Delle biblioteche "comatose" e di altri sassi scagliati nello stagno
A cura di Claudia Bocciardi
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Diciamo la verità! Quel “comatose”, riferito alle biblioteche, pronunciato dal prof. Alessandro Barbero, è stato come un sasso (ma che dico?) un macigno, gettato dentro un lago tranquillo. È successo a gennaio, ma ce lo ricordiamo tutti, nevvero? Troppo ghiotta l’occasione per non tirar fuori qualche altra strampalata e pedestre riflessione in merito, dal punto di vista di una biblioteca della provincia profonda.
Voci da ogni dove: di apprezzamento e ringraziamento per aver sollevato la questione e offerto il destro alla battaglia per il diritto alla conoscenza, contro gli incomprensibili lucchetti e le clausole restrittive che limitano tale diritto; risposte vagamente impermalosite a difesa di tutta la categoria e chi più ne ha più ne metta. Vale la pena ricordare che già qualche anno fa, una personalità di grande spessore, appartenente alla categoria bibliotecaria, aveva parlato di “stato comatoso”, in riferimento alle “biblioteche tradizionali”. Uno di noi, dunque, e non un utente, per quanto illustre.
Bisognerebbe lasciar sempre la parola ai cittadini, in realtà, evitando il rischio di ritirarci sdegnosamente nei nostri (spesso) autoreferenziali appartamenti. Ecco! L’ho detto! Ascoltare di più quelli di fuori che vengono nelle nostre sale e uscire sotto il portico, vedere se è il caso di fare un piccolo esame di coscienza.
L’impressione è quella di un mondo a più velocità (o a diverse lentezze: dipende dai punti di vista): organismi elefantiaci, ammanettati da regolamenti ferrei e incomprensibili ai più, da una parte; istituti vivaci e colorati dove la cultura si fa con la “c” minuscola e si prende a piccole dosi, quasi senza accorgersene, dall’altra; vie di mezzo dignitose che sopravvivono, nonostante tutto, e che non sono per niente affatto “deserte”, “nell’anno di grazia 2021”.
E, in ogni caso, non dimentichiamo che l’apertura su appuntamento, con gli accessi contingentati è già qualcosa; che i libri continuino a viaggiare, per studio o per svago, è un’altra bella fortuna e che, se anche il prestito interbibliotecario è attivo, è una fortuna al cubo. Nonostante il bibliotecario dietro il plexiglas o dietro la app.
Bibliotecari parrucconi, poco inclini al dialogo (ci sono, ahimè, ci sono) e bibliotecari empatici, pronti a mescolarsi alle folle colorate; diligenti impiegati borbonici, ingessati e attempati, ligi a regolamenti poco consoni ai tempi (e poco propensi a schiodarsi dalle loro scrivanie); maestrine dalla penna rossa (Ah! Quanto mi ci vedo!), operatori di cooperative che fanno per due (alle volte per tre) e portano un po’ di vita a istituzioni asfittiche (fintanto che dura l’entusiasmo e non si rendono pienamente conto delle paghe da fame).
Un mondo che più variegato di così non si può.
Cosa aggiungere di più? Che forse ci vorrebbe “un Barbero al giorno”, per non farci mai dimenticare che stiamo qui per qualcosa e che ci siamo, tutti, nel bene e nel male. “Un Barbero al giorno” per smentirlo (con i fatti) e ricordare al Paese che le biblioteche sono fondamentali e che non sono lì soltanto “per i felici pochi”.