Quaderni dell’Ente Musicale e Culturale “Giacomo Puccini”
Bibliotecario specializzato in risorse musicali; Scuola di Musica di Fiesole; e.ottani@tiscalinet.it
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In occasione dei duecento anni di attività della Filarmonica suveretana è stata presentata la collana Quaderni dell’Ente Musicale e Culturale “Giacomo Puccini” di Suvereto. Facendo attenzione a evitare una prospettiva auto-celebrativa, i responsabili, i rappresentanti istituzionali e gli studiosi che avevano già iniziato a lavorare sul materiale documentario sono stati concordi su un punto cruciale: la valorizzazione della funzionalità scientifica e al tempo stesso divulgativa dei documenti si sarebbe manifestata secondo una modalità chiara e palese. Impossibile d’altronde muoversi in un’altra direzione, perché, quando ci si approccia a un materiale come quello contenuto all’interno degli archivi della Filarmonica di Suvereto, non si può non pensare al modo di trasmetterlo al meglio a chi verrà dopo di noi – sicuri del valore di questo processo, che trascende l’umana concezione del tempo, e che pertanto ci avvicina a una dimensione metafisica. La banda, la filarmonica, l’archivio – e quindi le carte, i supporti, gli strumenti – e le persone – e quindi il pubblico, i musicisti, i compositori, i direttori, i costruttori e le majorette – creano un articolato e complesso mondo, dall’apparente duplice natura celebrativo-divulgativa; ma per tutti coloro che hanno occhi (e orecchie) e che hanno avuto modo di calarsi nello studio della materia con spirito critico, avulso da qualsiasi preconcetto e pregiudizio, la dicotomia funzione celebrativa/funzione divulgativa risulta essere meno rigida e oppositiva.
I contributi previsti per la collana sono eterogenei, all’interno di un panorama storico-scientifico che privilegia la tutela e la conservazione. In questa prima pubblicazione i contenuti sono essenzialmente di carattere archivistico e biblioteconomico; un carattere che, del resto, permeerà tutte le altre pubblicazioni. Una linea editoriale che si andrà necessariamente ad accostare ad altri criteri: l’esame e l’analisi delle carte andrà ad assumere vari approcci e punti d’osservazione. Tra questi ultimi prevarranno quello storico, quello musicologico e quello etno-musicologico. Si affronterà l’analisi di carte e documenti che ci permetteranno di capire come la storia di Suvereto sia interconnessa alla storia dei centri limitrofi e del territorio; come, insieme ad essi, sia connessa alle altre realtà toscane; come queste nel loro insieme rispondano ad una logica più ampia, a categorie modellate su quelle nazionali (come vedremo, alcuni aspetti del fenomeno, per certi versi, potrebbero ricalcare la categorizzazione Nord-Centro-Sud) o anche a prospettive totalmente autonome, a seconda del punto di vista dell’osservatore. Attraverso quelle stesse analisi sarà possibile inoltrarsi, a vari livelli di profondità – livelli consentiti soprattutto dalle limitazioni intrinseche alle fonti stesse –, in speculazioni mirate, affinché queste pubblicazioni possano rendersi strumento per ulteriori studi e ricerche. Attraverso le analisi, ma anche attraverso una raccolta di testimonianze dirette e indirette, vedremo come l’impatto del fenomeno artistico abbia impregnato il tessuto antropologico e sociale secondo interessanti modalità e dinamiche. La riscoperta delle musiche e degli arrangiamenti di compositori che hanno frequentato e che frequentano la Filarmonica di Suvereto, ci permetterà di aprire una finestra sul passato e una sul futuro: in realtà, le loro musiche, spesso “dimenticate”, forniscono nuova linfa al repertorio proponibile al pubblico, oltre che nuove idee e punti di vista ai creativi e agli artisti che operano nel presente.
Apparirà chiaro come il ruolo della musica contemporanea non è affatto marginale all’interno del fenomeno bandistico, soprattutto (e forse inaspettatamente) negli ultimi tempi. Si osserverà come le nuove generazioni, aperte alle novità e favorevoli al cambiamento, sono affascinate e conquistate dalle nuove sonorità, che permettono interpretazioni ed espressività finora inesplorate. Rileveremo come l’attività bandistica preveda tanti approcci diversi quante sono le persone coinvolte, quasi avessimo a che fare con uno dei postulati pirandelliani, più che mai aderente e appropriato a tale contesto. Eppure, è proprio questa la caratteristica che accomuna ogni relazione che intercorre tra gli esseri viventi: ogni interazione conserva qualcosa di unico e irripetibile rispetto alle altre. Grazie a questa collana cercheremo di far emergere queste unicità, esplorandole in profondità e cercando di collocarle in modo che possano costruire un disegno armonico e relativamente omogeneo. Una mappa, sia immateriale che mentale, non più bidimensionale: piuttosto un ologramma, capace di rappresentare meglio la dinamicità e la complessità delle interconnessioni tipiche dei fenomeni culturali che caratterizzano le diverse comunità umane.
Questa collana sarà, inoltre, la sede ideale per indagare gli intricati rapporti instauratisi tra musica colta e musica popolare: come è noto, le origini di queste categorie si perdono nell’antichità, ma la loro codificazione è relativamente recente. Di conseguenza, un’indagine approfondita potrà risultare non solo innovativa, ma anche necessaria ai fini di una maggiore comprensione della relazione fra diverse culture musicali. Le formazioni bandistiche diventano un naturale catalizzatore di entrambe le tendenze, generando un essere vivente bifronte. La loro posizione mediana fa sì che esse svolgano automaticamente il ruolo di “ponte” tra mondi, culture, pratiche e ideologie. Decisiva, per esempio, nel corso del XX secolo, è stata la scelta del repertorio operata dai vari compositori e direttori italiani per quanto riguarda le trascrizioni da composizioni non originali, attingendo per lo più dalla musica colta europea, strumentale e operistica, con la netta prevalenza di quest’ultima. Infatti, grazie all’efficacia di quelle esecuzioni, la banda è riuscita a guadagnare una certa “autonomia artistica”, tale da permetterle, già a partire dal secondo dopoguerra, di adottare contributi rilevanti da generi “più popolari” (come la canzone, alcune forme di danza, fino ad arrivare alle odierne esecuzioni di musica da film). È pur vero che, oltre all’efficacia esecutiva, uno dei fattori maggiormente influenti da considerare sul piano delle scelte artistiche, vista la natura spiccatamente “popolare” del fenomeno, è il “gusto del popolo”, alle cui tendenze si è sempre adeguato il repertorio proposto. Un “gusto” che dal secondo dopoguerra ha preso direzioni molto più complesse, alle quali il mondo bandistico si è adattato a volte faticosamente. Analogamente, sarebbe impossibile affermare che le scelte melodiche di molti compositori di musica colta, a partire dall’Ottocento, non siano state influenzate dalla musica popolare, anche da quella che Béla Bartók, nei suoi Scritti sulla musica popolare, definisce “popolare o contadina in senso stretto”. Quegli stessi compositori che si sono fatti affascinare dalle compagini bandistiche, e che a questa hanno riservato ruoli rilevanti all’interno dell’ossatura drammaturgico-musicale di alcune loro opere. Da ciò si può affermare che in Italia lo scambio tra cultura musicale colta e cultura musicale popolare non è mai cessato (forse con le sole eccezioni dei due conflitti mondiali), risultando di reciproco vantaggio per entrambe le realtà. Tale scambio è visibile nella contemporaneità di tre fenomeni, operanti su binari paralleli e ben distinti, e che possiamo identificare nel lavoro degli etnomusicologi sul campo, nelle trascrizioni del repertorio operistico dei compositori e direttori di banda e nelle influenze melodiche della musica popolare colta. Perciò risulta chiara l’importanza di uno studio analitico e approfondito volto all’archivistica, alla conservazione e alla memoria. Della originaria natura e delle funzioni sociali e culturali delle formazioni bandistiche si tratterrà più approfonditamente nei vari contributi che andranno a comporre questa collana, ma quello che qui serve precisare è che le loro origini sono da rintracciare negli strati medio-bassi della società italiana risorgimentale: tra gli artigiani, i contadini, gli ex-militari e la borghesia cittadina – relativamente giovane, allora. Non casualmente, sul finire del XIX secolo, i complessi bandistici si presentano come espressione artistica squisitamente popolare e militare. La dicotomia musica colta/musica popolare, ideale in un contesto sociologico ed etno-musicologico (e quindi relativo), ci conduce abbastanza automaticamente a una categorizzazione ulteriore. La nietzschiana distinzione tra apollineo/dionisiaco, ideale in un contesto filosofico, metafisico e spirituale (e quindi assoluto), attraverso la quale sarà più facile districarsi nello studio delle origini del fenomeno.
Nel mito di Dioniso la musica è concepita come un suono che prorompe dall'intimo dell'animo umano; nel mito di Apollo è, invece, un suono esterno, che la divinità manda agli uomini per ricordare loro l'armonia dell'universo. Nella concezione legata ad Apollo, la musica è esatta, serena, matematica, collegata alle visioni trascendenti dell'utopia e dell'Armonia delle Sfere. […] Questa concezione sta alla base della dottrina pitagorica e di quelle dei teorici del Medio Evo (epoca in cui la musica era considerata una delle arti del Quadrivio, insieme all'aritmetica, alla geometria e all'astronomia) ed è ugualmente alla base del metodo dodecafonico di Schönberg. I suoi metodi espositivi sono teorie numeriche. Il suo proposito è quello di armonizzare il mondo attraverso un design acustico. Nella concezione dionisiaca la musica è, invece, razionale e soggettiva, ricca di mezzi e di espedienti espressivi, variazioni di tempo, gradazioni dinamiche, coloriture tonali. É la musica dell'opera lirica, del belcanto. […] Ma è soprattutto l'espressione musicale dell'artista romantico che domina il XIX secolo e che prosegue nell'espressionismo del XX. Ed è anche l'espressione musicale che sta oggi alla base degli studi e delle esercitazioni dei futuri musicisti.
Dal particolare al generale, dal generale al particolare: questi “movimenti di macchina” saranno rintracciabili lungo tutta la collana. In tale contesto, appare chiaro come il fenomeno delle filarmoniche e delle bande civili italiane sia un'espressione squisitamente dionisiaca: lo si potrebbe dimostrare attraverso un serie di riferimenti al testo citato in precedenza, ma confido nell’immediatezza di tale associazione. L'affinità intrinseca dell'aulos con gli strumenti in legno a fiato, che compongono parte dell'organico bandistico, è esplicita. Considerato il periodo di sviluppo e di massima espansione della pratica bandistica, la definizione dionisiaca appare nuovamente corrispondere all'interpretazione fornita da Schafer.
L'esaltazione e la tragedia dionisiache rispecchiano fedelmente due sfaccettature diverse del fenomeno, concretizzate nella diversità di funzioni e nel repertorio adottato: in primo luogo, si registra una funzione celebrativa, con inni (nazionali e non) e marce militari, trionfali e popolari, annesse; mentre l'aspetto "tragico" è rintracciabile nelle trascrizioni da melodramma e nella relativa funzione educativo-divulgativa. D’altronde, fu proprio nel contesto della tragedia greca che si iniziò a parlare di orchestra, anche se solo per definire una parte dello spazio scenico, e si iniziarono ad organizzare "eventi artistici" pubblici, di carattere sacro, che prevedevano anche intermezzi di musica d'insieme destinata ad un organico prestabilito, il coro. Non a caso, uno dei contesti in cui venivano organizzati tali "eventi" erano proprio le feste in onore del dio Dioniso.
Oltre a questo aspetto dionisiaco, nella banda ritroviamo il carattere nomade di Hermes, dio del viaggio e dei pellegrinaggi, e anche alcuni caratteri tipici di Ares, dio della guerra, soprattutto quando la banda si esibisce in composizioni e parate militari. I caratteri apollinei diventano forse più evidenti quando la banda si esibisce tra gli incerti confini di una cassa armonica, e, più in generale, quando non “gira”. Nella dimensione atemporale del mito si possono già distinguere le fisionomie delle categorie in uso nel nostro presente. Ciò che cambia è come tali categorie vengono artisticamente e musicalmente espresse. Se, quindi, nel mito è possibile rintracciare le origini che distinguono alcune caratteristiche prettamente e squisitamente musicali, allora oggi sarà importante valorizzare ogni singola espressione di esse. Per comprendere meglio da dove veniamo, il nostro presente e per svilupparlo al massimo delle nostre possibilità. Preservare le filarmoniche e le bande in quanto espressione di aspetti della musica poco o affatto rintracciabili altrove nella cultura di un popolo, diventa un’azione che tutela le nostre origini e ci avvicina alle radici della nostra civiltà.