N.8 2021 - Biblioteche oggi | Novembre 2021

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La forza della conoscenza nel linguaggio bibliografico

Alfredo Giovanni Broletti

Architetto e PhD in Scienze bibliografiche, Università degli studi di Firenze alfredogiovanni.broletti@unifi.it

Abstract

L'articolo tratta del nuovo libro di Attilio Mauro Caproni Il coraggio di sapere. La bibliografia e il suo infinito intrattenimento, che viene esaminato sotto forma di recensione critica. Vengono portati in superficie gli elementi della teoria della bibliografia, intesa come storia della cultura, che possono fornire ancora oggi un aiuto per comprendere questa complicata disciplina e contribuire al dibattito dell'informatica per costruire un percorso verso il tempo futuro.

English abstract

The paper deals with the new book by Attilio Mauro Caproni Il coraggio di sapere. La bibliografia e il suo infinito intrattenimento, whichi is examined in the form of a critical review. The elements of the Bibliography theory, understood as the history of culture, are brought to the surface, which can still provide help today to understand this complicated discipline and contribute to the debate of information science to build a path towards the future time.

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Un viaggio tra i frammenti di verità nella storia della cultura scientifica: a proposito di un recente volume di Mauro Caproni

Che si tenti di tratteggiare una definizione del concetto camaleontico di bibliografia nell’infinito intrattenimento del sapere è per il lettore un’attesa legittima, in quanto, nell’attuale situazione della disciplina non si può affatto dare per scontato che sia viva la memoria acquisita di una simile realtà, la quale si muove all’interno dell’organizzazione della conoscenza registrata. D’altra parte, Caproni, uno dei protagonisti della cultura bibliografica del nostro paese, scrive che la bibliografia è una scoperta. 

Per prima cosa, si deve far notare come il volume Il coraggio di sapere. La bibliografia e il suo infinito intrattenimento, Manziana (Roma), Vecchiarelli, 2021, uscito in occasione dell’ottantesimo compleanno di Caproni, sia stato concepito molto tempo prima da un’idea di Piero Innocenti, già curatore della miscellanea caproniana del 2006, al quale va il merito di aver ordinato e raggruppato i testi secondo un’attenta sequenza tematica. Innocenti ha inoltre redatto una sostanziosa prefazione, dove, oltre il rigore scientifico e il riordino filologico dei testi, fa emergere la lunga e consolidata amicizia tra i due studiosi. A Filippo Puddu, un giovane studioso, è stata affidata l’introduzione e la curatela del corpus testuale dei sei capitoli componenti il volume, il quale ha saputo ben armonizzare il linguaggio dei singoli testi scritti in un ampio arco temporale, di cui molti già pubblicati e alcuni del tutto inediti. Entrambi i curatori, con il loro puntuale e sinergico lavoro, hanno costruito un frammento prezioso in quel viaggio coraggioso all’interno della storia della cultura bibliografica. 

Il contenuto del libro non delude le aspettative del titolo, lo sguardo d’insieme mostra che si tratta piuttosto di un discorso sulla bibliografia, vista da una molteplicità di discorsi, da prospettive prodotte da tutta una serie di dispositivi che funzionano in istituzioni diverse. Il coraggio di sapere è un viaggio nell’infinito fenomeno della conoscenza e i testi raccolti in questo saggio affrontano i temi in circolo attorno alla cultura scritta. Un percorso nella consapevolezza della conoscenza come propulsore del progresso della società, in quel fenomeno che Caproni dice essere la coscienza della conoscenza. L’opera non si propone come un viaggio verso l’infinito ignoto, ma assume il valore paradigmatico, all’interno del labirintico mondo dei libri, della bibliografia e della biblioteca, di conoscenza della conoscenza per l’elaborazione futura del sapere, il quale nella realtà attuale è dominato dalla superficialità comunicativa della connessione social no-stop.

Il primo capitolo è dedicato al Libro (libri) e Biblioteca (Biblioteche). Qui l’autore esamina il fenomeno dell’interpretazione del pensiero condensato nel volume, il quale mira, nella sua qualità di frammento, a costruire la storia, sia quella importante e sia quella delle vicende minori, per avviare un discorso sul metodo della fissazione e della trasmissione della conoscenza, inteso come ordine del discorso. I libri racchiudono quindi frammenti di sconoscenza oggetto dell’organizzazione sapienziale nelle categorie previste dalla bibliografia, e per l’autore rappresenta una forma d’arte (monumento) anche nella sua dimensione del pensiero, in quanto l’arte rappresenta la memoria, ed entrambe queste entità mirano all’universalità. La conoscenza, nella sua dimensione temporale, racconta la società nel suo essere, e nel momento in cui viene interrogata suggerisce la comprensione di oggi e di domani. Così, mentre le conquiste scientifiche subiscono le conseguenze dell’invecchiamento, il libro (i libri) si propone (si propongono) come una stratificazione, legata al valore del messaggio e alla sua attribuzione autorale, se viene concepito nel rispetto della propria origine scrittoria piuttosto che del suo contenuto testuale. Questo è un punto fondamentale perché i libri rientrano nella historia literaria, dove il pensare e lo scrivere s’incontrano con il fenomeno della lettura e dell’interpretazione. La lettura favorisce i pensieri, mentre i sogni creano nella mente configurazioni astratte, cariche di immagini in cui il binomio leggere e sognare diventa leggere per sognare, e comporta la determinazione, la consapevolezza della libertà dell’individuo in cui l’esperienza del sogno conduce alla perdita spazio-temporale del senso del reale. L’accostamento al sogno si ha in un contatto possibile con la bibliografia nell’approccio critico, quando un testo viene valutato, descritto e interpretato. In una simile forma esperienziale l’autore pone il meccanismo della conoscenza e la sua trasmissione come un incontro tra il lettore e il testo che si realizza nel paradigma kantiano della critica della ragione. Per Caproni l’incontro lettore-testo, in cui l’aspetto elaborativo dell’intelligenza prende forma, può avvenire nel luogo deputato a certificare l’esistenza di una determinata società attraverso le parole scritte nei libri, il quale luogo conserva e tramanda ai fini conoscitivi il sapere, ovvero la biblioteca. È qui che viene esercitato l’aspetto critico dell’intelletto nella ricerca della verità, come espressione del viaggio di un lettore all’interno del libro e quindi nella biblioteca (il concetto del viaggio, anche nelle varianti di percorso, sentiero, cammino, peregrinazione, traiettoria ecc., sarà ricorrente in tutto il libro). Qui la bibliografia sembra accompagnare il lettore nel suo viaggio all’interno del labirinto della conoscenza dove la biblioteca diventa una forma di attenzione per la trasmissione della memoria, e dove il libro rappresenta una categoria, un contesto finito capace di generare l’infinito. La biblioteca viene definita come la passione della ricerca nello slancio del vero, unito alla elaborazione (critica) di tutto ciò che si è potuto acquisire nel contesto del percorso che essa medesima impersonifica. Il senso astratto del libro è connesso a quello della biblioteca secondo due concetti plurali, dice Caproni, perché entrambe queste entità prendono di mira gli interpreti e le interpretazioni della memoria scritta a volte in sintonia a volte in contraddizione. E ancora, libri e biblioteca nel percorso elaborativo del pensiero acquisiscono una rilevanza fondamentale, i primi contengono le idee da divulgare mentre la seconda oltre alla funzione di conservarle, le trasmette in una dimensione e in un tempo che pur circoscrivendo una determinata epoca le proietta in un tempo altro. La biblioteca così si palesa come un sistema che racchiude codificandoli dei segni, utili ai lettori per decifrare all’interno di determinate categorie concettuali la ragione kantiana e la ricerca della verità contenuta, appunto, nei segni testuali. I segni, le parole, danno origine ai suoni e ai pensieri, da qui prende forza il concetto di libertà, e nel coraggio di sapere per ciascun homo legens prende origine quel percorso verso la conoscenza, dove l’aspetto immaginativo prodotto dai simboli della scrittura si riproduce all’interno di un contesto ideale e fisico, quale spazio multiforme e coincidente con il concetto di biblioteca. Immaginando questo luogo dei libri e dei relativi pensieri, della loro collocazione fisica e del loro ordinamento, come un luogo reale e ideale, ivi si comprende il valore della materia bibliografica nella sua valenza scientifica globale. Qui si sottolinea come il libro (e quindi la biblioteca) sottende al concetto di principio della differenza, conseguenza del principio critico kantiano e antitetico con quello di totalità, espresso in particolare, a parere dell’autore, dal mondo comunicativo digitale. Il sistema informatico, pur rappresentando un patrimonio di risorse di notevole utilità, rischia così di definire più il tempo sciocco della comunicazione elementare, quando si passa nella biblioteca digitale, dalla parola alla vista, o dalla parola all’ascolto, dall’attività faticosa della lettura all’apparente passività della visione. In altre parole, sembrerebbe che l’appiattimento culturale prodotto dalla comunicazione digitale, in particolare quella dei social network, possa in qualche modo contaminare l’ambiente della biblioteca trasformando l’homo legens in utente generico (e quindi acritico). 

La conservazione delle idee nella biblioteca avviene attraverso gli oggetti materiali che la stessa accoglie nella propria rappresentazione secondo l’arte della bibliografia, organizzandole nel proprio ambito disciplinare come segni, non solo come un corpo bibliografico, ma anche secondo un sistema dottrinale. Così ciascuna biblioteca, ciascuna collezione bibliografica, acquisisce una sua peculiare fisionomia capace di cogliere un aspetto del tempo nel quale vive, proponendo per ogni singola unità della scrittura, all’interno della cultura dei frammenti, simultaneamente la categoria del reale e quella dell’immaginario. La biblioteca-bibliografia in questa accezione può essere identificata in quel caleidoscopio di pensieri differenti dove le loro rappresentazioni costituiscono per i lettori il teatro delle idee, idealizzando per questo istituto librario un luogo quasi profetico, il quale, per fare un esempio (fuori testo ma concettualmente attinente) si potrebbe associare all’immagine della biblioteca magica di Gianfilippo Usellini. 

La scrittura è anche trasmissione e nella cultura attuale la funzione comunicativa ha una forte rilevanza. L’autore si chiede come può la scrittura, risultato segnico del pensiero, produrre cultura nella istantaneità della comunicazione, quando scrivere per comunicare dovrebbe significare dare voce a un progresso intellettuale dei popoli, anche attraverso la lettura dei segni, promuovendo la forma del pensiero complesso in antitesi al pensiero semplice. 

Nel contesto finora delineato viene evidenziata la necessità di riformulare una definizione per la biblioteca e la bibliografia nell’era dei social network, tenendo presente che il ruolo di conservare e trasmettere i segni della cultura registrata non è mai stato un paradigma stabile. Pertanto, Caproni, sposta l’attenzione dell’indagine scientifica sul metodo, fine ultimo nel raccontare i discorsi presenti nei libri visti nella loro angolazione temporale. Il metodo implica una logica praticata all’interno di un determinato ambito in cui si applica, vale a dire che logica e metodo non sono modelli imprescindibili, ma mutano con il mutare del contesto. 

Nel secondo capitolo dedicato alla Biblioteca Privata viene affrontato il concetto di rarità, nel rapporto tra biblioteca e archivio privato, le loro sovrapposizioni e interferenze, dove si osserva sovente, ci ricorda l’autore, di archivi e collezioni private conservati nelle biblioteche. In quanto sistema, il deposito librario può essere interpretato secondo il principio determinato dalla logica, tuttavia, sottolinea Caproni, non tutti i bibliografi sono concordi, e infatti l’ordinamento dei libri segue criteri differenti. Una raccolta privata è considerata qui nel fenomeno della conoscenza, come una parola fondamentale nella storia della cultura, la stessa parola è comunicativa ed è informazione per differenza e come conseguenza della trasmissione del pensiero registrato. Il concetto di frammento delle cose dette, e riportate nei libri, sono lemmi, i quali diventano libro e diventano monumento (l’autore insiste sulla relazione tra biblioteca e libro che anche la biblioteca privata conferma). 

Il carattere soggettivo dell’opera, unità autonoma e libera, fortemente legata all’identità del suo autore, la proietta in una dimensione senza luogo e senza tempo, nella traiettoria della forma della memoria mai conclusa, come forma progressiva dell’intelligenza, dell’estensione bibliografica. Il rapporto biblioteca-bibliografia è basato sulla conoscenza e sul linguaggio in cui viene trasmessa anche in termini bibliografici, e rappresenta la continuità dello scrivere, ivi la collezione dell’autore diviene una forma di dialogo a cui la biblioteca mira e la bibliografia tramanda. 

Alle relazioni tra il libro e la biblioteca è dedicato il terzo capitolo dal titolo Bibliografia. Qui vengono esposti i suoi principali intendimenti, e sembrerebbe di cogliere, tra il mondo del leggere per sognare nel rapporto onirico tra bibliografia e lettore, un’analogia con il rapporto tra Virgilio e Dante, dove il lettore, seppure armato del coraggio del sapere, ha tuttavia necessità di una guida (la bibliografia), che lo accompagna nel labirintico mondo dei libri. Il tema del viaggio quindi per la bibliografia si può intendere, scrive l’autore, come una peregrinazione nello spazio mentale e contemporaneamente una traiettoria nel tempo e contro il tempo e ancora un andare e venire, come una sorprendente forma di dialogo. La bibliografia costituisce per il pellegrino lettore quel filo d’Arianna che lega le forme teoretiche della conoscenza della conoscenza al mondo oggettivo nel quale la disciplina organizza i libri col desiderio di sistematizzare la verità ivi contenuta. L’oggettività, intesa come pratica disciplinare è l’aspetto più comune, talvolta il solo, riconosciuto nel fare della bibliografia, senza considerare che essa per la conoscenza è historia literaria. Il libro e la bibliografia, dunque, sono legati da un indissolubile rapporto, entrambi indagano la storia delle idee, della cultura e dell’apprendimento, per creare un cammino intellettuale all’interno dell’organizzazione della conoscenza. Se la bibliografia non sostiene questo ruolo, si prospetta un impoverimento del rapporto di conoscenza letteraria, privilegiando l’aspetto tecnologico come appiattimento disciplinare. Il linguaggio dei testi è soprattutto formato da segni impressi, e il rapporto con la scrittura, per la bibliografia, è di ordine informativo e sta nell’indagare il reticolo della conoscenza. Il libro è qui visto come un sistema scrittorio, dove le parole hanno un suono e costituiscono un’ombra sulle pagine bianche, trattenendo il pensiero ivi enunciato. Il sistema segnico così si identifica con il tratto bibliografico dove l’ombra del libro è l’immagine riflessa della bibliografia, intesa come traccia imprescindibile del libro. Viene qui ad attuarsi e a formalizzarsi per la ricerca, la coscienza di un lavoro archeologico (secondo il pensiero della filosofia francese del Novecento ispirato da Michel Foucault), ovvero di scavo scrupoloso della conoscenza, la quale assume una funzione metodologica nella ricerca, per interrogare il sapere contenuto nei testi. Bibliografia e archeologia vengono assunti come binomio che assicura la continuità nella discontinuità e la perpetuazione dei frammenti conoscitivi. 

I concetti precedentemente esposti si concentrano nel paragrafo quarto del terzo capitolo Il panteon dei pensieri scritti [...], e convergono nel fulcro della bibliografia, nella variabile temporale bibliografica e nella struttura disciplinare di riferimento, i segni costitutivi dei testi nell’incessante moto della tradizione. In un simile viaggio bibliografico, il libro, quale medium tutt’ora dominante, deve confrontarsi con il tempo attuale della comunicazione, per la sua valenza fondamentale nel costruire la scienza della conoscenza. Unità e identità nel pensiero, in una simile realtà, si accostano nell’ottica cartesiana (razionale o dell’intelletto), e l’elemento materiale della bibliografia è il frutto di un’applicazione intellettuale che si sviluppa nell’ottica della ricerca, e tra le possibili accezioni bibliografiche, rappresenta l’aspetto di mediazione per la trasmissione della cultura scritta, attraverso appunto la registrazione del segno materico. Una importante riflessione viene proposta sopra il segno della scrittura, come rappresentazione, riproduzione o raffigurazione, scrive Caproni, del mondo intellettuale. Questa modalità conferma ancora una volta quel sistema bibliografico di coscienza della conoscenza, il quale è un accostamento metodologico appartenente alla disciplina, e in quanto metodo, ne definisce il valore di scienza come teoria e come pratica, consolidando il principio ordinativo del sapere. La cultura bibliografica ha avuto la forza di tramandare la tradizione attraverso le registrazioni della memoria impresse su oggetti materiali quali supporti fisici di cui il libro è l’emblema principale, ora per il tempo di questo nuovo secolo, cosiddetto della comunicazione, si sono posti e ancora si pongono molti interrogativi sul futuro bibliografico. Anche Caproni, ragionando sulla questione, esprime in forma dubitativa alcuni pensieri relativi al nuovo assetto che l’entità testuale assume con la tecnologia digitale. Innanzitutto, lo strumento elettronico privilegia la rapidità alla profondità, un paradigma che deriva dalla dominante commerciale, la quale regola principalmente il sistema della comunicazione e tratta ogni forma di concetto come materia merceologica. 

La differenza tra informazione e comunicazione è fondamentale per l’autore, il quale sovente si è speso a proposito, sia nelle sue pubblicazioni e sia durante le preziose lezioni tenute nelle università dove ha insegnato. L’informazione, parafrasando l’autore, è una notizia scelta, è legata al concetto di profondità e quindi a quello di scavo archeologico nell’alveo del sapere, mentre alla comunicazione associa il principio della rapidità, tipico dell’istantaneità e delle immagini veicolanti concetti elementari, spesso sono notizie subite e non cercate. La trasformazione che questo nuovo secolo propone per il libro, modifica anche il rapporto tra il lettore e lo scrittore, il quale sebbene abbia sempre rappresentato una relazione complessa, al tempo attuale la nuova forma del libro tende a confonderlo nei social media, in un rapporto multiforme in grado di sovvertire l’ordine tradizionale del sapere. In un simile contesto Caproni ci ricorda che la bibliografia, in quanto tradizione, non ha solo il compito di perpetuare e ripetere la cultura contenuta nei libri, ma l’atto della trasmissione vale come principio fondamentale per la costruzione della società civile. Questi concetti si ritrovano espressi in altre forme all’interno di contesti prospettici differenti anche negli ultimi capitoli del libro, nei temi relativi le Bibliografie, l’Editoria e nelle Tavole fuori testo, argomenti appartenenti alle discipline librarie di cui la Bibliografia è la capostipite, i quali, ci aiutano a comprendere il ruolo della disciplina nel suo infinito intrattenimento. 

Le argomentazioni di Caproni pongono in essere alcune fondamentali questioni che invitano a ragionare sui problemi della costruzione, conservazione e trasmissione del sapere anche nell’era della sua configurazione elettronica. Se è pur vero che i criteri di qualificazione dei dati con carattere bibliografico rintracciabili nel web, attraverso una tecnologia sempre più avanzata e puntuale, permetteranno di migliorare la selezione e la classificazione delle informazioni culturali e scientifiche dal resto, rimane ancora aperto il problema della costruzione di un sistema capace di conservarle stabilmente. L’attenzione verso il pradigma conservativo della bibliografia, così, realizza un ragionamento sulla costruzione di ontologie basate sul linguaggio naturale della bibliografia per il web, capaci di contrastare la cosiddetta dominante commerciale nella dimensione globale della rete internet, nel tentativo di elaborare un modello sostenibile (nella dimensione culturale e scientifica), capace di costruire ambienti durevoli nel mare magnum dell’istantaneità comunicativa. E nel tentativo già in atto verso un simile obiettivo, la bibliografia, sovraintendendo la comunicazione registrata, può ancora fornire con il suo apparato metodologico, un contributo teoretico nella elaborazione di un modello informazionale basato sui dati del metalinguaggio indicale. Così in questa prospettiva la disciplina bibliografica riconferma il concetto di verité contenuto in ogni singola scienza e contribuisce alla formazione di una più allargata storia e teoria del discorso sulle scienze informative intese come pluralità di contenuti in contesti dissimili, e nel solco teorico della materia (trascurando gli aspetti prettamente applicativi che la fanno apparire oggi una disciplina sull’orlo dell’oblio), sarà probabilmente possibile costruire un discorso per le generazioni a venire.