Scarto e deselezione nelle biblioteche accademiche - Open Access
Università degli studi di Milano danilo.deana@unimi.it
Abstract
In molti sistemi bibliotecari universitari, le collezioni tradizionali hanno superato il loro spazio fisico, come si vede nella Biblioteca di Filosofia dell'Università di Milano, dove oltre il 90% degli scaffali è occupato, superando il 75% raccomandato dall'American Library Association. Il passaggio alle risorse elettroniche ha ridotto in modo significativo l'uso dei materiali tradizionali. Nell'arco di due decenni, gli abbonamenti alle riviste cartacee dell'Università di Milano sono scesi da oltre 12.000 a 3.718, mentre gli abbonamenti elettronici sono aumentati fino a raggiungere quasi 80.000. Nonostante il ruolo critico del diserbo e della deselezione nella gestione delle collezioni, tali politiche sono state poco diffuse nelle biblioteche accademiche italiane a causa delle difficoltà di attuazione, tra cui la necessità di ottenere l'autorizzazione delle autorità di vigilanza regionali. L'articolo sottolinea la necessità di sviluppare politiche di de-selezione basate sui dati per gestire le collezioni in modo efficace, garantendo che le risorse rimangano rilevanti e accessibili agli utenti.
English abstract
In many university library systems, traditional collections have outgrown their physical space, as seen at the University of Milan’s Philosophy Library, where over 90% of shelving is occupied, exceeding the recommended 75% by the American Library Association. The shift to electronic resources has reduced the use of traditional materials significantly. Over two decades, print journal subscriptions at the University of Milan have dropped from over 12,000 to 3,718, while electronic subscriptions have surged to nearly 80,000. Despite the critical role of weeding and de-selection in collection management, such policies have been sparse in Italian academic libraries due to implementation challenges, including the need for authorization from regional supervisory authorities. The article highlights the necessity of developing data-driven de-selection policies to manage collections effectively, ensuring resources remain relevant and accessible to users.
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In molti sistemi bibliotecari di ateneo, la situazione in cui versano le collezioni tradizionali somiglia a quella in cui si è trovata Alice dopo aver assaggiato il dolce su cui c’era scritto “Mangiami”: sono diventate troppo grandi per le biblioteche che le ospitano. Nella Biblioteca di filosofia del Servizio bibliotecario d’Ateneo dell’Università degli studi di Milano (SBA), ad esempio, oltre il 90 per cento delle scaffalature disponibili è occupato da risorse bibliografiche, quando la percentuale raccomandata dall’American Library Association per le biblioteche a scaffale aperto è del 75 per cento.
Lo spazio non è l’unico problema. In molte aree le risorse elettroniche hanno sostituito quasi completamente quelle tradizionali, che sono quindi sempre meno utilizzate. Per fare un esempio ancora relativo allo SBA, nel corso di poco più di vent’anni gli abbonamenti a periodici cartacei sono passati da oltre 12.000 a 3.718, mentre quelli a periodici elettronici sono cresciuti fino a diventare quasi 80.000.
Nel settore delle scienze della vita, molto difficilmente si citano articoli pubblicati da tempo. Questo significa che i fascicoli dei periodici di questo settore i cui abbonamenti sono stati chiusi dieci o vent’anni fa hanno poca o nessuna possibilità di essere di nuovo consultati. Per completare il quadro, va aggiunto che i periodici posseduti dalle quattro biblioteche dello SBA appartenenti al settore biomedico rappresentano oltre il 15 per cento di tutti i periodici presenti nelle biblioteche del Servizio, 5.713 su 34.410, mentre gli abbonamenti correnti che fanno capo alla Biblioteca Alberto Malliani, alla Biblioteca biomedica, alla Biblioteca del Polo centrale e alla Biblioteca del Polo San Paolo sono meno del tre per cento: 102 su 3.718.
Durante questo periodo gli scarti di materiale bibliografico all’interno dei sistemi bibliotecari di ateneo sono stati in genere poco numerosi, se non addirittura assenti. La quinta legge di Ranganathan, “la biblioteca è un organismo che cresce”, è stata presa troppo alla lettera: anche nel caso delle collezioni tradizionali, infatti, non sempre il numero è potenza.
L’aumento degli abbonamenti a periodici elettronici è stato accompagnato dall’incremento delle banche dati e, in tempi più recenti, dei libri elettronici. Anche per le risorse elettroniche si è quasi sempre deciso di non effettuare scarti, che in questo caso sarebbe più corretto chiamare deselezioni (le procedure, come vedremo in seguito, sono diverse per quanto riguarda le risorse tradizionali e quelle elettroniche). Eppure, è facile rendersi conto che la crescita del numero delle banche dati, dei periodici e dei libri elettronici non ha sempre avuto come conseguenza un aumento proporzionale del numero dei prodotti della ricerca pubblicati, che non risultano neppure di migliore qualità. Quella che è aumentata è invece la percentuale dei fondi a disposizione dei sistemi bibliotecari di ateneo dedicata a questo tipo di risorse, che nel caso dello SBA è arrivata a sfiorare il 90 per cento del totale. Si tratta di un perfetto esempio della legge dei rendimenti decrescenti formulata per la prima volta dall’economista francese Jacques Turgot.
Cosa ha impedito l’avvio di politiche di scarto e di deselezione all’interno dei sistemi bibliotecari di ateneo delle università italiane? Non certo la mancanza di libri e articoli dedicati allo sviluppo e alla gestione delle collezioni, spesso ricchi di esempi pratici. Tra i testi più generali possono essere citati quello curato da Becky Albitz, Christine Avery e Diane Zabel, “Rethinking collection development and management” (Santa Barbara, Libraries Unlimited, 2014) e “Fundamentals of collection development and management di Peggy Johnson| (Chicago, ALA Editions, 2018). Tra quelli dedicati specificamente allo scarto e alla deselezione devono essere ricordati, sempre in ordine cronologico, “The Weeding Handbook. A Shelf-by-Shelf Guide” di Rebecca Vnuk (Chicago, ALA Editions, 2015), “Crash Course in Weeding Library Collections” di Francisca Goldsmith (Santa Barbara, Libraries Unlimited, 2016) e “Rightsizing the Academic Library Collection” di Mary E. Miller e Susanne M. Ward (Chicago, ALA Editions, 2021).
Si tratta, tra l’altro, di metodi messi a punto da tempo. Se si confronta la bibliografia della prima edizione di “Rightsizing the Academic Library Collection” con quella della seconda, è possibile rendersi conto che, nonostante siano passati sei anni, ci sono state pochissime aggiunte.
In tutti questi studi è ribadita più volte la centralità dello scarto e della deselezione per una corretta politica di sviluppo e gestione delle collezioni, sulla scorta di quanto sostenuto dall’American Library Association nel 2008: “La revisione continua dei materiali è necessaria per mantenere una collezione di interesse per gli utenti. Nel processo, alcuni materiali possono essere aggiunti e altri, fisicamente deteriorati o obsoleti, sostituiti o rimossi in conformità alla politica di manutenzione della collezione di una determinata biblioteca e alle esigenze della comunità che la biblioteca stessa serve.”
La risposta alla domanda sul perché non siano state messe a punto e avviate politiche di scarto e di deselezione all’interno dei sistemi bibliotecari di ateneo delle università italiane è semplice: la difficoltà di porle in atto. Lasciando per ora da parte i problemi legati al modo di individuare le risorse che devono essere oggetto di scarto o di deselezione, consideriamo solo la fase finale di questa attività. Nel caso di collezioni tradizionali, prima di scartare un libro o un fascicolo di periodico, è necessario ottenere l’autorizzazione della soprintendenza archivistica e bibliografica regionale. Alla soprintendenza deve essere inviata una serie di documenti in cui si illustra la politica di scarto adottata, i criteri che hanno portato a scegliere quei particolari documenti e un elenco in cui accanto a ogni documento è indicato il numero di copie presenti nella regione e in Italia. La soprintendenza della Regione Lombardia conta su un unico funzionario, al quale devono essere indirizzate, tra le altre, le richieste delle otto università statali lombarde.
Con il tempo, i problemi sono però diventati ineludibili. Per fortuna, esiste oggi la possibilità di mettere a punto una politica per lo scarto e la deselezione partendo da zero e utilizzando esclusivamente i dati presenti nei sistemi informativi di cui dispongono le università. Il primo passo è approfondire la conoscenza degli utenti istituzionali. Per i docenti, questo comporta far corrispondere i 370 settori scientifico-disciplinari ai quali i docenti stessi afferiscono alle classi della Classificazione Decimale Dewey. I settori MAT/02 (Algebra) e MAT/03 (Geometria), ad esempio, corrispondono alle classi 512 e 516 della CDD. Si tratta di una procedura relativamente semplice, dato che entrambi i sistemi sono classificazioni su base disciplinare. Lo stesso può essere fatto per i corsi di laurea e post-laurea, di cui naturalmente bisogna conoscere il numero degli iscritti diviso per anno.
L’arricchimento permette di creare un collegamento tra gli utenti e le collezioni, nell’ipotesi che le risorse bibliografiche siano state classificate. In caso contrario, è possibile procedere derivando i dati da altri cataloghi.
Il secondo passo è preparare elenchi di tutte le risorse bibliografiche possedute dalle biblioteche o alle quali i sistemi bibliotecari di ateneo permettono di accedere. Una volta ottenute le informazioni relative al contesto, è possibile procedere utilizzando i criteri che sono usati per decidere se una risorsa deve o meno continuare a far parte della collezione. Questi criteri sono stati riassunti nell’acronimo MUSTIE: Misleading, Ugly, Superseded, Trivial, Irrelevant, e Obtained Elsewhere.
Iniziamo dalla M di Misleading, un termine che può essere tradotto con “fuorviante”. Questo criterio è poco significativo nel caso delle collezioni delle biblioteche accademiche e può quindi essere lasciato da parte, esattamente come quello che mira a valutare la significatività della risorsa dal punto di vista scientifico (Trivial).
L’introduzione delle apparecchiature di self-check e dei box posti all’esterno delle biblioteche per la restituzione dei volumi ha reso più semplice prendere un libro in prestito e restituirlo, ma ha complicato la vita ai bibliotecari, che non possono più controllare lo stato della copia con la regolarità con cui lo facevano prima e nemmeno individuare i responsabili di eventuali danneggiamenti. I benefici che si pensava di aver conseguito hanno creato problemi non previsti, in linea con la teoria di Wilhelm Wundt secondo la quale esiste un’eterogenesi dei fini che si incarica regolarmente di sovvertire l’esito delle nostre azioni. In questo caso a farne le spese è stata la U di Ugly.
La S di Superseded trova la sua applicazione soprattutto nel campo delle scienze fisiche e matematiche e delle scienze della vita, dove le nuove edizioni sostituiscono quelle precedenti. Nel caso delle scienze sociali e umanistiche, è meno facile da applicare (fa eccezione il diritto, dove le nuove edizioni dei codici o dei commentari rendono obsolete quelle precedenti). Per poterlo utilizzare, è necessario disporre di registrazioni bibliografiche che permettano di individuare le diverse edizioni di una stessa opera. Le registrazioni dovrebbero quindi contenere un’area dell’edizione compilata secondo quanto previsto dall’International Standard Bibliographic Description (ISBD) ed essere collegate a registrazioni di autorità relative all’opera o alle opere che, attraverso l’espressione, sono state incorporate nella manifestazione.
La I di Irrelevant richiede un approccio ancora più articolato. La traduzione non è quella di “irrilevante”, che farebbe della I un doppione della T, ma di “non più rilevante”. La rilevanza viene di solito misurata attraverso i prestiti. L’uso però non può essere fatto coincidere con il prestito. Molte risorse possedute dalle biblioteche sono escluse dal prestito e alcune di quelle che è possibile prendere in prestito sono soprattutto consultate. Ho provato a dimostrare quanto sia difficile applicare questo criterio a biblioteche di scienze sociali e umanistiche esaminando il caso della Biblioteca di Filosofia dello SBA. Per quelle di scienze della vita, si può invece considerare che monografie e fascicoli di periodico pubblicati da più di vent’anni abbiano pochissima possibilità di essere di nuovo dati in prestito o consultati.
L’ultimo criterio, la E di Available Elsewhere, è il più importante nel caso di sistemi bibliotecari di ateneo con alle spalle una lunga tradizione. In questi casi, infatti, è abbastanza frequente che ci siano ampi margini di sovrapposizione tra le raccolte possedute dalle diverse biblioteche e che le risorse presenti in più copie siano materiali non più rilevanti. Questo criterio riguarda anche la sovrapposizione delle risorse elettroniche tra loro e delle risorse elettroniche con quelle tradizionali. Uno stesso periodico elettronico è spesso messo a disposizione da più fornitori contemporaneamente, anche se con diverse consistenze. Ci sono anche periodici cartacei i cui abbonamenti sono stati chiusi da tempo e che hanno un equivalente elettronico.
Per i libri elettronici il discorso è diverso. I fornitori raramente danno accesso contemporaneamente allo stesso titolo, mentre è molto comune che un libro cartaceo, magari superato o non più rilevante, abbia un equivalente elettronico.
Elenchi che diano conto delle diverse situazioni sono difficili da stilare per la mancanza di collegamenti tra risorse elettroniche e risorse cartacee, affidati ai numeri standard che spesso si sono rivelati meno affidabili di quello che si pensasse. Alma, il sistema integrato di automazione in uso presso lo SBA, dispone di un Overlap Analysis Tool che però non sempre è in grado di mantenere quello che promette.
C’è poi la possibilità di fare un uso diverso da quello previsto dai produttori di applicazioni sul tipo WorldShare Collection Evaluation, che confronta le collezioni di una biblioteca con quelle di un’altra, di un gruppo di biblioteche simili o di un gruppo di biblioteche di riferimento per supportare le decisioni su cosa acquistare, prendere in licenza o richiedere in prestito. Sfruttando una debolezza dei regolamenti delle soprintendenze, infatti, si potrebbe procedere a liberarsi di tutto ciò che si considera superato o non più rilevante nel momento in cui altre cinque biblioteche in Italia possedessero un documento simile. A garantire la conservazione di libri e periodici potrebbero così essere le biblioteche meno capaci di gestire le loro collezioni. La recente messa a disposizione da parte dell’Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle Biblioteche Italiane e per le informazioni bibliografiche di una serie di API per interrogare il catalogo dell’Indice SBN rende questa procedura estremamente facile da mettere a punto per i sistemi bibliotecari di ateneo che possono contare su personale con competenze informatiche.
Ottenuto un quadro completo della situazione, è possibile procedere alla stesura di una politica relativa allo scarto e alla deselezione e fissare degli obiettivi a medio e lungo termine che permettano di misurarne l’efficacia.
Lo scarto è un’attività costosa, che richiede la collaborazione di tutte le componenti della comunità accademica e che per questo deve essere chiaramente comunicata e motivata. In assenza di tutto ciò, non sarà possibile avviare azioni che abbiano un qualche impatto sulle raccolte.