N.1 2023 - Biblioteche oggi | Gennaio-febbraio 2023

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Citizen science, open science e digital humanities: relazioni e contaminazioni - Open Access

Maria Cassella

Responsabile Area Servizi Bibliotecari del Campus Luigi Einaudi; Università degli studi di Torino; maria.cassella@unito.it

La diffusione dei progetti di scienza aperta nelle scienze umane e sociali

Abstract

Citizen Science (CS) è una metodologia innovativa nella comunicazione accademica. I ricercatori stanno diventando sempre più interessati a questa metodologia in quanto offre loro l'opportunità di connettere la loro ricerca alla società. Il Citizen Science sta anche crescendo nelle scienze umane. Questa tendenza può essere identificata sotto il termine ombrello di "citizen humanities." L'autrice discute in questo articolo le opportunità e le sfide che comporta l’applicazione del CS alle scienze umane. Le citizen humanities potrebbero anche avere un impatto sulle priorità delle biblioteche in quanto rappresentano un'opportunità per sfruttare le loro collezioni e per raggiungere nuovi pubblici.

English abstract

Citizen Science (CS) is an innovative methodology in scholarly communication. Researchers are becoming more and more interested in it as it offers them the opportunity to connect their research to society. CS is also growing in the humanities. This trend can be identified under the umbrella term of “citizen humanities.” The author discusses opportunities and challenges of applying CS to the humanities. Citizen humanities might also have an impact on library priorities as it represents an opportunity to exploit their collections and to reach out to new publics.

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Citizen science is not just a participatory way to contribute to scientific knowledge, 
but also an effective way to address a wide collection of societal challenges.
Vohland et al. 2021

La scienza partecipata (citizen science) è un tema emergente anche in Italia, dove se ne discute in diversi contesti: da quello dell’open science alla ricerca, a quello dei musei scientifici, nei progetti europei, in ambito giornalistico e tra i media. A dicembre 2022 si registra anche la costituzione dell’associazione Citizen Science Italia sul modello della European Citizen Science Association. Si osserva, in generale, una crescita graduale dei progetti di scienza partecipata coordinati da università, istituti di ricerca, enti pubblici ma anche da fondazioni e istituti privati. Lo sviluppo della tecnologia (banda larga, smartphone e piattaforme social interattive), la crescita del livello di istruzione in Europa e la diffusa sensibilità verso i temi dell’ambiente e della sostenibilità ambientale favoriscono la partecipazione dei volontari ai progetti scienza partecipata. Infine, la citizen science è un tema sempre più frequentemente dibattuto nei convegni e in letteratura.

Quali che siano le motivazioni che spingono i ricercatori a utilizzare i percorsi di scienza partecipata per le loro ricerche e i cittadini a diventare volontari nei progetti di citizen science, è diffusamente riconosciuto come la partecipazione della società alla costruzione della scienza comporti vantaggi concreti sia per la prima che per la seconda. Tali vantaggi sono stati sottolineanti in un mio precedente contributo:

  • per chi fa ricerca applicata, la collaborazione dei volontari alla costruzione della scienza è un’opportunità per raccogliere un numero massivo di dati a sostegno delle proprie teorie; per l’avanzamento di numerosi studi scientifici la citizen science è quindi una necessità; inoltre, la scienza partecipata è uno strumento fondamentale per orientare la scienza ai bisogni della società;
  • grazie a questo focus sul sociale la scienza partecipata è in grado di accrescere l’impatto della ricerca scientifica;
  • per la società partecipare alla costruzione della scienza è un’opportunità: la scienza partecipata avvicina i giovani e i meno giovani ai meccanismi e ai percorsi di ricerca, così facendo contribuisce ad aumentare nei cittadini la fiducia nel processo di ricerca e accresce il loro sapere scientifico.

In questo senso va sottolineato anche l’enorme potenziale educativo della scienza partecipata.

Infine, alcuni studi dimostrano il collegamento stretto tra democrazia e scienza partecipata: nei Paesi dove il contesto democratico appare più maturo si registra un livello di coinvolgimento dei volontari più elevato.

Il termine citizen science fu coniato nel 1995 da Alan Irwin, sociologo e docente alla Copenhagen Business School, nel volume Citizen Science: a study of people, expertise and sustainable development. L’autore definisce la scienza partecipata come “lo sviluppo di concetti di cittadinanza scientifica ponendo in primo piano la necessità di aprire al pubblico la scienza e ai processi delle regole scientifiche. Nel 2014, quasi vent’anni dopo, il termine entrerà nell’Oxford English Dictionary.

La citizen science è oggi un termine ombrello sotto il quale si raccolgono differenti attività e modalità di collaborazione tra cittadini e ricercatori alla costruzione della scienza. Questa difformità rende difficile trovare in letteratura una definizione univoca di citizen science.

In un recente contribuito pubblicato nel volume The science of citizen science Muki Haklay et al. selezionano, tuttavia, 34 diverse definizioni di scienza partecipata tra definizioni di associazioni e centri di ricerca, di charity, di agenzie nazionali e definizioni tratte da voci enciclopediche e opere di reference, a dimostrazione dell’estrema fluidità del termine e della molteplicità delle sue applicazioni concrete. Tra le definizioni più estese vi è quella statunitense contenuta nello US Crowdsourcing and Citizen Science Act (15 USC 3724), emanato dal governo federale nel 2016:

Il termine citizen science indica una forma di collaborazione aperta in cui individui o organizzazioni partecipano al processo scientifico in vari modi, ovvero (A) consentendo la formulazione di domande di ricerca; (B) creando e perfezionando il design del progetto; (C) conducendo esperimenti scientifici; (D) raccogliendo e analizzando dati; (E) interpretando i risultati dei dati; (F) sviluppando tecnologie e applicazioni; (G) contribuendo alle scoperte; (H) risolvendo i problemi.

È interessante esplorare gli ambiti con i quali la scienza partecipata si confronta, interagisce, talvolta, si sovrappone: la scienza aperta è il primo e più importante di questi ambiti.

In letteratura, sempre più spesso, la citizen science viene citata e descritta in relazione all’open science (scienza aperta). Stretta, infatti, è la relazione tra le due.

In primo luogo, si tratta di due forme innovative di comunicazione scientifica: la scienza aperta si preoccupa di definire un percorso di condivisione dei risultati della ricerca tra le comunità di scienziati; la scienza partecipata contribuisce a rendere sempre più efficace e ampia la comunicazione della scienza, che è passata negli anni da un modello deficitario a un modello dialogico prima, e a un modello collaborativo poi. Quest’ultimo è considerato il modello “estremo” della partecipazione dei cittadini alla costruzione della scienza.

La citizen science è, di fatto, la forma più avanzata di comunicazione della scienza.

Scienza aperta e scienza partecipata condividono, quindi, una serie di valori quali: l’idea della scienza come bene comune (commons), l’apertura al sociale, la trasparenza del processo di ricerca, la collaborazione, la condivisione.

Scienza aperta e scienza partecipata rappresentano, inoltre, due importanti dimensioni della ricerca ed innovazione responsabile (RRI in inglese), ne favoriscono la diffusione, ne rafforzano i risultati e consentono di affrontare le grandi sfide del Ventunesimo secolo su giustizia, ambiente, clima, sviluppo sostenibile ecc.

La scienza partecipata sollecita nei ricercatori un atteggiamento aperto, li conduce a lavorare per e con la società, a porre un’attenzione sempre maggiore verso l’impatto della ricerca, le sue ricadute sulla società, l’apertura della scienza al territorio.

Soprattutto la scienza partecipata rappresenta un grande sostegno per la scienza aperta, educando e formando gli studenti dall’età scolare agli studi universitari ai principi etici e alle pratiche della scienza e della scienza aperta. In questa dimensione la citizen science ha un ruolo formativo e educativo fondamentale per il futuro della scienza.

D’altro canto, la scienza aperta offre alla scienza partecipata una cornice concettuale di riferimento di condivisione e partecipazione; concretamente, consente a studiosi e non esperti la possibilità di accedere ai contenuti e ai dati dei progetti di ricerca, di accrescerli e di condividerli attraverso le pratiche dell’open access e degli open data.

La relazione tra scienza aperta e scienza partecipata è stata evidenziata in modo esplicito dalla Commissione europea, che nel 2020 ha inserito la scienza partecipata tra gli otto pilastri per l’avanzamento della scienza aperta, insieme a: dati FAIR (Findable, Accessible, Interoperable, Reusable); integrità della ricerca; metriche di nuova generazione; comunicazione scientifica innovativa; formazione continua; incentivi e sistema di ricompense e European Open Science Cloud (EOSC), l’infrastruttura europea per la scienza aperta.

Non è un caso che l’interazione tra scienza e società sia stato un tema rilevante degli ultimi programmi quadro dell’Unione europea, a partire dal Settimo programma quadro, e di alcuni programmi specifici trasversali alle linee di azione principali. In Horizon 2020, ad esempio, il programma SWAFS (Science with and for Society) si era concentrato in modo specifico sul rapporto tra scienza e società. Attraverso SWAFS e alcune precedenti linee di azione, dal 2011 al 2020 la Commissione europea ha finanziato progetti di citizen science o relativi alla promozione della citizen science, per un totale di 234 milioni di euro.

In Horizon Europe, il nuovo programma quadro di finanziamento dell’Unione europea, alcuni bandi (tender)hanno un focus specifico sulla citizen science. Si rintracciano a partire dal portale di ricerca Funding & Tenders della Commissione europea, utilizzando parole chiave quali: citizen science, societal engagement, end-users, public engagement ecc. 

La natura dei finanziamenti erogati dalla Commissione è duplice: da un lato vengono finanziati progetti di citizen science (vedi, ad esempio, il progetto COESO del quale si parlerà nel prossimo paragrafo); dall’altro, grazie a programmi di scambio come l’Erasmus Plus, vengono sostenuti progetti di advocacy, promozione e disseminazione che mirano a far crescere nei cittadini europei la consapevolezza della rilevanza della citizen science per l’avanzamento della scienza in Europa e per il benessere sociale.

Il coinvolgimento dei non esperti e di molteplici stakeholders nel processo scientifico può concretizzarsi in tutte le fasi del percorso di ricerca:

affinché la scienza diventi veramente aperta, responsabile e responsiva ai bisogni della società, una molteplicità di stakeholders deve essere coinvolta in ogni fase del ciclo di vita del progetto di ricerca; dall’ideazione, all’individuazione dei sistemi di finanziamento, alla disseminazione dei risultati della ricerca fino all’applicazione pratica delle scoperte.

I livelli di coinvolgimento dei cittadini nella scienza partecipata sono fondamentalmente quattro e possono variare dalla semplice collaborazione alla raccolta dei dati (il cittadino è come un sensore che registra e distribuisce i dati raccolti) fino alla co-creazione del progetto scientifico, un livello di coinvolgimento “estremo” che comporta non solo la collaborazione da parte del cittadino al processo di raccolta dei dati, ma anche la partecipazione all’analisi, alla disseminazione e, molto raramente, anche alla valutazione dei risultati delle ricerche.

Un luogo comune vuole che gli ambiti di applicazione della citizen science siano esclusivamente quelli scientifici, ma, se è vero che le prime pratiche di scienza partecipata fanno riferimento all’ambito delle scienze della vita, e che la grande maggioranza di progetti di citizen science è di ambito scientifico, è pur vero che le modalità collaborative nella costruzione della scienza sono sempre più diffuse anche nel campo delle scienze umane e sociali. Nelle scienze umane si utilizza, ormai, da alcuni anni anche il termine di citizen humanities per fare riferimento ai progetti di citizen science in ambito umanistico.

Citizen science, humanities e digital humanities: le citizen humanities

Anche se in ritardo rispetto alle discipline del settore scientifico medico e tecnologico, le scienze umane stanno sviluppando un interesse sempre più concreto per i progetti di scienza partecipata.

Nelle scienze umane, così come nelle discipline scientifiche, i progetti di scienza partecipata non sono facilmente classificabili; la creatività e l’interdisciplinarietà sono, infatti, due tratti estremamente rilevanti della citizen science.

Ciononostante, le pratiche di scienza partecipata in ambito umanistico possono essere ricondotte ad alcuni specifici filoni di attività. Il primo, il più diffuso, è certamente la trascrizione collaborativa di testi non pubblicati come carte di archivio, manoscritti, diari, carteggi privati ecc.

Si tratta in svariati casi di progetti centrati sulle collezioni di archivi, biblioteche e musei. Il primo passaggio fondamentale per questa tipologia di progetti è quello della digitalizzazione; segue, quindi, la scelta, o la costruzione inhouse, di piattaforme collaborative attraverso le quali sia possibile per i volontari offrire il proprio contributo alla trascrizione dei testi.

Il materiale selezionato per il progetto deve incontrare gli interessi di chi fa ricerca, ma anche avere un legame con il territorio per stimolare la partecipazione dei volontari alle attività di trascrizione; in questo senso la citizen science è anche un potente strumento di public engagement.

Il public engagement è uno degli ambiti di riferimento per la citizen science; l’altro importante ambito con il quale la citizen science si confronta nelle scienze umane è quello delle digital humanities. Si fa qui riferimento a quei progetti di ricerca che a partire dalla digitalizzazione di manoscritti, lettere, carte di archivio e altro materiale non pubblicato si aprono alla collaborazione dei non esperti, ad attività di co-creazione o di crowdsourcingdi vario genere.

Gli esempi di progetti di questo tipo sono numerosi, soprattutto nel mondo anglosassone.

  • Transcribe Bentham, progetto lanciato nel 2010 dallo University College London, per la trascrizione collaborativa dei manoscritti non pubblicati del filosofo inglese Jeremy Bentham;
  • Poets and Lovers, progetto del Dartmouth College, il cui scopo è trascrivere le poesie e i diari di Michael Field, pseudonimo di due poetesse amanti dell’epoca vittoriana: Katharine Harris Bradley (1846-1914) e Edith Emma Cooper (1862-1913);
  • Davy Notebooks Project, lanciato nel 2020 dalla Lancaster University dopo un primo progetto pilota avviato nel 2019 per trascrivere i diari del chimico inglese Humphry Davy.

Gli ultimi due progetti citati sono ospitati su “Zooniverse”,la piattaforma di citizen science più nota in Europa. Evoluzione del progetto GalaxyZoo (2007), con il quale la NASA chiedeva ai cittadini di osservare le galassie e fornire dati per classificarle e studiarle, “Zooniverse”è diventata negli anni una grande piattaforma multidisciplinare che alla data di dicembre 2022 aggrega i contributi spontanei di quasi due milioni e mezzo di volontari.

Tra le classi oggi presenti sul portale “Zooniverse”rientrano anche alcune materie umanistiche: arte, storia, lingua e letteratura.

Altre attività di citizen science nelle scienze umane sono quelle di georeferenziazione, di mappatura di siti culturali (ad esempio il progetto CITiZAN,incentrato sulla mappatura dei reperti archeologici costali della Gran Bretagna) o di taggatura di immagini e/o foto storiche (ad esempio, il progetto AjaPaik dell’Estonian Photographic Heritage Society).

Alcune piattaforme digitali sono state concepite allo scopo precipuo di sostenere i progetti citizen science nelle humanities. Ci riferiamo al portale “MicroPasts”del British Museum e al più recente “Particip-Arc”del Ministero della Cultura francese.

“MicroPasts” è stata lanciata nel 2013 ed è una delle piattaforme di citizen humanities più complete ed estese. Ospita progetti di scienza partecipata, promuove l’interazione tra comunità, offre opportunità formative per i partecipanti, raccoglie e conserva i dati prodotti dai volontari. È anche una piattaforma sperimentale per i ricercatori che possono raccogliere dubbi e suggerimenti, coinvolgere direttamente i volontari e attrarre i loro contributi; si tratta di un ecosistema dedicato alla citizen science nelle scienze umane che catalizza l’attenzione dei ricercatori e dei cittadini non solo quelli britannici.

In Francia il Ministero della Cultura aveva lanciato già nel 2017 un appello ai ricercatori francesi di area umanistica per costruire una piattaforma partecipativa nel dominio dei beni culturali; nasceva così nel 2018 il portale “Particip-Arc” con un triplice scopo:

  • la ricerca e l’evoluzione dei paradigmi di scienza partecipata;
  • la costruzione di strumenti per l’esercizio della citizen science e per il trattamento dei dati;
  • la costruzione dei progetti di citizen science.

In Francia nelle scienze sociali si registrano, inoltre, interessanti esperienze di collaborazione interprofessionale, come ad esempio tra ricercatori e giornalisti, che attraverso il progetto e la piattaforma collaborativa francese PLACES (PLAteforme Collaborative pour les Enjeux Sociétaux) hanno dato vita a tre indagini sociali concepite e realizzate in team e con la partecipazione dei cittadini.

Anche in questo caso il vantaggio è reciproco: il punto di vista di scienziati da una parte e professionisti dall’altra produce una conoscenza più profonda del problema sociale e suscita l’interesse del grande pubblico:

Pour les initiateurs du projet PLACES, les recherches coproduites par des chercheures et des journalistes pourraient même produire une connaissance de nature différente, plus à même de susciter l’intérêt du grand public.

In Germania è stata sviluppata dalla Ludwig-Maximilian University di Monaco di Baviera la piattaforma collaborativa Artigo dedicata alla taggatura di 65.000 opere d’arte possedute da importanti musei in Europa e realizzate tra la fine del Settecento e il 1914. In questo caso il volontario utilizza un gioco attraverso il quale tagga le immagini delle opere d’arte: i tag vanno a popolare un database che fa da supporto a un motore di ricerca per lo studio delle opere selezionate.

VERA (Virtual Ecosystem for Research Activation) è la più recente piattaforma di citizen science per le scienze umane e sociali. Disponibile al momento solo in versione beta, è stata concepita e realizzata come uno dei risultati del progetto europeo COESO (Connecting Research and Society). VERA è stata sviluppata per essere di supporto ai progetti partecipativinelle scienze umane e sociali:un luogo di incontro virtuale tra ricercatori, associazioni e coordinatori locali di attività di citizen science per dare vita a progetti di scienza partecipata.

COESO (2021-2023) è stato finanziato dall’Unione europea grazie ad Horizon 2020 per sostenere direttamente progetti di ricerca di citizen science nel campo delle scienze umane e sociali e per costruire un’infrastruttura di riferimento a supporto concreto della progettazione.

Grazie a COESO sono stati selezionati dieci casi pilota per studiare punti di forza e criticità di varie tipologie di progetti di scienza partecipata.

Tutto quanto sopra descritto, senza alcuna pretesa di esaustività, dimostra il crescente interesse di chi fa ricerca nelle scienze umane e sociali verso la scienza partecipata.

A questo punto, però, sorge un interrogativo: se le pratiche di citizen humanities dovessero intensificarsi quali sarebbero le conseguenze per le discipline umanistiche e per le digital humanities?

Da un lato, infatti, la scienza partecipata presuppone quasi sempre lo sviluppo della tecnologia, di piattaforme digitali di condivisione; dall’altro però il punto di forza della citizen science è nella partecipazione attiva, nell’apertura alle esigenze del sociale. Non si tratta di un nuovo paradigma come è stato, secondo alcuni studiosi, il passaggio – non ancora completo – dalle scienze umane (humanities) alle digital humanities, ma di un nuovo modo di impostare il processo di ricerca e di fare ricerca.

Le conseguenze di questa apertura al sociale sono molteplici e solo in parte a oggi prevedibili: maggiore attenzione alle fonti primarie e a quelle locali, apertura della ricerca alle pratiche culturali del territorio, contaminazioni con discipline di tipo diverso sono tra le possibili evoluzioni delle humanities nel loro rapportarsi con la società nel processo della ricerca umanistica. Per le scienze umane la citizen science può diventare, quindi, un ulteriore strumento per esplorare paradigmi trans-disciplinari nei quali il dialogo tra saperi e tra ricercatori e non esperti diviene un elemento essenziale per mettere a punto nuove teorie umanistiche.

Conclusioni

Quanto più la scienza partecipata si diffonde nelle scienze umane e sociali, tanto più le pratiche si moltiplicano e i confini tra ciò che rigorosamente potrebbe essere classificato come scienza partecipata e ciò che non lo potrebbe essere diventano più labili e si confondono.

Secondo Andrea Sforzi, presidente della neonata associazione Citizen Science Italia, gli elementi che caratterizzano un progetto di citizen science sono:

  • il coinvolgimento dei non esperti;
  • la raccolta di dati;
  • l’utilizzo di un approccio metodologico sistematico;
  • l’obiettivo di far avanzare la scienza;
  • i benefici condivisi con i volontari;
  • la comunicazione pubblica dei risultati.

In ambito culturale non tutti i progetti di scienza partecipata rispondono pienamente alle caratteristiche sopra descritte.

Ad esempio, i progetti di crowdsourcing realizzati da alcune biblioteche (accademiche, nazionali, specialistiche ecc.) negli ultimi anni per valorizzare le proprie collezioni speciali vengono sovente raccolti sotto il termine ombrello di citizen science. I due termini – crowdsourcing e citizen science – vengono utilizzati come sinonimi anche se non lo sono: il primo, infatti, fa riferimento ad un ambito concettuale più esteso, è una modalità di raccolta di idee, suggerimenti, attività, collaborazioni valida per tutti i contesti e ad ogni livello; il secondo termine, invece, è correttamente utilizzato e applicato solo in relazione alla ricerca.

I progetti di crowdsourcing delle biblioteche non utilizzano sempre un approccio sistematico e non sono necessariamente legati alla ricerca umanistica: nascono, infatti, da esigenze strategiche diverse come, ad esempio, la valorizzazione dei fondi di persona, il crowdfunding, la tutela degli esemplari originali, la disseminazione.

In Europa le biblioteche si stanno organizzando per sviluppare strategie a supporto dei percorsi di citizen science, con enormi differenze tra i Paesi del nord Europa – dove esiste un approccio più maturo alla scienza partecipata e decisamente più legato al public engagement e alle attività di supporto ai progetti – e i Paesi del sud-est Europa, dove le attività di scienza partecipata fanno più fatica a uscire dall’ambito della ricerca scientifica e a entrare nei piani di azione delle biblioteche.

Per il patrimonio culturale la possibilità di ricorrere alla collaborazione su larga scala di volontari, amatori, insegnanti, studenti ecc. apre inusitate prospettive per la valorizzazione, la diffusione e la fruizione del patrimonio stesso.

Un’opportunità che va colta dalle biblioteche soprattutto in Italia in un momento storico molto favorevole per la valorizzazione del patrimonio culturale: grazie ai finanziamenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, infatti, diverse tipologie di biblioteche sono impegnate attivamente nel Piano nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale 2022-2023 (PND) redatto dal Ministero della Cultura.

Il Piano coglie pienamente il senso di cultura digitale intesa come “un come potente sistema di relazioni capace di attivare nuove prospettive di senso e coinvolgere ampie fasce di pubblico che in passato, per ragioni diverse, sono rimaste escluse dalla fruizione culturale”. Questo sistema si concretizza anche grazie a processi di co-creazione che mettono gli utenti e i pubblici al centro dell’ecosistema digitale come creatori, oltre che fruitori, del patrimonio culturale.

Che si possa parlare o meno di citizen science, vale la pena approfittarne.