Questi non sono tempi per libri
Abstract
Recensione di Ferruccio Diozzi a Questi non sono tempi per libri di Giancarlo Petrella.
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Periodicamente, negli ambienti culturali e delle professioni intellettuali, ritorna il richiamo all’importanza della dimensione culturale umanistica. Si ricerca un nuovo umanesimo nella politica, lo si ritiene, malgrado tutto, indispensabile nella formazione culturale dei giovani, se ne auspica una più rilevante impronta anche nelle pratiche manageriali dell’impresa post-moderna.
Va segnalato che quasi sempre tanti auspici diversi non si tramutano in azione effettiva, sono anzi evidenti i processi di segno del tutto opposto in cui l’eredità culturale e l’attitudine umanistica vengono sottovalutate e penalizzate. Si consideri ad esempio la crisi delle grandi biblioteche statali italiane, i cui inestimabili patrimoni librari e documentari sono curati da un ormai ristrettissimo numero di bibliotecari mentre non si intravede nessuna azione strutturale attraverso la quale la politica voglia responsabilmente invertire davvero invertire la tendenza.
In questo scenario piace dunque leggere il pamphlet di uno studioso come Giancarlo Petrella, professore ordinario di Archivistica, Bibliografia e Biblioteconomia presso l’Università Federico II di Napoli, che ha delineato in poche pagine una grande ricchezza bibliografica quale quella rappresentata dagli incunaboli delle biblioteche ucraine, tragicamente esposti, come tutte le persone e i beni di altra natura di quella terra sfortunata, al disastro della guerra.
Un lavoro, questo, di impronta genuinamente umanistica, in cui le conoscenze specialistiche dell’autore sono messe al servizio della breve ma completa illustrazione delle opere a rischio, rilevanti non solo per la loro dimensione storica, artistica e bibliografica, ma proprio perché di per sé si configurano come testimonianze fondamentali dello sviluppo dello spirito umano. Petrella ha il merito di far sentire al lettore l’importanza e, a volte, l’eccezionalità delle opere descritte, evidenziandone la genesi, collegando la loro lunga vita ai movimenti intellettuali coevi e a quelli determinatisi in Europa nei secoli seguenti, operando gli opportuni rimandi alle strutture bibliotecarie in cui sono localizzate o al ruolo avuto da preminenti studiosi come Boris Ivanovic Zdanevyc.
Basti seguirlo quando, a proposito della raccolta incunabolistica dell’Accademia delle Scienze di Kiev, cita
[…] un lacerto (purtroppo dato già come smarrito all’epoca della pubblicazione del catalogo) di un’edizione non altrimenti nota, forse riconducibile, in ragione del carattere di stampa impiegato, addirittura alla prototipografia maguntina pressappoco coeva all’attività di Johann Gutenberg (ma a lungo lo si è attribuito a Gutenberg stesso): Provinciale omnium ecclesiarum, [Magonza, c. 1456-57] (ISTC ip01025690)”.
O, ancora, dallo stesso fondo:
La Biblioteca cela un paio di autentiche sorprese. Andiamo con ordine. L’unico esemplare noto al mondo di un trattato rinascimentale di mnemotecnica in tedesco: Ars memorativa [Augsburg, Johann Bämler, 1480] (ISTC ia01087500). Ma soprattutto l’unicum di una deliziosa edizione illustrata popolare dei Miracoli della Vergine Maria, Venezia, [Manfredus de Bonellis], 15 novembre 1498 (ISTC im00619550), corredata di un ciclo di ventisei piccole silografie intercalate a testo con la funzione di parlare visivamente anche al pubblico dei non alfabetizzati. Non possiamo accertare come sia qui arrivata, ma anche il lettore digiuno di storia del libro capisce che sarebbe una perdita gravissima nel caso malaugurato quest’unicum dovesse andare smarrito o distrutto”.
Rispondere al delirio della guerra; spiegare al pubblico come ogni perdita dell’eredità culturale sia un colpo all’umanità di ciascuno; evidenziare come quest’azione non debba essere considerata di “secondaria importanza”, sono gli impegni che si ritrovano in queste pagine sulla scorta di una tradizione culturale secolare, umanistica nel senso pieno del termine, in cui generazioni di studiosi, intellettuali e bibliotecari hanno sempre avuto occasione di svolgere il proprio ruolo, innanzitutto con la consapevolezza dei pericoli ma, molte volte, con le azioni mirate, svolte dai singoli e intraprese dai responsabili di strutture. E opportunamente Petrella ricorda in questo caso il luminoso esempio di bibliotecarie come Guerriera Guerrieri e Maria Castellano Lanzara, alla cui opera si deve la salvaguardia dei patrimoni librari della Biblioteca nazionale e della Biblioteca Universitaria di Napoli nel corso del secondo conflitto mondiale.
Un impegno importante, spesso non coronato da successo, ma sempre perseguito anche nella convinzione che, malgrado tutto, come afferma Erri De Luca nella breve nota di apertura al volume:
“Resiste una consistenza della carta stampata e rilegata che sopravvive alle guerre”.