Del bibliotecario gladiatore
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L’estate vola via leggera, con tutte lesue promesse.
La prendo alla lontana.
Sia che si tratti di un piccolo borgo vacanziero, sia che si tratti della grande città, le amministrazioni ce la mettono tutta per allietare le lunghe e calde – oserei dire, roventi – serate, mettendo in campo tutte le loro risorse nelle vivaci movide. Ecco allora uscire dal cappello le formidabili “arene estive”, temutissime dai bibliotecari, soprattutto da coloro che lavorano nei piccoli o medi comuni. I colleghi universitari – diciamolo pure – se la passano meglio e trascorrono estati assai più tranquille.
Il termine “arena” evoca, già di per sé, l’idea di un luogo di combattimento, richiama alla mente tauromachie (si vede vero che ho studiato al classico?), feroci corpo a corpo con leoni e belve. Nell’arena estiva il bibliotecario si sente dunque un po’ gladiatore.
Non è raro vederlo arrancare per le scale di qualche castello turrito, con terrazza panoramica, ansioso e sudato, o caracollare nel mezzo di qualche piazza cittadina, transennata per l’occasione.
Le arene estive sono contenitori variegati e generosi dove il cittadino può trovare il concerto della banda municipale o quello della band di provincia che suona cover di gruppi famosi con un look alla Elvis, pièce teatrali d’avanguardia o il coro della Pro Loco e, in mezzo a tutto questo, persino qualche incontro con l’autore.
Così l’estate del bibliotecario diventa un vero tour de force. La cultura dà spettacolo e scatena gli ego, già peraltro ben nutriti, di autori e scrittori locali che intendono promuovere le loro ultime fatiche letterarie.
Il povero malcapitato si ritrova, suo malgrado, a organizzare serate, dopo aver raccolto tutte le numerose istanze di coloro che sgomitano per essere presentati.
Ecco che allora il nostro tiene i contatti, cerca un presentatore adatto, chiama il libraio per le copie del libro e si fa carico di tutte le esigenze tecniche della serata: il leggìo per la lettrice volontaria che leggerà brani del libro presentato (solitamente un’attempata signora in lungo che si diletta e si prende molto sul serio), i microfoni per l’autore e il presentatore, le bottigliette d’acqua che non devono mai mancare. Una vera faticaccia, dopo aver già svolto il suo turno di lavoro giornaliero.
In quelle sere vorrebbe tanto franare sul divano, ma non può: c’è da scegliere un abbigliamento consono e mettersi in modalità solenne, pensando già a qualche frase di circostanza per il saluto istituzionale. Il timore più grande, in realtà, è che l’impianto audio, solitamente vecchiotto, non regga; se poi c’è da tirar fuori il proiettore per le slide, le cose si complicano vieppiù. Come non ricordare, infatti, che per risparmiare si tende a prolungare indefinitamente la vita di certi vecchi arnesi che farebbero inorridire i fratelli Lumière?
Tutto deve filare liscio. E l’incognita del pubblico? Vogliamo parlarne? Solitamente a togliere d’impaccio ci sono i parenti e gli amici dell’autore, sollecitati dallo stesso a presenziare, con in più qualche curioso che ha deciso di trascorrere una serata alternativa. Arrivano alla spicciolata, spesso in ritardo, e al bibliotecario si alza la pressione: le sedie vuote non sono contemplate. Un vero incubo. Un piccolo buffet o un calicino di qualcosa di fresco attirerebbero senza dubbio un pubblico più numeroso, ma si sa: i fichi secchi per le nozze sono oltremodo scarsi.
Alla fine della serata, finiti i convenevoli, invitando cortesemente gli ultimi chiacchieroni a ritirarsi dopo il firmacopie (sono occasioni di piacevoli chiacchiere, queste), anche lui si ritira in buon ordine. Si toglie finalmente l’armatura e, a casa, frana esausto sul divano. Al mio segnale scatenate la “ronfa”: questo il suo ultimo pensiero.