riguarda i numeri relativi alla presenza di dotazioni tecnologiche nelle biblioteche, argomento sempre indagato all’interno del questionario Q1, sono risultate evidenti importanti carenze: il 68,2% dei rispondenti sostiene che all’interno della biblioteca in cui opera non sono presenti tablet; il 65,3% e-reader; il 76,1% LIM; l’83% stampanti 3D, il 28,4% pc per consultazione OPAC e il 10,2% pc con connessione a internet. I rispondenti in un quesito successivo a risposta aperta hanno affermato che la prima cosa di cui avrebbero bisogno le biblioteche sono pc nuovi, aggiornati, moderni, veloci a disposizione dell’utenza, ma anche del personale.

Bibliotecari: formazioni e competenze 

Il 59,1% dei rispondenti del questionario Q1 hanno asserito che negli ultimi 5 anni non sono stati offerti corsi formativi o di aggiornamento in ambito digitale all’interno delle biblioteche principalmente per mancanza di fondi (44%) o perché si sono ritenute prioritarie altre tipologie di formazione (27,1%). Tali dati vengono confermati anche dal questionario Q2. Se infatti è vero che il 57,9% dei rispondenti ha affermato di aver seguito un corso sul servizio di prestito digitale, per quanto riguarda gli altri ambiti indicati la maggioranza dei rispondenti non ha frequentato alcun corso: il 90,6% non ha mai seguito corsi relativi alla creazione e allo sviluppo di blog; il 73,9% alla digitalizzazione del patrimonio; il 69,2% all’uso dei social media in biblioteca e il 65,6% al servizio di reference digitale.
L’assenza di formazione inevitabilmente condiziona le competenze dei bibliotecari: quando ai rispondenti del questionario Q2 è stato chiesto di valutare le proprie competenze coloro che hanno affermato di ritenersi per nulla o poco competenti nell’ambito della creazione e sviluppo di blog sono stati l’81,3%; il 38,1% nella digitalizzazione del patrimonio; il 33,1% nel reference digitale e infine il 18,4% nel prestito digitale.

Sentire digitale 

Per indagare il “sentire digitale” sono stati posti quesiti in entrambi i questionari. Ai rispondenti del questionario Q1 è stato chiesto se secondo la loro opinione supportare l’educazione civica digitale rientrasse tra i compiti dell’istituzione bibliotecaria, tra i compiti prioritari o non fosse tra i compiti dell’istituzione. Il 68% dei rispondenti ha dichiarato che l’educazione civica digitale è tra i compiti della biblioteca, il 28% che essa è tra i compiti prioritari, mentre solo il 3% dei rispondenti ha dichiarato che essa non rientra tra i suoi compiti: questi dati attestano che i rispondenti concordano nel vedere la biblioteca come il luogo dell’alfabetizzazione digitale della società. La sfida ora è quella di attuare una progettualità strategica affinché tutto questo diventi realtà. Per quanto riguarda invece il questionario Q2 è stato chiesto ai rispondenti di indicare le prime cinque parole che venissero loro in mente, sia legate al digitale in generale, sia legate al digitale in biblioteca. Si è scelto di indagare entrambe le dimensioni per comprendere le differenze e le analogie delle associazioni che avrebbero compiuto i bibliotecari, ma anche per portarli a riflettere sulle sfaccettature che non solo il concetto di digitale può assumere, ma che loro stessi gli attribuiscono.
Come si può evincere dalle nuvole di parole, i termini maggiormente associati al mondo del digitale in generale (Figura 1) sono legati alla sfera semantica riconducibile al mondo della tecnologia e dell’informatica – computer, internet, tecnologia, informatica, web –, ma anche a ciò che il digitale può portare nella vita dell’individuo: comunicazione; facile, semplificazione, freddo. Presente in ogni caso il termine “ebook”. Per quanto riguarda invece le parole maggiormente associate al rapporto tra mondo digitale e mondo bibliotecario (Figura 2), esse sono strettamente legate ai servizi bibliotecari e alle biblioteche: ebook, ricerca, prestito, catalogo, catalogazione, informazione. Interessante notare che i termini comuni ai due corpora testuali sono soprattutto legati al ruolo e agli effetti del digitale: futuro, veloce, condivisione, innovazione, comunicazione, informazione, aggiornamento, accessibile/accessibilità/accesso; comodità. Ai bibliotecari è stato inoltre chiesto di indicare quali stati d’animo, tra i sei proposti, rispecchiassero maggiormente il loro “sentire” nei confronti del digitale: 215 rispondenti hanno indicato solo stati d’animo positivi: “Mi affascina”, “Mi semplifica la vita”, “Mi permette di scoprire cose nuove”; 19 rispondenti esprimono solo stati d’animo negativi: “Mi fa paura”, “Mi mette in difficoltà”, “Mi crea uno stato d’ansia”; mentre 60 rispondenti hanno indicato sia stati d’animo positivi che stati d’animo negativi, a dimostrazione di un certo entusiasmo nei confronti delle potenzialità del digitale, ma anche di un latente, ma costantemente presente, timore derivante dalla poca dimestichezza e confidenza con gli strumenti digitali. Infine, è stato chiesto ai rispondenti di indicare con quali affermazioni, tra quelle proposte, sul tema del ruolo del digitale nell’attività lavorativa fossero maggiormente d’accordo. La maggioranza di essi ritiene che il digitale possa offrire all’utenza un numero maggiore di servizi (75,9%), possa essere uno strumento utile per coinvolgere l’utente (61,2%) e possa permettergli di scoprire cose nuove (58,2%). Risulta significativo segnalare che più della metà (55,9%) ritenga di aver bisogno di maggiori competenze in ambito digitale e che circa 1/5 dei rispondenti pensi che il digitale rischi di eliminare la relazione interpersonale tra bibliotecario e utente (21,4%).
Queste tipologie di analisi hanno permesso di individuare l’esistenza di dinamiche psicologiche legate al senso di inadeguatezza dei bibliotecari di fronte agli strumenti digitali che necessitano inevitabilmente di percorsi di avvicinamento specifici al mondo digitale.

Figura 1 - Q2: 5 parole associate al digitale
Figura 2 - Q2: 5 parole associate al digitale in biblioteca

Conclusioni

I dati emersi dalla ricerca sul campo evidenziano delle carenze infrastrutturali e formative, ma allo stesso tempo mettono in luce il fatto che i bibliotecari vedono nel digitale la possibilità di poter offrire agli utenti e alla cittadinanza un servizio sempre più incisivo e adeguato alle richieste che la contemporaneità impone. La lettura dei luoghi dove i bibliotecari hanno potuto esprimersi maggiormente e liberamente all’interno dei questionari – nelle domande a risposta aperta o grazie all’alternativa “Altro” – ha permesso di comprendere la volontà e il desiderio di essere, in questo momento di importanti e continue trasformazioni, un punto di riferimento fondamentale per le comunità entro cui operano. Bibliotecari, operatori culturali e insegnanti non hanno bisogno solo di formazione, ma anche di sinergia, collaborazione e progettualità condivisa. Per fare questo necessitano di quella guida e di quel supporto che Sapere Digitale ha cercato – e dimostrato – di essere prima e durante la pandemia che sta logorando e stravolgendo le nostre vite.
Anche se si tratta di un progetto regionale, Sapere Digitale ha attirato l’attenzione della comunità bibliotecaria a livello nazionale, con molte richieste di partecipazione ai webinar e alla formazione, ed è stato coinvolto in diverse situazioni che lavorano su temi analoghi, consentendo l’attivazione di nuove sinergie e nuove idee da rimettere in circolo e a disposizione della comunità bibliotecaria che sta diventando sempre più on life
L’auspicio che ci si augura è che iniziative con tali caratteristiche non solo diventino sempre più diffuse sul nostro territorio, ma creino una rete solida di competenze e iniziative a livello nazionale atte a incidere sulle nostre comunità contribuendo alla loro crescita culturale, sociale, digitale.