N.2 2021 - Biblioteche oggi | Marzo 2021

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Comunicare le mostre in biblioteca

Maria Cassella

Biblioteca Norberto Bobbio, Università degli studi di Torino, maria.cassella@unito.it

Abstract

Le mostre bibliografiche sono un tema molto diffuso e trasversale nelle biblioteche. Nell'articolo l'autore propone una riflessione sugli aspetti comunicativi di una mostra bibliografica. Come comunicare al meglio una mostra bibliografica al pubblico e, soprattutto, i diversi livelli di comunicazione di una mostra e i principali strumenti per comunicare volumi e oggetti. Internamente una mostra comunica attraverso il senso intrinseco dei volumi e degli oggetti esposti e attraverso la loro esposizione al pubblico. Esternamente un'efficace strategia di comunicazione per una mostra è supportata da diversi strumenti e materiali promozionali. I bibliotecari devono collaborare con gli altri professionisti del ambito del patrimonio culturale per organizzare mostre di successo; anch'essi devono avere confidenza con diversi strumenti e strategie di comunicazione.

English abstract

Bibliographic exhibitions are a very common and transversal topic in libraries. In the article the author proposes a reflection on the communicative aspects of a bibliographic exhibition. How to best communicate a bibliographic exhibition to the public and, above all, the different levels of communication of an exhibition and the main tools to communicate volumes and objects. Internally an exhibition communicates through the intrinsic sense of the exhibited volumes and objects and through their display to the public. Externally an effective communication strategy of an exhibition is supported by different tools and promotional materials. Librarians must collaborate with other professionals of the cultural heritage domain to organize successful exhibitions; they also must become acquainted with different communication tools and strategies.

Per consultare l'articolo completo in pdf visita la sezione "Risorse" oppure clicca qui.

La mostra è un servizio dovuto alla comunità […]. Il fine comune è di contribuire a conservare memoria di quel patrimonio, che appartiene ai cittadini, usandolo e arricchendolo.

Maria Gregorio, 2012

Una nuova stagione per le mostre bibliografiche

Tra i numerosi argomenti dei quali si discute in biblioteconomia sta suscitando un notevole interesse in questo periodo anche quello delle mostre bibliografiche. Nonostante le chiusure parziali o totali delle sale lettura delle biblioteche, proprio quando tutte le attività culturali non strettamente collegate con l’erogazione dei servizi al pubblico hanno subìto una forte contrazione, si registrano incontri e seminari sul web (ad esempio, i seminari realizzati all’interno del “Laboratorio Libri Antichi in Biblioteca” grazie alla collaborazione tra il Centro di Ricerca Europeo Libro Editoria Biblioteca dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia e la Fondazione Ugo da Como di Lonato del Garda e con la partnership dell’Editrice Bibliografica) e si inaugurano alcune nuove mostre virtuali.
L’argomento è trasversale a tutte le tipologie di biblioteche, da quelle statali a quelle pubbliche, accademiche, specialistiche, ecclesiastiche ecc.: questo interesse diffuso e continuo per le mostre bibliografiche, nonostante il momento di forte difficoltà per il settore cultura, è in gran parte figlio della rilevanza e ricchezza delle collezioni delle biblioteche italiane, da quelle di piccoli comuni che conservano fondi di interesse locale fino a quelle nazionali. In generale, si registra in Italia un crescente impegno nella valorizzazione dei fondi storici e d’autore attraverso l’organizzazione di mostre (si pensi a Spazi900, la straordinaria esperienza “museale” della Biblioteca nazionale centrale di Roma). Notevole anche il lavoro svolto dalla Commissione nazionale biblioteche speciali, archivi e biblioteche d’autore dell’Associazione italiana biblioteche, che nel 2019 ha pubblicato le Linee guida sul trattamento dei fondi personali, un prezioso vademecum che, tra i diversi argomenti, affronta anche quello della valorizzazione delle biblioteche d’autore. Tra le attività segnalate: convegni, seminari e mostre. In misura minore, con un focus sull’ambiente accademico, anche la terza missione e l’idea di public engagement si stanno rivelando un potente driver che spinge sempre più le biblioteche verso la realizzazione di mostre bibliografiche.

Le mostre bibliografiche in biblioteca

La realizzazione di una mostra bibliografica è il principale strumento di valorizzazione del patrimonio librario di una biblioteca. L’analisi storica fa risalire le mostre bibliografiche alle Wunderkammern, alle stanze delle meraviglie, quando in epoca barocca si diffuse la “volontà di raccogliere lo scibile in tutte le sue espressioni, talvolta in modo esasperato ed eccessivo”. In queste stanze delle meraviglie prende forma la concezione museale dell’oggetto e tra i percorsi di naturalia, mirabilia, artificialia, exotica e curiosa trova posto anche l’oggetto “libro”.
In generale, una mostra bibliografica ha lo scopo di accrescere l’offerta culturale e ampliare l’accessibilità al patrimonio delle biblioteche fidelizzando gli utenti abituali e raggiungendo nuovi pubblici, ovvero quelle categorie di utenti poco, o per nulla, abituati a frequentare le biblioteche.

Il coinvolgimento pubblico, noto con la definizione di public engagement, è utile per far conoscere a una platea più ampia una tipologia di patrimonio altrimenti relegata a gruppi di studiosi, amatori e specialisti; condividere significa poi sensibilizzare, e di riflesso insegnare la tutela come approccio etico ai beni culturali di ogni tipo.7

A differenza delle mostre d’arte, realizzate per rivolgersi a un pubblico molto vasto ed eterogeneo, la mostra bibliografica viene concepita allo scopo precipuo di sollecitare l’interesse delle comunità locali verso il patrimonio culturale di un ente, un’organizzazione o una biblioteca. Quando il suo focus specifico è la valorizzazione di un fondo d’autore, la mostra diventa un segno tangibile della storia e della vivacità culturale di un territorio e consente di riannodare relazioni intellettuali perse o dimenticate, di mettere in rilievo la vita e le opere di personalità dai forti legami con il contesto locale. Nella biblioteca accademica, in particolare, la realizzazione di una mostra bibliografica può avere molteplici altri scopi:

  • è uno strumento di ricerca per i ricercatori, storici e umanisti, in primis;
  • è un’occasione per mettere in risalto il valore intrinseco, e generalmente poco conosciuto esternamente all’ambito accademico, della biblioteca e delle sue collezioni; 
  • cattura l’interesse degli stakeholder interni ed esterni, compresi possibili finanziatori; 
  • apre spazi di comunicazione e interazione con pubblici di tipo diverso: rafforza l’interesse dei pubblici interni (docenti, studenti, personale bibliotecario e amministrativo e leadership universitaria) verso la biblioteca e cattura l’attenzione dei pubblici esterni: visitatori occasionali, insegnanti, studenti, cultori della materia ecc. 
  • stimola studi, dibattiti, ricerche sui temi in esposizione.

L’allestimento di una mostra bibliografica è un’attività estremamente creativa e formativa per il bibliotecario: gli consente di mettere a frutto la conoscenza delle collezioni speciali, conoscenza acquisita nel tempo grazie al lavoro di riordino e catalogazione dei fondi, allo studio sulla storia delle biblioteche e alle ricerche svolte a supporto delle attività dei docenti. È un’attività complessa che, per un risultato ottimale, richiederebbe una progettazione congiunta, un lavoro di equipe trasversale a più professioni del settore dei beni culturali: bibliotecari, conservatori museali, archivisti, restauratori ecc.
Il bibliotecario non ha una formazione specifica nell’organizzazione di mostre né può sostituirsi alla figura del conservatore museale; vero è che, da alcuni anni, grazie al digitale e all’azione del coordinamento Musei, archivi e biblioteche (MAB) stanno aumentando i punti di intersezione, gli incontri di formazione e le occasioni per progetti condivisi tra biblioteche, archivi e musei; aumenta il confronto diretto e le competenze diventano più trasversali; la collaborazione tra professionalità di diverso tipo esige che ciascuna professione si metta in gioco, che ogni profilo acquisisca competenze base di un altro, nel rispetto delle specificità di ciascun ruolo.
Lo sforzo da intraprendere per realizzare una mostra in biblioteca è anche di tipo economico, dal momento che un budget, ancorché minimo, va sempre destinato all’allestimento: dall’acquisto delle teche espositive che dovranno necessariamente rispondere ad alcune caratteristiche idonee alla conservazione del materiale di pregio, al restauro di esemplari di pregio ma in cattivo stato di conservazione fino alla realizzazione degli strumenti di corredo, analogici e/o digitali, a supporto dell’allestimento e del piano della comunicazione. La comunicazione è un aspetto fondamentale per la realizzazione di una mostra, a tal punto che si può affermare che non c’è mostra senza comunicazione (e senza pubblico). “Il processo di comunicazione – scrive Ludovico Solima – rappresenta, anche in ambito museale, un’attività di importanza cruciale per il conseguimento degli obiettivi strategici e per lo svolgimento delle funzioni di gestione di un’organizzazione”.
Per raggiungere un’eterogeneità di pubblici, soprattutto i pubblici non esperti, fino ad accogliere i cosiddetti “non pubblici”, in un museo così come nella biblioteca, è fondamentale, pertanto, mettere in atto un efficace piano di comunicazione.
In questo contributo ci interessa esplorare l’aspetto della comunicazione di una mostra bibliografica, i differenti livelli di comunicazione e i principali strumenti per comunicare i contenuti al pubblico. Nella riflessione faremo sovente riferimento al mondo parallelo dei musei.

La comunicazione: la prospettiva interna e la mostra come medium

Ogni mostra, sia essa d’arte, scientifica, antropologica ecc. o bibliografica, comunica e racconta sé stessa attraverso diverse prospettive.
Nella prospettiva interna alla mostra interagiscono e si sommano due livelli comunicativi.
Il primo livello è quello del significato degli esemplari e degli oggetti esposti che, in quanto segni, comunicano di per sé. “Gli artefatti – scrive Francesco Antinucci – o sono oggetti d’uso o sono oggetti comunicativi… tertium non datur. […] Un’opera d’arte – continua Antinucci – è necessariamente un oggetto comunicativo. La sua nascita in quanto opera d’arte ha sempre alla base un’intenzione comunicativa”.
I libri, così come gli oggetti d’arte, sono oggetti comunicativi.
Per il libro la dimensione comunicativa è qualcosa di immediatamente evidente quando viene utilizzato come oggetto di studio o di lettura; diventa, però, meno evidente quando l’esemplare viene selezionato per fini espositivi, assumendo così una funzione diversa da quella per cui è stato concepito dall’autore. In questa nuova funzione il libro ha un significato finalizzato all’esposizione; oltre al contenuto, sono le relazioni con gli altri volumi esposti, i segni che l’autore e i possessori lasciano sulle pagine dell’esemplare (note manoscritte, segni di possesso, disegni, dediche, ex libris ecc.), la storia dell’esemplare o il pregio tipografico a renderlo un oggetto da esposizione. Nella mostra bibliografica sono questi elementi esterni al contenuto dell’opera che assumono una forte valenza comunicativa.
L’esposizione rappresenta il secondo piano attraverso il quale la mostra comunica sé stessa. La disposizione dei volumi e degli oggetti nelle vetrine e l’organizzazione nello spazio delle stesse esprimono, infatti, a loro volta un significato. Anche lo spazio è un elemento di questo secondo livello di comunicazione, un elemento non modificabile ma reinventabile attraverso l’ideazione del percorso espositivo.
Grazie alla combinazione dei due livelli comunicativi – quello dell’oggetto libro e quello dell’esposizione – i curatori di una mostra mirano a realizzare un percorso di visita chiaro, logico e coerente, mettendo in luce una o più narrazioni. La mostra diventa così un medium, in cui “la struttura del percorso espositivo coincide con la logica stessa del progetto di comunicazione che si intende proporre e in cui la forma fisica dello spazio non fornisce solo un supporto alla declinazione del discorso, ma ne fa parte. Lo spazio non è la pagina bianca entro cui si pone un testo, ma è parte del testo stesso”.
La costruzione del percorso espositivo è il momento più significativo e creativo per la realizzazione di una mostra; è – o dovrebbe essere – un lavoro di equipe tra bibliotecari, conservatori museali, archivisti, architetti ecc. per la parte tecnica, con la collaborazione di docenti e ricercatori universitari per la parte più prettamente scientifica. Di recente, in ambito museale, si sono anche diffuse diverse metodologie di partecipazione attiva dei pubblici nella progettazione e realizzazione delle mostre e delle loro narrazioni, in linea con il modello di museo partecipativo e grazie alla diffusione di precise politiche di inclusione sociale. Queste politiche “riconoscono nei pubblici di riferimento degli interlocutori attivi, coinvolti attraverso una gamma di pratiche che vanno dalla consultazione a forme leggere ed episodiche di coinvolgimento, da una costruzione condivisa di significati sollecitata dalla mediazione fino a una vera e propria progettazione partecipata”.
Per quanto il percorso di visita che la mostra propone al visitatore possa essere chiaro e ben delineato da una segnaletica direzionale e da un corredo di apparati comunicativi – tema che affronteremo nel paragrafo successivo – il visitatore resta libero di costruire i propri percorsi, assegnando agli oggetti e all’esposizione un significato soggettivo, filtrato attraverso le conoscenze pregresse, le esperienze personali, le capacità cognitive, le curiosità, le motivazioni che lo hanno spinto a visitare la mostra ecc. Così facendo il visitatore dà vita a un’infinita serie di potenziali percorsi e di significati. Non una mostra, quindi, ma una serie infinita di mostre. Non un racconto, ma una serie infinita di racconti.
Per citare nuovamente Daniele Jallà: “La mostra lascia ampi margini di libertà al visitatore di scegliere come percorrere le sale, cosa osservare, quanto soffermarsi, ma al tempo stesso assegna alla dimensione fisica del percorso la prima e fondamentale funzione di comunicare la logica di presentazione delle collezioni, di esplicitare una tesi, di strutturarla in discorso e narrazione”.
L’interpretazione che ogni visitatore dà al percorso espositivo, la sua esperienza personale nell’interazione con l’esposizione consente di instaurare un dialogo tra la mostra e il visitatore, una dialettica costante, eppure di volta in volta diversa. Questo dialogo è sostenuto da un sistema coordinato di elementi comunicativi – scritti, visivi, orali – che arricchiscono e rendono più esplicito per il visitatore il significato della mostra. Questi elementi non comunicano di per sé. La loro dimensione comunicativa è in relazione con gli oggetti esposti e con il loro allestimento: forniscono una prospettiva comunicativa esterna al significato espresso dai contenuti della mostra e dalle scelte compiute dai curatori.

Il sistema di elementi comunicativi: la prospettiva esterna nella comunicazione di una mostra

Pur possedendo una funzione comunicativa propria, le mostre d’arte, così come quelle scientifiche, quelle antropologiche ecc. e – in misura minore – le mostre bibliografiche, sempre più frequentemente vengono arricchite da un sistema di supporti comunicativi esterni (segnaletica direzionale, pannelli, didascalie, totem, video, riproduzioni sonore ecc.) che contribuisce a veicolare al pubblico di non esperti il loro significato. Infatti, “una comunicazione omogenea e uniforme, ottenuta attraverso un sistema comunicativo coordinato, permette di migliorare il rapporto fra il pubblico e le collezioni contenute nei musei, consentendo al visitatore di “decodificare” le opere, il cui significato non è di immediata comprensione per i non specialisti”.
In ambito museale grande attenzione è stata posta a questi elementi comunicativi esterni: come costruirli in modo da catturare l’attenzione del visitatore, dove posizionarli, quale linguaggio utilizzare per incontrare le esigenze e i gusti di pubblici diversi.
Scopo precipuo di questo sistema coordinato di supporti, che potremmo considerare il terzo livello comunicativo di una mostra, dopo quello delle opere e quello dell’esposizione, è costruire un contesto grazie al quale ogni visitatore possa decodificare i contenuti esposti ed elaborare rispetto a essi un suo significato. Per tornare all’ambito che più da vicino ci interessa, quello delle mostre bibliografiche, costruire il contesto significa mettere in luce le connessioni implicite ed esplicite tra i volumi esposti, il nesso che li lega a uno o più autori, a uno o più possessori, e che lega gli autori e i possessori tra di loro e con il contesto storico culturale che ha visto la genesi delle opere. Grazie a pannelli, didascalie, totem, ecc. si potranno, quindi, costruire diversi tipi di narrazioni che mettano in luce: il contesto storico, la vita e il percorso intellettuale degli autori e dei possessori, la genesi delle opere, la storia degli esemplari in esposizione, le loro caratteristiche fisiche (l’edizione, la legatura e i segni che contraddistinguono l’esemplare) e la storia dei fondi dei quali fanno parte (come sono arrivati in biblioteca, se sono lasciti, donazioni o acquisti, se sono completi o sono andati in parte dispersi, quali le loro peculiarità ecc.).
Un elemento al quale prestare particolare attenzione nella realizzazione dei diversi apparati comunicativi di una mostra è il linguaggio testuale che dovrà sempre essere semplice e chiaro. I testi delle didascalie, dei pannelli esplicativi, ma anche di eventuali locandine, guide, brochure ecc. che si vogliano realizzare per sostenere la promozione al pubblico della mostra, dovranno essere brevi ed essenziali per catturare l’attenzione del visitatore. Infatti, è noto che “la capacità di attenzione umana è limitata, diminuisce con il passare del tempo e via via che ci si impegna nella lettura”.
Qualora si intenda rispondere alle necessità di pubblici diversi e di differenti età le informazioni potranno essere veicolate con diversi livelli di approfondimento; a tal proposito è diventato molto diffuso l’utilizzo di codici QR (Quick Response Codes) per arricchire i testi delle didascalie o dei pannelli. Nell’utilizzo dei codici QR è importante, come scrivono nel loro utile vademecum sulla comunicazione nei musei Da Milano e Schiaccitano, che le informazioni “non vadano disgiunte dalle componenti di orientamento e percezione. Un QR code con un collegamento a un contenuto multimediale dovrebbe, ad esempio, essere accompagnato da una breve indicazione su cosa si potrà vedere: “Guarda come si realizza un affresco” oppure “Ascolta il commento del direttore del museo”, “Vedi le opere dello stesso artista presenti nei musei della provincia”.
Una soluzione ancora più ambiziosa per mettere a disposizione dei visitatori dei contenuti integrativi e promozionali è quella di affidarsi a una ditta esterna specializzata nella comunicazione. In base al budget, al tempo e ai contenuti si potrà decidere se realizzare brevi video da mostrare su appositi dispositivi per approfondire alcuni argomenti o descrivere in dettaglio alcuni esemplari o app per la fruizione su smartphone. Quest’ultima è la scelta fatta, per esempio, dal sistema bibliotecario dell’Università di Ferrara che ha affidato a una ditta specializzata l’ideazione di una apposita app (Libri&Palazzi) per la promozione e spiegazione del percorso di visita della mostra “Libri e Palazzi”, curata e realizzata dal sistema bibliotecario nel 2017.
Tra gli elementi comunicativi esterni alla mostra vanno inclusi anche i cataloghi. Dai più semplici, realizzati in casa, a quelli più ricchi ed editorialmente significativi, vere e proprie pubblicazioni scientifiche, i cataloghi rappresentano un potente mezzo per comunicare una mostra, per farla conoscere a un vasto pubblico a livello nazionale (o internazionale, se scritti in lingua inglese) grazie alla possibilità di una loro ampia diffusione tra reti di biblioteche e di musei, enti locali, università, comunità di studiosi ecc. Sotto il profilo diacronico i cataloghi sono lo strumento più rilevante per tramandare la memoria di una mostra.

Le mostre virtuali

Le mostre virtuali stanno diventando sempre più diffuse tra le attività di valorizzazione del patrimonio di una biblioteca. Alcune mostre virtuali vengono realizzate senza un corrispettivo spazio-temporale pur nella consapevolezza che la fruizione di questa tipologia di mostre non potrà mai essere equivalente a un’esperienza reale. Tuttavia, in caso di spazi ridotti o non idonei ad allestire una mostra fisica, le mostre virtuali che nascono direttamente per il web diventano un’opportunità per svelare al grande pubblico i patrimoni delle biblioteche italiane. In questo momento di parziale apertura al pubblico delle biblioteche italiane a causa della pandemia da Covid-19, la realizzazione di questo tipo di mostre sta diventando sempre più diffusa in quanto rappresenta l’unica reale alternativa a una mostra fisica organizzata negli spazi di una biblioteca. Talora la scelta di realizzare una mostra virtuale di questo tipo è motivata dalla necessità di riunire in un unico “spazio virtuale” volumi di fondi storici o di personalità maldestramente smembrati in diverse biblioteche e che mai più potrebbero essere riuniti fisicamente in un unico luogo.
Sotto l’aspetto della comunicazione le mostre virtuali che maggiormente ci interessano sono quelle che arricchiscono le sezioni di una mostra reale pubblicando una parte dei contenuti sul web; per la pubblicazione in rete si possono costruire gallerie fotografiche o, per risultati più ambiziosi, utilizzare dei Content Management System (vedi sotto), ma anche realizzare brevi video e podcast, che mirano a valorizzare alcuni contenuti specifici. Sarà possibile in questo modo creare percorsi di visita digitali e costruire intorno ai volumi e agli oggetti esposti delle narrazioni che sappiano catturare l’attenzione anche dei visitatori meno motivati ed esperti. Talvolta, invece, viene fatta la scelta di riprodurre fedelmente in rete i contenuti di una mostra fisica: in quest’ultimo caso la mostra virtuale si avvicina e si confonde con l’idea di tour virtuale.
La sapiente combinazione di mostra reale e mostra virtuale realizza un potente strumento di disseminazione dei contenuti esposti oltre a dilatare i tempi dell’esposizione che sul web diventano pressoché permanenti. Tuttavia, qualora la biblioteca non abbia a disposizione un budget per ricorrere ai servizi di ditte esterne, è bene essere consapevoli che la realizzazione di due versioni della stessa mostra richiede ai curatori un impegno notevole e competenze da bibliotecario esperto di servizi digitali.
Tra i Content Management System (CMS) open source più diffusi per la realizzazione di mostre virtuali citiamo Omeka o Movio. Omeka è un prodotto estremamente flessibile sviluppato dal Roy Rosenzweig Center for History and New Media in collaborazione con la Georg Mason University. È scaricabile in due versioni: una per l’implementazione di una piattaforma condivisa tra più istituzioni (Omeka S v. 3.0.1); l’altra per singole installazioni (Omeka Classic 2.7.1). Movio, invece, è un kit per la costruzione di mostre virtuali online messo a disposizione dal MiBACT e destinato agli istituti culturali italiani (musei, archivi e biblioteche).
Nel 2011 un gruppo di lavoro dell’allora Ministero per i beni e le attività culturali (MiBAC), composto da professionisti del settore archivistico, museale e bibliotecario, ha pubblicato una guida utile a chi volesse concepire e realizzare un’esposizione virtuale: Mostre virtuali online: linee guida per la realizzazione. La guida “ricostruisce il percorso che porta alla realizzazione e indica le varie fasi che si incontrano nel processo di produzione di una mostra virtuale”: dall’ideazione e progettazione, compresa l’individuazione del team di lavoro, fino alle operazioni conclusive, comprendenti il collaudo, la comunicazione, la pubblicazione, l’aggiornamento e la conservazione.

Per concludere

Il ragionamento fin qui sviluppato potrebbe indurre molti bibliotecari a pensare che la realizzazione di una mostra bibliografica di buon livello e la sua comunicazione al pubblico siano un compito troppo oneroso. Infatti, non sempre in una biblioteca si hanno a disposizione mezzi e risorse adeguate a coprire i costi di questo tipo di attività. È soprattutto la realizzazione del sistema comunicativo esterno a impegnare il tempo e le risorse degli organizzatori. Tuttavia, per quanto questo corredo di apparati comunicativi stia diventando sempre più rilevante nell’organizzazione di una mostra, ci sembra importante ribadire che ogni mostra comunica di per sé e che anche una mostra piccola, ben concepita e ben organizzata nel percorso espositivo, corredata da semplici didascalie e brevi abstract che spieghino i contenuti, può raggiungere gli scopi prefissati e diventare una mostra di successo, raccogliendo il favore dei visitatori. In mancanza di un articolato apparato di comunicazione, per la valorizzazione dei contenuti esposti, il bibliotecario potrà puntare su attività di coinvolgimento dei pubblici attraverso l’organizzazione di visite guidate, seminari e laboratori didattici con le scuole.