N.4 2022 - Biblioteche oggi | Maggio 2022

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Le biblioteche a nord del futuro: l’eredità di Lalla Sotgiu

Claudio Lembroni

Dirigente Area biblioteche e archivi Regione Emilia-Romagna cleombroni@gmail.com

Abstract

Questo articolo traccia il profilo umano e professionale di Maria Carla Cavagnis Sotgiu, scomparsa lo scorso febbraio. Lalla (come era affettuosamente chiamata) è stata a lungo una delle figure di spicco del mondo bibliotecario italiano. È stata una figura di spicco dell'Istituto centrale del catalogo unico (ICCU), dove era arrivata nel 1981 dopo aver lavorato come bibliotecaria a Sassari. È stata nominata responsabile del Laboratorio per lo sviluppo del controllo bibliografico. Ha fatto parte del nucleo storico che ha lavorato alla progettazione e all'avvio del Servizio bibliotecario nazionale (SBN). Ripercorrendo la sua carriera, che l'ha vista dirigere la Discoteca di Stato e l'Osservatorio per i programmi internazionali, l'articolo mostra come attraverso la partecipazione a numerosi progetti europei e alle attività di associazioni internazionali abbia contribuito alla sprovincializzazione dell'ambiente bibliotecario italiano. L'articolo mira anche a cogliere quali elementi costituiscono la sua eredità per la professione.

English abstract

This article traces the human and professional profile of Maria Carla Cavagnis Sotgiu who passed away last February. Lalla (as she was affectionately known) was for a long time one of the leading figures in the Italian library world. She was a leading figure at the Istituto centrale del catalogo unico (ICCU), where she arrived in 1981 after working as a librarian in Sassari. She was appointed head of the Laboratorio per lo sviluppo del controllo bibliografico. She belonged to the historical core that worked for the design and launch of the Servizio bibliotecario nazionale (SBN). Tracing her career, which saw her direct the Discoteca di Stato and the Osservatorio per i programmi internazionali, the article shows how through her participation in numerous European projects and in the activities of international associations she contributed to the de-provincialisation of the Italian library environment. The article also aims to grasp which elements constitute his legacy for the profession.

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Ricordando una protagonista del mondo bibliotecario italiano

La mattina del 19 febbraio scorso si è spenta a Roma Maria Carla (Lalla per gli amici e non solo) Cavagnis Sotgiu. Per chi, come me, ha avuto con lei un rapporto davvero speciale iniziato alla fine del secolo scorso e durato senza incrinature sino alla fine, per chi l’ha avuta compagna in un viaggio lungo e bello con in mente una sorta di Itaca bibliotecaria come pensiero costante, il dolore è stato immenso, ed è difficile ricordarla senza commuoversi. Per la professione bibliotecaria è venuto sicuramente meno un punto di riferimento discreto e sicuro; è venuto meno un patrimonio di valori, che ha condiviso con le sue amiche di una vita, Anna Maria Mandillo e Giovanna Merola, e profuso nell’esercizio dei suoi incarichi istituzionali e nella sua militanza nell’Associazione italiana biblioteche. Nella difficile stagione bibliotecaria che stiamo vivendo, in cui a molti di noi sembra di vivere, come l’Huizinga di In de schaduwen van morgen, in un “mondo ossessionato”, la nostra ossessione da almeno trent’anni è dare un fondamento normativo (in senso filosofico) o una legittimazione alle biblioteche nella contemporaneità o, per un altro verso, lottare per il loro riconoscimento sociale. In questa ossessione molti di noi, forse più esposti a una sorta di “presentismo” à la Hartog o più sensibili alla agenda setting delle comunità epistemiche più influenti che popolano il nostro piccolo mondo, scoprono o propongono strategie o azioni per il riconoscimento per lo più inconsapevoli (o dimentichi) che erano già tema di discussione per precedenti generazioni bibliotecarie e la cui novità spesso è data solo dalla struttura narrativa o dall’impiego di termini o strumenti concettuali più recenti. Insomma, in una stagione in cui, per dirla con Floridi, sull’onda della progressiva diffusione delle tecnologie digitali è in corso una “riontologizzazione” del mondo che inevitabilmente investe anche le biblioteche, credo che il venir meno del dialogo con Lalla ci abbia privato dell’apporto di una maestra e che il modo migliore per renderle omaggio sia richiamare, soprattutto per i colleghi più giovani, i profili principali della sua lunga attività professionale. 

Ho conosciuto Lalla nel gennaio del 1999 in occasione di un Seminario Vinay, forse il Seminario più bello della serie intitolata ad Angela Vinay che si è interrotta nel 2007 e che forse sarebbe bene riprendere, magari con una nuova formula. I più giovani, che non ne hanno memoria, possono fare riferimento al sito della sezione veneta dell’AIB che ne conserva abbondante documentazione (https://www.aib.it/aib/sezioni/veneto/vinay. htm). Quello del 1999 fu il seminario in cui Luigi Crocetti introdusse la tavola rotonda a cui partecipavamo con una splendida relazione dedicata alla tradizione culturale italiana del Novecento. All’epoca Lalla era direttrice della Discoteca di Stato – oggi Istituto per i beni sonori e audiovisivi – dove era approdata nel 1990 a seguito del concorso per dirigenti bandito dal Ministero e dove rimarrà sino al 2002. 

Prima di allora, per quasi dieci anni, era stata responsabile all’ICCU del “Laboratorio per lo sviluppo del controllo bibliografico”, una struttura che ebbe un ruolo di rilievo nel disegno di SBN. Apparteneva quindi al nucleo storico che operò con Angela Vinay per la progettazione e l’avvio del Servizio bibliotecario nazionale (SBN); un’esperienza cui rimase sempre molto legata, che per lei significò molto sia sul piano personale, sia sul piano professionale. Ricordo ancora con vividezza la sua soddisfazione quando riusciva a trovare fra le sue carte documentazione utile per i miei studi su SBN e il suo entusiasmo in particolare per un documento (una fotografia con verso datato e sottoscritto) che consentiva la datazione di un’altra foto, che involontariamente avevo contribuito a diffondere su web, che la ritrae nella casa di Michel Boisset a La Fabrique, nei pressi di Lione, con Boisset stesso, Angela Vinay, Giovanna Merola, Luigi Crocetti, Tommaso Giordano, Corrado Pettenati e Susanna Peruginelli. 

Sulla visione di SBN di Lalla ritornerò, ma credo che la scelta della Vinay di inserirla gradualmente nel gruppo di progetto che ne disegnò l’architettura e i profili operativi e di assegnarle la guida del “Laboratorio per lo sviluppo del controllo bibliografico” fosse dettata anche dalla esperienza e dalle conoscenze che aveva sino ad allora accumulato. Prima del suo ingresso in ICCU, nel 1981, Lalla era stata bibliotecaria (1968-1971), poi direttrice presso la Biblioteca universitaria di Sassari. Vincitrice del concorso del 1968 aveva scelto Sassari per seguire il marito, Enrico Sotgiu (1936-2011), valente giuslavorista, che insegnava nell’ateneo sassarese. Per entrambi gli anni sassaresi furono importanti per la crescita professionale nelle relative discipline, per le amicizie che consolidarono, come quella con Gustavo Zagrebelsky, che, qualche anno fa, ricordando la scomparsa di Enrico ha dato testimonianza di alcuni momenti della loro vita privata (https://www.dirittoestoria. it/10/in-memoriam/Enrico-Sotgiu/Zagrebelsky-Per-En- rico-e-per-noi-tutti.htm).

Per le biblioteche sarde e per la sezione regionale dell’AIB la sua presenza e la sua collaborazione con altre grandi donne e bibliotecarie come Paola Bertolucci, Angela Quacquero ed Elisabetta Pilia, rappresentò un formidabile strumento di propulsione. 

Forse l’esperienza più formativa di questo periodo fu il suo soggiorno londinese di circa un anno, sul finire degli anni Settanta, grazie a una borsa del Bristish Council che le consentì di seguire un post Graduate course in Librarianship presso il Polytechnic of North London e di lavorare presso la biblioteca centrale dell’Imperial College. Lì, nell’Inghilterra degli anni Settanta, dove Maurice Line insegnava che “the sol aim of libarianship is to serve users” e dove scriveva di “post-technological society”, intendendo una società dove la tecnologia era integrata al punto da essere uno strumento ordinariamente accettato, imparò la cultura del servizio agli utenti e imparò che le tecnologie informatiche potevano contribuire a sviluppare nuovi servizi e non solo, come accadeva allora in Italia, a “razionalizzare” servizi e procedure esistenti. Si potrebbe anche dire che imparò a evitare una concezione dei nostri strumenti teorici come bubble librarianship e dei nostri istituti come bubble libraries; imparò cioè a collocare le biblioteche nel mondo superando l’autoreferenzialità e l’esclusività dei rapporti e delle interlocuzioni; superando la logica della “bolla”, appunto. Ciò significava, come amava dire, “aprire le finestre”, confrontarsi con gli altri istituti della cultura, con le istituzioni, ma anche con le esperienze internazionali. Da quest’ultimo punto di vista Lalla ha dato un contributo significativo a “sprovincializzare” la nostra professione, presidiando con regolarità organismi e consessi internazionali in un’epoca in cui pochi bibliotecari italiani assicuravano la loro presenza. Basti pensare al suo impegno nella sezione audiovisivi dell’IFLA, nello IASA di cui fu vicepresidente, in EBLIDA di cui fu membro dell’Executive Committee, nella sezione che si occupava di automazione bibliotecaria della DG XIII dell’Unione; o, ancora, il suo coinvolgimento in numerosi progetti europei. 

La conclusione della sua carriera alla direzione dell’Osservatorio per i programmi internazionali per le biblioteche rappresentò da un certo punto di vista il coronamento del suo impegno nella comunità bibliotecaria internazionale; da un altro punto di vista non fu propriamente ciò che desiderava. Avrebbe preferito continuare a dirigere la Discoteca, ma le logiche di attribuzione degli incarichi dirigenziali non le furono favorevoli. D’altra parte, come dirigente Lalla non impersonava il character del manager descritto dal filosofo morale Alasdair MacIntyre in After virtue, né le era propria la figura del “bibliotecario prostrato” stigmatizzata da Crocetti. Il suo modo di interpretare la dirigenza presupponeva competenza, senso dello Stato e orgoglio professionale. La prevalenza di competenze tecniche e della consapevolezza di appartenere a una comunità professionale, in lei come in altri colleghi della sua generazione, rendeva impossibile l’arroganza, l’improvvisazione o la subalternità alla politica o la assidua e redditizia frequentazione dell’anticamera del potente di turno. Rendeva invece possibile al giovane collega imparare qualcosa dal dirigente o avere un riferimento sicuro indipendentemente dalla gerarchia. Lalla era allieva di Angela Vinay – di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita – e dalla sua maestra aveva imparato la dimensione etica del ruolo fondata sulla difesa intransigente dell’interesse pubblico e sulla cultura del civil servant. E proprio quella dimensione consentì alla Vinay di ricoprire contemporaneamente e in modo non subalterno il ruolo di presidente dell’AIB e di direttrice dell’ICCU – evenienza che oggi evocherebbe il conflitto di interessi – perché entrambi i ruoli erano per lei orientati dall’interesse pubblico coincidente con il dotare il Paese di un servizio bibliotecario moderno e di biblioteche migliori e dalla convinzione che la definizione dell’identità e dei servizi delle biblioteche non fosse prerogativa esclusiva della politica, ma che ad essa dovesse concorrere la professione oltre che la comunità. 

In Discoteca di Stato Lalla aveva potuto mettere alla prova i tratti fondamentali della sua concezione del servizio bibliotecario, stabilire nuove collaborazioni, allargare gli orizzonti del suo istituto, sperimentare nuovi progetti, sfruttare le opportunità rese disponibili dalle nuove tecnologie. Fu così, ad esempio, per l’archivio digitale della musica veneta che disegnò con Maurizio Messina e Aurelio Aghemo in un’epoca (1996) in cui il processo di istituzionalizzazione delle biblioteche digitali non era ancora avviato e nel nostro ambito il confronto non superficiale con reti e tecnologie digitali era ancora prerogativa di pochi pionieri. La capacità di immaginare il futuro utilizzando come bussola, come criterio orientativo la soddisfazione delle esigenze degli utenti e come strumento le tecnologie, è stato un tratto caratteristico della sua attività professionale e lei stessa ne dette una descrizione efficace proprio nel suo intervento al Seminario Vinay sopra richiamato: 

L’esperienza, accumulata in questi anni, mi ha convinto che è molto importante “aprire le finestre” e cominciare a immaginare e realizzare servizi che mettano in comunicazione patrimoni di informazione e documentazione diversi da quelli tradizionali delle biblioteche creando le condizioni perché queste fonti “diverse” siano fruibili agli utenti in modo coordinato e integrato. E oggi le tecnologie digitali ci consentono di fare questo ed altro per i nostri utenti. Penso alla integrazione attraverso le reti di collezioni audiovisive, raccolte museali, penso ai documenti degli archivi. Io credo che sia necessario ripensare in modo radicale alla costruzione dei nostri sistemi informativi, alle caratteristiche ed ai vincoli imposti dai nostri sistemi di catalogazione per arrivare a definire delle architetture che permettano l’integrazione di diverse fonti di informazione e che favoriscano l’accesso degli utenti meno esperti.

Questi convincimenti, che si coniugavano con la curiosità e l’apertura al cambiamento che erano parte della sua personalità, le consentirono di essere compagna di strada del Gruppo biblioteche digitali dell’AIB, composto da colleghi anche molto più giovani di lei, di fiancheggiare i vari tentativi di rilancio o evoluzione di SBN, di riforma o riorganizzazione dei servizi bibliotecari statali, di organizzare, con Anna Maria Mandillo e Giovanna Merola, occasioni di riflessione per l’Associazione Bianchi Bandinelli o di scrivere note e documenti. Fin quando la salute glielo ha consentito Lalla amava essere là dove si cercava di immaginare il futuro dei servizi bibliotecari, perché era un tratto caratteristico della sua personalità e perché apparteneva a una generazione per la quale ancora il futuro era migliore. Pensava che i giovani potessero costruire un futuro bibliotecario migliore e di qui la sua attenzione ai giovani bibliotecari – come alle giovanissime bibliotecarie che lavoravano con me nella Rete bibliotecaria di Romagna e San Marino – e alle giovani leve dell’AIB. 

È però impossibile ricordare Lalla senza spendere qualche parola per la sua attività nell’AIB e per la sua concezione di SBN. Si può dire che Lalla sia stata militante dell’Associazione italiana biblioteche sino alla fine della sua vita anche se negli ultimi anni la salute e la pandemia non le hanno consentito di partecipare con il consueto entusiasmo alla vita associativa. Con la sua generazione ha contribuito alla costruzione del senso di appartenenza alla professione e al consolidamento della “modernità” bibliotecaria nel nostro Paese. Dopo la sua esperienza nel collegio sindacale nell’AIB presieduta da Angela Vinay (1975-1981), è stata, dal 1981 al 1987, la vicepresidente dell’AIB presieduta da Luigi Crocetti e quindi protagonista e testimone di una stagione straordinaria dell’Associazione, che ha avuto un momento centrale nel congresso di Viareggio. Dalle tesi congressuali emergeva la concezione di una biblioteca nuova, aperta alla società e una frattura col mondo dei beni culturali che forse oggi può essere ricomposta nel quadro più sofisticato dei processi di riconoscimento sociale e patrimonializzazione sottesi dalla nozione di patrimonio culturale. Non è questa la sede per approfondimenti in tal senso, ma credo che lo “spirito” che condusse a Viareggio abbia informato diversi profili del progetto originario SBN e che Lalla ne sia stata una protagonista. Come la Vinay, come Crocetti e come tutto il gruppo fiorentino (i cui nomi ho citato più sopra) pensava che il servizio agli utenti fosse alla base del Servizio bibliotecario nazionale; che catalogo e sistema informativo non ne fossero la componente principale e che l’accesso ai documenti ne dovesse essere l’obiettivo primario unitamente alla definizione di politiche nazionali per la circolazione dei documenti, per le acquisizioni e per la conservazione. Sapeva che aver circoscritto la cooperazione prevalentemente al catalogo e all’automazione aveva comportato circoscrivere le pretese della cooperazione a un livello minimo e rendere SBN poco percepibile ai cittadini e, oggi, quasi sconosciuto alla politica. 

Quando Lalla argomentava sul primato del servizio e dell’utente o del cittadino, non pensava al primato di una tecnica o di una strategia di marketing, ma a una filosofia che doveva informare la cooperazione. SBN per lei doveva essere una infrastruttura di servizi, su base cooperativa, che non necessitava dell’assimilazione del cittadino al cliente per soddisfarne i bisogni. Da questo punto di vista avrebbe concordato con un guru del management come Henry Mintzberg: “Do you have to call people customers to treat them decently?”. Lo stesso primato del servizio doveva però improntare anche l’operare delle biblioteche aderenti a SBN e solo sulla base di quel primato si potevano immaginare le biblioteche del futuro. Lalla non ha mai smesso, anche nei suoi ultimi anni, di pensare a un futuro migliore per le biblioteche e con esse per il Paese. Ne sono stato testimone nella lunga, splendida amicizia che ho avuto con lei. Per questo, parafrasando Atemwende di Paul Celan potrei dire che non ha mai smesso di immaginare le biblioteche del futuro e forse oltre, le biblioteche a nord del futuro. Ed è anche questo che mi mancherà di lei, che ci mancherà, tanto.