N.1 2022 - Biblioteche oggi | Gennaio- febbraio 2022

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L’anno della morte di Luigi Crocetti. Un racconto di biblioteconomia

Denise Biagiotti

denisebiagiotti79@gmail.com

Abstract

Recensione di Denise Biagiotti al libro di Alberto Cheti, L’anno della morte di Luigi Crocetti. Un racconto di biblioteconomia, Firenze, Firenze University Press, 2021, 132 p.

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Alberto Cheti, con quest’opera, ha voluto fare un regalo a coloro che sono stati allievi di Luigi Crocetti e a chi lo ha conosciuto solo attraverso i suoi numerosi scritti e le parole dei propri maestri. Il testo ricostruisce la biografia intellettuale di uno dei maggiori protagonisti della biblioteconomia del Novecento, attraverso il racconto dei dialoghi immaginari tra l’allievo Giovanni C. e il maestro Luigi, avvenuti dopo la morte di quest’ultimo; l’emozione è palpabile in tutto il fluire del discorso. Il titolo richiama il romanzo portoghese L’anno della morte di Ricardo Reis di José Saramago, rimando che viene esplicitamente dichiarato nelle note poste alla fine del secondo episodio (Una casa in campagna). Nella Premessa, Mauro Guerrini sottolinea il senso di sorprendente sperimentazione sotteso al testo e indica gli elementi costitutivi della metodologia narrativa. Franco Neri, inoltre, nella sua Prefazione, condivide due ricordi personali, ancora vividi nella sua memoria, legati alla figura di Crocetti.

Come definire l’opera? Un romanzo? Un manuale di biblioteconomia? Entrambi. Di difficile, se non impossibile, inquadramento: già il titolo e il sottotitolo esplicitano tale contraddizione. Leggere quest’opera significa leggere un manuale in forma letteraria. Il filo conduttore del dialogo allievo-maestro, impostato quasi come un canovaccio teatrale, stupisce a tratti per la densità di nozioni tecniche, impreziosite da descrizioni della natura, sfondo eletto delle lezioni crocettiane ed essa stessa spettatrice del “lavoro comune” dei professionisti legati alla “scuola” di Crocetti. L’intensa e varia attività didattica sembra ricondurre alla maieutica socratica: come il filosofo di Atene intendeva far nascere nell’allievo pensieri personali, senza utilizzare la retorica, così Crocetti stimola il confronto costante con il proprio allievo, al fine di tracciare un personale percorso di conoscenza, in una prodigiosa trasmissione dei saperi. L’allievo e il maestro ripercorrono insieme alcune tappe fondamentali della creazione di una nuova comunità professionale bibliotecaria. I dialoghi si aprono ad altre voci; vengono citati esplicitamente, oppure sono resi riconoscibili, numerosi protagonisti di epoche e aree disciplinari diverse, che delineano il vivace contesto culturale italiano (ad esempio E. Casamassima, G.P. Vieusseux, G. Pasquali, A. Bonsanti e altri). In queste pagine le idee sono illuminate dalle emozioni dei ricordi e da letture che provengono da molteplici direzioni, letterarie, filosofiche, linguistiche, e che accompagnano e completano l’esposizione biblioteconomica più tecnica, in un amalgama composito, ma ben equilibrato.

L’ampia bibliografia è indicata sui generis, attraverso le note poste in calce a ogni partizione narrativa; i riferimenti bibliografici sono precisi e inseriti in un fluire libero di pensieri e osservazioni, ampliamenti di contesto e disvelamento delle numerose citazioni mimetizzate nel testo.

In Appendice sono riportati due ricordi della figura del maestro: per il primo, La montagna incantata. In ricordo di Luigi Crocetti, Giovanni C. ha scelto un anno, il 1980, fondamentale per il suo noviziato; il secondo, La lezione camaldolese di Luigi Crocetti, abbraccia solo una settimana dell’ottobre del 1981, nella quale si tenne un corso di aggiornamento per bibliotecari sulla catalogazione a Castelnuovo Garfagnana. L’esperienza personale dell’allievo si fa collettiva, sottolineando il senso di comunità creato da quella nuova modalità di formazione di nuove generazioni di bibliotecari e studiosi della disciplina. Cheti ritiene che tra i maggiori insegnamenti del maestro resti proprio il dono dell’invito: “Invitare a un corso, a un seminario, a un gruppo di lavoro o di ricerca. Invitare allo studio, all’insegnamento e alla scrittura. Invitare alla partecipazione, all’impegno e alla responsabilità. Luigi aveva davvero il dono di invitare al significato della biblioteca e del lavoro biblioteconomico”.

Tema fondante dell’opera di Cheti è la parola, “eredità del tempo che passa, pegno del tempo che dura”; le parole di Crocetti, quelle rimaste in sospeso, quelle perdute “che invano si cercano di rammentare o di rintracciare tra gli appunti di lezioni passate”; l’attenzione alla scelta della parola che permette la comunicazione, “l’incessante gioco del dare nomi alle cose”; il fil rouge che lega ogni allievo al proprio maestro, e che crea un tessuto connettivo con la realtà circostante, nel doppio senso diacronico e sincronico, “le parole esistono due volte, ciascuna per se stessa e per la sequenza che forma incontrandosi con le altre”. Anche l’alternanza nel bosco tra oscurità e chiarore, sapientemente descritta nel penultimo episodio (Chiarìe del bosco), richiama in Cheti la dialettica tra l’ascolto e la domanda, e contestualmente allude all’incompiutezza del sapere, “alla parola perduta che non tornerà più e a quella che forse è possibile ascoltare di nuovo”.

La domanda iniziale: “Non c’è tempo per un’altra lezione?”, trova una risposta quando Luigi inizia la sua lezione sulla soggettazione e sulla classificazione immerso nella radura del bosco, “trasformatasi in un’aula stracolma, dove risuona una voce inconfondibile e irresistibile”. L’allievo e il maestro hanno il loro ultimo incontro immersi nella natura, in un paesaggio che ricorda il giardino delle Esperidi, luogo leggendario della mitologia greca nel quale si narra crescesse un melo dai frutti d’oro. È possibile cogliervi un’allusione alla complessa relazione maestro-allievo, la quale, se ben nutrita, può dare ottimi frutti; un invito agli allievi, di oggi e di domani, ad ascoltare la parola dei propri maestri.