N.1 2023 - Biblioteche oggi | Gennaio-febbraio 2023

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L’innovazione in biblioteca

Raffaele De Magistris

Abstract

Recensione di Raffaele De Magistris al libro di Ferruccio Diozzi, L’innovazione in biblioteca, Milano, Editrice Bibliografica, 2022, 128 p.

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Il volume costituisce un ulteriore esito dell’impegno di Ferruccio Diozzi in uno specifico settore di studi, e si collega idealmente col precedente Come garantire la continuità operativa in biblioteca pubblicato pochi mesi or sono sempre da Editrice Bibliografica. I due argomenti, “continuità” da un lato e “innovazione” dall’altro, per quanto sembrerebbero afferire a sfere concettuali e a modelli di gestione del servizio se non antitetici, perlomeno molto diversi tra loro, sono legati in realtà da un comune denominatore, l’interrogativo su come riuscire a mantenere le biblioteche al centro di un universo sociale e culturale che evolve a vista d’occhio, a volte in maniera traumatica. Da questo punto di vista appare chiaro come al giorno d’oggi non possa esserci continuità se non accompagnata dall’innovazione: il primo passo sulla strada dell’innovazione, in tante circostanze, è la resilienza.

L’innovazione però non si manifesta in maniera omogenea, ha piuttosto carattere radiante e dinamico: nasce in un punto e in un dato momento e si diffonde, per ragioni e con tempistiche difformi, in continua dialettica con l’esistente. Pertanto, nei confronti delle innovazioni tutti gli organismi (dai singoli esseri umani alle comunità alle istituzioni) assumono di norma tre atteggiamenti: possono rifiutarla, arroccandosi nella difesa dell’esistente; possono subirla, accettandola per come è, senza comprenderne e svilupparne le implicazioni; possono governarla, piegando alle proprie esigenze quegli aspetti dai quali trarre i maggiori vantaggi e magari contribuendo a creare nuova innovazione.

È innegabile che le biblioteche, nel corso dei secoli, per quanto a esse non sia stato estraneo nemmeno il primo atteggiamento, abbiano dimostrato di avere inscritta nel proprio DNA una spiccata vocazione al cambiamento; fin troppo nota la quinta legge di Ranganathan: “La biblioteca è un organismo che cresce”. Occorre naturalmente saperla gestire, la crescita, facendo ricorso ad un entroterra di conoscenze teorico-pratiche solido e al passo coi tempi: è esattamente ciò che ci fornisce il libro di Diozzi, il cui titolo più corretto avrebbe potuto essere Governare l’innovazione in biblioteca.

Dato lo spazio a disposizione mi limito a estrapolare alcuni temi che avverto più vicini alla mia sensibilità personale, senza la presunzione di offrire un’analisi a tutto tondo del lavoro.

Il libro è articolato sostanzialmente in tre parti. La prima focalizza il concetto di innovazione e il dibattito entro cui è nato e si è sviluppato: Che cosa è l’innovazione: valenza e limiti di un concetto.

Molto interessanti, all’inizio, le pagine in cui Diozzi chiarisce sia le differenze che le interrelazioni tra due coppie di locuzioni, “innovazione di prodotto” e “innovazione di processo” la prima, e “innovazioni incrementali” – “innovazioni radicali” l’altra. Di grande utilità i paragrafi dedicati all’innovazione sociale, all’open innovation e alla disruptive innovation, che inquadrano organicamente un insieme di argomenti sui quali in Italia contiamo ancora una letteratura professionale piuttosto scarna. Da evidenziare in quest’ambito le ragionevoli argomentazioni di Diozzi in merito al fenomeno della cosiddetta disintermediazione, laddove troppo spesso dobbiamo subire il chiacchiericcio dei “disinformati”.

Nella seconda parte, Approcci e metodi per il governo dell’innovazione in biblioteca, si descrivono con maggiori dettagli alcune peculiari metodologie di management, indispensabili da possedere all’interno di una biblioteca che vuole innovare. Inoltre, si sottolinea come la stessa tipicità del contesto bibliotecario possa favorire positive forme di interazione, producendo benefici sia per la biblioteca che per le sue utenze, in un periodo storico in cui entrambe sono sottoposte a continue spinte al cambiamento.

Un ampio risalto e un’attenta disamina vengono riservati al knowledge management, termine coniato da Karl Wiig negli anni Novanta. Doveroso rimarcare l’enfasi posta dall’autore sul legame tra knowledge management e il campo di competenze proprie della biblioteconomia, anche mettendo in rilievo l’opera di un intelligente precursore italiano, Domenico “Ingo” Bogliolo. Giustamente Diozzi sostiene la necessità di un ampliamento delle competenze che fino a oggi hanno contrassegnato l’identità professionale dei bibliotecari, necessità derivanti principalmente dalla nuova cornice socio-culturale entro cui declinare i tratti caratterizzanti delle biblioteche (la biblioteca come “luogo dei legami” o “terzo luogo” o espressione dei “lavoratori della conoscenza”). Si tratta di contenuti professionali – aggiungo – che man mano (talvolta a fatica) si vanno introducendo anche nelle declaratorie istituzionali della figura del bibliotecario, a partire dalla Norma UNI 11535 del 2014, nella cui revisione, che vedrà a breve la luce, dovrebbero auspicabilmente trovare ancora maggiore spazio e incidenza.

Specialmente considerando le vicende degli ultimi quattro decenni, per Diozzi appare evidente come il rapporto tra biblioteca e contesto, nelle sue variegate componenti (comunità di riferimento, ambiente urbano ecc.) rappresenti un terreno fertile per la coltura di politiche innovative, soprattutto in relazione alle nuove dinamiche sociali che vanno emergendo e consolidandosi in questo avvio di ventunesimo secolo. Non posso non condividere, anche perché profondamente convinto che, nella fattispecie per le biblioteche italiane, vale oggi il monito di Shera: “La public library non precede ma segue i cambiamenti sociali”.

Nella gestione di questi complessi meccanismi di interscambio un ruolo sempre più rilevante rivestono le “competenze trasversali” (soft skills). Al tema l’autore dedica alcune pagine molto stimolanti, in cui tra l’altro incrocia competenze specifiche e tradizionali con altre “trasversali”, mostrando come queste ultime si rivelino importanti nell’affrontare problematiche presenti in molteplici settori del servizio e non solo, come si crede di solito, circoscritte ai vari aspetti della comunicazione.

Oltre alle soft skills adeguato spazio trova anche l’illustrazione di modelli di compartecipazione degli utenti, come il design thinking e le attività attinenti al “mantenimento della continuità”, oggetto, come si sa, di particolare approfondimento da parte di Diozzi.

Che le politiche bibliotecarie vadano determinate tenendo conto del nesso fortissimo esistente tra innovazione, prossimità e comunità è fuor di dubbio, tanto che a queste “tre leve” è stato dedicato l’ultimo appuntamento del Convegno delle Stelline. La terza parte, Ambiti di applicazione, presenta appunto gli scenari principali entro cui può essere strutturata l’azione delle biblioteche. Tra essi un posto di importanza assoluta occupano le città, così come si vanno rapidamente rimodulando nel tessuto urbano e demografico. Oggi le città, sostiene Diozzi, non possono più essere “descritte” attraverso gli anacronistici strumenti dei piani regolatori, ma si configurano e vanno interpretate come complessi “sistemi di relazioni”. Al loro interno sarà vitale per le biblioteche, così come per ogni progetto di rigenerazione urbana, che i decisori politici svolgano una seria analisi funzionale alla definizione delle problematiche e all’individuazione di soluzioni di vera e propria innovazione.

Al riguardo vien da aggiungere che in Europa si contano ormai numerose esperienze di biblioteche che hanno rappresentato il fulcro di vasti programmi di riassetto di aree urbane, sotto il profilo materiale e simbolico. Per tutte basta citare le “solite note”: la biblioteca Dokk1 di Aarhus e la biblioteca Oodi di Helsinki.

L’autore chiude con alcune Considerazioni conclusive e raccomandazioni molto pertinenti sul possibile posizionamento delle biblioteche all’interno della “condizione post-moderna”, ma anche attente alle difficoltà che ancora adesso permangono, per frenare facili ottimismi.

Come sua prassi, Diozzi correda il testo di un apparato di appendici molto ricco, composto, oltre che dalla consueta sezione di Riferimenti bibliografici, anche da alcuni Suggerimenti di lettura organizzati tematicamente e, soprattutto, da un denso Glossario, molto utile anche in considerazione della scarsa familiarità che si può avere con la terminologia degli argomenti trattati.