Le biblioteche nel sistema del benessere
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Abstract
Recensione di Chiara Di Carlo al volume curato da Chiara Faggiolani, Le biblioteche ne sistema del benessere, Milano, Editrice Bibliografica, 2022, 296 p.
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“Non possiamo controllare i sistemi o comprenderli interamente. Ma possiamo danzare con loro!”. Trovo che la citazione conclusiva del volume si presti bene come sfidante dichiarazione di intenti con cui approcciarsi alla lettura di Le biblioteche nel sistema del benessere. Uno sguardo nuovo, a cura di Chiara Faggiolani. Il libro, recentemente edito da Editrice Bibliografica per la collana “Geografie Culturali”, raccoglie una pluralità di sguardi sinergici tra contributi degli “addetti ai lavori” e professionisti e studiosi di altri ambiti (dalla statistica sociale alla geografia, passando per economia della cultura e management): lo sguardo nuovo, auspicato, è saper fotografare una realtà complessa con la messa a fuoco su alcune crepe della teoria biblioteconomica odierna, tracciando piste condivise attorno a un tavolo di lavoro trasversale ai confini delle singole discipline.
Le circostanze che stiamo attraversando hanno reso più esplicita l’urgenza di aprire un dialogo a proposito di due concetti chiave, strettamente connessi nel titolo e nell’organizzazione di questo volume, e che si inseriscono a gamba tesa come pilastri per la comprensione degli scenari emergenti: le biblioteche – che mai come oggi necessitano di una “risistemazione” – e il benessere, inteso ed esplorato in particolare nella sua accezione comunitaria. Questi temi vengono ricondotti alla luce di alcuni inediti nella storia delle biblioteche italiane, come ad esempio l’accelerazione improvvisa di tendenze già in atto a seguito della pandemia Covid-19; l’ampia e diversificata disponibilità di dati emersa dall’indagine La biblioteca per te, che sonda dimensioni finora inesplorate; i riflettori sul piano normativo che toccano da vicino il mondo della cultura e i suoi attori (piani strategici, PNRR e programma Next Generation EU, contributi Mic ecc.). Il libro è di sicuro interesse per quanti vogliano approfondire molti aspetti che, per quanto altrove anticipati, non hanno finora trovato una trattazione così minuziosa e completa; per ragioni di spazio, questa recensione privilegia una vista panoramica solo su alcuni dei temi affrontati, rimandando alle note il riferimento ai singoli contributi.
Il sistema delle biblioteche è inteso in senso ontologico – dal punto di vista biblioteconomico la biblioteca è naturalmente un sistema di per sé – ma soprattutto prospettico: nodi vitali, in continua contaminazione con altri modelli e istituzioni politiche, sociali, culturali, di formazione e informazione. Corpi in movimento intorno ad altri corpi, tuttavia capaci di esercitare un’ascendenza profonda nel sub-sistema di valori che interessa da vicino la vita delle persone. Accogliere questa premessa, espressa nel primo capitolo relativamente all’oggetto di studio della biblioteconomia sociale, è un passo decisivo per ridefinire i confini di un paradigma che rischia di restare ancorato a una visione polverosamente novecentesca. Presupposto di partenza e di approdo della discussione è “raccontare, soprattutto attraverso i dati, diversi aspetti delle biblioteche non sempre noti ai portatori di interesse e ai decisori: dalla loro capillarità e presenza sul territorio al loro essere infrastrutture di prossimità”, valenza che si configura come vicinanza fisica, cognitiva e relazionale propria delle biblioteche pubbliche. Negli studi contenuti in questo volume, i dati e i valori a essi associati si riallacciano a tutti gli studi pubblicati negli ultimi vent’anni che mettono in relazione la partecipazione culturale alla speranza di vita, tenendo conto sia delle difficoltà metodologiche legate alla misurazione e alla valutazione del sistema benessere nelle nuove frontiere di ricerca, sia dei passi compiuti verso l’elaborazione di indicatori sintetici ad hoc e delle modalità di rilevamento in via di sperimentazione.
Dove è utile rivolgere l’attenzione? Ai numeri delle biblioteche – stime che destano sempre preoccupazione, bastano le statistiche sui prestiti e la desertificazione in atto –, delle quali l’indagine statistica dell’Istat aiuta a tracciare le dimensioni e un’utile mappatura, consegnandoci un’approfondita analisi territoriale dei servizi bibliotecari in cui non mancano segnali favorevoli (esempio tra tutti, una biblioteca ogni 8.000 abitanti). Ma anche alle parole significative che popolano questi luoghi di cultura e identità, attraverso lo storytelling dei suoi pubblici.
A tale scopo, l’indagine La biblioteca per te funge da trait d’union nella trattazione – che segue un percorso lineare ma non rigidamente schematico, in cui i titoli degli undici capitoli e dei rispettivi paragrafi segnalano e contraddistinguono i vari focus di interesse – rappresentando una preziosa lente di ingrandimento sull’attualità. L’indagine, somministrata nel 2021, promossa da Rete delle Reti in collaborazione con l’Associazione italiana biblioteche e con la direzione scientifica di Biblab della Sapienza Università di Roma, è la più vasta (e innovativa) rilevazione mai realizzata in Italia sul peso specifico che la biblioteca pubblica occupa nella vita delle persone, non solo come contenitore di servizi, ma come occasione di esperienze su cui investire il proprio tempo, poiché incidono positivamente nella qualità della vita. I dati raccolti e via via commentati anche in correlazione ad altri studi e rapporti prodotti all’interno di indagini precedenti al Covid-19, mostrano sì tra evidenze e carenze quanto il sistema del benessere di alcune categorie sociali – in primis i giovani e i giovanissimi – sia in evidente difficoltà; tuttavia, a onor del vero, emerge con fermezza l’idea di biblioteca quale istituzione culturale decisamente orientata a generare impatti sociali migliorativi delle condizioni di vita di chi la frequenta, con ricadute positive sull’intera comunità di riferimento.
Oltre a essere percepita come luogo sicuro, ricco di stimoli e opportunità e in grado di costruire relazioni sociali soddisfacenti, la biblioteca è descritta dai cosiddetti heavy users con un repertorio di valori a essa associati che rimandano alla sfera dell’accoglienza, dell’inclusione, dei diritti civili e che ne riconoscono la capacità di generare welfare comunitario; ciò è confortante. Questo profilo della biblioteca sulla scala valoriale è tratteggiato anche “per sottrazione”, stando da un lato alle risposte dei cittadini che hanno sentito la mancanza della biblioteca durante le chiusure nel lockdown, e dall’altro all’arazzo rovesciato delle mancanze endemiche costituito dall’inventario dei bisogni che emerge da questa indagine, entrambi fattori indispensabili per progettare interventi strategici. Gli utenti impropri, o coloro che mostrano di avere una conoscenza ancora superficiale e obsoleta della biblioteca sono, paradossalmente, critici costruttivi e potenziali alleati per impostare un cambiamento radicale. Centrale, dunque, accanto a un’approfondita profilazione socio-anagrafica dei rispondenti, l’analisi del ruolo dei pubblici affrontata nei diversi contributi attraverso lo sguardo del management e dell’economia della cultura, i quali si spostano continuamente da oggetto di indagine funzionale alla comprensione del posizionamento, fruizione e percezione delle biblioteche a protagonisti indiscussi della sua narrazione. Cosa possono raccontarci di sorprendente sulle biblioteche? A questa domanda risponde anche l’apporto della sentiment analysis utilizzata per alcune specifiche aree del questionario dell’indagine e volta esaminare la rilevanza tra le classi di età e le 10 parole più utilizzate per descrivere la valenza della biblioteca “emotivamente connotata”, traguardo di inestimabile valore per il nostro settore. È utile, ad esempio, sapere dell’esistenza di un fan club delle biblioteche, e che questo gruppo di sostenitori è composto da persone che danno un valore profondo alla conoscenza, comportandosi come protagonisti consapevoli nella costruzione del capitale sociale.
Con riferimento alle determinanti sociali della salute fortemente attenzionate dalla OMS e dalla Nuova agenda per la cultura della Commissione europea, le biblioteche, in quanto presidi culturali territoriali accessibili, sostengono azioni preventive e migliorative orientate alla valorizzazione delle life skills e allo sviluppo di healty literacy: si pensi alla riduzione dell’isolamento sociale e alla funzione educativa, specie nei contesti svantaggiati come le zone rurali o le periferie e per i gruppi marginali o maggiormente esposti a fattori di rischio di depauperamento culturale. E questo accade, non a caso, nelle realtà che più efficacemente lavorano nel campo della promozione della lettura e dunque esercitano una forte funzione di stimolo e presa sui pubblici.
I connotati antropologici dei pubblici si esprimono inoltre nei comportamenti di lettura oggetto di un altro recente studio, in cui “il sistema della lettura” in biblioteca viene presentato in rapporto ai prestiti degli ultimi anni: le abitudini di chi le frequenta vengono messe a confronto con alcune variabili, tra cui la prossimità, che fa propendere per un uso più “rilassato” delle collezioni o viceversa maggiormente attento alla bibliodiversità.
Un altro obiettivo di fondo che il volume si occupa di raggiungere è dunque comunicare con efficacia in che modo le biblioteche possano aiutare a fronteggiare le sfide sociali valorizzando il loro core business di servizio culturale (anche a seconda della diversa tipologia); da qui, la scelta di dare in parallelo risalto a iniziative, approcci ed esperienze sul campo che da anni sostengono con risultati tangibili la sfida dell’inclusione sociale e dell’accessibilità, del lifelong learning, del contrasto ai divides e agli analfabetismi – quello funzionale, quello di ritorno, quello emotivo ecc. –, disagi aggravati e presenti in forme più subdole dopo i due anni vissuti all’insegna del distanziamento sociale. Questo cantiere del made in Italy esiste, è possibile e replicabile.
L’esperienza della Rete delle Reti si colloca accanto ad altre eccellenze internazionali che su cooperazione, innovazione e sostenibilità hanno fondato la loro filosofia e al tempo stesso incarna un unicum. Vengono ripercorse le tappe salienti di RdR, a partire dai primi potenziali contorni del progetto come infrastruttura in grado di offrire servizi e pensare soluzioni ad hoc per le necessità dei sistemi bibliotecari, immaginando un modello basato sulla condivisione di strumenti (di consulenza amministrativa, giuridica, progettuale e tecnica) e know-how. Questo grazie alla collaborazione di professionisti del settore e alla creazione di gruppi di lavoro aperti e dinamici per favorire le contaminazioni, in un’ottica di networking e advocacy. Il manifesto programmatico dell’Associazione cita non a caso tra gli scopi prioritari “individuare una serie di valori” funzionale allo sviluppo del brand biblioteca che contente di essere attori riconoscibili, ambiti e competitivi.
In questa cornice si colloca il tema della progettazione in biblioteca, validato in molteplici dimensioni e direzioni: come metacompetenza del bibliotecario; a livello micro nell’ottica dei servizi e delle attività “ad uso e consumo”; mantenendo uno sguardo più ampio sulle ricadute positive che la presenza della biblioteca pubblica produce all’interno dei sistemi urbani e delle città (dal punto di vista architettonico, sociale, economico, educativo e culturale). Consapevolezza resa ancor più significativa rispetto al riconoscimento da parte dei cittadini del ruolo della biblioteca pubblica nelle città e nei quartieri. La biblioteca, infatti, gioca una partita importante e rientra a pieno titolo nella vision che essa stessa assume rispetto al territorio in cui si radica: un bene comune, dunque, ecosistema aperto alle comunità per l’empowerment degli altri soggetti territoriali in grado di costruire sinergie permanenti e attivare processi cooperativi di partnership pubblico-private.
Alla luce di tutto questo percorso si inserisce una riflessione sul lavoro del bibliotecario e sulla sua capacità di progettare relazioni; pesa purtroppo ancora l’ambiguità della figura nell’immaginario collettivo (con il rischio in agguato di sostituire ai vecchi dei nuovi stereotipi), a cui si somma il tema della “paura della soglia” o library anxiety, evocata dallo status della biblioteca esaminata in diversi studi a livello internazionale e – causa o concausa – il mancato riconoscimento sociale, giuridico ed economico della professione. Questo alone influenza notevolmente il “sistema dei valori” finora tratteggiato, oltre a essere un fenomeno che accomuna molte delle categorie che operano nel mondo della cultura. La sfida che il volume consegna è rendere la professione “calda”, improntata alla costruzione di relazioni sociali positive. Il bibliotecario è davvero un “soggetto relazionale”, perché in grado sollecitare, mantenere e accrescere relazioni intese come beni relazionali in virtù della loro reciprocità.
A proposito del celebre gioco dei nove puntini, evocato in modo appropriato in chiusura del libro, c’è bisogno di un’azione congiunta per cambiare radicalmente forma mentis e “uscire fuori dal quadrato”: “Lo sguardo in sintesi sembra essere rivolto ancora troppo all’interno – a ciò che serve alle biblioteche – e non all’esterno – in che modo le biblioteche servono o possono servire –, ed è a questo che invece esse dovrebbero guardare”. Se le biblioteche vogliono sopravvivere, occorre prepararsi a compiere una rivoluzione copernicana, in cui le biblioteche abbiano un certo peso specifico e si configurino come contesti innovativi, ibridi e naturalmente multifunzionali, capaci di ampliare i propri confini. Il volume consegna una chiave di lettura che può essere di grande aiuto in questo processo: come un coltellino svizzero, si offre alla stregua di uno “strumento multifunzionale” versatile e pronto all’uso.