La sala studio del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi
elisa.paggetti@beniculturali.it
Abstract
L'articolo richiama l'attenzione del lettore sull'organizzazione di una sala di studio delle stampe e dei disegni e mette in evidenza il fatto che essa richiede una notevole quantità di materiale di consultazione specializzato e personale ben informato, rendendola più simile a una sala di lettura di libri rari che a una parte di un museo. L'occasione per questa riflessione parte dall'esperienza dell'autore come stagista presso il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, nell'ambito della Scuola Vaticana di Biblioteconomia. L'articolo descrive gli spazi recentemente rinnovati della sala di studio: si discutono i pro e i contro delle scelte architettoniche e si inserisce una riflessione sul termine gabinetto.
English abstract
The article draws the reader’s attention to the organisation of a Prints and Drawings Study Room and highlights the fact that it requires a considerable amount of specialised reference material and well-informed staff, making it more similar to a rare books reading room than to a part of a museum. The occasion for this consideration is started off by the author’s experience as an intern at the Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, as part of the Scuola Vaticana di Biblioteconomia. The paper describes the recently renovated spaces of the study room: the pros and cons of the architectural choices are discussed and a reflection on the term cabinet is included.
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Un bilancio a sei anni dall’inaugurazione
Il presente testo è stato elaborato nell’ambito di un tirocinio di 300 ore svolto presso il Dipartimento Biblioteca e Archivi delle Gallerie degli Uffizi, come parte integrante del corso biennale della Scuola Vaticana di Biblioteconomia. Il tirocinio si è svolto a “cavallo” di due istituti, ciascuno con una storia e caratteristiche proprie, ma uniti dal punto di vista organizzativo e del personale. Ciò è evidente soprattutto nelle attività di catalogazione in OPAC e collocazione a scaffale dei volumi del Gabinetto Disegni e Stampe (GDS), svolte da personale della Biblioteca degli Uffizi (BDU), che, inoltre, riceve e tratta parte delle nuove acquisizioni bibliografiche e i fascicoli in abbonamento. Anche dal punto di vista degli utenti che volessero usufruire delle risorse di entrambi gli istituti, le due sale sono più facilmente fruibili come una unica biblioteca, grazie al trasferimento, dal 2016, della Sala Studio del Gabinetto Disegni e Stampe in locali raggiungibili direttamente dalla BDU salendo una scalinata (un piano di ascensore).
La Biblioteca degli Uffizi occupa dal 1998 il salone settecentesco della Biblioteca Magliabechiana. Le sue raccolte, precedentemente situate in un lato dell’ex Ridotto del Teatro mediceo, comprendono volumi e documenti fondamentali per ricostruire la storia e la provenienza dei beni delle collezioni museali. Il catalogo è automatizzato dal 1996, nell’ambito della base dati di IRIS, un’associazione interbibliotecaria che riunisce i cataloghi di biblioteche specializzate in storia dell’arte, compresi GDS e Biblioteca della Galleria Palatina, riuniti con la BDU nella Sublibrary “Gallerie degli Uffizi”. IRIS garantisce, nella sede della BDU, la disponibilità di una catalogatrice esperta (proveniente dalla Berenson Library) per la formazione del personale.
Il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, con una storia che risale, per le sue origini, al primo collezionismo mediceo del XV secolo, è ricco di circa 177mila disegni e stampe ed è visitato annualmente da un numero tra i 1.000 e i 1.200 studiosi, che richiedono di visionare anche 30.000 opere ogni anno. Dopo secoli di spostamenti e spesso di mancato riguardo per le caratteristiche materiche della collezione, il GDS assunse una fisionomia di moderna Sala Studio con la sistemazione precedente all’attuale, inaugurata nel 1909 dal primo vero e proprio Direttore del Gabinetto, Pasquale Nerino Ferri. A dare asilo a disegni e stampe furono alcuni dei locali che un tempo ospitavano il Teatro mediceo, di fronte alla Biblioteca, al primo piano degli Uffizi. Qui si trovano tuttora, ristrutturati negli anni Cinquanta dall’architetto Detti, la sala di esposizione e il deposito, con il suo ingente patrimonio cartaceo. La Sala Studio, invece, occupa la sala un tempo appartenuta all’Archivio di Stato di Firenze: grazie a ciò, il GDS ha a disposizione molti metri lineari di scaffalatura in più per la sua fototeca e biblioteca specializzata.
È ancora in atto, quindi, un ampio movimento di libri che da vecchie localizzazioni, in particolar modo dalla BDU, possono ora riversarsi negli armadi che circondano gli studiosi di stampe e disegni. Parte del tirocinio si è svolta come assistenza a questo processo, con un lavoro di identificazione in IRIS, preliminare alla catalogazione dei volumi o, più spesso, alla cattura di descrizioni già esistenti. Contestualmente, la vecchia segnatura alfabetica dei volumi viene sostituita con una nuova “parlante” (ad esempio, da [Biblioteca degli Uffizi] A.127/13 a [Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi] Mostre/Vienna/1983/1). Come è noto, porre cartellini con l’indicazione della segnatura chiari e leggibili è parte degli imprescindibili interventi di manutenzione tesi a garantire la facilità d’uso dell’insieme dei volumi messi a disposizione del pubblico; in questo caso si tratta proprio di permettere il reperimento dei volumi da parte di personale diverso e, in prospettiva, da parte degli utenti.
Negli scaffali che fino a pochi anni fa ospitavano gli apparati della Sala Studio ora si trova la sezione “Duplicati”, un luogo in cui si percepisce la nuova sinergia tra BDU e GDS nell’ambito delle risorse bibliografiche, dal punto di vista del désherbage. È evidente, infatti, che un volume già segnalato come doppia copia identica di uno posseduto dal Gabinetto, qualora avesse un altro omologo anche nella Biblioteca, potrebbe ora essere identificato come terza copia e dismesso senza rimpianti. Nel momento in cui l’utente può avere accesso a una risorsa nell’una o nell’altra sala di lettura, con il posseduto rintracciabile nello stesso OPAC, non è più necessario trattare i due fondi come inesorabilmente distinti e, salvo specifiche necessità o particolarità dell’esemplare, un giorno non sarà più necessario tenere la stessa opera in entrambe le sale.
Oltre agli aspetti del servizio prettamente legati ai fondi grafici degli Uffizi, l’assistenza in Sala Studio implica la dotazione di una serie di repertori. Può, inoltre, essere necessario rivolgersi al personale specializzato nel restauro per esigenze tecniche. Il reference a distanza (via email) viene svolto primariamente dalla Curatrice e riguarda, in genere, domande sulla presenza o meno di una determinata stampa nella collezione (il catalogo più recente è del 1938), o in quali cataloghi è stata pubblicata più recentemente una determinata opera.
La conoscenza dell’utenza di riferimento è presupposto per qualsiasi attività di progettazione, gestione e riflessione, pertanto, è d’obbligo riportare alcune note: l’utente tipico è una persona matura, con ampie conoscenze nelle arti grafiche ed esperienze pregresse nell’uso degli strumenti bibliografici e catalografici a disposizione, pertanto tenderà a interrogare l’assistente non tanto sull’esistenza di un dato repertorio o volume, ma sulla sua presenza e ubicazione in sala. L’utilizzo che più spesso chiama in causa sia le stampe che le monografie possedute è quello da parte di dipendenti interni e studiosi che organizzano mostre. Non mancano, però, all’altro estremo, utenti giovanissimi, che, spesso, si cimentano per la prima volta con la ricerca in occasione della tesi magistrale. Per questi ultimi il personale di sala sarà un indispensabile punto di riferimento, per definire il quale non si esiterà a usare l’espressione “bibliotecario di reference”, anche se posto in essere da impiegati con le qualifiche più varie.
L’ evoluzione del cabinet
A questo punto può essere interessante riflettere sul concetto di cabinet, dal quale derivano sia gabinetto che Kabinett nell’uso per i disegni e le stampe. All’inizio (XVI secolo) la parola appare legata ad aspetti molto concreti, ovvero al mobile caratteristico, dotato di molti cassetti, a partire dal quale, per una sorta di sineddoche o di estensione, ci si riferisce all’intera stanza. È innegabile che le stampe e i disegni, specialmente per la moderna sensibilità che ne richiede la conservazione ottimale, sono sovente depositati orizzontalmente in cassettiere apposite. Tuttavia, dietro l’uso della parola cabinet c’è molto di più. Già nella sua origine vi è anche il richiamo a una piccola stanza vicina agli appartamenti privati di un nobile, adibita alla raccolta di oggetti d’arte, o comunque rari e preziosi, e al loro apprezzamento in un ambiente intimo, dove tutto è a portata di mano.
In effetti, la formazione della raccolta del Gabinetto degli Uffizi, la più antica rispetto ad altre raccolte pubbliche italiane, è un raro esempio di grande collezione di una famiglia principesca, rimasta più o meno intatta, e ampliata, successivamente, con le acquisizioni di un ente statale. In origine, le stampe oggi al GDS facevano parte delle collezioni personali dei granduchi e principi medicei, disseminate nelle dimore da essi preferite e, quindi, principalmente a Palazzo Pitti, ma anche a Palazzo Vecchio, nelle ville fuori città e nei luoghi di studio e di villeggiatura. Al fondo principale del Cardinale Leopoldo, negli anni Settanta del Settecento si unì un grosso nucleo di stampe dai conventi soppressi dei Gesuiti, acquisito da Bencivenni Pelli. Finalmente, in Galleria venne allestito per la grafica un apposito gabinetto, diverso dai molti altri presenti perché “ordinato a foggia di Biblioteca […]. In questa guisa può talora osservarsi entro una biblioteca, meglio che in una quadreria, il valore e l’abilità degli artefici”. Si è ormai oltre la Wunderkammer: lo studioso non può esaminare le opere se esse sono appese a una parete distante, stando in piedi, e nemmeno in una saletta senza alcuno strumento bibliografico, ma avrà bisogno di un luogo “più simile nella sua funzione ad una biblioteca di codici rari o ad un archivio”.
Purtroppo, nell’Ottocento, molti disegni e stampe furono estrapolati dai bei volumi o dalle apposite cassettiere in mogano in cui erano riparati e vennero esposti nei corridoi della Galleria. Come sappiamo, ai primi del Novecento di nuovo si farà riferimento a un luogo ristretto, certamente, in parte, poiché spesso le opere grafiche sono per pochi addetti ai lavori. Ma questo particolare segmento della produzione artistica, in realtà, è “assai trasversale ed ampio”. Oggi un gabinetto disegni e stampe deve accogliere studiosi che ricostruiscono filiazioni, dispersioni, passaggi di proprietà, le acquisizioni (fino a notare i relativi prezzi) e i doni (di volta in volta con le loro motivazioni). A questo proposito, si tenga presente che le stampe, per il fatto di essere oggetti facilmente trasportabili e per il loro carattere di non unicità, costituirono fin da tempi molto precoci un mezzo efficacissimo di pubblicizzazione e di diffusione di idee e di ispirazioni, creando una rete di reciproci scambi tra i vari centri artistici d’Europa e rapporti che per i ricercatori potrebbe essere interessante ricostruire.
Già al tempo di Ferri, come oggi, presso il Gabinetto “si svolgevano tutti gli interventi tecnici di restauro e di conservazione che si rendevano necessari per i disegni e le stampe, compresa, probabilmente, la rilegatura di libri e strumenti di consultazione, che sempre accompagna lo studio di queste opere”. Lo stesso Ferri accompagnava e aggiornava i cataloghi con fitte annotazioni, ipotesi di attribuzione, dati storici e pareri critici, anche interfogliandovi ulteriori carte e modificando i fascicoli. Un esempio è l’esemplare di Ferri dell’opera La scrittura di artisti italiani sui maestri Carlo Pini e Gaetano Milanesi, impresa che testimonia come in certi casi la storia dell’arte sia fatta anche attraverso esami di tipo paleografico. Eccoci, allora, di nuovo, a riflettere sulla parola “gabinetto”, che va più verso l’accezione di “gabinetto di lettura”.
La Sala studio e i suoi apparati bibliografici
Per ovviare alla crescente domanda di consultazioni e consentire l’esame dei documenti nelle migliori condizioni di spazio, di luce e di sicurezza, nel 2016 è stata approntata una nuova sala studio, completa di biblioteca e fototeca. Il risultato finale è stato lodato come “un centro studi e uno spazio architettonico bellissimo e molto funzionale” caratterizzato dalla “ricerca dell’omogeneità materica e cromatica, le luci progettate con precise direzionalità”, in breve, uno di quei casi in cui l’ambiente è progettato appositamente per la lettura e lo studio dei fogli, a testimonianza dell’attenzione data alla consultazione in loco. Tutti i tavoli sono rivestiti in pelle (come, del resto, nella sede precedente); strutture e arredi sono in rovere. L’impressione generale è sicuramente molto positiva e ricorda gli ambienti di alcune biblioteche del nord Europa, molto luminose e apprezzate per la facilità di orientamento e di comprensione del funzionamento dei servizi, una semplicità d’uso e una fisicità gradevole che sicuramente aumentano il valore percepito da parte degli utenti rispetto all’identità e all’autorevolezza dell’istituto. La sala principale è affiancata da un’altra sala parallela, più stretta, molto utile come ambiente parzialmente separato che può essere messo al buio per l’esame delle filigrane. Il tutto si trova nelle immediate vicinanze dell’ufficio della Curatrice e dei depositi, dove non è difficile rintracciare anche i restauratori (indispensabili per consulenze sui supporti e i controfondi): con il tramite degli assistenti in sala, quindi, l’utente può trovarsi in uno spazio di scambio, di confronto e di partecipazione.
Nonostante gli aspetti positivi, si riscontra ben presto una criticità: benché gli armadi addossati alle pareti siano aperti al pubblico, i volumi sono oscurati alla vista da sportelli e, spesso, quando si cerca una data risorsa, è necessario fare più di un tentativo per trovarla. È disponibile una lista delle sezioni, piuttosto difficile da consultare (anche perché è ordinata secondo il numero attribuito all’armadio, ma non è subito chiaro dove questo sia rispetto alle postazioni). Questo problema che, a parere di tutti, non può essere risolto sfigurando gli armadi con cartellini esterni, può essere superato con l’intervento del personale, purché bene informato sulla localizzazione delle sezioni bibliografiche. In questo particolare momento, però, non tutto il personale sa dire immediatamente dove potrebbe essere collocato un libro, poiché chi è più “anziano” è abituato agli scaffali in uso fino al 2016, il nuovo personale è attinto dalla sorveglianza museale e ricordiamo che gli armadi sono gestiti anche da colleghi di norma in servizio alla BDU. È sembrato subito che fosse utile preparare una sinossi che, per quanto rudimentale, fosse di più rapida lettura e, soprattutto, vere e proprie mappe delle due sale, anche nella prospettiva di esporle come segnaletica per gli utenti. Lo scopo, quindi, è duplice: da un lato non far perdere tempo all’utente e trovare al più presto la risorsa, dall’altro dare un aiuto concreto per imparare a sfruttare autonomamente l’apparato di volumi a disposizione.
Il primo passo è stato quello di procedere alla creazione di mappe rispecchianti i rapporti spaziali immutabili tra gli armadi, gli ingressi, le scale, nonché quegli armadi che, pur essendo esternamente uguali agli altri, nascondono l’impianto di climatizzazione. Queste piantine (quattro in tutto) resteranno sempre utilizzabili qualunque sia la gestione che si vorrà fare delle scaffalature alle pareti. Volendolo fare, anche se sono schemi in bianco, sono già utilizzabili così, quando si è già trovata la segnatura di una risorsa desiderata nell’OPAC IRIS e il numero di armadio nella vecchia lista topografica delle sezioni (o in quella alfabetica ora proposta). In realtà, però, sono di maggiore interesse le mappe riempite, che possono agevolmente essere sviluppate in formato A3, per ottenere una sorta di “cartellone”, ed essere appese alla parete, o apposte su totem, in punti strategici. Il formato A4 è, invece, obbligato se si dispone soltanto di una stampante piccola, ma comunque funzionale per l’uso da parte degli assistenti in sala. Il contenuto degli armadi è riportato direttamente nelle caselle che li rappresentano, con gli estremi delle collocazioni dei ripiani inferiori e superiori, che sono stati visionati uno per uno. Si tratta, ovviamente, di un lavoro destinato a non essere mai definitivo, poiché la collezione è un organismo sempre in movimento. Gli schemi fotografano la situazione attuale, nella quale, per esempio, le Miscellanee risultano ancora divise tra la sala principale e il ballatoio della Sala B, in attesa dell’occasione degli spostamenti necessari al ricongiungimento. Tuttavia, una simile scansione, aggiornata periodicamente, è un ausilio sia per le ricerche mirate di titoli, sia per quelle a soggetto e per le situazioni meno determinate in cui l’utente non sa di cosa potrebbe avere bisogno, ma può scoprirlo se indirizzato verso la sezione giusta.
Gli studiosi cercano soprattutto testi di riferimento sulle filigrane e fanno indagini sulle tracce di chi, sui propri fogli, mise una marca o un segno distintivo (timbri ad inchiostro o a secco, o iscrizioni, con cui singoli collezionisti o enti identificavano disegni e stampe di loro proprietà); oppure sfogliano cataloghi di fondi storici o di mostre, contenenti saggi illuminanti. Questo tipo di risorse è convenientemente collocato a portata di mano. Non è detto che tutti i repertori necessari siano presenti al GDS, alcuni fanno parte dell’universo bibliografico esterno agli Uffizi, che può essere agevolmente richiamato tramite il catalogo del consorzio IRIS e reperito in altri istituti, senza dimenticare le risorse online. Oltre agli inventari e ai repertori, i ricercatori indagano tutta una serie di documenti per ricostruire le trame del collezionismo: le fonti primarie, i carteggi, le memorie di viaggiatori, collezionisti o mercanti, cataloghi di vendite (soprattutto stranieri), appunti di eruditi locali e di amatori di vario tipo, notizie su eventi e argomenti specifici e pubblicazioni più o meno antiche e rare o moderne e aggiornate. L’ordine in cui sono disposte le opere è, almeno in parte, analogo alla disposizione che gli utenti possono trovare in altre biblioteche storico-artistiche. Un quadro delle varie tipologie è stato predisposto durante il tirocinio, sia per sistematizzare l’esame conoscitivo della collezione, sia per esaudire una richiesta di alcuni assistenti di sala, spesso in difficoltà nel reperire i volumi desiderati.
Consultazione e reference
La biblioteca del GDS degli Uffizi fa parte della categoria delle biblioteche dei musei e, come tale, si pone come obiettivo supportare con le sue raccolte la funzione di ricerca del museo stesso. È orientata all’erogazione dei servizi direttamente al personale del museo e degli specialisti che collaborano alle attività istituzionali, in quanto è uno strumento di lavoro indispensabile e necessariamente sempre a totale disposizione dei suoi utenti primari: ciò spiega perché il prestito diretto è concesso solo a questi ultimi. Allo stesso tempo, la tipologia e la qualità degli strumenti di mediazione sono intimamente connessi con le caratteristiche delle raccolte e dell’utenza esterna, al cui servizio ci sono la Curatrice o i restauratori, per le consulenze più complesse, e gli assistenti, per l’organizzazione delle opere di consultazione e le indicazioni utili alla ricerca, poiché “solo se esiste personale, la raccolta si trasforma in un servizio di biblioteca; prima è soltanto una potenziale risorsa (interna o esterna), più o meno utilizzata”.
Sia nel caso del GDS che della BDU, si tratta di istituzioni specializzate, nelle quali le raccolte e gli apparati si sono stratificati nel tempo secondo la preoccupazione di dotarsi delle opere indispensabili all’approccio e alla ricerca nelle discipline di specializzazione, perseguendo un costante aggiornamento e procedendo in senso sempre più analitico. Per istituti come il GDS, fare reference significa anche dare alle stampe numerose pubblicazioni sui propri fondi, in modo che possano diventare strumenti per gli studiosi. La Sala Studio, con i membri del personale e il loro lavoro di mediatori di informazione, diventa punto di riferimento per proporre risorse autorevoli e utili alla formazione di nuova conoscenza, che si raggiunge, con processi certamente non lineari, ma dinamici, con l’interpretazione e confronto tra reti di informazioni e vecchie conoscenze.
Il quesito posto dall’utente, spesso, è un’incertezza da cui consegue un dialogo in cui “la corretta comprensione del quesito e la ricerca di una risposta adeguata mediante l’utilizzo degli strumenti più efficaci fra quelli a disposizione si rivelano dunque indispensabili perché la mediazione si realizzi con successo nel suo senso più pieno”. In questo senso, gli assistenti in Sala al GDS, anche qualora non fossero specialisti, hanno il ruolo importantissimo di mettere a loro agio gli utenti nel porre domande e di mostrare disponibilità a tutti, individuando caso per caso la modalità di assistenza migliore. Gli utenti cercano e trovano qui un rapporto personale di fiducia, chiedono il nome dell’assistente, anche perché, spesso, pianificano più visite consecutive. La Curatrice, dal canto suo, essendo lei stessa una studiosa del settore, conosce le esigenze e gli inconvenienti che gli studiosi possono avere con i repertori (Hollstein, Briquet, Piccard, Nagler…). Come abbiamo visto, il personale a contatto con il pubblico è il primo a sentire la necessità di avere già predisposti quegli strumenti che possano intanto soddisfare le presumibili domande di carattere più generale. E quanto più ampio e complesso diventerà l’apparato, tanto più ci sarà bisogno di strumenti ausiliari mirati, che vadano oltre il semplice catalogo in linea, per gestire da un punto di vista informativo l’apparato bibliografico. Le prospettive per gli armadi della Sala Studio rimangono, dunque, aperte, nell’ottica della gestione delle collezioni e di un continuo miglioramento dei servizi: maggiore efficacia e funzionalità del servizio sia dal punto di vista del controllo interno, sia dal punto di vista esterno offerto agli utenti (in presenza e non). L’obiettivo, ovviamente, non è quello di creare una griglia chiusa a successivi sviluppi, ma quello di mantenere la potenzialità informativa di una collezione così ricca attraverso cataloghi e strumenti.
Abbiamo accennato all’impegno di Pasquale Nerino Ferri per la catalogazione completa della raccolta e sull’ambiente proposto agli utenti come parte dell’attenzione alle loro esigenze, già ai primi del Novecento. La necessità stessa di raccogliere risorse bibliografiche è ed è stata determinata dai bisogni formativi e informativi degli studiosi. Oggi l’intera Sala e tutte le attività biblioteconomiche connesse fanno parte del reference: tutta l’organizzazione è predisposta per facilitare l’accesso alle informazioni secondo le esigenze dell’utenza, dall’OPAC condiviso di ambito settoriale a prodotti “su misura” per la ricerca. Tutto questo si può trovare in un luogo che è anche una comunità di studiosi. Un luogo in cui, attraverso l’interazione di fonti informative diverse tra loro, fra aspetti iconografici, topografici, bibliografici, materici e con l’incontro, il dialogo e la partecipazione, le persone possono pervenire alla conoscenza e alla formulazione di nuovi contributi. Insieme un luogo della memoria e della tutela del passato e un laboratorio della conoscenza.