N.4 2022 - Biblioteche oggi | Maggio 2022

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Della brevità della vita in biblioteca

Claudia Bocciardi

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Vorrei invecchiare come Gianni Morandi.
Proprio così. Diventare una “creatura mitologica non databile”, un personaggio oltre il tempo. 

Questo vorrei augurarmi, per gli anni a venire che ancora dovrò trascorrere tra questi scaffali, in mezzo a questi dorsi e copertine, dietro questa scrivania sempre diversa, eppure sempre uguale a se stessa, se la sorte sarà benigna e mi concederà di arrivare al tempo del pensionamento. (E se continueremo di questo passo, con quali colleghi si terrà il rinfresco per festeggiare il collocamento a riposo? Mah! Un vero mistero). E se è vero che ormai ho raschiato il fondo del barile – lo so, voi che leggete, lo state pensando – pure qualche riflessione pseudo-filosofica che prende la mano e ci accompagna, in fondo, non è così peregrina. Se il destino vi consentirà di trascorrere il tempo lavorativo sempre nel medesimo luogo – nella fattispecie – la biblioteca di pubblica lettura, proprio come accade a me, è possibile incorrere nell’errore di considerare il medesimo luogo alla stregua di una seconda casa.
Parlo di errore poiché, nel mio caso, non è remota l’ipotesi che io debba, prima o poi, traslocare ai servizi anagrafici, armi e bagagli. E proprio come nelle seconde case, specialmente quelle di campagna, dove si portano mobili e suppellettili di seconda mano, complementi d’arredo vecchiotti e robe varie che avanzano, anche nelle biblioteche più moderne – sono pronta a scommetterci – troverete sempre un invitante sgabuzzino, un magazzino divenuto una succursale di dispensa casalinga, con frigorifero, fornetto a microonde e macchinetta del caffè a cialde posizionata su una vecchia scrivania riciclata. Potrete senza ombra di dubbio trovarci qualche pacco di biscotti che occhieggia tra le risme di carta A4; borracce e bottiglie colme d’acqua o beveroni strani (es. tisane di pilo- sella per le gambe stanche e la circolazione); crocchette e scatolette per il gatto che viene ogni mattina sotto il portico; stipetti arrugginiti, contrassegnati da buffi ritagli di giornale e stampe; barrette dietetiche e occasionali vassoi di focaccia cui attingere (da noi si mangia la focaccia, quella vera, eh?); bottiglie di spumante regalate occasionalmente dagli utenti, da aprire in occasioni speciali. E ancora: vecchi libri scolastici, rimasugli di donazioni che nessuno ha voglia di considerare, appoggiati sopra i pacchi di carta igienica e cartocci sempre pieni di fichi secchi con i quali fare le famose nozze. E, in mezzo a tutto ciò, talvolta, in qualche rara pausa – perché, checché se ne dica, le pause sono rare – state seduti voi. 

In questa specie di Wunderkammer, frutto del caso, vi rifugiate volentieri per spezzare il ritmo lavorativo, nevvero? Un angolo tranquillo dove scambiare due chiacchiere, accanto alla toilette riservata al personale, naturalmente pulitissima, proprio come il bagno di casa. E il tempo passa, gli anni filano via come un treno sulla linea ad alta velocità e voi entrate e uscite da quella porta, ogni volta un po’ diversi, un po’ più lenti. Uno spazio segreto dal quale sono banditi i cittadini che sciamano nell’open space delle vostre sale (faccio l’ipotesi migliore, ovviamente). 

Lì dentro anche il tempo pare fermarsi e rimanere sulla soglia. Ma attenti: è soltanto un’illusione. Prima o poi verrà quel giorno nel quale vi chiuderete definitivamente alle spalle quella porta, anziani, tra le vite infinite dei libri, ma, al fondo, eterni ragazzi proprio come Gianni Morandi.