N.4 2022 - Biblioteche oggi | Maggio 2022

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Gabriel Naudé, Helluo Librorum, e l’Advis pour dresser une bibliothèque

Alessia Bergamini

Biblioteca Civica Patrimonio Studi di Cento bergamini.alessia@studio.unibo.it

Abstract

Recensione di Alessia Bergamini al libro di Alfredo Serrai, Gabriel Naudé, Hellou Librorum, l'advis pour dresser une bibliothèque, Firenze University Press, 2021.

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Questo denso libello ospita le Istruzioni per allestire una biblioteca composte nel 1627 dal giovane, ma già intellettualmente affinato, Gabriel Naudé (1600-1653), bibliotecario e brillante erudito, al quale spetta il titolo di padre della biblioteconomia anche attraverso la realizzazione dell’Advis di cui stiamo trattando. 

L’opera è posta in un orizzonte di senso più ampio grazie alla cornice offerta da Alfredo Serrai, autore della fondamentale quanto monumentale Storia della Bibliografia, che mette in relazione metodo, temi e consigli proposti nell’opera naudiana con il tessuto culturale e professionale contemporaneo, evidenziando virtuose continuità o, più spesso, insidiosi discostamenti. Inoltre, Fiammetta Sabba e Lucia Sardo, accademiche dell’Alma Mater Studiorum Università di Bologna, hanno seguito la curatela del volume, uscito nella collana “Biblioteche & Bibliotecari” inaugurata nel 2019 dalla Firenze University Press. 

Rispetto alle precedenti edizioni, questa versione ha il pregio di raccogliere l’opera in una traduzione molto attenta al valore semantico del testo, partendo proprio dall’analisi del titolo e del termine Advis, necessaria per non rischiare di appiattire il senso originario veicolato da Naudé con una trasposizione meccanica dal francese all’italiano: proprio per evitare una siffatta semplificazione, Serrai ha optato per il mantenimento del titolo originale, che abbraccia una varietà di significati che restituiscono la complessità del discorso. 

Portando l’attenzione alla tavola dei contenuti affrontati da Naudé, ossia al sommario, si incontrano nove punti o capitoli: 

1. Ci si deve interessare all’allestimento delle Biblioteche, e per quale motivo; 
2. Il modo per informarsi e sapere come si deve allestire una Biblioteca; 
3. La quantità di Libri che occorre metterci; 
4. Di che qualità e condizione devono essere; 
5. Con quali mezzi si possano procurare; 
6. Caratteristiche del luogo in cui vanno conservati; 
7. L’ordine che conviene assegnare loro; 
8. L’ordinamento e la decorazione opportuni; 
9. Quale debba essere il fine principale di questa Biblioteca. 

Il primo e il nono capitolo, che rispettivamente aprono e chiudono il trattato, si possono far corrispondere agli attuali concetti di ruolo e di funzione della biblioteca, riassunti nelle massime quasi aforistiche “sottrarre all’oblio, conservare e ripristinare” (p. 44) e “dedicarne e consacrarne l’uso al pubblico” (p. 85). 

L’autore ha ben chiaro che non è sufficiente accogliere documenti nella propria raccolta per poterli dire salvi dall’indifferenza e dall’abbandono, bensì è necessario renderli vivi attraverso l’uso di quanti vi siano interessati. Con una lettura estremamente lucida e una ratio scientifica, Naudé intravede un nesso indissolubile tra la tutela del patrimonio culturale e la sua diffusione, elemento germinale che è possibile ritrovare identico nel concetto, seppure formulato diversamente, nell’articolo 3, comma 1, del Decreto Legislativo 42/2000, dove si ritiene necessario “individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione”. Continuando a seguire questo filone di riflessioni, per Naudè la funzione delle biblioteche e delle raccolte è quella di essere utile alla società, fattore che può divenire un vettore positivo di cambiamento (p. 85-86), quello che nell’ambito della valutazione dei servizi oggi potremmo definire social impact audit, cioè l’impatto dell’istituzione bibliotecaria sul tessuto sociale. 

Affinché la conoscenza possa diffondersi tra i fruitori di una biblioteca facendo da volano alla crescita socio-culturale, è però fondamentale studiare la formazione e lo sviluppo delle raccolte, argomento trattato nei capitoli II, III e IV, dove Naudé non si limita a proporre un metodo generale su cui basare la strategia delle acquisizioni, attraverso numerose e specifiche linee guida, ma entra nel dettaglio citando gli autori più rimarchevoli dei diversi settori disciplinari (Serrai ne conta circa mezzo migliaio), venendo a costituire una vera e propria bussola bibliografica. In questa parte si ritrova forse il cuore pulsante dell’opera e, in particolare, la meticolosa attenzione che il bibliotecario seicentesco riserva al tema ci pone di fronte a una necessaria riflessione, ossia quella che coinvolge il ruolo delle collezioni nelle biblioteche contemporanee, sia da un punto di vista quantitativo sia qualitativo. All’interno di un mondo editoriale così vasto e vario da essere quasi indomabile, rivendicare il valore di una sapiente scelta bibliografica, che eviti di scadere nella censura, ma più saggiamente elegga in modo scientificamente critico ciò che più si ritiene pertinente per una data biblioteca, dovrebbe essere la norma, quando ormai sempre più spesso sembra essere una chimera, o peggio ancora non ne si avverta neppure l’esigenza. 

La biblioteconomia inaugurata da Naudè, quindi, non solo affonda solide fondamenta in un discernimento bibliografico, ma diventa sempre più chiaro che il trittico costituito da collezione, cultura e uso è indissolubile, infatti “orologi, penne, carta, inchiostro, temperino spolverino Calendario” sono strumenti fondamentali per i fruitori della biblioteca (p. 85), così come la presenza di bibliotecari preparati e di cataloghi che siano in grado di mediare tra le esigenze degli utenti e il patrimonio (p. 87-88), e non viene dimenticato neppure il servizio di prestito esterno “consentito alle persone di merito e conosciute” (p. 89). La pubblicità della biblioteca come obiettivo principe e il suo legame con l’erudizione riemerge anche nella scelta di acquisire alcune tipologie documentarie specifiche, come ad esempio i testi universitari (“occorrerebbe altrettanto avere cura di sapere di anno in anno quali siano i Trattati che i più dotti Professori di Università dovranno leggere nelle lezioni pubbliche”, p. 77) o quella che oggi rientrerebbe nella definizione di letteratura grigia (“non trascurare nulla di tutto ciò che possa avere interesse ed avere qualche utilità [...] come sono i Libelli, i Manifesti, le Tesi, i frammenti, le bozze di stampa, e altre”, p. 72). 

Se i tre capitoli appena descritti si muovono tra politiche di acquisizione e guida bibliografica, con la V sezione si torna nel pieno campo della biblioteconomia, trattando dei mezzi con i quali si possono ottenere documenti e soprattutto di come distribuire al meglio le risorse economiche in modo da evitare spese inutili, che porterebbero vantaggi effimeri e di pura apparenza, ed indirizzarle verso investimenti tesi a raggiungere miglioramenti sostanziali. All’interno del più ampio panorama gestionale, nei capitoli VI, VII e VIII Naudè affronta sia questioni relative alla dislocazione della biblioteca e degli arredi, sia come il problema della collocazione e dell’ordinamento del patrimonio, suggerimenti che hanno l’intento di ottimizzare la fruibilità degli spazi e delle collezioni: l’autore non dimentica mai la prospettiva dell’utente, che deve utilizzare la struttura, i suoi servizi e avere accesso al patrimonio nel modo più agevole e semplice possibile. 

Dopo averne visto l’intelaiatura, non vi è dubbio alcuno che l’Advis si componga quindi come un manuale di biblioteconomia, e in particolare il primo che raccolga in modo organizzato i vari aspetti della gestione bibliotecaria; inoltre vi è un forte richiamo alla bibliografia, qui utilizzata da Naudè quale strumento per raccogliere all’interno del manuale un corpus di autori a cui nessuna biblioteca degna di tale nome poteva rinunciare. Nel processo storico la biblioteconomia ha fatto tesoro di quanto teorizzato da Naudè e, anche se ci sono stati numerosi progressi in tutti gli ambiti specialistici che afferiscono alla library management, tali da far apparire il prodotto del bibliotecario francese una testimonianza d’epoca ormai superata, il cappello introduttivo fornito da Serrai accompagna il lettore nell’individuare e seguire i sostrati significanti dell’opera, ancora oggi validi e capaci di farci riflettere. Appare quindi chiaro che tornare a leggere e ad analizzare questo testo ha lo scopo di rinsaldare il legame che unisce la pratica biblioteconomica con le prime strutture di organizzazione, come accennavamo poc’anzi, sicuramente mutate ed evolute nel corso del tempo, ma le intenzioni, il metodo e gli obiettivi naudiani sembrano essere attualissimi e condivisibili, e proprio per questo motivo mettono in luce la piena validità di una costante ricerca nelle discipline biblioteconomiche e bibliografiche che tenga conto delle proprie origini.