N.1 2023 - Biblioteche oggi | Gennaio-febbraio 2023

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Principi, approcci e applicazioni della biblioteconomia comparata. Una proposta per nuovi percorsi di ricerca

Giuseppe Vitiello

Direttore di EBLIDA; g.vitiello@eblida.org

Abstract

Recensione di Giuseppe Vitiello al libro di Anna Bilotta,  Principi, approcci e applicazioni della biblioteconomia comparata. Una proposta per nuovi percorsi di ricerca, Firenze, Firenze University Press, 2022, 119 p.

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Per gli amanti delle semplificazioni, gli studi di biblioteconomia comparata possono essere divisi in due categorie: quelli che per inclinazione enciclopedica tenderebbero a fare coincidere biblioteconomia comparata e biblioteconomia tout court (è il caso ad esempio del monumentale volume di Lor, International and comparative librarianship, pubblicato nel 2019) e quelli che nel metodo comparato ricercano indirizzi e finalità di tipo progettuali, nel rispetto delle tradizioni e delle specificità di un sistema o di una fenomenologia bibliotecaria. Appartiene senz’altro alla seconda categoria il volume di Anna Bilotta, docente a contratto presso l’Università di Salerno, la quale, fin dai tempi del suo dottorato, ha eletto la biblioteconomia comparata a oggetto di studio.

Le dimensioni ridotte del volume non devono trarre in inganno: l’argomentazione stringata dell’autrice riesce a combinare sintesi teoriche e proposte operative, lasciando nel lettore un’impressione di completezza e la volontà di volgere immediatamente in pratica gli assunti esposti nel volume. L’approccio di Bilotta è coerente a una scuola biblioteconomica italiana (da Solimine a Di Domenico e Faggiolani) che da tempo ha innervato la biblioteconomia in una solida cornice sociologica. Se da un lato ciò potrebbe rappresentare un limite del volume – giacché la biblioteconomia comparata ha sperimentato più approcci teorici: storiografico, statistico, sistemico, di politica pubblica e di teoria del cambiamento –, è fuor di dubbio che è proprio nel radicamento nelle scienze sociali che essa ha raggiunto i risultati più rilevanti.

A testimoniare la lucidità e il rigore dell’analisi di Bilotta può forse bastare la discussione delle teorie di biblioteconomia comparata sviluppatesi nella seconda metà del XX secolo. L’esposizione non è nuova, ma il talento dell’Autrice consiste nel condensare in un conciso, ben architettato paragrafo le tesi di diversi autori che sono state altrimenti riversate in decine, se non centinaia di pagine. Bilotta riporta con eleganza le tematiche di approccio, da un lato rievocando l’impulso dato alla biblioteconomia comparata da organismi internazionali quali l’UNESCO, la Commissione europea e, a livello professionale, dall’IFLA e, dall’altro, sintetizzando con cura le dottrine metodologiche che si sono susseguite. La canonica distinzione tra biblioteconomia internazionale e biblioteconomia comparata viene rievocata attraverso l’esposizione degli interventi di Harvey, Danton, Simsova e Foskett, tutti non a caso operativi nella decade 1970-1980, allorché le nuove nazioni africane e asiatiche, avendo all’epoca completato il loro processo di decolonizzazione, sperimentavano con vigore, anche se non sempre con coerenza e successo, le proprie politiche pubbliche in materia culturale.

La biblioteconomia internazionale descrive il sistema bibliotecario (o un’area di indagine, o un tema) di un paese diverso da quello dell’autore dell’analisi. Essa è cosa ben diversa dalla biblioteconomia comparata, che conduce un’analisi diversamente rigorosa, fondata su variabili ben identificate e criteri metodologici specifici. In consonanza con la definizione di Collings, Bilotta promuove le sue conclusioni, definendo la biblioteconomia comparata come scienza che

esamina strutture, servizi, pratiche e funzioni delle biblioteche per evidenziarne aspetti e peculiarità sviluppatisi all’interno di un contesto di riferimento (storico, sociale, culturale, politico, economico) ben definito, mettendo in relazione realtà diverse, con l’obiettivo di analizzare cause ed effetti delle specificità emerse e di valutare come contesti e politiche bibliotecarie ne abbiano influenzato e ne influenzino lo sviluppo (p. 35).

Sulla scia della distinzione di Collings fra studi di area, studi transnazionali o transculturali e studi di caso, Bilotta affronta la canonica ripartizione tra approccio nomotetico e approccio idiografico. Il primo, anche definito approccio per variabili, è tipico delle leggi scientifiche e verifica il controllo di affermazioni generali di portata tendenzialmente universale mettendo a raffronto specifiche variabili. Il secondo approccio, invece, mette in risalto i limiti spazio-temporali della validità delle affermazioni generali, giungendo a esaltare le differenze tra le distinte realizzazioni. Usando le dovute cautele, Bilotta sostiene la validità di entrambe le metodologie, giustificando la scelta dell’approccio in funzione di una serie di opzioni che riguardano: a) l'identificazione della domanda di ricerca, b) la definizione delle dimensioni spaziali e temporali della comparazione e c) i fenomeni che si vogliono analizzare.

Il capitolo più cospicuo del libro è riservato, com’è ovvio, alle ricerche contemporanee di biblioteconomia comparata, anche se negli ultimi decenni va constatato un calo di interesse per la disciplina. Peter Lor, il maggiore studioso contemporaneo in questo campo, giustifica tale calo con la distorsione globalizzante che attraversa la scena biblioteconomica contemporanea.

La rassegna di Bilotta comincia con gli “studi di area” di dominio francese e la citazione delle tesi di Hassenforder e, più recenti, di Bertrand, entrambe volte a sottolineare il “ritardo” francese in rapporto allo sviluppo delle biblioteche pubbliche di sfera anglosassone e scandinava. Bertrand spiega tale gap nel modo in cui il pubblico e i decisori politici in Francia percepiscono le biblioteche, di cui sottovalutano il ruolo educativo e formativo e le loro potenzialità come luoghi di applicazione di pratiche democratiche e di partecipazione.

In ambito comparato, notevole interesse rivestono gli studi di impatto, quali quelli condotti da Vakkari e Serola dapprima su un campione stratificato della popolazione finlandese, esteso in seguito al pubblico norvegese e olandese. Vakkari e Serola dimostrano che in Finlandia i benefici potenziali riguardano “sfere vitali” della popolazione servita, mentre in Norvegia e nei Paesi Bassi l’impatto della biblioteca è circoscrivibile ai domini tradizionali della lettura e delle attività culturali.

Proseguendo la sua rassegna, Bilotta riferisce degli studi sulle biblioteche pubbliche di Corea del Sud e Stati Uniti e della radicale distinzione delle politiche di educazione portate avanti nelle scuole primarie e secondarie di Hong Kong, Taiwan, Giappone, Nuova Zelanda e Australia. Sono però certamente gli studi di carattere europeo a destare il maggiore interesse per il lettore italiano, come ad esempio la ricerca, effettuata in 17 paesi dell'Unione europea e finanziata dalla Bill and Melinda Gates Foundation, su come le biblioteche pubbliche possano partecipare al programma Europa 2020 e ai suoi obiettivi di crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Altri studi comparati concernono il ruolo della biblioteca come luogo di incontro e arena di pubblico dibattito, in un’indagine che ha interessato un migliaio di adulti in Danimarca, Svezia, Norvegia, Germania, Ungheria e Svizzera. Nella rassegna di Bilotta posto a parte merita la fenomenologia comparata di diversi temi collegati alla diffusione del Covid-19 in vari paesi europei e alla conseguente risposta delle biblioteche; ad esempio, l’analisi, condotta nei paesi di lingua tedesca e tra vari pubblici del Sud America, sui processi di gestione delle fake news prima e durante la pandemia.

Nella rassegna di Bilotta non può mancare il riferimento agli studi italiani. Vengono citate, tra le altre, le analisi comparate sulle caratteristiche strutturali e funzionali degli opac dei sistemi bibliotecari di otto università italiane (Fugaldi) e di come le biblioteche siano percepite dalla stampa di Regno Unito, Francia, Spagna e Italia (Galluzzi). Menzione a parte merita lo studio, al tempo stesso diacronico e sincronico, condotto da Dinotola sull’approval plan nelle biblioteche tedesche, italiane e angloamericane e il loro grado di adattamento ai contesti analizzati. Infine, è impossibile non menzionare l’indagine portata avanti dalla stessa Bilotta sul concetto di public library, che è declinato in modo diverso in Francia (mediathèque), in Italia (biblioteca civica), in Germania (dreigeteilte e fraktal Bibliothek), in Gran Bretagna (Idea store) e nel four-spaces model dei paesi scandinavi.

La “traccia di lavoro” cui fa riferimento il capitolo finale è appunto lo studio comparato del concetto di biblioteca pubblica. In una tavola molto eloquente sono sintetizzate le teorie e gli approcci, rendendo pertinenti criteri di analisi e “oggetti” bibliotecari come i servizi, le collezioni, le attività culturali e formative, gli spazi, la comunicazione e il marketing. Bilotta mostra così la validità di un approccio in cui

la comparazione va intesa come un metodo di indagine che può essere utilizzato anche in biblioteconomia e che quando viene utilizzato connota così fortemente la disciplina da parlare di biblioteconomia comparata (esattamente come avviene per la sociologia, l'educazione, il diritto e per altre discipline) (p. 99).

A dispetto del calo di interesse e della distorsione “globalizzante”, gli studi citati da Bilotta mostrano la fecondità del metodo comparato in biblioteconomia. Ci sia consentito aggiungere che esso dovrebbe ispirare un atteggiamento permanente e quasi compulsivo in Italia, dove i dislivelli regionali in materia di sviluppo bibliotecario sono a tal punto stridenti da scoraggiare politiche pubbliche omogenee e poco congrue con le specifiche realtà locali.

L‘approccio perseguito dalle organizzazioni internazionali che si occupano di biblioteche (UNESCO, Commissione europea) e dalle associazioni professionali transnazionali (IFLA, EBLIDA) è, direi, intrinsecamente nomotetico. I rapporti pubblicati da tali organismi costruiscono, spesso involontariamente, scale di valore sulla base di indicatori oggettivi e ranking utili per il raffronto internazionale. Ne potrebbero emergere elenchi di vincenti e perdenti, in cui è esaltata la biblioteca o la rete bibliotecaria campione e commiserato il brocco nelle classifiche d’eccellenza. Non è certamente intenzione di tali organismi internazionali redigere tabelle di eccellenza e compilare note di lode o di biasimo. Sta appunto alla ricerca biblioteconomica comparata ricostruire le cause e concause delle fenomenologie analizzate e spiegarne le anomalie, individuando al tempo stesso le soluzioni che possano contribuire a sanare, riorientare, reindirizzare, riformare, rivoluzionare tali fenomenologie, contribuendo così alla formazione e al mantenimento di sistemi bibliotecari equi, democratici e sostenibili.