N.2 2025 - Biblioteche oggi | Marzo 2025

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Promuovere l’inclusione dei cittadini di Paesi terzi in Europa attraverso le biblioteche pubbliche

Anna Lisa D'Antonio

Biblioteche Senza Frontiere Italia, bsfitalia@bibliosansfrontieres.org

Sara Felici

Biblioteche Senza Frontiere Italia, bsfitalia@bibliosansfrontieres.org

Mappatura e tassonomia dei modelli d'intervento: il caso dell'Italia

English abstract

The article presents the results of the study “Mapping of initiatives aiming at the integration and inclusion of third countries nationals through libraries and local partnerships in Italy” conducted by Biblioteche Senza Frontiere Italia in the framework of “Library Bridges: Promoting the integration and inclusion of third country nationals in Europe through libraries and local partnerships (LiBri)”, a project co-financed by the EU through the Asylum, Migration and Integration Fund (AMIF). The article proposes a theoretical classification of public libraries based on the analysis of two dimensions: the partnership and the strategies that libraries implement to promote the inclusion and integration of third-country nationals, especially migrants. The taxonomy is the result of a research methodology which refers to the “Grounded Theory” and therefore it has a purely investigative character. The article is based on a desk research as well as  the data obtained through semi-structured interviews, focus group and participant observations. The results of the study provide useful recommendations to libraries, associations and institutions for the development of inclusion and partnership strategies among libraries and with other stakeholders promoting the integration of third-country nationals.

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Questo articolo presenta i risultati dello studio “Mappatura delle iniziative volte all’integrazione e all’inclusione dei cittadini di Paesi terzi attraverso le biblioteche e i partenariati locali in Italia” condotto da Biblioteche Senza Frontiere Italia nell’ambito di “Library Bridges - Promuovere l’integrazione e l’inclusione dei cittadini di Paesi terzi in Europa attraverso le biblioteche e i partenariati locali” (LiBri), progetto cofinanziato dall’UE attraverso il Fondo Asilo, migrazione e integrazione (AMIF). L’iniziativa ha una durata di due anni, dal 2024 al 2026, è realizzata da Bibliothèques Sans Frontières (BSF, Francia) in partenariato con Biblioteche Senza Frontiere (BSF, Italia), Association Nationale des Villes et Territoires Accueillants (ANVITA, Francia), Kultūras Informācijas Sistēmu Centrs (KISC, Lettonia), Fundacja Rozwoju Społeczeństwa Informacyjnego (FRSI, Polonia), Asociația Comunitățile Viitorului (ACV, Romania) e European Bureau of Library, Information and Documentation (EBLIDA) e mira a favorire l’integrazione dei cittadini di paesi terzi nell’UE attraverso lo sviluppo di biblioteche più inclusive e accoglienti. 

La ricerca ha previsto una prima fase desk di raccolta delle buone pratiche diffuse tra le biblioteche di pubblica lettura (di seguito indicate come “biblioteca pubblica”) nei sei paesi in cui si realizza il progetto. La metodologia seguita, definita dal progetto, è consistita nella revisione di dati reperibili sui siti web delle biblioteche e delle istituzioni, sui social media, nelle news, nei rapporti accademici e nelle riviste specializzate. Le buone pratiche selezionate, inoltre, sono state categorizzate secondo tre ambiti tematici in accordo con gli obiettivi di progetto: 

  1. discorso positivo sulle migrazioni e strutturazione delle politiche pubbliche (es. mostre sulla migrazione nelle biblioteche, formazione per il personale delle biblioteche ecc.); 
  2. accesso ai diritti (ad es. corsi in lingua, laboratori di conversazione linguistica ecc.); 
  3. partecipazione politica e civica (volontariato in biblioteca, biblioteche viventi ecc.). 

 

In Italia sono state raccolte 39 iniziative sulla base di specifici criteri quali la diversificazione territoriale, la produzione di toolkit e/o altro materiale fruibile, la pluralità di esperienze, il partenariato con enti locali e il coinvolgimento attivo delle biblioteche nella realizzazione del progetto. 

Le iniziative selezionate sono state realizzate da 30 attori locali (istituzioni locali e regionali e/o biblioteche e/o associazioni) in 13 regioni di cui sei al Nord (Trentino Alto-Adige, Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta, Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna), due al Centro (Lazio e Toscana), cinque al Sud (Campania, Basilicata, Puglia, Calabria e Sicilia).

La fase di campo ha previsto un approfondimento, attraverso interviste semi-strutturate, di otto delle suddette iniziative realizzate da biblioteche con associazioni nazionali e/o istituzioni locali. È stata inoltre condotta un’analisi specifica su uno dei contesti metropolitani mappati nella fase di desk research: l’indagine è stata realizzata attraverso un focus group che ha coinvolto la rete delle biblioteche locali e cinque casi studio che hanno coinvolto associazioni che, a diverso titolo, si occupano di inclusione e accoglienza di migranti, richiedenti asilo e rifugiati. 

 

Contributi teorici ed empirici

In linea con gli obiettivi del progetto LiBri, dal punto di vista teorico ed empirico questo articolo intende contribuire alle ricerche sul ruolo delle istituzioni culturali, in particolare delle biblioteche pubbliche, nel promuovere l’integrazione e l’inclusione sociale dei cittadini dei paesi terzi e in particolare delle persone migranti, richiedenti asilo e rifugiate. Tale ruolo è riconosciuto anche dal piano d’azione UE 2021-2027 per l’integrazione e l’inclusione dei cittadini con background migratorio, che raccoglie l’eredità del Piano d’Integrazione dei cittadini dei paesi terzi del 2016 e che prevede, tra le altre, azioni trasversali quali la costruzione di partenariati forti tra tutti gli attori coinvolti nell’integrazione e la promozione della partecipazione e dell’incontro tra la comunità migrante e quella ospitante. Dal punto di vista teorico, si sostiene che le biblioteche pubbliche possano contribuire, attraverso la costruzione di partenariati più o meno solidi, al benessere generale della comunità migrante e di quella ospitante; alla sensibilizzazione e alla formazione delle stesse comunità sulle tematiche linguistiche e dell’inclusione; al rafforzamento della governance in tema di integrazione e cittadinanza. Studi e ricerche dimostrano come le biblioteche ricoprano un ruolo attivo nello sviluppo di iniziative integrate o nell’estensione dei servizi erogati da enti locali e associazioni. In questo senso, manifestano il loro impegno e la loro responsabilità sociale nella definizione di linee guida e strategie per facilitare l’inclusione dei migranti nel tessuto sociale. La biblioteca pubblica, infatti, contribuisce a costruire una società più equa, umana e sostenibile attraverso le missioni chiave che riguardano l’informazione, l’alfabetizzazione, l’inclusività, la partecipazione civica e culturale (AIB, 2022). La creazione di partenariati è essenziale per consentire alle biblioteche di essere porta d’accesso alla conoscenza e all’inclusione: l’intercultura, infatti, “e un progetto umano che si costruisce a più voci e in più luoghi” e per assumere un ruolo strategico nell’integrazione delle persone migranti è indispensabile che la biblioteca sappia lavorare in rete con altre organizzazioni e istituzioni del territorio (Corazza, 2006). La rete di cooperazione è composta da attori diversificati e si manifesta sia sotto forma di esposizione di materiale informativo sia come condivisione dei luoghi didattici, nonché nel consolidamento territoriale e amministrativo dei presidi culturali ed educativi (Lison, Reip, 2016). L’utilizzo dei servizi e l’impatto generato dalla biblioteca, quindi, non hanno a che fare solo con il raggio di azione della biblioteca e con la tipologia di servizio ma anche con le interconnessioni che la biblioteca crea con gli altri servizi di un territorio (Faggiolani, 2021). Le biblioteche pubbliche sono spesso spazi di cura, inclusione e partecipazione che possono agire contro l’emarginazione: in esse, le persone possono interagire e costruire nozioni condivise di appartenenza e di inclusione sociale, e ciò  consente soprattutto a gruppi vulnerabili e svantaggiati, come migranti, rifugiati e richiedenti asilo, di sviluppare un senso di benessere sociale e di connessione con l’ambiente circostante (Peterson, 2023). Le biblioteche, inoltre, non promuovono solo la lettura ma assolvono a vari compiti socio-culturali, offrendo corsi di formazione linguistici e di alfabetizzazione informatica e realizzando iniziative di sensibilizzazione sulla cittadinanza, sulla migrazione e sul colonialismo per nuovi cittadini e per la popolazione locale, e diventando, in tal modo, luoghi di cittadinanza attiva e di empowerment delle persone (Cicerchia, Seia, Azzarita, 2022). 

Le biblioteche, infine, possono contribuire a rendere più efficace la governance locale e più efficienti le risorse e gli strumenti impiegati dalle amministrazioni relativamente alle politiche di inclusione e di integrazione. Dal punto di vista empirico, il presente studio analizza i modelli di integrazione e inclusione promossi nell’ambito di alcune iniziative individuate nella desk research e sulla base di tali modelli ipotizza una tassonomia delle biblioteche, variabile in funzione della forza/debolezza del partenariato in termini di inclusività e della strategia implementata. Nel paragrafo successivo si approfondirà la metodologia che ha portato alla costruzione della tassonomia proposta e come questa sia stata applicata alle esperienze di inclusione realizzate nel contesto metropolitano indagato.

 

Oggetto della ricerca e metodologia

La letteratura disponibile approfondisce in larga parte le buone pratiche e i casi di successo dei servizi per l’inclusione sociale dei migranti promossi dalle biblioteche. Tuttavia, l’interesse del presente studio si focalizza sulla mappatura dei modelli di inclusione e integrazione realizzati dalle biblioteche e sulla loro classificazione in funzione delle strategie adottate e delle sinergie esistenti con i diversi attori coinvolti nella rete. Essendo, questo, un fenomeno poco esplorato in letteratura, il presente studio assume un carattere prettamente esplorativo e la strategia di ricerca fa riferimento alla “Grounded Theory” (Birks, Mills, 2015). 

Questa metodologia, ispirata al paradigma interpretativo, è focalizzata alla scoperta e non necessita di teorie preesistenti. L’indagine, guidata esclusivamente dai dati raccolti sul campo, non si limita a verificare le ipotesi che guidano la ricerca, ma mira alla formulazione creativa di nuove teorie con forti valenze pratico-applicative (Faggiolani, 2011). Nella ricerca sul campo è stato adottato un approccio qualitativo, utilizzando tre tecniche di rilevazione: intervista semi-strutturata, focus group e osservazione partecipante. L’intervista semi-strutturata è stata utilizzata per approfondire le caratteristiche di alcune iniziative realizzate da/con le biblioteche e i loro risultati in termini di inclusione. In particolare, si sono indagate le criticità e i fattori di successo delle iniziative e la loro eventuale replicabilità; inoltre, sono state raccolte le percezioni dei soggetti intervistati in merito ai potenziali ostacoli che impediscono alle biblioteche di diventare attori dell’integrazione dei cittadini di paesi terzi, alla percezione del valore dei servizi delle biblioteche da parte dei cittadini stranieri e locali, all’importanza della sinergia tra i vari attori che operano a favore dell’integrazione e all’impatto delle iniziative sull’effettiva inclusione delle comunità straniere. La scelta dei soggetti intervistati è avvenuta secondo una strategia di campionamento teorico: sono state selezionate le iniziative maggiormente rappresentative delle buone pratiche emerse in fase di desk research rispetto agli ambiti tematici “Discorso positivo sulle migrazioni e strutturazione delle politiche pubbliche” e “Accesso ai diritti”, che rappresentano l’80% circa delle iniziative complessivamente raccolte. Attraverso le interviste sono state approfondite sette esperienze realizzate in Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Toscana e Sicilia, oltre a una iniziativa diffusa in varie regioni d’Italia. Le attività realizzate dalla rete delle biblioteche di uno dei contesti metropolitani mappati sono state indagate tramite un focus group e cinque osservazioni partecipanti presso altrettante organizzazioni partner della stessa rete: un’associazione di volontariato dotata di biblioteca multilingue; una scuola di italiano della rete cittadina; un’associazione rappresentante di una comunità straniera; un’associazione della rete Sistema Accoglienza Integrazione (SAI) e un Centro di Accoglienza Straordinaria (CAS). È stato utilizzato un campionamento a palla di neve partendo dall’associazione di volontariato e sfruttando connessioni personali con il fine di coinvolgere nell’indagine altri soggetti operanti nello stesso ambito. Il coinvolgimento diretto delle ricercatrici nel contesto di analisi ha facilitato le interazioni con gli attori 



Risultati dell’indagine

Il processo di analisi dei dati si è svolto in coerenza con le operazioni di codifica e concettualizzazione tipiche della già citata “Grounded Theory”. A seguito delle trascrizioni integrali delle interviste, la prima fase del processo ha previsto l’applicazione di una codifica aperta per individuare un primo sistema di categorie da sottoporre ad analisi successive. A tale scopo, le stringhe di testo sono state suddivise in una matrice SWOT per circoscrivere i fattori interni (forza e debolezza) ed esterni (opportunità e rischi) relativamente a partenariati e strategie. Nella seconda fase di codifica assiale l’operazione di concettualizzazione ha permesso di mettere in relazione le categorie simili o correlate tra loro e ripetute nelle diverse interviste, fino a sintetizzarle in categorie concettualmente più ampie come mostrato nell’esempio in Fig. 1. 

In questo modo è stato possibile costruire due matrici separate, una per la dimensione “Partenariato” e una per la dimensione “Strategie”. Ciascuna matrice racchiude i punti di forza e debolezza, le opportunità e i rischi per ogni categoria individuata all’interno delle due dimensioni: per il “partenariato”, la capacità e il livello di dialogo con gli enti locali, quali comuni, provincie e regioni; la capacità e il livello di dialogo con altri enti, quali università, associazioni ecc.; le modalità che favoriscono un partenariato inclusivo in termini di co-progettazione delle iniziative tra enti e con la comunità migrante. Per le “strategie”, le categorie sono la tipologia e finalità degli interventi, le caratteristiche dell’azione, intese come dettaglio delle specifiche attività e criteri con cui vengono messe in atto, e le caratteristiche della biblioteca, in termini di risorse umane coinvolte, dotazione libraria e specificità dell’utenza. Per individuare le diverse configurazioni della combinazione strategie/partenariato è stata effettuata la terza e ultima fase del processo, che ha previsto una codifica selettiva dei dati della categoria “Tipologia e finalità degli interventi” relativa alla matrice della dimensione “Strategie”. In tale fase le stringhe di testo che risultano collegate da una storyline sono state accorpate in categorie centrali che le sintetizzano e che, a loro volta, hanno portato a definire tre strategie centrali messe in atto dalle biblioteche per l’inclusione e l’integrazione dei migranti (Fig. 2). La prima strategia individuata, “Facilitare il benessere”, racchiude le iniziative che mirano ad affermare il ruolo della biblioteca nel miglioramento della qualità di vita delle persone migranti, sia attraverso una valorizzazione simbolica, relazionale e sociale che coinvolge anche la popolazione locale, sia mediante la promozione dell’accesso ai servizi di base, sanitari e legali. La seconda strategia, “Sensibilizzare e formare”, circoscrive tutte le iniziative educative e formative dirette ai migranti, come i corsi di lingua e la formazione sui valori della società di accoglienza, e agli operatori e alle operatrici della biblioteca e della rete per promuovere l’uso del libro e della lettura come strumenti che facilitano l’inclusione e sensibilizzano sulle tematiche della migrazione e dell’integrazione. Infine l’ultima strategia, “Rafforzare la governance”, caratterizza le iniziative di rete che nascono dalla cooperazione e dal dialogo tra le biblioteche e le autorità nazionali, locali e regionali e contribuiscono a rafforzare la governance in tema di integrazione e inclusione. Le tre strategie individuate risultano essere coerenti anche con gli ambiti tematici definiti nella fase di desk research e nei quali sono state catalogate le iniziative indagate nella fase di campo: accesso ai diritti, discorsi positivi sulla migrazione, strutturazione delle politiche.

L’ultima fase di analisi dei dati ha portato all’obiettivo conoscitivo dello studio: incrociando le tre strategie individuate con il grado di sinergia del partenariato si ottiene una classificazione dei modelli di intervento per l’inclusione e l’integrazione dei migranti come di seguito proposta. Nella Tab. 1, la riga “Sinergia con il partenariato” si divide in due sottorighe (Debole/Forte) a seconda dei risultati ottenuti nella categoria “Inclusività del partenariato” della dimensione “Partenariato”: nello specifico, la sinergia sarà considerata “Debole” se nell’iniziativa indagata prevalgono i punti di debolezza e le minacce e “Forte” se, al contrario, prevalgono i punti di forza e le opportunità.
L’intersezione tra la strategia prevalente e il livello di sinergia con il partenariato permette di individuare dieci tipi di biblioteche:

  1. Biblioteca piazza: questo tipo di biblioteca assume una funzione “comunitaria” finalizzata principalmente al ritrovo e all’intrattenimento. Se da una parte può attirare nuovi utenti per il suo ruolo di “antidoto alla solitudine”, dall’altra questi considerano e utilizzano la biblioteca esclusivamente come luogo di aggregazione. L’idea di essere in uno spazio ricreativo rende difficile l’attivazione di una fidelizzazione da parte dell’utente, che risulta poco interessato alla lettura e all’utilizzo delle risorse bibliografiche: “gli insegnanti riferivano che per molte donne è un momento per socializzare, però socializzano tra di loro, quindi questo è un po’ a discapito della lezione perché ci sono alcune che chiacchierano tra di loro quindi non si fa niente”.
  2. Biblioteca autocensurante: sebbene vengano riconosciuti il potere inclusivo della lettura e le potenzialità del dialogo con gli altri servizi, si rileva da parte dei bibliotecari la propensione ad auto-catalogarsi come fornitori di un servizio secondario, meno essenziale di altri: “siccome nelle emergenze si pensa solo al mangiare, al vestire, questo non viene preso in considerazione (…) le istituzioni dei libri si autocensurano, si autodefiniscono un secondario aspetto e quindi alla fine (il servizio - NdR) è secondario”. Gli operatori, inoltre, percepiscono dei confini di responsabilità più o meno netti verso i servizi per i migranti, anche rispetto a quelli forniti da altri attori, e possono avvertire uno scollamento tra tali servizi e la missione classica della biblioteca: “la difficoltà che hanno trovato è stata quella di trovarsi a fare tutt’altro, piuttosto che l’avvicinamento alla lettura. Questo in alcuni casi l’ho percepito come frustrante da parte di alcune persone”.
  3. Biblioteca aperta/sconfinata: l’inclusione viene favorita da iniziative interculturali o con eventi che promuovono il dialogo e che mirano a intercettare gli strati più vulnerabili della popolazione con l’obiettivo di creare coesione nella società. Il capitale sociale di cui è portatrice la persona migrante viene valorizzato incoraggiando l’avvicinamento alla cultura locale ma anche la conservazione delle radici e della propria identità. Per fare ciò si promuove l’uso di strumenti innovativi e particolarmente efficaci come i libri senza parole: “non era più ‘io ti insegno una cosa perché tu, poveraccio, non la sai’; era ‘io e te abbiamo letto una cosa’. Era cambiata completamente la struttura della relazione tra persone (…) perché tutti avevano capito, leggendo insieme le storie, qualcosa di quell’altra persona con cui stavano leggendo, quante lingue parlava, da dove veniva, come sorrideva”. Il silent book “è un grande attivatore di relazioni, perché nessuno viene giudicato per quello che sa fare, devi solo mettere quello che vedi al servizio degli altri”.
  4. Biblioteca proattiva: i bibliotecari, aprendosi all’ascolto, mettono in campo le loro capacità di mediazione e la loro empatia per gestire situazioni delicate e, consci di non avere le competenze adeguate per risolvere tutto da soli, si rivolgono a servizi esterni (Galluzzi, 2019). In tali biblioteche, aperte al cambiamento, si configurano nuovi servizi orientati a colmare i bisogni della comunità (doposcuola, alfabetizzazione, assistenza ai migranti): “facciamo le consulenze per le persone straniere che vengono da noi che cercano materiale per imparare le lingue o anche tutte le altre informazioni di cui hanno bisogno, le biblioteche sono sempre un posto di riferimento dove le persone vanno prima”.
  5. Biblioteca elitaria: i reali fruitori, fedeli e a pieno titolo interessati all’intero catalogo dei servizi della biblioteca, sono di fascia medio-alta, dotati di risorse economiche e di tempo e propensi a coltivare interessi culturali. Il servizio è orientato da temi dominanti che veicolano l’interesse generale (anno della cultura, violenza di genere). La biblioteca viene percepita come uno spazio slegato dalla comunità e diretto a una precisa platea di utenti: “a volte anche i bibliotecari accusano delle rigidità, vedono la biblioteca come un ambiente elitario, non come un luogo della comunità”. Il bisogno informativo della comunità non viene approfondito e la valutazione sull’efficacia degli interventi non assume un ruolo rilevante. Il ruolo del bibliotecario è circoscritto alle attività tecnico-biblioteconomiche di back-office (Galluzzi, 2019) e la rigida relazione col pubblico alimenta la sensazione di preclusione da parte degli utenti svantaggiati. 
  6. Biblioteca coloniale: il punto di vista sull’integrazione e sull’inclusione è più quello degli operatori che quello vissuto dalla persona migrante Le biblioteche, nel perseguire la missione di rispondere al bisogno informativo e di apprendimento, si propongono come luogo di formazione anche per gli insegnanti di italiano L2 e per gli operatori dell’accoglienza, ma nel farlo reiterano un approccio eurocentrico e utilizzano strumenti didattici standardizzati e monodirezionali: “l’attività formativa è condotta da degli esperti (…), però, ripeto, è sempre il nostro punto di vista”.
  7. Biblioteca partecipativa: i cittadini migranti sono coinvolti nello sviluppo della rete e nella proposta di iniziative e così facendo diventano parte del processo di definizione identitaria della biblioteca (Belotti, 2018). Le biblioteche, inoltre, riconoscono la necessità di contatti con le diverse realtà del territorio per conoscere i bisogni della comunità, divulgare i servizi della biblioteca, ottimizzare le risorse ed evitare di duplicare le iniziative (Serra, Revez, 2024): “l’incontro con la biblioteca non deve essere un incontro generico, ma deve essere l’incontro frutto già di un dialogo che è nato con l’associazione o con i mediatori. Cioè quando (i rifugiati – NdR) vengono in biblioteca noi dobbiamo già essere in grado di fare loro la proposta giusta, quella adatta a loro”.
  8. Biblioteca aumentativa: gli operatori intercettano i bisogni, offrono un’informativa sui servizi e fanno da ponte, accompagnando l’utenza e non sostituendosi alle altre realtà della rete: “la biblioteca sta davanti alla scuola, ormai la scuola ha capito che siamo una grande risorsa e quindi va”. In tal senso, operano per aumentarne l’efficacia. La biblioteca è aperta all’ibridazione e alla trasversalità delle funzioni, riconoscendo la forza delle azioni portate avanti congiuntamente e in modo complementare (Faggiolani, Galluzzi, 2015). Il punto di forza del partenariato è la reciprocità.
  9. Biblioteca vetrina: la biblioteca viene utilizzata dalle istituzioni, al più, come spazio per l’allestimento di iniziative ed eventi realizzati in un’ottica di governance manageriale ed economicistica: “l’anno prossimo c’è l’anno della cultura e stanno aprendo fondazioni, improvvisamente tutti vogliono parlare di libri, ma l’unica cosa che gli interessa sono i soldi”. La prevalente attenzione al numero di utenti rischia di alimentare una retorica vuota di impegni e di azioni concrete (Galluzzi, 2019).
  10. Biblioteca presidio: le biblioteche sono supportate, anche economicamente, dalle amministrazioni locali e diventano palcoscenici che animano lo spazio urbano mediante la socialità e la cultura. Le sinergie assumono un ruolo strategico e le reti sono istituzionalizzate anche grazie all’iniziativa e all’attenzione delle amministrazioni locali. Le biblioteche diventano strumenti per offrire soluzioni co-progettate e integrate ai bisogni del territorio in tema di inclusione: “all’interno di questo accordo di programma cerchiamo di coprire tutto quello che può stare intorno alla lettura intesa non solo come attività culturale ma anche come attività di benessere”.

 

Nel rispetto del fine euristico della classificazione ottenuta, la valenza pratico-applicativa della teoria proposta è stata testata grazie alla raccolta dati effettuata nel contesto metropolitano indagato, la cui peculiarità è la presenza di un livello interno di partenariato che collega le diverse sedi della rete delle biblioteche con la supervisione di un servizio centrale e con gli altri uffici dell’ente locale. I dati raccolti tramite il focus group definiscono un partenariato composto da una fitta rete di attori come istituti scolastici, associazioni e comunità straniere. Se la forza di questa rete consiste nell’alta riconoscibilità del servizio centrale di coordinamento e nella sua capacità attrattiva, emergono soprattutto gli elementi di criticità del partenariato che si manifestano in una partecipazione poco attiva da parte dei diversi attori coinvolti nelle attività rivolte a migranti, richiedenti asilo e rifugiati, percepiti come utenti/fruitori delle attività ideate e implementate dagli organi del servizio centrale anziché protagonisti della loro co-progettazione: “non c’è un passaggio con l’associazione. L’associazione magari può venire a conoscenza dell’attivazione dei nostri corsi e quindi di conseguenza portare a noi magari più utenza (…) però non c’è una co-progettazione, nel senso che noi in qualche modo coordiniamo questi corsi e sono erogati da noi come biblioteche”. Sono spesso questi attori terzi che, se interessati alla proposta culturale delle biblioteche, chiedono di entrare in rete e accompagnano i partecipanti. Una partecipazione più attiva si manifesta nell’organizzazione di eventi ricreativi per la comunità, come i festeggiamenti per il capodanno, dove associazioni e migranti collaborano attivamente nella realizzazione delle attività. Tuttavia, in generale, si delinea una relazione gerarchica che lega il singolo utente al servizio centrale. Inoltre, il rapporto tra le istituzioni assume connotazioni di criticità dovuta alla mancanza di un comune obiettivo tra i diversi servizi culturali interni all’ente locale e ai possibili condizionamenti amministrativi e burocratici delle singole biblioteche rispetto al ruolo del servizio centrale: “le biblioteche ospitano. Parte tutto dal servizio centrale e si dirama attraverso le altre biblioteche secondo delle scelte che naturalmente fa il servizio centrale”.

Sul piano delle strategie, si evidenzia una differenziazione dovuta al contesto in cui si trovano le biblioteche rispetto alla struttura urbanistica delle città. Le sedi centrali manifestano una strategia di inclusione orientata al “sensibilizzare e formare”. L’offerta formativa per la popolazione straniera si concretizza in vari modi: allestimento di un ampio catalogo multilingue, dotazione digitale e multimediale per superare le barriere linguistiche, organizzazione di corsi di italiano L2, doposcuola per studenti stranieri, consigli di lettura per chi vuole imparare l’italiano. La biblioteca persegue l’inclusione anche attraverso la formazione degli operatori, in particolare gli insegnanti di italiano L2 certificati, mettendo loro a disposizione testi specifici e distribuendo strumenti didattici nelle scuole. Le già citate criticità del partenariato conducono quindi a classificare il loro profilo – secondo il nostro modello – in parte come “biblioteca elitaria” e in parte come “biblioteca coloniale”. Infatti, pur mostrando attenzione alla potenzialità dello strumento linguistico come mezzo che facilita l’inclusione, le iniziative e gli strumenti adottati sono per lo più standardizzati e, per questo, non universalmente adattabili alle diverse caratteristiche ed esigenze degli utenti. I servizi vengono messi in campo con professionalità, ma l’approccio è unidirezionale e l’elemento relazionale rimane latente. Una delle conseguenze è non riuscire a generare piena inclusività e attrattività in senso intergenerazionale. In questo senso, la biblioteca appare come un’istituzione che guarda con distacco ai bisogni della comunità: “noi siamo biblioteche e, quindi, in qualche modo dobbiamo mantenere i confini di una biblioteca, anche se allargata a centro culturale polifunzionale”. Questo aspetto emerge, infine, anche nella mancata percezione dell’utilità della valutazione per rilevare l’impatto rispetto alle iniziative realizzate: l’analisi dei cambiamenti, in termini di inclusione, viene delegata alle associazioni. L’osservazione partecipante realizzata presso i testimoni privilegiati del partenariato con le biblioteche confermano l’immagine di “biblioteca elitaria” delle sedi centrali. Per le associazioni e gli istituti preposti alla prima e seconda accoglienza, infatti, il rapporto con le biblioteche è finalizzato ad ampliare l’offerta formativa e ad ottenere la certificazione del livello linguistico: “le collaborazioni vengono create per dare qualcosa di concreto alla persona, quindi per dare un diploma, un titolo di studio e, di conseguenza o magari in contemporanea, anche un corso di formazione utile per inserirsi in un contesto lavorativo”. Le testimonianze raccolte evidenziano che il libro, da solo, non può essere mezzo che favorisce l’inclusione. Anzi, la mancata comunicazione con la rete di servizi e l’uso strumentale delle iniziative culturali fa sì che la biblioteca sia percepita come un’istituzione lontana, difficilmente accessibile per gli stranieri senza adeguate conoscenze dell’italiano. Per rispondere al diffuso atteggiamento eurocentrico nei confronti dell’inclusione e al linguaggio poco universale adottato dalle istituzioni, queste realtà si dotano di biblioteche autogestite e di corsi di italiano meno accademico e più funzionale ai bisogni quotidiani dei migranti: “il fatto di organizzare un corso di italiano dentro casa è perché a noi piace il senso di comunità. La nostra aula, dove ci sono anche bambini, baby sitter ecc. è bella perché non senti un’aula, ma senti una comunità che vuole apprendere. Poi l’italiano che noi facciamo è un italiano funzionale (…) il nostro italiano è ‘anticoloniale’”. La risposta del partenariato è la messa in atto di un servizio culturale che viene dal basso e prescinde dalle istituzioni. 

Le esperienze delle biblioteche situate in zone di periferia raccontano la quotidianità del contatto con l’utenza straniera, un’attività che, necessariamente, adotta la strategia di favorire il benessere della comunità. Tuttavia, per le suddette criticità generali del partenariato e per il ruolo subordinato all’interno della rete, queste esperienze sono caratterizzate da un profilo di “biblioteca autocensurante” che, a seconda della sensibilità e della propensione dei singoli operatori ad andare oltre la mission classica della biblioteca, svolge un’attività di reference guidando gli utenti stranieri ad orientarsi nella rete dei servizi. Più che la partecipazione a grandi progetti promossi dalla rete, queste esperienze valorizzano le piccole attenzioni quotidiane per favorire l’inclusione e l’adattabilità/flessibilità dei bibliotecari nel rispondere alle sfide in contesti difficili e mutevoli: “in tempi di COVID eravamo un po’ il CAF della zona, nel senso che abbiamo aiutato tantissime persone e abbiamo fatto cose che non c’entravano niente (…) sono tutte piccole attività che magari non vengono programmate a livello proprio alto, ma che si svolgono costantemente tutti i giorni. Proprio perché qui l’integrazione deve essere immediata, cioè ‘pochi sporchi e subito’ (…) poi se l’occasione arriva e abbiamo l’opportunità di renderci utili anche rispetto a grandi numeri o a grandi progetti, nessuno si tira indietro. Però ecco, diciamo che qui navighiamo un po’ a vista, un po’ giorno dopo giorno”.

Le testimonianze raccolte dagli attori privilegiati, infine, delineano una biblioteca pubblica che non è un prolungamento dei servizi di accoglienza, che in alcuni casi sono gestiti dalla stessa amministrazione, ma uno dei servizi a disposizione del territorio: “l’importanza è la diffusione capillare di presidi di cultura. La cultura non è il libro, la cultura è lo spazio di interazione. Il problema è che viaggiamo per compartimenti stagni. Le cose si devono integrare, non possono essere scisse”. Sono i rapporti che si instaurano tra i singoli individui delle diverse realtà della rete a offrire possibilità, pur estemporanee, di concreto esercizio dei servizi di inclusione: “i rapporti con la ASL, come anche con le biblioteche con cui abbiamo organizzato diversi eventi, ce li siamo costruiti direttamente noi e loro mentre forse sono proprio i servizi sociali che potrebbero immaginare di mettere in contatto, di progettare e invece non è mai stato fatto”. A livello istituzionale risultano strategici i responsabili delle biblioteche e gli assessori. I primi, quando hanno una lunga esperienza di rapporti con il territorio, tessono spazi e opportunità di collaborazione; i secondi, quando hanno un forte legame di appartenenza con la comunità hanno le risorse per attivare il dialogo con e attraverso le biblioteche. 

 

Raccomandazioni

Sulla base di quanto emerso nell’indagine, si riportano di seguito alcune raccomandazioni per lo sviluppo di strategie di inclusione e di partenariato tra biblioteche e altri attori che operano a favore dei cittadini di paesi terzi, suddivise per ente.

 

Biblioteche 

  • Coinvolgere le persone migranti più “integrate” nella progettazione delle iniziative per favorire l’avvicinamento alle comunità di origine. L’individuazione di referenti comunitari tra i lettori stranieri più “forti”, che siano riconosciuti dai propri connazionali e che possano stimolare l’interesse verso la lettura e la loro fidelizzazione, potrebbe creare il ponte che aiuta a entrare nelle comunità, soprattutto quelle più chiuse, ad intercettarne i bisogni e a far sì che queste “costruiscano i loro percorsi in biblioteca”.
  • Valutare l’impatto delle iniziative realizzate e monitorare la qualità dei servizi erogati e il grado di soddisfazione dell’utenza straniera per misurare l’efficacia degli interventi, approfondire il bisogno informativo dell’utenza e adattare gli strumenti di promozione della lettura alle esigenze specifiche individuali. Il grado di soddisfazione consentirebbe anche di valutare quanto il personale sappia relazionarsi adeguatamente con l’utenza straniera e di orientare i contenuti della formazione rivolta allo stesso personale in modo che sia priva di stereotipi, “migrante-centrica” e rispettosa della complessità del background migratorio.

Biblioteche e istituzioni

  • Formare operatori/trici specializzati con competenze specifiche rispetto alla comunità migrante (“sarebbe bello creare la figura del bibliotecario sociale, un misto tra un’assistente sociale, che capisce le comunità, e un bibliotecario”) per rafforzare la governance soprattutto nei contesti di “frontiera”, intesi non solo come specifiche aree geografiche del territorio nazionale ma anche come luoghi delle città in cui le comunità hanno particolarmente bisogno di attenzione. Ciò migliorerebbe la percezione della comunità migrante verso le istituzioni locali, favorirebbe una nuova visione della biblioteca come strumento di inclusione anziché come “un servizio di lusso” e faciliterebbe l’accesso e la continuità della frequentazione.
  • Rafforzare la comunicazione e la collaborazione tra biblioteche comunali e servizi interni allo stesso ente che operano in favore di persone migranti, rifugiati e richiedenti asilo (Centri di accoglienza integrazione, Sportelli per l’accoglienza migranti, Uffici per l’integrazione ecc.). Una maggiore comunicazione consentirebbe alle biblioteche di profilare correttamente l’utenza, fornendo il servizio più adeguato, e di sensibilizzare il personale degli altri servizi sull’importanza del libro e della lettura come “bisogno primario”.
  • Coinvolgere nella progettazione degli interventi, anche attraverso accordi formali, gli uffici dell’istituzione locale che si occupano di istruzione, welfare ed altri servizi socio-culturali non specifici per l’utenza migrante, promuovendo il ruolo della biblioteca come presidio di comunità. Ciò faciliterebbe la “fidelizzazione” degli uffici e l’appoggio istituzionale, anche economico, a prescindere dall’orientamento dell’amministrazione, contribuendo a rendere le iniziative continue e sostenibili.

 

Biblioteche, istituzioni e associazioni

  • Formalizzare la collaborazione tra biblioteche pubbliche e biblioteche di comunità, autogestite o gestite da associazioni di migranti o che si occupano di migranti, prevedendo lo scambio di competenze o la messa a sistema di servizi comuni. Le biblioteche private potrebbero apportare valore aggiunto alle attività di inclusione realizzate dalle biblioteche pubbliche, per es. supportando nella catalogazione dei libri stranieri e nella disposizione degli scaffali interculturali o contribuendo alla creazione di un catalogo unico o a un’interfaccia tra catalogazione OPAC e catalogazione informale, in modo da ampliare il patrimonio straniero offerto alla comunità.
  • Rafforzare la collaborazione con le scuole e gli istituti comprensivi per avviare i bambini e i giovani stranieri alla lettura, informarli sui servizi della biblioteca e formarli sulla consultazione autonoma dei libri. La co-progettazione delle iniziative con gli/le insegnanti degli istituti scolastici potrebbe supportare le biblioteche nell’avvicinare, attraverso i bambini, le famiglie della comunità migrante e in particolare gli adolescenti, per i quali i servizi offerti dalle stesse biblioteche risultano meno attrattivi.

 

Conclusioni

La metodologia di ricerca impiegata nel presente studio ha portato alla proposta di una tassonomia delle biblioteche basata sull’analisi di due dimensioni: il partenariato e le strategie che le biblioteche mettono in atto per favorire l’inclusione e l’integrazione dei cittadini di paesi terzi. L’analisi SWOT delle due dimensioni ha fatto emergere i punti di forza e debolezza e le opportunità e i rischi che caratterizzano le iniziative analizzate. In particolare, l’analisi dei fattori esterni relativi al partenariato ha evidenziato come la sensibilità delle istituzioni locali possa incidere sull’apertura al dialogo con la rete degli attori impegnati nell’integrazione e nell’inclusione, sull’accesso alle risorse economiche a disposizione delle biblioteche e sulla tipologia di iniziative socio-culturali realizzate nei suoi spazi. Laddove la rete sia caratterizzata da un rapporto con le istituzioni basato su un dialogo discontinuo, dalla difficoltà di entrare in contatto con le comunità migranti e/o dalla frammentazione del lavoro svolto dai vari attori istituzionali impegnati nell’accoglienza di migranti, richiedenti asilo e rifugiati, gli interventi assumono un carattere di difficile replicabilità. Al contrario, le reti che manifestano una forte inclusività del partenariato, attivando co-progettazioni con le comunità migranti e con altre realtà del territorio, e coinvolgendo regolarmente le amministrazioni preposte (assessorati alla cultura, al welfare, all’istruzione), rendono maggiormente probabile l’affermazione della biblioteca come presidio di comunità. La rete di una biblioteca, e il suo ruolo nell’inclusione e nell’integrazione di cittadini di paesi terzi, può quindi essere rafforzata attraverso la collaborazione continuativa con le istituzioni e gli altri attori del territorio, con conseguente condivisione di responsabilità. 

Rispetto alle strategie, emergono criticità soprattutto nell’approccio stereotipato ed “eurocentrico” degli interventi, dovuto anche alla limitata presenza di esperti interculturali come mediatori/trici linguistico/culturali, e nel conseguente rapporto con la comunità migrante. Il suddetto approccio, infatti, sembra alimentare una percezione di estraneità da parte dell’utenza e, di conseguenza, la poca attrattività delle iniziative proposte. L’azione inclusiva della biblioteca è indebolita dallo scarso monitoraggio delle attività realizzate, in termini di partecipazione e di risultati, e dalla loro limitata continuità: d’altro canto, gli operatori e le operatrici delle biblioteche esplicitano chiaramente la difficoltà di rendere sostenibile un lavoro che si regge, in larga parte, sul volontariato. In questo quadro risultano vincenti le strategie che promuovono una relazione alla pari tra utenti e operatori/insegnanti/bibliotecari, che favoriscono l’utilizzo di strumenti interculturali flessibili, come i silent book, e che coinvolgono i membri delle comunità migranti come attori protagonisti delle attività realizzate, rendendo queste ultime maggiormente sostenibili. 

La classificazione teorica delle biblioteche è stata ottenuta incrociando le esperienze di biblioteche dislocate in diverse zone del territorio nazionale ed è stata validata mediante la sua applicazione al sistema bibliotecario di uno specifico contesto metropolitano. Nell’eventualità di studi futuri che vogliano replicare l’utilizzo dello strumento teorico in altri contesti dovranno essere presi in considerazione alcuni aspetti: le specificità del contesto oggetto di ricerca, infatti, hanno permesso di approfondire la categorizzazione proposta attingendo a diverse fonti, e ciò ha reso possibile inquadrare con esattezza il tipo di sistema bibliotecario indagato. Iniziative realizzate in contesti più piccoli delle aree metropolitane, o con un partenariato meno ampio, potrebbero far emergere aspetti trasversali alle categorie proposte o introdurne di nuove. In generale, la ricerca ha fatto emergere come le biblioteche, prima ancora che spazi istituzionali culturali, siano idee, scambi e persone, quelle che passano da e attraverso loro. Le iniziative di successo, in termini di inclusione e replicabilità, sembrano plasmarsi intorno a questo concetto: che si parli di servizi per migranti, giovani o anziani, o altre fasce sociali vulnerabili, la sfida sta nel mettere in campo azioni attente a valorizzare la componente umana, in costante evoluzione. Dal punto di vista strategico, la relazione con l’utenza sembra assumere un ruolo centrale: non un’asimmetria nei rapporti, ma una trasmissione orale di conoscenze che avvicinano alla lettura e creano cultura. Si configura un nuovo approccio dei servizi interculturali e all’inclusione che richiede di abbandonare l’idea dello scambio tra culture a favore di una nuova cultura basata sulla ricchezza della diversità. Le diversità linguistiche, culturali, etniche, religiose, considerate risorse da valorizzare, si affermano e costruiscono come comunità all’interno della biblioteca. Attivando legami di fiducia (Vårheim, 2014), la biblioteca diventa luogo di aggregazione e nodo di una rete capillare dove ogni presidio culturale formale o informale (librerie, biblioteche autogestite ecc.) è importante. La promozione di questo approccio nelle policies locali darebbe alla biblioteca l’opportunità di affermare il suo ruolo attivo nei processi di inclusione e nella configurazione di nuovi spazi urbani multiculturali (Peterson, 2023).

Fig. 1 - Codifica assiale applicata alla dimensione “Partenariato” (Punti di forza)
Fig. 2 - Codifica selettiva applicata alla categoria “Tipologia e finalità degli interventi”
Fig. 3 - Tassonomia delle biblioteche in funzione delle strategie e delle sinergie con il partenariato