N.1 2023 - Biblioteche oggi | Gennaio-febbraio 2023

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I libri del vescovo Vincenzo Savio

Jacopo De Pasquale

Biblioteca Gregoriana di Belluno; bibliotecagregoriana@chiesabellunofeltre.it

Uno sguardo su un’interessante raccolta conservata nella Biblioteca Gregoriana del Seminario di Belluno

Abstract

La vita, la passione e le opere pastorali del vescovo Vincenzio Savio (1944-2004) risplendono nella sua biblioteca, donata al Seminario Gregoriano (Belluno) dopo la sua morte nel 2004. Lo scopo di questo contributo è quello di far conoscere ai lettori l'importanza che i libri hanno avuto nella sua breve ed eccezionale vita, con particolare attenzione alla sua biografia e alla sua missione religiosa nella Diocesi di Belluno-Feltre.

English abstract

The life, the passion and the pastoral works of the bishop Vincenzio Savio (1944-2004) shine through in his library that was donated to the Seminario Gregoriano (Belluno) after his death in 2004. The purpose of this contribution is to let readers know how important the books were in his short and exceptional life with a particoular attention to his biography and his religious mission in the Diocesi of Belluno-Feltre.

Contenitore

Lo sguardo e tutto l’agire di chi è “custode” si legano a ciò che è stato consegnato per garantirlo, proteggerlo, preservarlo, averne cura. Termine che rivela amore, fedeltà, rispetto: non custodisce chi semplicemente “rinchiude”; non custodisce chi “non favorisce la crescita”; non custodisce chi non mette ciò che gli è affidato nella condizione di “esprimersi”, di “avanzare verso il futuro.

Vincenzo Savio, La montagna e il suo insegnamento, 9 luglio 2002

Nel corso degli anni si è tanto scritto della figura del vescovo Savio (1944-2004), pastore della Chiesa di Belluno-Feltre per soli tre anni, gli ultimi della sua intensa vita. A Belluno, tra i fedeli, il suo ricordo è ancora estremamente vivo e non c’è occasione in cui le sue parole e il suo insegnamento non vengano rammentati da chi ha avuto la fortuna di conoscerlo e stargli vicino.

Quando per la prima volta mi sono apprestato a varcare la soglia della Biblioteca Gregoriana, custodita nel Seminario di Belluno, non avrei mai pensato alla opportunità di conoscere un ulteriore aspetto della vita del vescovo durante la mia adolescenza, probabilmente poco noto ai più. Ma urge una piccola e indispensabile premessa sul luogo di cui andremo tra breve a parlare.

La Biblioteca Gregoriana è la biblioteca del seminario. Prende il nome da papa Gregorio XVI (1765-1846), uno dei principali fautori della riapertura di un luogo destinato alla formazione del clero dopo la tempesta napoleonica. Il pontefice, di origine bellunese, promosse infatti la riapertura del seminario, negli anni Trenta del XIX secolo, nell’antico convento dei Minori di san Pietro. Papa Cappellari donò al seminario anche una raccolta di libri di grande valore, tuttora conservati nella parete di fondo della sala al primo piano, che reca al centro il busto dell’illustre benefattore.

Nel tempo il patrimonio librario della Biblioteca Gregoriana si è ampliato con le donazioni dei molti sacerdoti che si sono succeduti nei corridoi dell’antico convento di san Pietro. Un ulteriore grande passo è stata l’adozione di un efficace sistema di catalogazione, oltre che l’organizzazione e l’inventariazione del materiale librario per rendere più facile la ricerca dei singoli volumi. Infine, fondamentale, l’opera dell’Istituto di Scienze religiose di Belluno, che per anni ha rimpinguato e aggiornato il patrimonio della Gregoriana con le più recenti pubblicazioni in ambito teologico, filosofico e storico.

Un patrimonio che consta ad oggi di circa 83.000 volumi, tra i quali bisogna ricordare la donazione di Tommaso Catullo e le acqueforti di Piranesi, senza dimenticare l’importante fondo Da Borso con le sue nove edizioni aldine.

Un’eredità eccezionale recentemente inserita nell’Indice SBN grazie ad alcuni finanziamenti della Conferenza episcopale italiana, rendendone in tal modo fruibile una parte su tutto il territorio nazionale.

È proprio all’interno di questo progetto che il fondo Savio ha ricevuto una nuova attenzione e valorizzazione. Posizionato nella parete di fondo della sala al piano terra, si presenta al lettore-fruitore come un insieme omogeneo pronto a essere disvelato (Figura 1).

Il fondo comprende 758 libri di vario genere che documentano la vita e le passioni del vescovo Savio.

Il primo grande gruppo di volumi testimonia la sua lunga presenza in Toscana, dal 1977 al 2000. Da guida della parrocchia del Sacro Cuore di Livorno (1977-1985) fino alla nomina a vescovo ausiliare della città toscana, (1993-2000) tante sono le iniziative nel quale Savio si è adoperato; molto ha viaggiato per una delle sue adorate terre di adozione. Si contano a centinaia i libri relativi a Siena, Firenze, Livorno e alle loro opere d’arte. Di particolare interesse è il volume relativo all’architettura religiosa e al ruolo della chiesa come edificio sacro nel corso dei secoli. La cattedrale gotica, come “metafora del cielo”, era ben presente nella mente e nel cuore di mons. Vincenzo. Basti pensare al suo fondamentale ruolo per l’erezione a basilica minore del Santuario dei Santi Vittore e Corona sul monte Miesna (Anzù-Feltre).

Traspare già in quegli anni l’interesse per l’arte come veicolo privilegiato di azione pastorale. Le icone e le miniature medievali, in particolar modo, sono presenti in vari volumi di pregevole fattura. Ristampe anastatiche di antichi manoscritti si affiancano a testi comprendenti profonde riflessioni iconologiche e spirituali sulle rappresentazioni sacre nell’epoca medievale e moderna.

Il Cristo coronato di spine del Beato Angelico, che il vescovo Savio volle a Belluno per una mostra e che fu suo compagno nelle ultime ore di vita, testimonia l’importante ruolo che l’arte aveva per lui nell’avvicinare l’uomo all’incontro con Dio. La mostra delle Iconostasi di Livorno al seminario di Feltre (settembre 2001) conferma la consapevolezza che i beni culturali sono “posti al servizio della missione della Chiesa”, cioè espressione della vita liturgica, della pietà, dell’annuncio del Vangelo e della carità. (Giovanni Paolo II, Allocuzione del12 ottobre 1995).

Di conseguenza, un altro tema rintracciabile nei volumi del fondo è quello della storia dell’arte. I testi relativi a questo ambito sono moltissimi e secondi solo a quelli relativi alla formazione sacerdotale del vescovo Savio. A tal proposito sono da segnalare sicuramente alcuni libri su Belluno e sulle bellezze artistiche della nostra provincia, dalla pittura bellunese del Cinquecento a Pollock.

Da non dimenticare, inoltre, i molti libri relativi al Concilio Vaticano II e alla risposta teologico-pastorale da esso scaturita con una particolare attenzione all’ecumenismo, un tema ancora oggi di eccezionale attualità.

Non può stupire la presenza di moltissimi libri di teologia pastorale, che ci confermano l’enorme importanza data alla relazione tra la teologia in senso stretto e il mondo concreto nel quale l’uomo deve vivere. Testimonianza attiva che il vescovo Savio ha sempre portato avanti con forza, fermezza e cordialità; basti pensare a quando si fermava in fondo alla Cattedrale a parlare con i fedeli.

Bisogna anche rammentare il fondamentale apporto della Sacra Scrittura. Molti testi sui Salmi, sui Profeti e sul Nuovo Testamento ci fanno assaporare il profondo rapporto che il vescovo aveva con essi. Una continua e profonda azione di ricerca anche grazie ai più aggiornati, per il tempo, testi di esegesi biblica.

Altri fondamentali pilastri dell’azione pastorale e della spiritualità del vescovo Savio sono ravvisabili nella biblioteca: parliamo di alcuni importanti testi filosofici, incardinati sul ruolo dell’essere umano all’interno del mondo. Levinas e soprattutto Guardini sono tra gli autori preferiti. Mondo e Persona, L’etica e soprattutto l’analisi dell’opera di Rainer Maria Rilke, testimoniano il suo profondo interesse per la riflessione ontologica sul ruolo dell’uomo secondo il pensatore italo-tedesco. Senza dimenticare poi l’opera omnia di Søren Kierkegaard.

Ma un tema che occupa uno spazio enorme tra gli scaffali di mons. Savio è sicuramente il Medioevo. San Tommaso d’Aquino, Gioacchino da Fiore, Abelardo, ma soprattutto san Francesco d’Assisi, sono presenti nella sua riflessione, come testimonia una pregevole selezione di fonti. Non mancano alcuni importanti studiosi dell’età di mezzo, come Georges Duby o Johan Huizinga. La visione dei secoli XIV e XV dello studioso olandese come “l’Autunno del Medioevo” ha contribuito non poco ad aprire a una nuova concezione di questo periodo: non più “i secoli bui”, ma un’epoca portatrice di fermenti profondi e carichi di sviluppi anche per la società odierna, non solo dal punto di vista religioso, ma anche sociologico. Tra i volumi che ho passato in rassegna in questi mesi di ricerca, oltre a una monumentale Storia della Teologia nel Medioevo, segnalo un testo molto profondo del teologo Bruno Forte sul silenzio di Tommaso d’Aquino nei suoi ultimi mesi di vita. L’autore cerca di dare voce al silenzio del dottore angelico tramite la poesia, e ci tramanda una visione toccante del rapporto di uno dei più grandi indagatori della fede e della ragione umana con il fine ultimo e l’incontro con Dio.

A partire da questo breve testo comprendiamo anche la presenza di altri volumi di importanti teologi del XX secolo, come von Balthasar, Bonhoeffer e Sergej Bulgakov, in vista di un attento approfondimento del problema etico dell’incontro con Dio nella prospettiva della Salvezza.

Mi fermo qui, con la certezza di non essere stato esaustivo. Infatti, la poliedrica figura del vescovo Vincenzo Savio non è sicuramente riassumibile in queste poche righe. L’intento di questo scritto era solo quello di aprire una finestra sulla vita e sulle passioni librarie di un uomo che ha segnato non solo la mia adolescenza, ma tutta la storia della diocesi di Belluno-Feltre. Scorrere gli scaffali del fondo Savio è stata un’avventura per me affascinante, carica di riflessioni e ricordi incancellabili. Possono le letture di una persona influenzare la vita di qualcun’altro? Onestamente penso di sì. Un solo esempio: tra i libri presenti nel fondo ce n’è uno che si staglia con la sua copertina grigia. Si intitola Insciallah ed è stato scritto da una delle giornaliste più famose del Novecento italiano, Oriana Fallaci. Un romanzo molto crudo sulla guerra in Libano, sulle sue atrocità e sulle difficoltà di comunicazione tra religioni diverse. Ecco, aprendo il libro, la sorpresa. All’interno è possibile leggere una dedica di Oriana Fallaci al vescovo Savio: “A Vincenzo Savio con stima e amicizia - Livorno 1994” (Figura 2).

Non sappiamo quale fosse il rapporto tra questi personaggi e non sappiamo se il vescovo Savio l’abbia mai letto, ma osiamo dire, alla fine di questa analisi, che probabilmente così è stato. La sete di conoscenza che trasudano gli scaffali del fondo non solo ci testimonia le passioni e la profonda preparazione culturale del vescovo, ma anche, e soprattutto, l’inclinazione di una persona sempre in gioco per e con l’altro, anche quando alcune prospettive potevano non essere compatibili. Come scrive Umberto Folena nello stupendo libro Il vescovo e Margherita. Vincenzo Savio sorride anche nella malattia il vescovo non ha mai smesso di sorridere e di mettersi in gioco, anche quando la malattia ormai stava debilitando il suo corpo in via definitiva. Come poteva riuscirci? Penso di aver trovato una chiave di lettura nel suo testamento spirituale. Il 25 marzo 2004 scrisse: “Avrei potuto salutare la vita terrena in ogni istante sentendomi “riempito” di gratuità e di stupore”. Ecco, lo stupore. Il fondo Savio trasmette stupore per la conoscenza in ogni sua forma. Che si tratti di storia, filosofia, teologia o storia dell’arte, possiamo ravvisare lo stupore per la vita di un uomo che ancora oggi, tra le mura del Seminario Gregoriano e nella diocesi di Belluno-Feltre tutta, fa sentire la sua carismatica presenza. Uno stupore proteso verso il futuro, come i libri del vescovo Savio, che ancora oggi vengono utilizzati dagli studenti e dai ricercatori che entrano all’interno della Biblioteca Gregoriana. Un libro deve essere conservato, custodito, ma solo nel momento in cui apre un nuovo orizzonte in chi lo avvicina raggiunge il suo scopo ultimo. Sono sicuro che il vescovo non disapproverebbe questa personale considerazione!