La vertigine del catalogo, ovvero la rappresentazione di un infinito librario
Università di Firenze mauro.guerrini@unifi.it
Abstract
Il libro di Andrea De Pasquale offre uno spaccato della storia della biblioteconomia italiana a cavallo tra Otto e Novecento. La documentazione reperita, analizzata e pubblicata apre squarci inediti; permette infatti di ricostruire il percorso che ha portato alla nascita delle prime norme nazionali di catalogazione, varate nel 1921, frutto di una lunga riflessione che affonda le sue radici nel Settecento. L'autore fa riferimento al censimento dei cataloghi delle biblioteche governative avvenuto nel 1918 e al materiale inviato al Ministero dell'Istruzione Pubblica da alcune biblioteche governative nel 1880. I questionari compilati e invitati alla Commissione ministeriale sono emersi in occasione del riordino dell'archivio della Biblioteca nazionale centrale di Roma. Essi consentono di verificare lo stato di attuazione delle direttive ministeriali relative al catalogo e di delineare un quadro completo delle regole, delle tipologie di schede e dei sistemi di schedatura utilizzati dalle biblioteche governative a cavallo del secolo.
English abstract
Andrea De Pasquale’s book offers an insight into the history of Italian librarianship at the turn of the 19th and 20th centuries. The documentation found, analyzed and published opens up unprecedented glimpses; in fact, it allows us to reconstruct the path that led to the birth of the first national cataloging rules, launched in 1921, the result of a long reflection that has its roots in the eighteenth century. The author refers to the census of the catalogs of government libraries which took place in 1918 and the material sent to the Italian Ministry of Public Education by some government libraries in 1880. The questionnaires completed and invited to the Ministerial Commission emerged on the occasion of the reorganization of the Library’s archive central national team of Rome. They make it possible to check the state of implementation of the ministerial directives relating to the catalog and to outline a complete picture of the rules, types of card and file systems used by government libraries at the turn of the century.
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A proposito del recente libro di Andrea De Pasquale
Le considerazioni che seguono prendono spunto e approfondiscono alcuni aspetti di storia della biblioteconomia a partire dal volume di Andrea De Pasquale La vertigine del catalogo. Schede, inventari e norme nelle biblioteche governative italiane prima delle regole nazionali. (Roma, Gangemi International, 2021, p. 312, € 62, ISBN 978-88-492-4094-8).
Il libro offre infatti uno spaccato sulla storia della biblioteconomia italiana a cavallo tra il XIX e il XX secolo. La documentazione rinvenuta, analizzata e pubblicata apre scorci per molti versi inediti e permette di ricostruire il percorso che ha portato alla nascita delle prime regole nazionali di catalogazione, varate nel 1921, frutto di una lunga riflessione che ha le radici nel XVIII secolo. L’autore richiama il censimento dei cataloghi delle biblioteche governative avvenuto nel 1918 e il materiale inviato al Ministero della Pubblica istruzione da alcune biblioteche governative nel 1880. I questionari compilati e inviati alla Commissione ministeriale sono emersi in occasione del riordino dell’archivio della Biblioteca nazionale centrale di Roma e consentono di verificare lo stato di attuazione delle direttive ministeriali relative al catalogo e di delineare un quadro completo delle norme, dei tipi di scheda e dei sistemi di schedari utilizzati dalle biblioteche governative a cavallo dei due secoli. Tutto ciò si rendeva necessario dopo l’incameramento dei beni ecclesiastici (tra cui le biblioteche) da parte dello Stato italiano. Come sappiamo, all’acquisizione delle raccolte non vi fu la contemporanea acquisizione dei cataloghi delle biblioteche ecclesiastiche.
Alle soglie del XX secolo le biblioteche governative italiane si trovavano in una situazione di arretratezza. I regolamenti interni servivano solo a garantire la tutela del patrimonio, senza alcuna apertura verso gli utenti, e le biblioteche operavano come monadi (dall’Introduzione di De Pasquale). Le collezioni non venivano aggiornate e gli spazi fisici a loro assegnati risultavano fatiscenti. Era assente ogni idea di cooperazione o condivisione tra le diverse istituzioni, le quali, peraltro, operavano in situazioni disomogenee, e ciò ricadeva negativamente sulla gestione dei cataloghi. In questo contesto la necessità di disporre di Regole nazionali di catalogazione era evidente.
La vertigine del catalogo riecheggia un saggio curato da Umberto Eco, Vertigine della lista. Nel novembre-dicembre 2009 il Museo del Louvre decise di affidare a Eco la direzione di una serie di conferenze e mostre da tenere su un argomento a sua scelta. Eco scelse la lista come modalità espressiva nella letteratura e nell’arte. La manifestazione fu chiamata Vertige de la liste e il saggio fu pubblicato per l’occasione (https://it.wikipedia.org/ wiki/Vertigine_della_lista). Secondo Eco, la lista si usa quando di ciò che si vuole rappresentare non si conoscono i confini, quando le cose da rappresentare sono in numero molto grande o infinito, o quando qualcosa si riesce a definire solo elencandone le proprietà, che sono potenzialmente senza fine. Eco esplora i problemi ancestrali di ogni classificazione e la lista ne costituisce indiscutibilmente la prima forma; inoltre, anche i modelli più complessi di organizzazione (tassonomie, faccette ecc.) non sono altro che liste più complesse, articolate in più livelli. La natura potenzialmente infinita delle liste produce l’effetto di vertigine sulla nostra capacità rappresentativa. E, in effetti, una delle osservazioni preliminari di Eco è quella per cui la lista “suggerisce quasi fisicamente l’infinito, perché di fatto esso non finisce, non si conclude in forma”. La lista dà vertigine. Perciò, anche il catalogo, nelle sue molteplici accezioni, può provocare lo stesso effetto: catalogo-lista, catalogo-strumento, catalogo-oggetto, catalogo-contenitore, catalogo-medium, catalogo-struttura, catalogo-architettura dell’informazione, catalogo-specchio della collezione, catalogo-labirinto nel quale districarsi, catalogo-virtuale, quest’ultimo così aperto verso infinite relazioni da poter dare realmente vertigine.
Il testo del libro è diviso in due parti: la prima ricostruisce la storia della catalogazione in Italia dalla seconda metà del XVIII secolo fino ai primi del Novecento, la seconda invece è dedicata allo stato dei cataloghi e degli inventari delle biblioteche governative nel 1918. Il quadro è ricostruito grazie alla preziosa documentazione rinvenuta e dettagliatamente analizzata. De Pasquale ricorda e analizza le numerose opere che nel corso dei secoli hanno affrontato le problematiche legate alla genesi del catalogo e alla sua gestione. L’opera è arricchita e impreziosita da numerose illustrazioni, spesso a tutta pagina.
L’excursus storico segue le tappe ritenute fondamenta- li per delineare la situazione italiana in ambito catalografico prima dell’istituzione delle regole nazionali del 1921.
La gloriosa tradizione catalografica italiana si apre con le figure di due grandi bibliotecari: il padre Giambattista Audiffredi, prefetto della Biblioteca Casanatense, e il padre teatino Paolo Maria Paciaudi, fondatore della Biblioteca Palatina di Parma. L’opera del primo è rappresentata dal catalogo della biblioteca, del quale furono stampati solo i primi quattro tomi, tra il 1761 e il 1788, contenenti le registrazioni dalla lettera A alla K, nato dal rifacimento del catalogo alfabetico per autore usato per la consultazione in loco, al quale Audiffredi antepose importanti introduzioni, considerate la base della teoria catalografica moderna. Audiffredi mirava a superare i compiti della segnalazione e della localizzazione bibliografica, offrendo agli studiosi uno strumento di ricerca e diffusione del sapere, di impronta cattolica, con notizie bibliografiche sugli autori e sulle condizioni di pubblicazione delle opere. Affrontò le norme catalografiche legate alla forma più opportuna del nome da utilizzare, affidandosi al criterio della notorietà e, quindi, facendo ricadere la scelta sul cognome seguito dal nome, alla gestione dei testi anonimi e all’ordinamento delle opere e delle loro edizioni.
La Memoria intorno la R. Biblioteca Parmense di padre Paciaudi, redatta intorno al 1771, rappresenta la summa dell’operato biblioteconomico del suo autore, opera pubblicata postuma; tratta temi importanti come la politica degli acquisti, l’impianto classificatorio e la prassi catalografica.
La riflessione prosegue in ambito ottocentesco preunitario. Il XIX secolo si apre con la pubblicazione di un saggio di Giulio Ferrario, editore e tipografo milanese, dal titolo Progetto per un catalogo bibliografico, uscito nel 1802, nello stesso anno in cui venne nominato direttore della Biblioteca di Brera. Si descrive un modello per la redazione di un catalogo sistematico, organizzato sulla base della classificazione dello scibile nella triade baconiana memoria, immaginazione e ragione, la stessa impostazione che utilizzerà Melvil Dewey nella sua Classificazione decimale.
Ulteriori approcci alla catalogazione emergono nel trattato di biblioteconomia di Leopoldo Della Santa, scrittore della Magliabechiana, pubblicato a Firenze nel 1816: l’autore si occupa della costruzione e del regolamento di una biblioteca pubblica universale, nella quale i libri trovano dislocazione in due luoghi specifici, la sala di consultazione e i magazzini accessibili solo agli addetti. Un’altra interessante trattazione compare nell’opera di Domenico Rossetti intitolata Dello scibile e del suo insegnamento. Quattro discorsi e due sogni, pubblicata a Venezia nel 1832. Qui la disciplina trattata viene definita “bibliotattica” e alcune particolari tipologie di catalogo prendono i nomi di “nomenclatore alfabetico”, “repertorio sofografico”, “repertorio reale”, “comentario bibliografico”, “repertorio topografico” e il “repertorio numerico”, ovvero il catalogo per eccellenza. I nomi citati in questo capitolo sono molteplici.
De Pasquale richiama, inoltre, le opere di Francesco Rossi, un altro bibliotecario di Brera; il sacerdote Francesco Vituoni che riprende la tradizione italiana con uno sguardo internazionale, soprattutto di area francese, riferendosi a Gabriel Naudé, Jean-Pier Namur e Léopold-Auguste Constantin; l’abate Gian Bernardo De Rossi, bibliofilo piemontese; infine, cita Giuseppe De Lama, autore di una celebre Vita del cavaliere Giambattista Bodoni tipografo italiano e catalogo cronologico delle sue edizioni; si tratta di un precoce esempio di tecnica descrittiva bibliografica che vuole rispondere alle esigenze dei bibliofili collezionisti.
Il volume affronta poi il tema del catalogo nell’Italia unita; cita il capitolo Dei cataloghi e loro utilità inserito nel Manuale teorico-pratico di bibliografia di Giuseppe M. Mira, di cui De Pasquale sottolinea alcune carenze. Le Letture di bibliologia di Tommaso Gar, raccolta delle sue lezioni all’Università di Napoli nel 1865, sono sicuramente un testo dei più letti della biblioteconomia della seconda metà del XIX secolo. Da ricordare anche i sedici interventi sul tema della catalogazione alfabetica per autore a cura di Giuseppe Valentinelli, direttore della Marciana, pubblicati sulla rivista genovese “Giornale delle biblioteche” negli anni 1870 e 1871; e, infine, il manuale di bibliografia di Ignazio Zenti, opera moderna per la sua impostazione.
De Pasquale analizza, quindi, i cataloghi degli anni Sessanta/Ottanta del XIX secolo, tra progetti utopici e regolamenti. Il capitolo si apre con Dell’uso e della utilità di un catalogo generale delle biblioteche d’Italia di Enrico Narducci, relazione e proposta di un catalogo unico per tutte le biblioteche pubbliche d’Italia; impresa pionieristica per l’epoca, che per questo motivo cadde nel vuoto. L’effettiva realizzazione di inventari e cataloghi nelle biblioteche del neonato Stato italiano è il risultato delle indicazioni della Commissione sopra il riordinamento scientifico e disciplinare delle biblioteche del Regno, nota come Commissione Cibrario, istituita dal Ministero della Pubblica istruzione con decreto del 20 luglio 1869 per compiere un’indagine sullo stato delle biblioteche negli anni successivi all’Unità d’Italia. Il risultato prese corpo nel R.D. 25 novembre 1869 che, tra l’altro, riordinava i servizi bibliotecari, stabiliva un nuovo organico, classificava le biblioteche e determinava il modo di ammissione dei bibliotecari nei centri formativi, nonché le materie d’esame.
Segue un breve capitolo sulle prime regole del catalogo della Biblioteca nazionale di Roma. La Vittorio Emnuele, fondata nel 1875 e inaugurata l’anno successivo, aveva immediata necessità di rendere disponibile l’immenso patrimonio librario proveniente dalla Biblioteca dei Gesuiti e da biblioteche di altri ordini. Si trattava della prima codifica di regole catalografiche da parte di una biblioteca governativa nell’Italia preunitaria. Grazie alla documentazione rinvenuta, De Pasquale è in grado di riferire le risultanti dall’indagine sui cataloghi delle biblioteche governative del 1880, ponendo particolare attenzione alle due biblioteche nazionali di Firenze e Roma e ai loro rispettivi regolamenti interni, ai quali viene dedicato un capitolo specifico.
De Pasquale non può esimersi dal trattare una figura fondamentale come quella di Giuseppe Fumagalli, autore di Cataloghi di biblioteche e indici bibliografici, pubblicato nel 1887 e ritenuto il primo manuale di catalogazione. Era la prima volta che nel panorama italiano usciva un’opera così completa su un tema fondamentale per la vita delle biblioteche e per il loro rapporto con l’utenza. Nello stesso 1885 usciva il Manuale di bibliografia di Giuseppe Ottino che, in un’apposita sezione intitolata La biblioteca e il catalogo, offriva diverse norme per il catalogo che riprendevano antiche tradizioni.
Il capitolo che si occupa delle biblioteche governative dalla seconda metà degli anni Ottanta alla fine del secolo si sofferma sul fervore provocato dalla pubblicazione dell’opera di Fumagalli che portò la comunità italiana a confrontarsi con quella internazionale. Guido Biagi fa da anello di congiunzione; come direttore della casa editrice Sansoni, pubblica le traduzioni di due opere importanti: le Regole per il catalogo alfabetico a schede della Reale Biblioteca di Breslavia di Karl Dziatzko e Della compilazione dei cataloghi per biblioteche e del modo di pubblicarli di Charles Coffin Jewett. Biagi avrebbe voluto inserire nella collana anche la traduzione delle Rules for a dictionary catalogue di Cutter del 1876, traduzione annunciata, ma il progetto non fu portato a compimento. De Pasquale ha inserito nel capito le immagini di cataloghi di numerose biblioteche, risultato del censimento effettuato dalla Biblioteca nazionale di Firenze; interessanti i primi numeri, entrambi del 1886, del “Bollettino delle opere moderne straniere acquistate dalle biblioteche pubbliche governative del Regno d’Italia” pubblicato dalla Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele II di Roma e del “Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa dalla Biblioteca nazionale centrale di Firenze”; per i bibliotecari italiani divennero modello per la neonata catalogazione.
Un capitolo a parte si occupa delle forme del catalogo, ovvero dell’aspetto e la forma che avrebbero dovuto assumere i cataloghi, sui quali la normativa ministeriale non dava indicazioni. Dopo aver utilizzato per anni cataloghi su fogli rilegati in grandi volumi, che rimasero in uso per fondi o collezioni specifiche, iniziarono a diffondersi i cataloghi a schede, di due tipologie, a schede libere e a legatura meccanica; di quest’ultimo tipo famosi furono quelli progettati dal legatore e tipografo Aristide Staderini. I sistemi e i relativi mobili ideati da Staderini ebbero così successo che furono adottati fino agli anni Cinquanta del XX secolo; il volume è ricco di immagini di modelli di schedari, mobili e scaffali.
Agli albori del Novecento, la necessità di regole comuni per il catalogo veniva ribadita da più parti: lo sottolineava Guido Biagi in Le biblioteche e i loro bisogni urgenti e lo ribadiva il regolamento del ministro Rava del 1907. L’anno successivo venne costituita una commissione per compiere alcune ispezioni presso le biblioteche nazionali di Roma, Napoli, Palermo, Torino, Milano, Venezia, Firenze e presso l’Università di Pavia, la Mediceo-Laurenziana, la Riccardiana e la Marucelliana di Firenze. L’indagine coinvolse la situazione dei rispettivi cataloghi e dei futuri progetti a essi dedicati; ne risultò che molto lavoro c’era ancora da fare.
Con dantesca memoria, incipit vita nova: nel 1918 venne predisposto un questionario approfondito per censire la situazione dei cataloghi e degli inventari delle biblioteche governative; si procedette a un accurato esame delle risposte ricevute. Gran parte del lavoro venne svolto da Giuliano Bonazzi, direttore della Vittorio Emanuele, che ospitò i lavori della Commissione di cui era membro insieme a Guido Biagi, e insieme a quest’ultimo predispose materiali ed esempi che fecero da base alle nuove regole.
Dal censimento dei cataloghi delle biblioteche governative, tramite un percorso che affonda le sue radici nel passato e nella sua eredità, nascono le regole nazionali e con esse si chiude la prima parte del volume.
La seconda parte si apre riportando il questionario inviato alle biblioteche governative nel 1918. Di seguito, in partizioni dedicate a ogni singola biblioteca, dopo un breve inquadramento generale, sono presentate le schede scansionate dei cataloghi e degli inventari delle varie istituzioni; seguono le norme applicate alle varie tipologie di catalogo presenti. De Pasquale si occupa prima delle due Biblioteche nazionali centrali di Roma e di Firenze; quindi, passa ad altre biblioteche nazionali come quelle di Milano, Napoli, Palermo e Torino, e ad altre tipologie di biblioteca: per esempio la Marucelliana, la Mediceo Laurenziana e la Riccardiana di Firenze, la Palatina di Parma, l’Estense di Modena, le Governative di Cremona e Lucca e numerose biblioteche universitarie, come quelle di Bologna, Genova, Messina, Sassari. La seconda parte è molto interessante, anche visivamente, per le numerose illustrazioni, e può essere consultata, di volta in volta, ricercando soltanto la singola istituzione d’interesse. Ogni capitolo funziona bene anche autonomamente, da consultare come una sorta di voce d’enciclopedia.
Il volume si chiude con le Relazioni della Commissione incaricata di proporre un nuovo codice di regole per la compilazione del catalogo alfabetico del 1919.
Un lavoro eccellente, originale, ben confezionato graficamente, da tenere sul tavolo di ogni bibliotecario.
Prospetto dei cataloghi degli stampati, Biblioteca nazionale centrale di Firenze.