Una biblioteca a misura di ciascuno
Dottoressa in Scienze del libro e del documento rosaliaraineri@live.com
Abstract
L'accessibilità al web è spesso un diritto negato alle persone con disabilità, nonostante la Legge 04/2004 che si occupa della materia in Italia. Anche le biblioteche sono tra i soggetti vincolati dalla normativa vigente, tuttavia la maggior parte delle biblioteche italiane non è ancora in regola con le disposizioni di legge. Il documento analizza un'indagine sull'inclusione digitale e sui siti web delle biblioteche dell'Emilia-Romagna, nonché sui cambiamenti derivanti dall'emergenza epidemiologica della Covid-19 per quanto riguarda l'approccio delle biblioteche alle questioni digitali.
English abstract
Web Accessibility is often a right denied to people with disabilities, despite the Law 04/2004 which deals with the matter in Italy. Libraries are also among the subjects bound by current legislation, however the majority of Italian libraries are not yet in compliance with the provisions of the law. The paper analyzes a survey on digital inclusion and on the websites of libraries in Emilia-Romagna, as well as on the changes resulting from the epidemiological emergency from Covid-19 regarding the approach of libraries to digital issues.
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Un’indagine sull’accessibilità al web delle biblioteche dell’Emilia-Romagna
Nel mondo delle persone con disabilità i diritti non riconosciuti sono spesso tanto invalidanti quanto la stessa disabilità. Viviamo molte volte nella convinzione che siano loro a doversi adattare al nostro ambiente fatto su nostra misura e non viceversa. Trascuriamo la semplice constatazione che la leggibilità e l’interpretazione della nostra società è dipesa da come noi decidiamo di presentarne la struttura e l’informazione. Così accade nel mondo fisico e così anche in quello virtuale. Le barriere digitali che vengono a innalzarsi in rete hanno il nome di inaccessibilità al web.
L’accessibilità al web è uno di quei diritti spesso negati e da tempo tema dibattuto. In Italia esiste in materia la Legge 04/2004, aggiornata nel 2018 con il Decreto legislativo n. 106 e ampliata più recentemente con il Decreto legge 77/2021. I soggetti erogatori coinvolti dagli obblighi previsti per legge devono presentare la propria Dichiarazione di accessibilità all’AgiD il 23 settembre di ogni anno a partire dal 2020, sia per i propri siti web sia per le app mobili, in base ai requisiti richiesti dalle Linee guida AgiD 2019. Tra i soggetti vincolati alla normativa vigente vi sono anche le biblioteche.
Le biblioteche, soprattutto quelle che offrono servizio pubblico, dovrebbero porsi come pionieri di un cambio di mentalità che l’accessibilità al web impone, resa evidente dalla recente emergenza epidemiologica da Covid-19 che ha messo in luce tutte le lacune e le assenze nel campo del digitale, non solo in biblioteca, provocando di fatto una vera e propria emergenza tecnologica nel nostro Paese. Sarebbe, difatti, un errore se circoscrivessimo il problema dell’accessibilità al web alla sola sfera della disabilità. Le barriere digitali esistono anche per persone con disturbi del linguaggio, disturbi specifici dell’apprendimento, disturbi dello spettro dell’autismo e ogni altra categoria di utenza debole come anziani, stranieri e soggetti socio-economicamente svantaggiati.
La domanda sorge allora spontanea: il mondo delle biblioteche è in regola con quanto previsto per legge? Purtroppo, la maggioranza delle realtà bibliotecarie italiane non lo è. Per analizzare più nel dettaglio la situazione attuale, si osserva di seguito un’indagine effettuata su un campione rappresentativo di ottantacinque biblioteche appartenenti alle diverse nove province della regione Emilia-Romagna.
L’indagine si è svolta nel febbraio 2022 tramite scambio di email informative e la compilazione di un questionario anonimo, con risposte multiple e aperte, sull’accessibilità dei siti web delle biblioteche e il tema dell’inclusione digitale in biblioteca.
Il 61,2% dei partecipanti all’indagine ha dichiarato di conoscere il tema dell’accessibilità dei siti web e di esserne interessati. Il 25,9 % ha convenuto di non conoscere l’argomento ma ha espresso il desiderio di volerne sapere di più. L’8,2% ha sostenuto di conoscere l’argomento ma di non esserne interessato, mentre il 4,7% ha asserito di non conoscere il tema proposto e di non volerne sapere niente nemmeno in futuro.
Delle ottantacinque biblioteche oggetto di indagine soltanto in trenta hanno risposto di disporre di un proprio sito web. Ventotto biblioteche hanno dichiarato di essere presenti in rete come siti vetrina all’interno del sito web del proprio ente o istituto di appartenenza. Sedici biblioteche hanno affermato di non essere presenti in rete tramite sito web, mentre sette di far parte di siti web realizzati tramite reti di biblioteche comunali, provinciali o di ateneo e, infine, quattro hanno garantito di avere in costruzione o in previsione la realizzazione di un personale e autonomo sito web. Da questi primi dati emerge che più della metà delle biblioteche prese in esame non è autonoma in rete.
Fra le trenta biblioteche che dispongono di un sito web autonomo, ventuno hanno rivelato di non aver inviato la Dichiarazione di accessibilità all’AgiD, a fronte di nove che al contrario lo hanno fatto. Ciò significa che il 70% delle biblioteche presenti in rete con un sito web non è in regola con la legge attualmente in vigore e circa il 77% delle stesse ha dichiarato di non aver mai effettuato un test di usabilità al proprio sito web.
Il principale deterrente per le biblioteche per non avere un sito web personale risulta essere il poco credito dato alle stesse: ancora oggi, troppo spesso, la biblioteca viene considerata come una semplice stanza piena di libri all’interno dei locali comunali e allo stesso modo viene trattata su internet, come una pagina tra le altre pagine del sito web dell’ente di appartenenza.
Altra difficoltà non infrequente si allaccia alla mancanza di personale bibliotecario, non solo competente in materia, ma proprio carente, e in certi casi anche assente, spesso soppiantato da organizzazioni di volontariato che si prendono carico dei servizi bibliotecari. Un bibliotecario solo o non istruito sul da farsi, o un volontario, o ancora un bibliotecario che ha arrangiato da sé un sito web, è chiaro che non dispone dei mezzi idonei alla gestione di un sito né tantomeno per assicurarsi che rispetti tutti i requisiti previsti per legge in fatto di accessibilità.
L’indagine evidenzia una generale scarsa conoscenza o confusione riguardo agli effettivi requisiti di accessibilità. Nei casi in cui l’argomento è conosciuto, i bibliotecari possono essere vincolati alle decisioni del proprio ente di appartenenza e quasi obbligati a rivolgere la propria attenzione al solo utilizzo dei social network, come Facebook, Instagram, WhatsApp o Telegram, in quanto unici mezzi online direttamente gestibili dal bibliotecario.
Una buona parte delle biblioteche in esame si è resa conto, proprio nel corso dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, dei cambiamenti nelle richieste della comunità e di come l’offerta bibliotecaria non possa più non passare anche per il web.
L’89,4% delle biblioteche partecipanti ha, difatti, dichiarato come l’emergenza epidemiologica abbia cambiato l’approccio della propria biblioteca ai temi del digitale. In particolare, si è assistito a un maggiore e migliore incontro tra domanda e offerta su piattaforme online. Le esigenze degli utenti sono state maggiormente ascoltate e per quanto possibile si è cercato di fornire servizi personalizzati per ciascuno di essi.
Il maggior cambiamento ha riguardato il servizio di reference da canali internet. Le biblioteche che disponevano già di un sito web ne hanno aumentato l’utilizzo, aggiungendo sezioni consultabili come pagine informative e descrittive sui propri servizi offerti, aggiornandolo con più frequenza, migliorando o attivando le newsletter, pubblicando dei video informativi. C’è chi ha sfruttato il momento negativo dell’emergenza sanitaria per trasformarlo in un punto di svolta che aspettava da tempo, trovando finalmente il sostegno da parte dell’amministrazione di riferimento per progettare e realizzare un sito web per la propria biblioteca, anche nel rispetto delle normative vigenti in materia di accessibilità.
Le biblioteche che non disponevano di un sito o non potevano aggiornare i propri siti vetrina, si sono viste costrette a ricorrere a canali alternativi per poter incontrare le esigenze della propria comunità. Questo ha comportato un incremento nell’utilizzo di telefono, posta elettronica e social network. Per questi ultimi si è trattato di una riattivazione per precedente scarso utilizzo per chi li aveva abbandonati, di una creazione per chi non li aveva ancora, o di un co-utilizzo con i social posseduti dal proprio ente di appartenenza. Altri canali utilizzati sono stati Teams, Telegram e WhatsApp, spesso con l’attivazione di una linea WhatsApp business. La creazione di contenuti social è aumentata anche nel proporre nuovi servizi, come tutorial per la consultazione del catalogo online. Si constata, tuttavia, che per qualcuno la pagina web nei siti vetrina è stata a lungo l’unico strumento attivo per comunicare con gli utenti. Il servizio di reference online ha visto, in molti casi, una specifica attivazione di uffici virtuali o sportelli digitali per gli utenti, utilizzati specialmente per richieste di prenotazione, prestiti e proroghe. Si è, inoltre, assistito a un maggior afflusso di richieste di servizi negli Opac con un incremento di nuove iscrizioni. Diverse biblioteche hanno promosso e incoraggiato la possibilità di prenotare e scaricare ebook tramite ReteINDACO e Mlol. Si sono rafforzati e consolidati servizi digitali e interbibliotecari già in precedenza offerti, come il prestito digitale e il document delivery, fortemente promossi come alternativa alla consultazione in sede. C’è anche chi ha attivato un servizio di consegna libri a domicilio. In concomitanza si è ampliata l’offerta del materiale digitalizzato e sono aumentate le scansioni dei documenti da poter spedire per email o scaricare sul web.
In generale si è effettuato quanto più possibile uno spostamento delle attività in presenza in modalità online, specialmente nei mesi del lockdown, come gruppi di lettura per adulti e ragazzi, incontri di letture animante per bambini, laboratori di vario tipo come laboratori di scratch o laboratori creativi dedicati all’infanzia, corsi di formazione per insegnanti o per bibliotecari, presentazione di libri con autori, eventi promozionali alla lettura, corsi online del progetto “Pane&Internet”, conferenze, incontri con classi di studenti, anche incontri online con i bibliotecari per consulti e consigli di lettura. Alcune biblioteche hanno investito i propri fondi per l’acquisto di strumenti idonei come l’acquisto di pacchetti digitali o di supporti come tablet e smartphone.
Per quanto riguarda la mancata inclusione digitale da parte di determinate categorie di utenti, in particolare disabili, anziani, stranieri e/o persone con svantaggi socioeconomici, l’89,4 % delle biblioteche in esame è d’accordo nel ritenere che essa incida molto sulla partecipazione attiva negli aspetti del sociale e al loro diritto all’informazione. Tuttavia, il 41,2% delle stesse ritiene che la propria biblioteca possa incidere poco nel promuovere e favorire una maggiore e migliore inclusione sociale ai soggetti sopramenzionati, ad aggiungersi il 4,7% che pensa di non poter incidere affatto. Relativamente alle barriere d’inclusione digitale in biblioteca, quarantotto delle ottantacinque biblioteche partecipanti hanno dichiarato di averne abbattuto alcune o diverse, il restante di non aver fatto nulla in proposito. Tra gli strumenti assistivi più presenti in trentadue biblioteche ci sono gli ausili di lettura (come libri par- lati DAISY, libri in scrittura Easy to read, e-book, e-rea-der, audiolibri, video con sottotitoli, penne scanner). A seguire, in ordine decrescente: realizzazione di applicazioni e di servizi web accessibili in base alle norme vigenti (in sedici biblioteche); servizi di assistenza adeguati al tipo di utenza con personale formato sui temi di accoglienza e accessibilità al disabile o altre categorie di utenza debole (in quindici biblioteche) e postazioni pc idonee e attrezzate all’utilizzo di un disabile motorio (in quindici biblioteche); altra tecnologia assistiva, come stampanti braille, scanner braille, large print, sistemi OCR, video-ingranditori o CCT (in quattro biblioteche); tecnologie assistive nelle postazioni di lavoro in biblioteca, come software a riconoscimento vocale, tastiere alternative alle standard come tastiere ridotte e altro (in due biblioteche).
La ricerca è proseguita indagando sul tipo di utenza debole solitamente presente in biblioteca e nello specifico a quale categoria sono rivolti i servizi speciali offerti dalle singole biblioteche in esame. Tra queste due domande l’indagine ha rivelato una contraddizione, o quantomeno una incomprensione, in merito alla differenza tra la semplice frequentazione in biblioteca di un certo tipo di utenza e la capacità effettiva della biblioteca di offrire a essa servizi inclusivi.
Molte realtà bibliotecarie, difatti, ritengono di offrire servizi inclusivi, per esempio, a disabili intellettivi, disabili motori, persone con DSA o con disturbo dello spettro dell’autismo, semplicemente permettendo loro di entrare e sostare in biblioteca grazie alle iniziative di volontari, educatori e insegnanti che coinvolgono gli utenti menzionati portandoli fisicamente nei locali bibliotecari. Altro esempio riguarda quelle biblioteche che hanno risposto di offrire servizi inclusivi a soggetti ipovedenti avendo precedentemente indicato di non possedere alcun tipo di strumento assistivo nei loro riguardi né di altri. Chiaramente non tutte le biblioteche in esame hanno manifestato tali incoerenze, ma occorre tenere presente che un numero significativo di esse lo ha fatto.
È inoltre doveroso aprire una parentesi per le biblioteche universitarie e le biblioteche specializzate, delle quali un buon numero ha ritenuto di non avere la necessità di dedicare servizi specifici per l’utenza debole soprammenzionata a eccezione degli stranieri, in quanto si considera che i frequentatori delle suddette biblioteche siano “solamente” studenti, docenti, specializzandi e specialisti nel settore. Ciò presuppone il ritenere impossibile, o quantomeno improbabile, che queste categorie possano anche essere dislessici, discalculici, disgrafici, con disturbo dell’autismo, sordi, ipovedenti, con disabilità motoria permanente o temporanea ecc.
Molte disabilità o deficit non sono visibili a occhio nudo e chi ne è affetto potrebbe non essere incline a gridarlo ai quattro venti. Una persona dislessica, disgrafica, autistica o sorda, ad esempio, non ha una menomazione fisica che possa identificarne la condizione a prima vista né un ausilio assistivo ben visibile come può esserlo il bastone per i non vedenti. Non è un caso che la comunità dei sordi è spesso associata alla definizione di disabilità invisibile. Queste persone non sono tenute a informare il bibliotecario sulla propria diagnosi, ma il bibliotecario ha il dovere di offrire servizi idonei a tutta la propria utenza a prescindere dalla sua specifica situazione. Già le Linee guida per le biblioteche pubbliche del XXI secolo diffuse dall’IFLA sottolineano come le biblioteche debbano impegnarsi nel fornire servizi, materiali specifici e tecnologie opportune a tutti gli utenti impossibilitati nell’utilizzo di materiali e dei servizi ordinari.
Le biblioteche universitarie sono tra le biblioteche più frequentate in Italia, anche solo per il fatto che gli studenti ne hanno necessità per studio. Sarebbe allora il caso di rivedere, laddove non sia già così, le proprie convinzioni in proposito, così da poter offrire quanti più servizi specifici e idonei a qualsiasi tipo di utenza: la biblioteca, inoltre, è un servizio pagato dagli studenti universitari tramite le tasse versate e questi ultimi hanno il diritto di poter usufruire di tutti i suoi servizi al pari livello di chiunque altro. L’inclusione è l’idea che tutti debbano poter vivere in un ambiente a misura di ciascuno.
Alcuni bibliotecari, infine, si sono rammaricati di non avere ancora rampe e ascensori idonei per poter permettere ai disabili motori di accedere nei propri locali, ma di muoversi in tal senso nel prossimo futuro. Appare evidente che siano tutt’oggi molte le problematiche da dover affrontare nel campo dell’inclusione in biblioteca e come non tutte siano di facile soluzione. Eppure, tuttavia, molte di tali mancanze derivano semplicemente da una scarsa conoscenza e questo è un punto fortemente a favore per un possibile e augurabile miglioramento futuro della situazione attuale. Perché se esiste la voglia e la predisposizione a saperne di più, le opportunità si possono creare.
Parlarne è il primo passo. Condividere opinioni in merito è il secondo. Occorrono altresì materiali e spazi idonei per approfondire l’argomento e discuterne, come testi, articoli di giornali, corsi di formazione, materie disciplinari nei corsi universitari specifici, nonché interdisciplinarità. L’accessibilità al web non è un tema esclusivo del mondo bibliotecario, ma è certamente focale per la sopravvivenza delle biblioteche.
La biblioteca ha la necessità di svecchiarsi permettendo l’accesso ai suoi servizi mediante canali nuovi e sempre più inclusivi. Ciò non significa abbandonare quelli tradizionali, ma consentire a una platea più ampia di potersi accostare al suo ambiente. Non si può certo pretendere che la comunità guardi con occhi diversi e interessati la biblioteca, se essa stessa non è in grado di guardare davvero a tutti i suoi utenti.
Concludo citando le parole di una delle realtà bibliotecarie partecipanti: “Credo sia un tema molto attuale e importante e il ruolo delle biblioteche dovrebbe essere strategico, avrebbe ricadute positive sulla comunità e sulla percezione che i cittadini hanno della biblioteca, ma sarebbe necessario e urgente potenziare la formazione dei bibliotecari e rendere consapevoli le pubbliche amministrazioni che questa è una mission fondamentale”.
Bibliografia
Fiorenza Bernardi, Biblioteche italiane e disabili visivi. Un’indagine conoscitiva sui servizi digitali, “Biblioteche oggi”, 21 (2003), 5, p. 15-25, http://www.bibliotecheoggi. it/2003/20030501501.pdf.
Rosalia Raineri, Accessibilità dei siti web delle biblioteche: con un’indagine sull’inclusione digitale e sui siti web delle biblioteche della regione Emilia-Romagna, Italia, stampato da The- factory per GEDI Gruppo Editoriale, 2022.