N.7 2021 - Biblioteche oggi | Ottobre 2021

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Dalla pratica alla teoria

Chiara Parolo

Biblioteca Archimede di Settimo Torinese; chiara.parolo@fondazione-ecm.it

Come la biblioteca insegna ai futuri educatori a “usare” il libro per la prima infanzia

Abstract

A partire dall'anno accademico 2020-2021, l'Università degli Studi di Torino, Dipartimento di Filosofia e Scienze dell'Educazione, nell'ambito del corso di laurea in Scienze dell'Educazione, ha istituito per la prima volta i laboratori di Storia della Letteratura per l'infanzia collegati alla relativa materia insegnata dalla professoressa Ilaria Mattioni e li ha affidati ad una bibliotecaria. Lo scopo del mio intervento è quello di raccontare quali sono i vantaggi di questa collaborazione e come, grazie alla guida di un bibliotecario, i futuri educatori hanno potuto acquisire competenze non solo teoriche ma soprattutto pratiche sul tema della lettura ad alta voce. Si spiega come è stata costruita, lezione dopo lezione, una piccola “cassetta degli attrezzi” che gli studenti potranno portare con sé nelle loro future esperienze lavorative.

English abstract

Starting from the academic year 2020-2021, the University of Turin, Department of Philosophy and Educational Sciences, as part of the degree course in Educational Sciences, has set up for the first time the History of Children’s Literature workshops connected to the relevant course taught by Professor Ilaria Mattioni and has entrusted them to a librarian. The aim of my paper is to tell what the advantages of this collaboration are and how, thanks to the guidance of a librarian, the future educators were able to acquire not only theoretical but above all practical skills on the subject of reading out loud. It explains how a small “toolbox” was built, lesson by lesson, which the students will be able to take with them into their future work experiences.

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A partire dall’anno accademico 2020-2021 l’Università degli studi di Torino - Dipartimento di Filosofia e scienze dell’educazione, nell’ambito del corso di laurea in Scienze dell’educazione, ha istituito i laboratori di Storia della letteratura per l’infanzia, inseriti nel relativo corso tenuto dalla prof. ssa Ilaria Mattioni.

L’esigenza di far nascere laboratori, per loro stessa natura caratterizzati da un taglio operativo, sottolineava la necessità di fornire agli studenti esempi di applicazioni dei concetti legati alla storia del libro per l’infanzia che risultassero funzionali al loro futuro percorso lavorativo: come si può utilizzare concretamente in classe o in contesto educativo la storia della letteratura per l’infanzia? Come è possibile trasformare la necessaria conoscenza storico-teorica in “attrezzo del mestiere”? Queste sono le domande da cui è partita la progettazione dei laboratori, affidati a chi scrive e a Francesca Davida Pizzigoni.

In questo articolo verranno approfonditi i contenuti del laboratorio (16 ore) che mi è stato affidato in quanto bibliotecaria per la Biblioteca Archimede di Settimo Torinese, con particolare riguardo – nell’ambito degli incarichi di promozione della lettura e di laboratori didattici ad essa dedicati – alle attività di lettura ad alta voce e alla promozione della lettura con la scuola.

Dopo un’attenta riflessione sull’impostazione del laboratorio per renderlo appieno rispondente alle esigenze formative degli studenti di Scienze dell’educazione, si è ritenuto di privilegiare un taglio interattivo e partecipativo, impostando un percorso “dalla pratica alla teoria” che, partendo da esperienze di lavoro e di uso del libro per bambini mostrasse agli studenti universitari le sue potenzialità e polivalenze per poi ricondurle al quadro teorico che aveva come riferimento la prof.ssa Mattioni.

Biblioteca e educatori: una collaborazione che si crea sui banchi di scuola

Attraverso un’ampia scelta di materiali e attività, le biblioteche pubbliche offrono ai bambini l’opportunità di provare il piacere della lettura e il gusto di scoprire nuove cose e di conoscere le opere dell’immaginazione. Si dovrebbe insegnare ai bambini e ai loro genitori a fare il miglior uso possibile di una biblioteca e a sviluppare le loro capacità di utilizzare i mezzi di comunicazione a stampa ed elettronici… I bambini dovrebbero essere incoraggiati ad usare la biblioteca sin dai primi anni di vita perché in questo modo è più probabile che continueranno ad utilizzarla in futuro. Con un’ampia gamma di materiali e attività le biblioteche pubbliche offrono l’opportunità ai bebè e ai bambini piccolissimi, insieme ai loro genitori e in genere agli adulti che si prendono cura di loro, di trovare un luogo dove sono i benvenuti, un luogo dotato di risorse preparate per loro, per provare l’occasione di scoprire la gioia delle rime, delle canzoni e dei libri cartonati e tattili perfetti per la loro età. Essere un utente delle biblioteche è un’esperienza sociale precoce che accende la curiosità e l’immaginazione. Il legame che si sviluppa, grazie ai giochi educativi, ai puzzles e ai libri gioco, porterà in seguito a una relazione privilegiata tra il bambino e i libri. Un ambiente ricco di caratteri a stampa è il gradino essenziale per accedere alla lettura e alla tappa successiva, la scrittura. Inoltre, un’esperienza positiva nei primi anni di vita introdurrà un interesse nell’intera vita per la lettura e favorirà il suo apprendimento.

Soffermiamoci su alcuni concetti chiave contenuti nel documento:

  • l’abitudine alla lettura è importante fin dalla più tenera età;
  • le biblioteche hanno una particolare responsabilità nella soddisfazione delle esigenze dei bambini;
  • il bambino riceve elementi essenziali per il suo sviluppo personale, beneficio a lungo termine;
  • il bambino può dare incoraggiamento ai genitori.

Il documento riconosce inoltre l’importanza della lettura ad alta voce fin da piccolissimi come creazione di un bagaglio personale che il bambino porterà con sé nel suo divenire adulto. Già da qui appare chiaro come sia fondamentale la collaborazione e la creazione di sinergie tra biblioteca e educatori per l’infanzia.

L’educatore, mentre ancora si forma nel suo ruolo all’università, deve imparare a conoscere il mondo delle biblioteche e comprendere l’importanza di instaurare con esse proficue collaborazioni riconoscendo gli obiettivi comuni come il bene del bambino, la volontà di supportarlo nella sua crescita intellettiva e personale e il desiderio di aiutarlo a costruirsi un bagaglio culturale che gli sarà utile per il resto della vita. Se poi prestiamo attenzione al passaggio in cui si afferma “insegnare ai bambini e ai loro genitori”, ecco che si capisce che, se un futuro educatore impara a conoscere la biblioteca durante il suo percorso di studio e impara da essa come approcciarsi alla lettura ai più piccoli, saprà dove recarsi per cercare i libri più adatti; consoliderà come prassi ordinaria la selezione di libri sempre nuovi per la sua classe e saprà lì indirizzare le famiglie dei suoi piccoli “allievi”. Per molte persone la biblioteca pubblica non è il primo posto dove andare, spesso non vi è l’abitudine ad affidarsi a questa istituzione (pur amica e a “portata di mano”), mentre l’educatore del nido che durante la sua formazione universitaria è venuto a contatto con questa realtà e con le sue potenzialità saprà fare da ponte tra famiglie e biblioteca. Le biblioteche da parte loro si impegnano a far conoscere le attività dei nidi cittadini aiutando così le famiglie nella scelta.

L’obiettivo a cui tendere è la creazione di una triade collaborativa tra biblioteca/educatore/nidi che sarà a tutto vantaggio dei bambini e delle loro famiglie con un effetto a cascata, sia che queste si dimostrino da subito collaborative e partecipi, sia che invece tale collaborazione vada costruita nel tempo. Oltremodo importante risulta sottolineare infatti agli studenti che i servizi erogati dalle biblioteche sono gratuiti, sia per loro che per le famiglie: gratuiti i corsi di lettura ad alta voce, gratuite le consulenze specialistiche sulla scelta dei libri più indicati per le fasce d’età differenti o su particolari argomenti, gratuito il prestito per la classe o per il singolo. Queste precisazioni che possono apparire scontate, risultano al contrario quanto mai utili in un periodo storico e sociale come quello che stiamo attraversando, così come risulta sempre importante ricordare che la biblioteca offre materiale (librario e non solo) nelle diverse lingue parlate, aspetto che permette il più possibile di sviluppare integrazione e scambio tra le diverse culture.

Le lezioni che ho tenuto per l’università hanno avuto tutto ciò come scopo e si sono orientate sulla pratica piuttosto che sulla teoria per fare in modo che gli studenti costruissero una “cassetta degli attrezzi” da portare un giorno nelle loro classi. La scelta di puntare sulla pratica e su attività laboratoriali anziché su lezioni teoriche frontali, è stato il punto da cui partire: fare del laboratorio una attività utile e spendibile dagli studenti nelle loro future realtà di classe. Come abbiamo realizzato, insieme agli studenti, questa cassetta degli attrezzi? Cosa ci abbiamo messo dentro? Nelle prossime pagine cercherò di spiegare proprio come questa cassetta ha preso forma.

Primo attrezzo e prima lezione: motivazione

Un po’ di teoria ci vuole: il progetto Nati per Leggere e i fondamenti della lettura ad alta voce

 

L’importanza della lettura ad alta voce è nota, noti sono anche gli studi sul tema e l’impegno profuso da pediatri, autori e non ultimi bibliotecari per far diventare questa pratica una buona abitudine da coltivare in famiglia già dalla più tenera età. È sufficiente fare riferimento al progetto Nati per Leggere o agli importanti contributi scientifici sull’argomento di Rita Valentino Merletti o di Bruno Tognolini, per citarne solo alcuni, per supportare l’affermazione. Il focus è solitamente sul rapporto mamma/bambino, sulla lettura famigliare, sull’importantissima triade bambino-adulto-libro, dove per adulto si intende di solito la figura genitoriale. Non è certamente casuale, infatti, che il progetto Nati per Leggere abbia nel suo logo un adulto che legge un libro a un bambino, l’adulto è una figura femminile che inevitabilmente verrà associata alla madre, ma l’adulto può essere anche interpretato non per forza come una figura genitoriale, può essere un adulto che si occupa del bambino, che ha a cuore la sua crescita e il suo sviluppo cognitivo e sociale. Quell’adulto può anche essere un educatore di nido per l’infanzia che sta proponendo al suo “piccolo allievo” un momento appagante per entrambi.

Sappiamo infatti che oltre alla famiglia è oltremodo importante l’approccio che si ha a scuola con la lettura e se sappiamo che è un bene iniziare a leggere da molto piccoli, allora la scuola di cui stiamo parlando è un nido d’infanzia. Questa la premessa alla prima lezione.

La lettura ad alta voce al nido potrebbe apparire nonadatta o inutile. Qualcuno potrebbe intravedervi una sorta di precocismo, il desiderio di “bruciare le tappe”, avanzando il timore che non vengano rispettati l’evoluzione e i tempi di crescita dei bambini. Si tratta forse di chiedere loro qualcosa a cui non sono ancora pronti, qualcosa che non possono ancora affrontare e che potrebbe produrre una situazione di frustrazione e spaesamento per i piccoli?

Nei laboratori che teniamo in biblioteca con le classi dei nidi e dell’infanzia abbiamo invece potuto constatare come la lettura non solo è possibile, ma è anche molto utile ed è per questo che è importante formare i futuri educatori a questa pratica e fondamentale renderli consapevoli dei benefici che ne potranno ricavare i loro piccoli interlocutori. L’adulto, nel nostro caso l’educatore, che familiarizza con la lettura ad alta voce, scopre le competenze dei piccolissimi e si rende conto del loro ricco potenziale cognitivo. Ciò andrà ad ampliare il bagaglio di conoscenze dell’educatore relative alla sua “utenza”, migliorando il lavoro con essa.

Con l’esperienza l’adulto imparerà che i dubbi e i timori a cui abbiamo accennato sono infondati. Una volta che l’educatore lo avrà assimilato e avrà appreso come sia fondamentale offrire occasioni di crescita anche a bambini di pochi mesi per permettere agli stessi in futuro di entrare alla scuola materna con un linguaggio ricco, fondamentale per esprimersi al meglio, fare domande e arricchire le loro esperienze, potrà aiutare i bambini a riempire i “cassettini” delle parole che useranno quando saranno pronti a farlo, avrà dato loro delle possibilità per arricchire il vocabolario e lo avrà fatto senza forzare la loro crescita e senza annoiarli, anzi divertendoli.

Gli educatori di asilo nido lavorano con una fascia di età perfetta per la lettura ad alta voce e se si teme il “precocismo” a cui si è accennato, basti pensare per scardinare questo timore che le connessioni fra le cellule del cervello di un bambino sono in continuo sviluppo e che per un 40-70% sono basate sulle interazioni con l’ambiente, sulle stimolazioni da parte della o delle persone che maggiormente si curano di lui. Nuovi stimoli inducono una crescita o una maggiore attività delle connessioni fra le cellule del cervello già dopo poche ore dall’inizio della loro azione, con la possibilità di modificare in modo durevole il comportamento, coinvolgendo le funzioni psichiche superiori, l’intelligenza, la creatività.

Da questo si deduce che la lettura ad alta voce non va lasciata alla volontà del singolo educatore e neppure relegata al ruolo di puro intrattenimento, ma va invece inserita nel piano didattico già dalla fascia dei lattanti. Gli studi sulla promozione della lettura hanno infatti dimostrato che i bambini “leggono prima di leggere”. I lattanti “leggono” cioè “cercano il significato” nei suoni e nelle voci, nei ritmi di una filastrocca o di una ninna nanna e soprattutto nei volti e nelle emozioni di chi fa loro da mediatore in questa prima forma di comunicazione.

Non solo il bambino sin dai primi mesi di vita appare interessato alle narrazioni, ma queste si legano a momenti di grande intensità emotiva, un primo scambio comunicativo caratterizzato dal piacere e dall’affettività. Inoltre, sviluppare la capacità di ascolto da piccolissimi è propedeutico alla lettura individuale e se si associa a questa una sensazione di piacere, ecco che per il piccolo durante la sua crescita sarà “normale” andare alla ricerca di quella esperienza che gli ha dato emozioni piacevoli. Il riconoscimento della lettura ad alta voce come mezzo per costruire un atteggiamento positivo a lungo termine verso il libro è evidenziato sempre da Merletti quando nel suo libro del 1996 elenca i motivi per cui è importante questa pratica. Ai nostri fini è sufficiente ricordarne alcuni: è necessario creare fin dalla primissima infanzia un rapporto affettivo con il libro perché promuove un atteggiamento positivo nei confronti della lettura ed è il modo più efficace per suscitare la passione per la lettura; nei primi anni di vita il desiderio di emulazione è molto forte, tanto più lo è quando è diretto a una attività che visibilmente appassiona e diverte l’adulto che la propone.

La lettura crea il “momento magico”, un momento libero dai vincoli e dai ritmi della vita quotidiana in cui il tempo reale si annulla a favore del tempo della narrazione; un momento in cui l’adulto si mette a disposizione del bambino, si ferma e si dedica completamente a lui aprendosi a una comunicazione libera, stimolante ed emozionale. Il progetto Nati per Leggere indica questo come uno dei dieci motivi per cui è importante la lettura ad alta voce: “Leggimi perché così stiamo insieme”.

Nella prima lezione gli studenti apprendono i fondamenti del progetto Nati per Leggere e soprattutto imparano che esso riguarda da vicino anche il loro ruolo: saranno infatti proprio loro i portatori del piacere della lettura all’interno di un nido di infanzia, saranno loro i creatori dell’affettività verso il libro e le sue narrazioni. Saranno loro a porre il primo seme per un futuro lettore.

Secondo attrezzo e seconda lezione: il libro

Conosciamo il nostro compagno di lavoro, impariamo a scegliere nel vasto mare dell’editoria per ragazzi quelli più adatti ai nostri piccoli ascoltatori

 

Conosciamo “sua maestà il libro” e impariamo che non è in realtà un oggetto così regale, sacrale e che quindi non è affatto necessario toccarlo e usarlo con riverenza ed ossequio. Questo l’incipit della seconda lezione.

Il libro è un oggetto e come tale può e deve essere usato dal bambino e deve crescere con lui; volendo riformulare la seconda e la terza legge di Ranganathan si potrebbe dire “ad ogni libro il suo bambino, ad ogni bambino il suo libro” perché come il bambino cresce così dovrà crescere anche il libro che gli andiamo a proporre. Si veda come esempio esplicativo la categorizzazione che Susanna Mantovani ha suggerito nel suo saggio del 1989 e ripreso da Enzo Catarsi nel suo libro Leggere le figure ricordandoci però sempre che si tratta di suggerimenti orientativi e che, a parte i libri per piccolissimi o per coloro i quali stanno muovendo i primi passi tra i libri, tutti gli altri possono avere destinazioni di età difficili da definire schematicamente. Anche in queste scelte il bibliotecario può essere un utile alleato dell’educatore e della famiglia, sapendo consigliare loro in modo flessibile i testi più adatti per ogni fascia di età.

Gli studenti durante la lezione hanno potuto visionare diverse tipologie di libro per comprenderne appieno le potenzialità e valutarne le destinazioni; hanno scoperto che un libro può essere usato durante il momento della pappa perché può essere lavato, come anche può essere “letto” con la bocca, il modo con cui i bambini più piccoli imparano a scoprire il mondo. Bisogna imparare a uscire dalla nostra modalità di lettura per scoprire che un libro può essere letto in tanti modi diversi. Perché ciò accada è però necessario che il libro sia adeguato alla fascia di età, anche per questioni di sicurezza, e che sia accessibile al bambino. I ragazzi in questo caso hanno appreso come gestire il libro in classe, niente ripiani a cui il bambino non può accedere in maniera autonoma per non instillare in lui la convinzione che “è una cosa da grandi, non posso prenderlo da solo perché non sono in grado di farlo”; il bambino è in grado di prendere il libro ma può farlo solo se questo è alla sua altezza. Perfette le scaffalature montessoriane con i libri posti di copertina o anche lasciarne alcuni, selezionati, sul tappeto da gioco mischiati agli altri giocattoli: dare al bambino la possibilità di scegliere se giocare e scoprire una palla, un trenino, una bambola o il libro. Il libro come un’alternativa tutta da scoprire e conoscere. Durante la lezione mi è stata posta la domanda meglio usare un libro o fare delle narrazioni? Il mio consiglio, in sintonia con quanto consiglia Merletti è quello di usare sempre un libro nella sua fisicità perché vedere l’educatore che lo usa per “tirare fuori” delle storie sorprendenti, che piacciono e che fanno stare bene, fa venire al bambino il desiderio di rifarlo a sua volta. Non dimentichiamo che in questa età è molto forte il senso di emulazione e se i bambini avranno visto l’educatore usare il libro per creare momenti piacevoli, non ci stupirà ritrovarli sullo stesso tappeto a “raccontare” a modo loro la storia a un pupazzo o a una bambola: il bambino starà ricreando quel momento piacevole a vantaggio di altri che gli stanno a cuore.

Terzo attrezzo e terza lezione: tecniche di lettura ad alta voce

Impariamo le tecniche di lettura ad alta voce e i “segreti del mestiere” per rendere il momento della lettura il più piacevole possibile non solo per i bambini. Impariamo a divertirci con i libri

 

Incipit della terza lezione e regola base senza la quale è inutile iniziare una lettura ad alta voce: il lettore si deve divertire, all’educatore la storia deve piacere, deve sentirla sua e sentirsi a proprio agio dentro di essa.

Nulla di peggio di avere davanti a sé una persona che legge un libro senza voglia di farlo, in questo caso non regala il suo tempo, non fa nascere la magia, non coinvolge e non stimola l’emulazione. Per questi motivi mai darsi come obbligo un giorno e un orario prestabiliti e mai presentarsi all’appuntamento senza aver letto prima e interiorizzato. La lettura ai più piccoli andrebbe fatta tenendoli in braccio, ma parlando nel nostro caso di un gruppo classe ciò non è possibile. Si opterà quindi per un angolo della classe attrezzato in maniera adeguata con tappeti, cuscini, il più possibile priva di elementi di disturbo con a terra i bambini e l’educatore in posizione rialzata rispetto a loro (non seduto a terra tra di loro per evitare di venire sommerso fisicamente!), seduto su una seggiola o in piedi a seconda di come si sente a suo agio. Tornando alla regola di cui sopra, anche la postura va scelta tra quelle in cui ci fanno sentire a nostro agio perché anche il nostro corpo rischia di comunicare insieme alla voce un possibile senso di disagio. Per lo stesso motivo sarà il lettore a decidere se tenere il libro rivolto verso se stesso o verso l’uditorio. Va da sé che se il libro è ricco di figure che integrano il testo e favoriscono la sua comprensione, questo andrà ciclicamente rigirato verso chi ascolta.

Il libro, come già sottolineato, deve essere conosciuto dal lettore perché solo averlo letto più volte gli consentirà di alzare spesso lo sguardo in direzione del pubblico. Questa scelta permette a chi ascolta di sentirsi coinvolto nella narrazione e a chi legge di “monitorare” il grado di interesse e partecipazione.

In questo modo il lettore capisce se l’attenzione sta esaurendosi e se, ad esempio, inserire tra una narrazione e l’altra un libro gioco che farà divertire i bambini, “risvegliando” la loro soglia di attenzione.

Se la classe è gestita da due educatori allora si possono anche immaginare letture a più voci, che sono sempre un arricchimento dell’esperienza. In questo caso fondamentale che la coppia abbia dapprima svolto delle prove di lettura per dividersi i ruoli e che essi vengano sempre rispettati per tutta la durata del libro.

Gli studenti di Scienze dell’educazione, durante le lezioni in presenza, avevano iniziato a fare pratica scegliendo essi stessi un testo da leggere alla classe: purtroppo la pandemia, che ha fatto concludere il corso in modalità online, non ha permesso a tutti gli studenti di provare l’esperienza.

Quarto attrezzo e quarta lezione: il libro per tutti

La lettura ad alta voce non è solo piacevole e divertente ma è soprattutto inclusiva. Impariamo a leggere in modi diversi e conosciamo altri tipi di libri: la Comunicazione aumentativa alternativa. Come si legge un libro in CAA

 

Incipit della quarta e ultima lezione: se la lettura ad alta voce è un regalo che si fa ad un bambino, il regalo deve essere dato a tutti i bambini. La lettura è inclusiva e anche in questo caso ad ogni bambino il suo libro. Un libro speciale per un bisogno speciale: il libro in CAA.

La Comunicazione aumentativa alternativa (CAA) nasce negli anni Settanta in Canada e negli Stati Uniti, con particolare riguardo alla paralisi cerebrale infantile. Negli anni novanta si estendono i suoi ambiti di intervento e arriva anche in Europa e in Italia. La CAA utilizza tutte le competenze comunicative del bambino e il termine aumentativa sta a indicare la continua attenzione a non sostituire ma ad accrescere la comunicazione naturale, utilizzando tutte le competenze del bimbo.

Per leggere libri di questo tipo è necessario usare la tecnica del modeling: l’educatore indica i simboli a uno a uno “saltellando” con il dito sul foglio facendo attenzione a non coprire né il testo né il simbolo che lo rappresenta. Per questo tipo di lettura il bambino dovrà stare vicino al lettore e il testo dovrà essere necessariamente rivolto verso il fruitore dell’esperienza; in questo caso la tipologia del libro e della lettura prevalgono sulle scelte dell’educatore che comunque, anche per questo caso, dovrà aver preparato il testo prima della lettura ad alta voce, per impossessarsene e divertirsi.

Nulla vieta di leggere tale testo a una intera classe. In Biblioteca Archimede abbiamo svolto laboratori di questo tipo alla presenza di un intero gruppo classe, bisogna solo avere l’accortezza di proiettare la pagina che si va a leggere con una LIM oppure usare app nate e sviluppate per questo, come per esempio quella promossa dal progetto Libri per tutti, da cui prende il nome.

Durante la lezione, che purtroppo a causa della pandemia è stata svolta online, gli studenti hanno scoperto questo mondo ai più sconosciuto visionando dei video promossi sempre dal progetto “Libri per tutti”, in cui veniva effettuata la lettura tramite il modeling. È stato anche approfondito il tema dell’utilizzo della lettura in CAA anche al di fuori dell’ambiente sanitario, come supporto per stabilire una comunicazione con bambini stranieri oppure come primo approccio alla lettura con i bambini dell’ultimo anno della scuola materna.

Conclusioni

La “cassetta degli attrezzi” che si è cercato di costruire e di mettere a disposizione degli studenti universitari futuri educatori è orientata in qualche modo a condividere i “trucchi del mestiere”, quelli che grazie alla professione di bibliotecaria ho avuto la fortuna di sperimentare sul campo. È proprio questo osservatorio privilegiato, la biblioteca, che mi ha permesso di individuare questo percorso per così dire di accompagnamento degli studenti da quelli che sono i fondamenti teorici appresi nel corso dei loro studi alla reale applicazione.

L’intento è stato quello di sostenerli, di condividere esperienze che emergono dal mondo del lavoro, di far loro comprendere in maniera più reale possibile i risvolti concreti di un aspetto della scelta di studio che hanno compiuto: la lettura ad alta voce ai bambini costituirà di certo uno dei pilastri di un educatore che andrà a lavorare in un nido.

Tuttavia questa “cassetta” non ha la pretesa di essere né completa né definitiva: molte altre sarebbero le cose che si potrebbero inserire e gli approfondimenti possibili. È proprio la caratteristica stessa della “cassetta” – che ci offre l’opportunità di essere riempita, capovolta, smontata e ricostruita – a venirci incontro: quello che io ho proposto, appunto, è solo frutto della mia personale esperienza, sulla base della quale ho compiuto delle scelte di contenuti da trasmettere agli allievi. Ma la cassetta è sempre pronta a trasformarsi e a crescere insieme a noi.

Mi piace concludere sottolineando che non sono solo stata io a condividere i miei attrezzi con gli studenti: l’esperienza di conduzione del Laboratorio di storia della letteratura per l’infanzia presso l’Università di Torino è stata a dir poco arricchente per la mia professione, mi ha aperto a uno scenario nuovo, a nuove possibilità e a nuove interconnessioni. Molto stimolante è risultato lavorare con gli studenti e far conoscere loro il mondo delle biblioteche e la possibilità di collaborare a favore di una conoscenza più approfondita fin dal momento della loro formazione.