Sollecitare la transizione alla nuova generazione di metadati
Senior Program Officer, OCLC Research, titia.vanderwerf@oclc.org
Abstract
I metadati stanno cambiando. Per aiutare la comunità bibliotecaria a comprendere l'impatto che questi cambiamenti possono avere e cosa significano per loro, l'OCLC ha organizzato conversazioni con specialisti di metadati e leader del settore. Questo articolo riporta alcune delle conversazioni che si sono svolte nell'ambito della serie di tavole rotonde all'inizio del 2021. L'articolo mette in evidenza il panorama europeo e globale emergente dei metadati di prossima generazione e gli approcci coordinati e collaborativi che sono stati individuati per guidare questa transizione.
English abstract
Metadata is changing. In order to help the library community understand the impact these changes can have and what it means for them, OCLC has been facilitating conversations with metadata specialists and leaders in the field. This article reports back on some of the conversations that took place as part of the series of round table discussions in early 2021. It highlights the emerging European and global landscape of next generation metadata and the coordinated and collaborative approaches that were identified as driving this transition.
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L’impatto del cambiamento approfondito in una serie di tavole rotonde a livello europeo
Introduzione
I metadati stanno cambiando. Il cambiamento coinvolge l’intero ambiente online ed è fondamentale che si realizzi affinché i flussi di dati prodotti dalle parti interessate possano essere efficienti. Stiamo riscontrando cambiamenti nelle comunicazioni accademiche, nelle analisi delle ricerche, nella catena di fornitura dei record bibliografici e in molti altri campi in cui i metadati giocano un ruolo fondamentale. Anche gli standard, le infrastrutture e gli strumenti stanno cambiando. Per aiutare la comunità bibliotecaria a capire quale possa essere l’impatto di questo cambiamento e quali potrebbero essere le relative ripercussioni, OCLC promuove continue discussioni con gli specialisti dei metadati e con gli esperti in questo campo. Il report di OCLC Transitioning to the Next Generation of Metadata, pubblicato nel 2020 e ora tradotto in italiano, conferma le nostre intuizioni.
Nel marzo 2021, per discutere gli argomenti trattati nel report citato, si sono svolte a livello europeo una serie di tavole rotonde alle quali hanno partecipato 86 professionisti provenienti da 71 diverse istituzioni (per lo più biblioteche accademiche, agenzie bibliografiche e biblioteche nazionali); gli incontri, tenutisi in modalità online, si sono svolti in sei diverse lingue. Durante le sessioni guidate, la questione del passaggio a una nuova generazione di metadati è stata approfondita prendendo in considerazione il modo in cui sta avvenendo e cosa è necessario fare per incoraggiarla; sono stati riportati interessanti esempi di iniziative condotte a livello nazionale, regionale e globale. In questo articolo verranno presentati alcuni approcci di collaborazione e coordinamento emersi, al fine di favorire il passaggio alla nuova generazione di metadati.
Le discussioni delle tavole rotonde
Partendo dal presupposto che è ben noto a tutti “perché” e “quale” deve essere il futuro dei metadati, obiettivo delle tavole rotonde è stato quello di porre l’attenzione sulla questione pratica del “come” e “con chi”. La questione chiave è stata così formulata:
Come possiamo realizzare il passaggio ad una nuova generazione di metadati in modo adeguato e sostenibile, cercando di costruire un ecosistema interconnesso piuttosto che un giardino pieno di silos?
Per rispondere a questa domanda è fondamentale, in primis, compiere le azioni necessarie a individuare una visione condivisa di questo futuro ecosistema – azioni spiegate chiaramente da Jane Daniels, moderatore della sessione della CILIP Conference 2020 durante la quale è stato presentato il report di OCLC Reseach: Transitioning to the Next Generation of Metadata.
Ho letto il rapporto tutto d’un fiato, in effetti l’ho letto più di una volta ed ogni volta penso: sì, mi è chiara la direzione verso la quale dobbiamo andare. Ma la questione è: quali azioni è necessario intraprendere, probabilmente su scala internazionale, affinché ciò che è scritto nel report venga effettivamente realizzato?
Per iniziare la discussione abbiamo chiesto ai partecipanti di mappare i progetti relativi ai metadati di nuova generazione di cui erano a conoscenza in base a tre diverse aree di applicazione:
- dati bibliografici e relativi fornitori;
- dati sul patrimonio culturale;
- metadati per la gestione delle informazioni di ricerca (RIM) e comunicazioni academiche;
- dati non inquadrabili nei tre precedenti, categoria: “Altro”.
Nelle otto mappe restituite dalle rispettive tavole rotonde, si notano molti progetti relativi a dati sul patrimonio culturale e a dati bibliografici, e pochi progetti di gestione delle informazioni di ricerca (RIM); questo riflette l’esperienza professionale dei partecipanti. “Post-it” che riportano esperienze di creazione di identificatori persistenti (PID) – come ISNI, ORCID, VIAF, DOI – sono stati affissi in tutte le mappe, mettendo così in evidenza il valore di questi progetti.
La conversazione si è poi concentrata ad analizzare alcuni dei progetti, dei servizi e delle iniziative segnalate per capire quali sono i passi necessari a realizzare la transizione verso la nuova generazione di metadati in modo adeguato e sostenibile.
Abbiamo capito che l’attenzione delle biblioteche è attualmente focalizzata sulla trasformazione e la pubblicazione dei propri authority file (authority file di nomi e intestazioni di soggetto) al fine di renderli riutilizzabili da terze parti, e che le politiche di gestione aperta dei dati e l’interoperabilità dei framework rappresentano un fattore di fondamentale importanza in Europa. Le biblioteche nazionali, mettendo a disposizione nell’ultimo decennio le loro bibliografie e i loro authority file, sono state pioniere in questo tipo di azioni. Molte biblioteche utilizzano sia questi authority file che quelli internazionali – come l’authority file dei nomi messo a disposizione dalla Library of Congress (LC) NACO Authority file) – altre, invece, hanno la necessità di continuare a lavorare a livello locale. Molte istituzioni dotate di particolari patrimoni culturali o di grandi collezioni accademiche hanno reso pubblici, o hanno intenzione di renderli tali, i propri file di autorità in modalità linked data. La maggior parte di queste istituzioni agisce in autonomia: il risultato è che gli approcci e le implementazioni tendono a essere diverse le une dalle altre e portano a soluzioni idiosincratiche e impegnative. Questo problema è stato più volte sollevato durante le tavole rotonde.
Nel corso delle discussioni sono state prese in considerazione iniziative innovative che potrebbero creare le giuste opportunità di collaborazione. Nella sezione che segue presenteremo alcuni esempi di proficue collaborazioni sviluppate a livello nazionale e globale.
L’esperienza della comunità francese
In Francia, la collaborazione tra le due principali agenzie bibliografiche – la Bibliothèque nationale de France (BnF) e la Bibliographic Agency for Higher Education (Agence bibliographique de l’enseignement supérieur, Abes) – è stata concepita come un passo necessario alla realizzazione della transizione. BnF e Abes sono state stimolate a collaborare sia per cercare di definire i termini per la produzione e la pubblicazione di metadati, sia per l’opportunità che avrebbero avuto, sfruttando le politiche di gestione aperta dei dati, di usare e riusare i metadati. Obiettivo di questa collaborazione è stato quello di massimizzare i benefici della centralizzazione, della normalizzazione e dell’efficienza in fase di produzione e pubblicazione dei dati. Le due agenzie hanno deciso di creare e popolare il French National Entity File (NEF) e di produrre dati bibliografici creati in base a procedure e standard concordati e basati sui modelli RDA e IFLA. Al fine di coinvolgere la comunità archivista e bibliotecaria francese hanno dato vita al Programma di transizione bibliografica che, riportando le loro parole, “desidera supportare tutte le parti interessate durante i cambiamenti indotti da una profonda evoluzione normativa e tecnologica”. Il programma prevede: la massiccia elaborazione, il refactoring e la pubblicazione dei record del patrimonio francese esistenti; l’adozione nazionale di nuove norme di catalogazione (attualmente in fase di sviluppo); la consultazione con i fornitori di sistemi e di software gestionali per le biblioteche e, infine, opportunità di formazione specialistica per catalogatori ed esperti di metadati affinché possano realizzare il passaggio alla nuova generazione di metadati.
L'esperienza della comunità olandese
La Dutch Network for Digital Heritage (NDE) guida la transizione del patrimonio culturale olandese e riunisce istituzioni nazionali come biblioteche, archivi, musei e media, il mondo dell’architettura e l’Academy of Sciences’ Humanities Cluster, con l’obiettivo di attuare la strategia nazionale per il patrimonio digitale messa a punto dal Ministro dell’educazione, cultura e scienze. Il Ministro olandese, a sua volta, cerca di allineare la propria strategia a quella dell’European Interoperability Framework (EIF), che promuove l’interoperabilità digitale nelle pubbliche amministrazioni a livello europeo. Come risultato, la NDE ha sviluppato il Digital Heritage Reference Architecture (DERA) che, cosa molto importante, prevede l’applicazione dei principi dei linked data per la pubblicazione e il collegamento dei dati. Compiti e ambizioni della NDE non riguardano solamente la guida della transizione bibliografica, ma indirizzano l’intera strategia digitale del settore culturale. D’altro canto, bisogna segnalare che il suo impatto è limitato all’adozione volontaria delle buone pratiche e delle linee guida, poiché non esiste un coordinamento centrale o una roadmap che indichi le tappe da seguire durante il passaggio alla nuova generazione di metadati.
In ogni caso la rete che si è venuta a creare è influente e attiva nella sensibilizzazione, nella condivisione delle conoscenze, nella formazione dei professionisti e nello sviluppo del patrimonio digitale al fine di stimolare il passaggio dell’intera comunità olandese e tutte le parti interessate alla nuova generazione di metadati.
L'esperienza della comunità italiana
L’esempio francese e quello olandese risultano molto diversi per scopi e obiettivi, ma l’intento di entrambi è quello di permettere alle rispettive comunità di compiere un passaggio collettivo e inclusivo verso la nuova generazione di metadati; inoltre, le due comunità sono testimonianza dell’impatto delle politiche collaborative auspicate dall’UE nel settore bibliotecario e culturale. Anche se il principio “digital-by-default, cross-border-by-default and open-by-default” (digitale, interoperabile e aperto di default) è ampiamente condiviso, l’impatto delle politiche europee non è lo stesso in tutte le nazioni.
Le nostre conversazioni con i partecipanti italiani ne forniscono un esempio. In Italia, le politiche dell’UE in materia di dati pubblici non hanno portato a una forma consolidata di mobilitazione comunitaria su scala nazionale. Questo atteggiamento è stato riscontrato dai partecipanti, numerosi e attenti, alla tavola rotonda che si è svolta in Italia. Durante le discussioni è stato evidenziato che le Linee guida per l’interoperabilità semantica attraverso i Linked Open Data, ispirate dal citato EIF, sono state tra le prime a essere pubblicate in Europa agli inizi del 2013. Questa iniziativa ha portato alla creazione di OntoPIA, un progetto che crea e sviluppa strumenti e strutture semantiche: modelli interconnessi, ontologie e vocabolari controllati da utilizzare nelle pubbliche amministrazioni. L’insieme delle ontologie di OntoPiA contiene risorse semantiche rilevanti per la gestione del patrimonio culturale italiano, inclusi i dati per l’individuazione e la datazione di eventi e siti culturali. I partecipanti alla tavola rotonda hanno riportato che, mentre il progetto OntoPiA è sostenuto e vincente in alcuni settori della pubblica amministrazione, linee guida, standard e strumenti di interoperabilità sono stati – finora – impiegati in modo parziale nel mondo della biblioteconomia e del patrimonio culturale; mondi che risultano essere frammentati, eterogenei e basati su progetti finanziati una tantum. È stato notato che progetti innovativi, derivanti da esigenze e realtà pratiche e complesse, spesso non hanno possibilità di ampliare il loro impatto al di là del contesto locale. Si è inoltre concordato sulla necessità di una specifica preparazione professionale finalizzata a sostenere i cambiamenti in atto nel campo dei metadati. Il trasferimento delle buone pratiche, delle conoscenze degli standard e delle tecnologie deve essere contestualizzato nell’ambiente bibliotecario. I partecipanti credono che un maggior coordinamento e un approccio di tipo collaborativo a livello nazionale potrebbero facilitare una transizione alla nuova generazione di metadati fluida e graduale; sperano, inoltre, che OCLC aiuti a promuovere e guidi questo cambiamento creando occasioni per continuare le discussioni nate durante questi incontri, occasioni che sembrano aver fornito l’opportunità per imparare gli uni dagli altri, contribuendo a costituire un senso di comunità per andare avanti insieme.
Durante le discussioni è stato menzionato il progetto SHARE family. Questa iniziativa di Casalini (fornitore italiano presso le biblioteche di libri pubblicati nell’Europa meridionale) è parte del progetto statunitense LD4P, e agisce in stretta collaborazione con l’US Program for Cooperative Cataloguing (PCC) community. Dal 2016 il progetto SHARE family sta sperimentando il passaggio dalla catalogazione tradizionale al collegamento di entità basandosi su BIBFRAME, il modello di linked data per la descrizione di dati bibliografici sviluppato dalla Library of Congress. Questo esempio ci porta alla sezione successiva, che riguarda la mobilitazione della comunità su scala globale.
Oltre alle esperienze nazionali e alle azioni poste in essere per esortare il passaggio alla nuova generazione di metadati da parte delle varie comunità, abbiamo anche sentito parlare di azioni su larga scala svolte da comunità molto attive nella gestione di hub ricchi di dati relativi al controllo d’autorità, alla catena di fornitura di record bibliografici, al patrimonio culturale, alla gestione delle informazioni di ricerca (RIM) e alla comunicazione accademica. A tal proposito, durante le varie sessioni, sono stati spesso citati: PID-hubs, Wikidata, LC/NACO Authority File, VIAF e il progetto Shared Entity Management Infrastructure (SEMI) di OCLC.
Hub di identificatori persistenti
I PID (Persistent Interoperable Identifiers) che possono essere applicati come URI dereferenziabili svolgono un ruolo cruciale nella prossima generazione di metadati poiché possono essere riutilizzati e integrati sul web in modalità linked data. Stiamo assistendo al consolidamento di specifici PID in determinate aree: ISNI, per quanto riguarda gli autori, i libri e le opere creative; ORCID per gli autori di opere accademiche; DOI per le opere digitali; ISMI per i manoscritti; ROR per gli enti di ricerca ecc. Ogni hub di identificatori si rivolge alla propria comunità di riferimento fornendo le infrastrutture tecniche e sociali per la creazione e l’uso di identificatori persistenti interoperabili.
I partecipanti hanno descritto le procedure usate dalle loro biblioteche per aggiungere i PID agli authority record al fine di ottenere grandi quantità di dati interoperabili; si è anche parlato di come gli hub vengano alimentati dai dati prodotti dalle biblioteche (e viceversa), cosa che ne consentirà l’impiego anche in altri settori. In tal modo viene accelerato l’impiego dei PID e si contribuisce a raggiungere un enorme numero di dati in aree quali la gestione delle informazioni di ricerca (RIM) e la catena di fornitura di record bibliografici. Le principali biblioteche accademiche spagnole, nel tentativo di passare dal lavoro di autorità basato sui record alla gestione dell’identità basata su PID, stanno attualmente implementando, con i propri dati bibliografici e authority record, sia i portali di ricerca delle università che il database ORCID. Le biblioteche nazionali e le agenzie bibliografiche che svolgono funzioni di registrazione per i PID stanno sistematicamente incorporando questi ultimi nella catena di fornitura di record bibliografici per favorirne la razionalizzazione e per rendere i PID disponibili qualora i catalogatori fossero in grado di scaricarli. La British Library, ad esempio, sta collaborando in modo proattivo con gli editori inglesi per incoraggiarli ad utilizzare gli ISNI: il risultato è che i file ONIX prodotti dagli editori stanno iniziando ad inserire gli ISNI di autori di libri e di opere.
Hub bibliotecari di voci di autorità per i nomi
Sia il VIAF che il LC/NACO Authority file possono essere considerati hub globali di voci di autorità. Entrambi sono implementati da centinaia di biblioteche sparse in tutto il mondo e rappresentano, per l’intera comunità bibliotecaria, una fonte autorevole per la verifica o per la selezione dei nomi durante il processo di catalogazione; hanno obiettivi diversi ma, in qualche modo, sono complementari. VIAF è un insieme di authority file provenienti da diversi paesi e offre un accesso multilinguistico. Il LC/NACO Authority file è una risorsa condivisa, implementata dalla Library of Congress e dai partecipanti al PPC NACO.
Molti dei partecipanti alle tavole rotonde hanno concordato sulla convenienza e l’utilità, per le biblioteche, di poter attingere alle voci di autorità di LC/NACO anziché dover creare e mantenere file di autorità locali. La disponibilità di voci di autorità dereferenziabili attraverso URI o PID, e la possibilità di collegare i record del catalogo locale a hub di autorità globali, renderebbe il processo di ricerca e collegamento ancora più efficiente, accurato e conveniente. Durante la sessione della tavola rotonda inglese, sono stati menzionati alcuni progetti in corso di realizzazione finalizzati ad un’implementazione massiva di PID nel LC/NACO Authority file. La comunità inglese sta collaborando con OCLC per confrontare sistematicamente le voci ISNI con le voci VIAF e fornire un file di riconciliazione che consenta ad OCLC di aggiornare il VIAF con gli ISNI più recenti. Questi identificatori potrebbero quindi essere trasmessi alla Library of Congress, la quale potrebbe utilizzarli per aggiornare i propri authority file. Come uno dei partecipanti ha dichiarato:
Con sei milioni di file da aggiornare, questo progetto rappresenta un esempio, dinamico e all’avanguardia, di impiego di metadati di nuova generazione che dovrà superare la notevole sfida della scalabilità per avere successo a livello globale.
Wikidata
Wikidata è un database collaborativo e multilinguistico, curato da una comunità mondiale di volontari, che raccoglie oggetti e concetti astratti. È un progetto di Wikimedia Foundation e incoraggia terze parti e progetti di Wikimedia (Wikipedia incluso) a riutilizzare i dati che mette a disposizione.
I partecipanti alle tavole rotonde hanno descritto progetti di integrazione di link di Wikidata nei cataloghi delle biblioteche (e viceversa), il che contribuisce a popolare Wikidata con i dati delle collezioni. Wikidata è noto soprattutto nell’ambito delle biblioteche dei beni culturali poiché offre loro la possibilità di “codificare” la conoscenza specialistica di una determinata collezione permettendo, poi, di riutilizzare i dati nella comunità Wikimedia. Occorre però sottolineare che i bibliotecari si sono scontrati con le limitazioni di Wikidata poiché i suoi obiettivi sono determinati dalla comunità Wikimedia e non da quella bibliotecaria. Gli enti finanziati con fondi pubblici, anche se mettono a disposizione dati aperti o CC-BY, hanno la necessità di avere il controllo dell’ambiente nel quale operano. La sostenibilità dei progetti è stata un’altra delle questioni sollevate durante questi incontri.
SEMI: l’infrastruttura condivisa per la gestione delle entità di OCLC
OCLC è una organizzazione cooperativa di biblioteche senza fini di lucro la cui comunità si è sviluppata sui principi della catalogazione condivisa. OCLC è attualmente impegnata nella realizzazione di un grafo della conoscenza (knowledge graph) basato sulle informazioni contenute negli authority file (VIAF e LC/NACO authority file), nei record di WorldCat e nei vocabolari controllati (come FAST). Questo progetto prevede un grande impegno dal punto di vista semantico, ad esempio trasformare in dati strutturati tutto ciò che è nascosto nelle stringhe MARC. Una volta in produzione, l’infrastruttura e gli strumenti SEMI (Shared Entity Management Infrastructure) consentiranno alla comunità delle biblioteche di sviluppare e modellare ulteriormente questo grafo della conoscenza; ciò avverrà collegando i propri dati locali e nazionali, collegando le sue entità a dati esterni (non bibliografici) come i PID e aggiungendo nuove entità. Per fare un esempio concreto: supponiamo che la descrizione dell’entità del famoso poeta francese del XIX secolo Charles Baudelaire presente nel French National Entity File (NEF) sia collegata ai dati di entità dello stesso autore in OCLC. Entrambi gli hub fornirebbero dati complementari e il valore aggiunto consisterebbe nel riunire queste informazioni: il file di entità francesi fornirebbe la lista completa di tutte le opere del poeta, mentre il grafo della conoscenza di OCLC, sfruttando i propri dati, fornirebbe la lista di tutte le opere tradotte disponibili nelle biblioteche di tutto il mondo. Tenendo conto dell’ampia portata di WorldCat, i risultati della ricerca potrebbero essere correlati da una serie di risorse, critiche e contemporanee, aventi come argomento lo stesso autore. I casi d’uso che contribuiscono ad aumentare il valore delle biblioteche che possiedono raccolte speciali e uniche, potrebbero portare all’integrazione del grafo della conoscenza di OCLC con altri grafi di domini specializzati (ad esempio hub di dati sulla biodiversità) aumentando così la disponibilità di dati specialistici; tramite questo tipo di implementazione il grafo della conoscenza di OCLC potrebbe espandersi e ramificarsi in domini specifici, come le collezioni medievali. Un partecipante che si occupa di collezioni medievali ha affermato:
Questa prospettiva è molto interessante: finora abbiamo implementato il nostro file di autorità solo manualmente poiché non abbiamo mai avuto modo di catturare le nostre tipologie di materiali medievali nei file NACO (...); questo progetto trasformerà il nostro modo di lavorare: saremo finalmente in grado di collegare i nostri metadati con le istituzioni partner e, finalmente, i manoscritti medievali non saranno più nascosti in una sorta di giardino segreto.
Oltre a svolgere funzioni di hub di dati per la comunità bibliotecaria internazionale, OCLC si impegna a supportare le biblioteche che desiderano contribuire ai grafi della conoscenza in base alla scala di lavoro preferita: locale, consortile, regionale, nazionale o globale. Questa considerazione ci porta ad affrontare il problema relativo alla gestione della scalabilità.
Gestione di scale multiple
È chiaro ormai che non esiste una “giusta scala” per la creazione dei linked data; possono esserci molteplici ragioni per cui ogni istituzione sceglie una scala diversa per i propri flussi di lavoro: competenze locali, efficienza, convenienza, politiche nazionali, economie di scala consortili, internazionalizzazione dell’istruzione superiore ecc.
La sfida diventa quindi quella della gestione di più scale e dell’interoperabilità globale. Andrew Pace, Executive Director, Technical Research di OCLC, pone la questione in termini di “continuum semantico” e descrive la sfida della creazione dei linked data come la necessità di “individuare un equilibrio tra la gestione delle raccolte più movimentate e quelle meno consultate”, in altre parole: occorre essere in grado di bilanciare gli sforzi tra scalabilità, gestione locale e competenze sulle raccolte. Dunque, affinché la creazione dei linked data sia efficace, le biblioteche dovranno “capire su quali collezioni investire prioritariamente e come gestire grandi quantità di dati condivisi ed omogenei, tenendo allo stesso tempo conto di una miriade di raccolte decentralizzate ed eterogenee. Gestire linked data, e lavorare su scale diverse, implica dover rinunciare ad uno stretto controllo dei propri dati e stabilire relazioni di dipendenza da hub esterni gestiti da comunità diverse dalla propria. Come ha affermato un partecipante alla tavola rotonda:
Quando si fa riferimento a dati che sono già stati definiti da altri, si perde il controllo su quell’informazione; questo potrebbe rappresentare un ostacolo mentale per una produzione corretta dei linked data. È molto più sicuro archiviare e gestire tutti i dati nel proprio silo. Ma, nel momento in cui verrà abbandonato questo modo di pensare, si potranno raggiungere risultati che, singolarmente, non verrebbero mai raggiunti.
Rinunciare a uno stretto controllo implica relazionarsi in modo consapevole, condividere gli obiettivi, le soluzioni organizzative e strategiche, i modelli di gestione e la sostenibilità dell’hub con cui si sceglie di collaborare. Significa, inoltre, stabilire quali debbano essere le condizioni d’uso dei dati che si mettono a disposizione per il riutilizzo. Poiché l’ecosistema costituito da hub di dati interconnessi è in continua evoluzione, la condivisione coordinata e consapevole dei dati diventerà uno dei principi base della sua gestione.
Conclusioni
Le conversazioni svoltesi durante le tavole rotonde hanno offerto un’interessante panoramica sulla varietà e sulla complessità dell’emergente scenario, europeo e mondiale, dei metadati di prossima generazione. L’incremento delle attività riguardanti la gestione delle identità basata su identificatori persistenti (PID) e le forniture di record bibliografici rappresenta uno degli argomenti più discussi. Gli sforzi per popolare in modo massivo gli hub globali con PID forniti dalle biblioteche (e viceversa), sono tesi a promuovere la creazione di dati di autorità utilizzabili dalle macchine e a raggiungere una massa critica di dati interoperabili. Questo tipo di hub si sta moltiplicando poiché in grado di rispondere a nuove esigenze come, ad esempio, quelle relative alla catena di approvvigionamento dei record bibliografici e la gestione delle informazioni di ricerca (RIM). Le comunità che vanno formandosi intorno a questi hub contribuiscono a determinarne scopi, obiettivi e usi. Wikidata ha guadagnato popolarità, anche al di fuori della propria comunità e ha attirato l’attenzione di biblioteche e musei; è diventato un punto di riferimento fondamentale per molte istituzioni per quanto riguarda l’interconnessione. La stretta collaborazione avviata negli ultimi anni tra Wikimedia e la comunità bibliotecaria ha contribuito a delineare le possibilità di applicazione dei dati delle biblioteche in Wikidata. Attraverso la sperimentazione di hub interconnessi, sta diventando sempre più chiaro che la direzione che devono seguire le biblioteche è quella di creare propri hub di riferimento ed essere responsabili della condivisione dei loro dati. L’iniziativa francese di costruire un French National Entity File (NEF) e quella di OCLC di creare SEMI sono testimonianza di questa tendenza. Possiamo anticipare che, laddove ha senso assumersi la responsabilità della creazione e del mantenimento di entità nazionali (come gli autori e le loro opere pubblicate), verranno creati degli hub di entità nazionali. Questi hub nazionali assicureranno l’interoperabilità, l’accessibilità e la possibilità di riutilizzo dei loro dati a livello internazionale: in questo modo le entità create dalle biblioteche potranno essere reimpiegate anche su altre scale. Per poter soddisfare l’esigenza delle biblioteche di lavorare in base alle proprie possibilità e rendere i propri dati disponibili a scala globale, stanno emergendo hub internazionali come, ad esempio, l’infrastruttura condivisa per la gestione delle entità di OCLC (SEMI). Tutte queste iniziative rappresentano sforzi consapevoli e condivisibili e sono supportati da una comunità di attori che investe le proprie risorse per agevolare una transizione già percepibile.
Sintetizzando, possiamo concludere che un coordinamento più consapevole implica anche una maggiore consapevolezza del valore e delle possibilità di impiego in diversi contesti dei dati forniti dalle biblioteche: gestione degli identificatori persistenti, delle informazioni di ricerca, ottimizzazione della catena di fornitura di record bibliografici, condivisione di conoscenze enciclopediche o specialistiche. Questa consapevolezza aiuterà le biblioteche a definire le proprie specializzazioni e la scala alla quale vorranno lavorare, e permetterà di scegliere i giusti partner per ottenere il massimo impatto dei propri dati in un ampio ecosistema.
Tuttavia, si riscontrano ancora atteggiamenti non coordinati su scala istituzionale, e le singole biblioteche continuano ad agire in modo autonomo per poter collegare le proprie collezioni ad altre reti di dati. Durante le sessioni delle tavole rotonde abbiamo avvertito, da parte dei bibliotecari, il desiderio di un coordinamento più consapevole finalizzato alla realizzazione del passaggio, condiviso e graduale, alla nuova generazione di metadati.
Il report Il passaggio ad una nuova generazione di metadati in italiano è disponibile a questo indirizzo: oc.lc/nuova-generazione-di-metadati.