La biblioteca di Dostoevskij. La storia e il catalogo
Università di Pisa cristina.moro@unipi.it
Abstract
Recensione di Cristina Moro ai libro di Lucio Coco, La biblioteca di Dostoevskij. La storia e il catalogo, Firenze, Olschki, 2021, xxxiv-126 p.
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Sebbene sia ormai sfruttato da tempo, il filone degli studi sulle biblioteche, e sulla ricostruzione dei loro patrimoni originari, è ben lungi dall’essersi esaurito. Le ragioni dipendono principalmente dalla natura di queste istituzioni e dalle modalità di raccolta e sedimentazione: in particolare, nel caso di soggetti individuali, o familiari, esse rappresentano una sorta di estensione dei loro creatori, e ne testimoniano non soltanto gli interessi e orientamenti culturali, ma più latamente le vicende umane e personali.
In questa prospettiva, la Storia delle biblioteche si è evoluta nel tempo, arricchendosi, per così dire, di elementi di interpretazione quasi filologica – si pensi ad esempio al fruttuoso ambito degli studi sui marks in books e in generale a quelli sulle indicazioni di provenienza – basati sull’osservazione di elementi estrinseci dei libri e altri materiali conservati nelle raccolte. Ma se è evidente il valore testimoniale, storico e culturale degli esemplari superstiti, quello degli oggetti danneggiati, dispersi, perduti non è da meno; anzi, talvolta queste tracce rappresentano, in modo potente ed efficace, il percorso non sempre lineare della creazione e dell’esistenza di una biblioteca, che può essere segnato da brusche interruzioni, quando non addirittura da eventi traumatici, come smembramento e distruzione.
L’agile volume di Lucio Coco, dedicato alla ricostruzione delle vicende della biblioteca – ma forse si dovrebbe dire delle raccolte librarie – di Fedor Dostoevskij, si inserisce alla perfezione in questa dimensione, per così dire, in controluce, dove i vuoti, le dispersioni, le mancanze, possono essere efficacemente lette e analizzate al pari di elementi lineari e stabili.
L’autore riassume la complessità del rapporto del grande scrittore con i libri e la lettura, e le sorti subite dalla sua biblioteca personale, in una sintetica ma densa introduzione, strutturata in cinque paragrafi ed efficacemente intitolata L’albero dei libri (p. VII-XXX). In effetti numerosi sono gli intrecci e le ramificazioni che risultano sia dalle vicende biografiche sia da alcuni momenti salienti della storia delle raccolte, segnati da drammatiche privazioni e sottrazioni.
Fin dalle prime pagine del volume emerge con forza l’importanza, per Dostoevskij, della lettura: lettura come processo consolatorio e formativo, certo, ma anche come strumento di lavoro, necessario per l’affermazione della sua identità di essere umano e di scrittore. Non è certamente un caso che l’oggetto a lui più caro, che lo accompagnò non soltanto durante il terribile periodo della deportazione, ma anche nel corso dell’intera esistenza, fino al momento della morte, sia stato un libro, quel Vangelo di Tobol’sk che fortunatamente è giunto fino a noi. Si tratta di un oggetto che ha assunto un forte valore simbolico, perché esprime, attraverso le sue peculiarità materiali (ad esempio le sottolineature con le unghie, o la coperta parzialmente staccata per occultare i pochi denari) il vissuto del suo possessore.
La testimonianza rappresentata da questo esemplare eccezionale non può compensare le numerose, gravi dispersioni subite dal patrimonio librario in vari momenti, che pregiudicano una lettura complessiva delle modalità di acquisizione e sedimentazione delle opere: la più eclatante, anche se purtroppo non l’unica, fu l’alienazione di parte della biblioteca – ad opera del figliastro Pavel – mentre lo scrittore era in viaggio con la seconda moglie tra il 1867 e il 1871.
Lucio Coco, nel ricostruire l’episodio, riferisce che tale perdita fu molto dolorosa; simili dispersioni erano di fatto irrimediabili, e non soltanto nella Russia del tempo. Leggendo tra le righe, sembrerebbe di poter ipotizzare che Dostoevskij non si dedicò alla ricostituzione di una nuova biblioteca “a tavolino”, come talvolta erano soliti fare i bibliofili: le fonti successive a quella circostanza consistono in liste di libri da acquistare, ma anche semplicemente da leggere (si veda, ad esempio, l’elenco dei libri da cercare nella biblioteca di Ems a scopo di lettura, p. XIII). Le informazioni disponibili sulle raccolte librarie del letterato non rivelano alcun interesse collezionistico: leggendo i dati catalografici e bibliografici, emergono da un lato il quadro di una vera “biblioteca dello scrittore” i cui esemplari, per lo più, soddisfano una necessità (di “nutrire” l’intelletto e di supportare il processo creativo), dall’altro un atteggiamento in cui il possesso dei libri non sembra essere prioritario, mentre lo è l’accesso alla fruizione a scopo di lettura.
Il catalogo delle edizioni riconducibili alla biblioteca di Fedor Dostoevskij, che rappresenta la seconda parte del lavoro oggetto della recensione, è il risultato dell’analisi di quattro elenchi bibliografici compilati, in momenti diversi e con diverse finalità, da Anna Grigor’evna, seconda moglie dello scrittore.
Gli studi su questi strumenti si sono articolati nell’arco di poco meno di un novantennio, dal 1917 fino alla redazione definitiva, che è stata pubblicata nel 2005 da N.F. Budanova. Il volume di Coco, come egli avverte, è fondato su quest’ultima, con piccoli interventi su alcune ripartizioni per materia. Uno dei pregi di questo lavoro è certamente quello di aver reso fruibili delle informazioni altrimenti inaccessibili ai più, a causa delle difficoltà linguistiche, senza per questo tralasciare il rigore scientifico.
La parte dell’introduzione dedicata alla descrizione di queste fonti è particolarmente interessante: in seguito alla loro collazione – resa necessaria dai ritrovamenti in anni successivi – è emerso che i dati bibliografici sono in parte sovrapponibili, ma il livello di accuratezza e l’ordine di presentazione cambiano a seconda del momento della compilazione e della funzione informativa.
Il valore documentario di questi elenchi è straordinario, perché ha consentito di ricomporre, sia pure virtualmente, almeno una parte della biblioteca di Dostoevskij. Nel contesto specifico della storia delle biblioteche, essi devono essere analizzati con una certa prudenza, perché, non essendo stati compilati dal possessore, non ne rispecchiano i criteri organizzativi. Inoltre, nessuno può essere considerato come uno strumento di corredo funzionale alla raccolta: alcune liste di edizioni erano state realizzate dalla Grigor’evna con la prospettiva della commercializzazione, come dimostrerebbe la presenza di indicazioni di prezzo (p. XVI).
La consistenza quantitativa della biblioteca, così come è stata ricostruita, assomma a 549 edizioni, tutte ottocentesche, salvo rarissime eccezioni; Lucio Coco commenta che, anche tenendo conto delle vicende travagliatissime subite da questa raccolta, si tratterebbe comunque di un nucleo librario cospicuo (p. XXII). Purtroppo gli esemplari superstiti, attribuibili con certezza al loro possessore, sono solo ventinove; a questi devono essere aggiunti diciassette frammenti sciolti, come coperte, frontespizi e altri materiali recanti note manoscritte (p. XXIII). Questi ultimi sono rivelatori di una caratteristica che di solito contraddistingue le biblioteche di persona: esse non sono solo la concretizzazione degli interessi culturali e delle vicende dei singoli individui, ne riflettono anche i contesti relazionali, attraverso le testimonianze delle annotazioni di dedica o di dono degli autori apposte sulle copie.
L’esiguità del numero di esemplari che furono certamente fra le mani del grande scrittore russo ha imposto, all’autore del presente volume, di analizzare il patrimonio bibliografico virtualmente ricostruito nel suo complesso, confrontando le edizioni identificate con alcune annotazioni e appunti contenenti elenchi di opere da procurare, e considerando la distribuzione per materia, allo scopo di individuare alcuni indicatori dei criteri di scelta delle pubblicazioni da acquisire. Non sono state rinvenute corrispondenze apprezzabili tra liste di desiderata ed edizioni effettivamente identificate, ma, come segnala Coco, non sempre tali elenchi sono compilati sulla base di intenzioni concrete; bisogna inoltre tenere sempre conto delle dispersioni, che alterano la configurazione della raccolta.
Un po’ meno rischiosa è invece l’analisi delle discipline che rappresentano gli interessi del letterato russo: come era lecito attendersi, probabilmente si trattava di una biblioteca con un’impostazione prevalentemente umanistica, con una presenza piuttosto cospicua di opere in lingua straniera e alcuni nuclei, quantitativamente più modesti, relativi alle scienze e alle arti.
Il catalogo della biblioteca rappresenta l’elemento portante del presente lavoro. Dal punto di vista metodologico, esso è organizzato secondo la seguente articolazione disciplinare: 1. Letteratura, Filologia, Storia della letteratura, Critica, Folklore; 2. Teologia, Filosofia, Storia; 3. Sociologia, Diritto, Scienze naturali, Medicina, Arte, Letteratura per ragazzi, Dizionari, Varie; 4. Libri e periodici in lingua straniera. In particolare, la penultima partizione appare esageratamente ampia ed eterogenea, e alcune occorrenze in essa contenute non sembrano essere pienamente pertinenti. Questa struttura piuttosto farraginosa non è imputabile all’autore del volume, che ha dovuto attenersi all’impostazione delle pubblicazioni di riferimento.
Il vero punto di forza del catalogo è rappresentato, naturalmente, dalle traduzioni in italiano dei dati bibliografici ricostruiti da coloro che hanno studiato le vicende costitutive e dispersive della biblioteca. Si tratta di un lavoro prezioso, che allarga notevolmente la platea dei fruitori di questo strumento di ricerca. A completamento degli apparati di indici inseriti nella pubblicazione, focalizzati sulla dispersione dei materiali e sulle presunte identificazioni di alcune edizioni, sarebbero stati desiderabili anche un indice degli autori delle opere, che avrebbe fatto emergere eventuali difformità classificatorie, e quello dei luoghi di stampa, utile per rendere immediatamente visibile la distribuzione tipografica e commerciale delle opere un tempo presenti in biblioteca.