Avventure della scrittura: documenti dal Mediterraneo orientale antico
Presidente Associazione Amici Città della Scienza, Napoli
Abstract
Recensione di Ferruccio Diozzi al libro curato da Raffaella Pierobon Benoit, Avventure della scrittura: documenti dal Mediterraneo orientale antico, Napoli, Centre Jean Bérard, 2018, 244 p.
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Nel 2012 l’Università degli studi di Napoli “Federico II” e il Centre Jean Bérard organizzarono a Napoli un convegno internazionale di studi dal titolo Avventure della scrittura. Documenti dal Mediterraneo orientale antico, in cui si affrontavano con approccio multidisciplinare alcuni passaggi importanti dell’evoluzione della scrittura nell’antichità classica.
In particolare il convegno intendeva discutere l’uso della scrittura, dispositivo fondamentale nella gestione dell’informazione e della conoscenza, indagando la sua versatilità e le caratteristiche di volta in volta assunte: da strumento contabile e amministrativo a supporto per la propaganda e per la politica, prendendo in esame esempi molto diversi, a partire dai documenti prodotti in caratteri cuneiformi.
Bene ha fatto il Centre Jean Bérard a evitare la dispersione di questi materiali, pubblicando gli atti di quelle giornate. Il Centro, che è un ente culturale francese con sede a Napoli, fondato nel 1966 dall’archeologo Georges Vallet e dal 1999 parte del CNRS (Centre national de la recherche scientifique), ha per sua missione istituzionale quella di condurre attività di ricerca archeologica, principalmente sulla Magna Grecia e sulla Sicilia, facilitando la cooperazione internazionale, soprattutto tra la Francia e l’Italia.
Dotato, tra l’altro, di un’importante biblioteca specializzata, inserita nel Réseau Farnèse (che include anche l’École française de Rome e l’Académie de France à Rome), il Centro ha sempre favorito un approccio multidisciplinare alla ricerca archeologica, in modo tale da sviluppare la conoscenza della propria area di interesse istituzionale, rappresentata dall’Italia meridionale, attraverso la comparazione e il confronto critico con altre aree geografiche archeologicamente rilevanti.
È l’approccio che si ritrova anche nel volume qui recensito che, con l’intelligente cura di Raffaella Pierobon Benoit, archeologa e docente presso l’Università degli studi di Napoli “Federico II”, raccoglie contributi che, esaminando aree geografiche differenti del mondo antico, con particolare riferimento al Mediterraneo orientale, si interrogano sulla funzione assolta dalle diverse forme di scrittura all’interno dei contesti sociali. La curatrice, infatti, mette in luce come
il dialogo tra discipline diverse, come è stato sottolineato a più riprese dai singoli autori/curatori di convegni e volumi ha contribuito, dall’inizio del nuovo millennio, alla individuazione/diffusione di nuove linee di ricerca, collegate a temi dominanti in settori specifici; la scrittura è quindi stata analizzata come elemento significante dell’identità e in conseguenza si sono approfondite ricerche sugli scambi e i rapporti di forze nell’uso di una o altra lingua e scrittura, il cui uso può diventare, per il solo aspetto delle lettere, un segno di legittimazione.
In quest’ottica nuova attenzione viene attribuita ai supporti che ospitano le forme di scrittura, dai monumenti pubblici ai più comuni oggetti di vita quotidiana e ai diversi usi: uso pubblico generale, uso politico in senso stretto, uso privato, inerente la vita domestica in tutti i suoi aspetti, tra i quali particolare importanza assumono quelli funerari.
Analogamente si erano mossi gli autori di un volume collettivo di qualche anno fa in cui l’origine della scrittura non era vista come un evento unitario concentrato in un tempo e in un luogo ben preciso, la Mesopotamia del 3200 a.C., ma assumeva la caratteristica di un processo articolato determinato da eventi prodottisi in epoche ben più antiche e in aree geografiche anche eccentriche rispetto al teatro del vicino oriente.
La curatrice si preoccupa, nella sua introduzione, di segnalare come un elemento in particolare sia stato messo sotto esame, il tema dell’origine stessa della scrittura. E infatti il volume si apre con l’ampio saggio di Luc Bachelot che mette a confronto le interpretazioni classiche, che pongono al centro la derivazione della scrittura dalla lingua parlata, con i contributi radicalmente innovativi apportati, a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, da Jacques Derrida, che sostiene che nella scrittura, anzi nell’“archiscrittura”, vada ricercata l’origine dei linguaggi strutturati. Al contributo di Bachelot seguono quello di Matilde Civitillo sul mondo egeo, che arriva alle stesse conclusioni discorrendo dei segni sui sigilli minoici, mentre alla complementarità del segno scritto e di quello visivo si dedica Simonetta Graziani con il contributo sulla Mesopotamia antica.
Vengono poi una serie di lavori che puntano soprattutto l’attenzione sul rapporto tra scrittura, lingua e controllo politico e sulla propaganda: il contributo di Adele Franceschetti sulle scritture egee; quello di Mirjo Salvini sulle scritture cuneiformi; quello di Rocco Palermo sulla Mesopotamia in epoca romana in età severiana. In parallelo altri autori esplorano l’uso propagandistico “privato” della scrittura come il lavoro di Elena Miranda De Martino sull’Asia minore ellenistica e romana e quello di Romolo Loreto sull’Arabia meridionale del I millennio.
Al rapporto tra lingua e identità sono dedicati gli interventi di Maria Giulia Amadasi Guzzo, sulla funzione dell’aramaico nel contesto della Siria e del Levante tra II e I millennio, e quello di Giancarlo Lacerenza, sul Giudaismo del Secondo Tempio, che interpreta l’adozione di scritture diverse nel mondo ebraico come segno di identità culturale, etnica e religiosa. Non manca, proprio a cura di Pierobon Benoit, un intervento specifico sul rapporto tra le lettere come caratteri di scrittura o elementi decorativi, che analizza l’uso delle lettere greche su oggetti di uso quotidiano come le lucerne in un’epoca di passaggio tra la civiltà bizantina e quella araba.
Nell’insieme, tutti questi contributi di analisi sulle origini e sulle fasi di vita antiche del fenomeno scrittura sono in grado, a parere della curatrice, di portare anche un contributo alla riflessione sulla contemporaneità, Infatti:
Ben lungi dall’essere esaustive queste ricerche si pongono come stimolo ad ulteriori riflessioni, in un momento, il contemporaneo, in cui la scrittura e soprattutto il suo uso sono protagonisti di un radicale cambiamento: dai supporti cartacei si è passati agli schermi ‘digitali’, dalla penna, con il pennino, biro, stilografica, pennarello, poco importa, si è passati al dito o al palmo della mano, che non tracciano più le lettere ma le scelgono da un repertorio visivo precostituito; l’uso del dito per far scorrere le immagini, per digitare testi, per comporre numeri, che ancora chiamiamo scrittura, sta modificando, in maniera per molti ora preoccupante per la perdita di funzioni specifiche, quell’apporto alla creatività individuale che all’azione dello scrivere si è sempre legata.
Un elemento di riflessione importante e che richiama alla mente alcune considerazioni sviluppate sulla evoluzione della forma libro, dall’antichità classica, in particolare quella romana, alla modernità digitale con la registrazione dei cambiamenti epocali introdotti dalle successive innovazioni tecnologiche. Un parallelismo che indica l’importanza degli approcci che consentono di comparare, nell’analisi della scrittura e della lettura, non solo autori e soggetti diversi ma anche le trasformazioni che guidano i processi sociali, prefigurando gli sviluppi e, perché no, le possibili, nuove “avventure”.