Un coniglio, un cane e una città favolosa: Archinia, l’archivistica illustrata
A proposito del volume di Salvatore Renna e Federico Valacchi
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Nel pluridecennale dibattito fra i sostenitori della carta (virtuosa) e quelli del monitor (virtuale), dei libri da sfogliare e degli ebook, dei soldi e delle criptovalute, della carta d’identità e dello SPID, della fotografia e dell’imaging, della firma con la stilografica e della firma digitale, non poteva mancare la diatriba tra gli archivi cartacei e gli archivi digitali. Federico Valacchi, tra gli archivisti più autorevoli in Italia, e Salvatore Renna, un creativo laureato in Beni culturali, ne parlano in modo ironico ed efficace in Le avventure di Archinia, secondo volume di “Bibliographic novel”, serie recentemente inaugurata dall’Editrice Bibliografica. L’agile libro non è né un fumetto, né una graphic novel (o fumetto evoluto) e neppure un libro illustrato per bambini, ragazzi e adulti rimasti ancora un po’ ragazzi. L’opera si presenta come un “esperimento di comunicazione visiva”, con il duplice scopo di “trasmettere l’archivio” e “educare (le masse) all’archivistica”. Il testo, tuttavia, è rivolto principalmente agli archivisti e soprattutto a chi sovrintende gli archivi, o dovrebbe sovrintendere, senza peraltro testimoniare sempre competenza. La tesi è che “un fondo ordinato ed un buon inventario valgono ancora di più di qualsiasi fumosa costruzione digitale”. Che è un po’ come dire che “ci sono delle cose nei libri che internet non può neppure immaginare”. Benché innamorati del profumo e del frusciare della carta, senza gli archivi digitali non potremmo mai consultare da casa i contenuti dei National Archives americani né degli Archives nationales francesi. I saggi in premessa sono densi (trenta pagine su ottanta) e sono scritti in un italiano scorrevole, da leggere come un trattato in ventiquattresimo. Le Avventure di Archinia, tuttavia, può essere interpretato anche come romanzo di formazione o, meglio, di trasmissione di esperienze sul campo. Dato lo spazio assunto dai disegni, definiti come uno “strumento democratico di partecipazione”, e accettando la carica dissacrante degli autori, sarebbe stato carino scrivere la recensione a fumetti, o per lo meno riccamente illustrata, ma il recensore non possiede le capacità di Renna.
Archinia viene rappresentata come una città immaginaria, che vive di un gigantesco archivio (digitale o in via di digitalizzazione) e di un popolo di (sottomessi) archivisti di diverso livello. Più aumenta il livello, più diminuisce la competenza. Archinia è una città senza tempo perché gli archivi, com’è noto, sono fuori dal tempo, “attualizzano il passato ed ipotecano il futuro”, ed è popolata da una serie articolata di “animaletti antropomorfi”, che vengono annunciati con enfasi e che hanno una presenza saltellante nello svolgimento della storia. Sono, invece, costantemente presenti un cane da caccia al documento raro, un pinguino ieratico dalle aspirazioni divine e un coniglio, in rappresentanza della popolazione dei conigli sapienti e rivoluzionari. Il coniglio, specializzato nel sottrarre con abilità i documenti dagli archivi ha un nome da cane, Thomas Baffo (Arsenio Lapin avrebbe potuto essere un nome più appropriato?) Scopo della banda dei conigli sapienti è “resistere e lottare contro gli abusi del Grande Castello (l’Archivio)”, abusi che sembrano consistere nella digitalizzazione forzata di tutte le unità archivistiche (pergamene, carte, mazzi, filze e faldoni) e nella conservazione a oltranza del materiale digitalizzato, impedendone la consultazione a chicchessia. Dopo un primo fallito tentativo d’intrusione del cane e del coniglio nel Grande Castello, con il conseguente esilio dei due compari, la repressione dei moti rivoluzionari rende l’Archivio ancora più impermeabile e inaccessibile. Un nuovo e più tardo tentativo di penetrare nel “cloud” ottiene, invece, il successo sperato, i documenti digitalizzati e liofilizzati, appesi alle nuvole, vengono intercettati e riconvertiti nella forma cartacea, ma gli effetti collaterali consistono in uno sconvolgimento temporale che determina il brusco ritorno di Archinia al passato. La chiave per rimettere le cose a posto e per “riannodare i fili del tempo” viene gelosamente custodita nel MiBACT e per essere azionata necessita di un codice segreto, altrettanto ben custodito. Cane e coniglio, invece, ottengono ambedue le cose con estrema facilità, basta chiedere agli arcigni, inflessibili, incorruttibili e irremovibili guardiani dell’immobilismo degli Archivi, esseri che sembrano così terribili, ma che alla resa dei conti non lo sono affatto. La linea temporale viene ristabilita e tutto ritorna al suo posto. Fra sbalzi spaziotemporali, spirali cosmiche, contraddizioni interne e divagazioni surreali, tuttavia, non si capisce bene quale sia il “suo posto”. Del resto, la coerenza è la virtù degli asini e “lungo le strade della storia non è vera la verità ma il suo racconto” e i due protagonisti si avviano “in cerca della loro verità, fuori dagli Archivi”. Al di fuori di quei “docili contenitori di supposizioni inespresse e di opzioni culturali” che forse (ma non è certo), rimettendo le cose “a posto”, sono diventati un po’ più accessibili, disponibili, consultabili, digeribili, in altre parole, fruibili.