N.6 2022 - Biblioteche oggi | Settembre 2022

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Una formazione innovativa

Roberta Maoret

roberta_maoret@yahoo.it

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Parlando di aggiornamento ho sempre pensato che la curiosità fosse come una medicina molto efficace per spingerci a sfruttare completamente le nostre competenze; lasciare correre i pensieri e far prendere loro la forma di idee innovative è un valido strumento per apportare novità.

Questo atteggiamento è gratificante soprattutto quando lo si tiene nei confronti della propria professione, poiché è come riuscire ad avere la chiave necessaria per riuscire ad affermarci e non essere considerati solo come semplici tramiti tra il mondo della ricerca e quello della pratica clinica. Ogni scoperta scaturita da un semplice desiderio di sapere è un’opportunità che si concede in primis a sé stessi valorizzando il proprio ruolo, ma anche contribuendo ad affermare quello del proprio staff.

Non basta però proiettare la nostra professione solo verso competenze digitali, ma occorre anche svilupparla e rivolgerla a tutto ciò che riguarda anche l’aspetto comunicativo, necessario, efficace e volto non solo ai colleghi professionisti che entravano in biblioteca, ma anche a renderlo proprio nelle formazioni e nelle docenze sia in presenza che online.

Avevo rilevato una grande necessità di provare ad ampliare proprio quest’ultima skill, così lo scorso anno, curiosando su LinkedIn in cerca di qualche fonte d’ispirazione, mi sono imbattuta casualmente nelle selezioni per partecipare alla prima edizione di un corso sperimentale intitolato: “DiCO: il disegno della conoscenza”: un percorso pratico ed esperienziale in cinque tappe per comunicare in modo efficace il sapere scientifico con le tecniche di visual & design thinking. Dopo un iniziale approfondimento vengo a conoscenza che l’iniziativa veniva organizzata dalla Fondazione Flaminia e CIFLA - Centro per l’Innovazione, entrambe belle realtà operative di Ravenna, che hanno l’obiettivo di promuovere l’innovazione delle imprese e del territorio attraverso il confronto, lo scambio di idee, il trasferimento tecnologico, la costruzione di reti e partenariati nei settori dell’ambiente, energia, edilizia, meccanica e materiali avanzati, nautica, offshore e industrie culturali e creative e innovazione sociale.

L’offerta formativa era nata proprio per ripensare e proporre un metodo nuovo che rendesse consapevoli ricercatori e innovatori di quanto fosse importante fare comunicazione, facendo loro capire che avere un approccio progettuale può essere tanto utile quanto avere materiali e informazioni, ma anche necessario per saperli usare efficacemente. Dopo essermi consultata con il mio staff, decido di inviare la mia candidatura presentando il progetto “Biblioteca Medica Virtuale della Salute - Piemonte” che seguo oramai da anni come collaboratore soprattutto nell’ambito formativo e di supporto alla ricerca, ottenendo velocemente l’accoglimento della richiesta.

Il corso, articolato in cinque moduli dalla durata di tre ore ciascuno, trattava argomenti che spaziavano dalla strategia dei contenuti alla rappresentazione di processi e sviluppo idee; dal visual mapping allo storyboarding; dalla resa grafica attraverso strumenti open trovati in rete insieme ai relativi tips e tricks alle strategie per impartire chiarezza, empatia e leadership conversazionale e alle tecniche di public speaking, e vedeva come conclusione un modulo speciale dove la valutazione di apprendimento consisteva in una pitch session, in cui il partecipante, in soli sette minuti, avrebbe dovuto applicare tutte le regole e le skill acquisite, raccontando il progetto proposto in candidatura.

Il “viaggio” si è rivelato entusiasmante e molto divertente poiché ha saputo offrirmi un metodo innovativo di pensare la comunicazione scientifica coinvolgendo quello che i docenti definiscono il visual e il design thinking. Pensato come uno sgabello a tre gambe dove i contenuti, la grafica e l’esposizione sono imprescindibili e utili in egual misura, il focus deve essere sul discente, il quale deve essere agganciato e stupito da subito con un incipit accattivante; la scelta della grafica deve dipendere dal tipo di messaggio che vogliamo dare a partire dalla scelta del font; l’esposizione, infine, va costruita come una “call to action” per portare a bordo il proprio pubblico rendendo le proprie parole un’esperienza di trasformazione per chi ascolta.

La mia gratitudine ovviamente va a Giulia Ruta, consulente e formatrice di marketing strategico e innovazione digitale e ad Alessandro Bonaccorsi, visual thinker, formatore, designer, consulente, autore, disegnatore, entrambi docenti del corso: come Dante e Virgilio sono riusciti a traghettarmi in questa nuova e affascinante dimensione, chiamata innovazione digitale creativa. È stata un’esperienza fondamentale che mi è servita per sviluppare un atteggiamento “open minded”, offrendomi nuovi spunti per trattare argomenti che, proprio per la loro scientificità, noi documentalisti biomedici siamo portati a sviluppare e a esporre esclusivamente con metodo rigoroso e sistematico. Partire dalla costruzione del proprio ikigai mi ha consentito non solo di comprendere maggiormente i miei punti di forza e utilizzarli fattivamente nelle mie attività, ma anche di migliorare il mio grado comunicativo sviluppandolo per essere più pronta e preparata a interagire con professionisti operanti in ambiti diversi. Ho potuto successivamente impreziosire e attuare contenuti più adeguati, realizzati con molti strumenti e risorse “free” suggerite durante il corso e di cui non ero a conoscenza.

La mia conquista è stata proprio quella di riuscire a modificare le abitudini acquisite rivalutando e vedendo con occhi diversi non solo la realizzazione di contenuti e materiali, ma anche lo stile comunicativo con cui raccontare e raccontarsi attraverso lo storytelling, unico modo per donare una personalità alle presentazioni, umanizzando una tecnologia e donando nuova vita ai nostri servizi.

L’obiettivo al quale lavoro è diventare un bravo comunicatore, facendo in modo che le persone capiscano ciò che vado a esporre e che poi provino ad applicarlo nella loro pratica quotidiana. Ho imparato che le slide devono fungere esclusivamente da gancio ed essere corredate da pochissimo testo e che è fondamentale prendermi il tempo necessario per creare una strategia dei contenuti.

Seguendo la teoria di Simon Sinek, scrittore, motivatore e consulente di marketing, che si basa su di un presupposto semplice e cioè che “le persone non acquistano quello che fai ma perché lo fai”, ho cominciato a pensare che, per realizzare una formazione efficace, bisogna quindi partire dal “perché”. Un professionista non comincerà a utilizzare un database perché lo consiglierò io, ma lo userà perché sono riuscita a dimostrare che attraverso un determinato metodo riuscirò a dare una risposta a un quesito e di conseguenza generare una nuova opportunità.

Le mie prossime formazioni cercheranno dunque di non essere solo momenti per trasmettere concetti e informazioni, ma occasioni per ispirare i discenti a utilizzare le informazioni nel modo più utile per loro.