N.5 2024 - Biblioteche oggi | Luglio-Agosto 2024

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Dalla Raccomandazione del Consiglio d’Europa (2023) al Rapporto OMC sulle biblioteche del Consiglio dell’Unione europea (2026) - Open Access

Giuseppe Vitiello

Senior Advisor Europe; Rete delle Reti; g.vitiello@retedellereti.org

I temi, le risorse, i dati, gli indicatori 

Abstract

Dal 2015, la sovranità europea nel campo della cultura viene esercitata attraverso un piano di lavoro quadriennale e un metodo chiamato Metodo Aperto di Coordinamento (MAC). L'OMC consiste nella definizione di linee guida, indicatori e benchmarking comuni a tutti i Paesi europei. L'azione Biblioteca è stata inclusa nel Piano di lavoro Cultura 2023-2026. La relazione finale sarà pronta entro il 2025. Questo articolo riassume i temi, i programmi, i dati e gli indicatori che dovrebbero essere alla base di una politica bibliotecaria europea, da attuare a tre livelli: il livello europeo, con le sue politiche generali e gli indicatori (ad esempio, gli SDGs); il livello degli Stati membri con la loro politica bibliotecaria nazionale; e il livello condiviso Commissione europea-Stati membri, da attuare attraverso gli Accordi di partenariato 2028-2035, che porteranno al nuovo ciclo dei Fondi strutturali e di investimento europei.

English abstract

Since 2015, European sovereignty in the field of culture has been exercised through a four-year Work Plan and a method called the Open Method of Coordination (OMC). OMC consists of setting up common guidelines, indicators and benchmarking for all European countries. A Library Action was included in the Culture Work Plan 2023-2026. The final Report will be ready by 2025. This article summarizes the themes, programs, data and indicators which should be at the basis of a European library policy, to be implemented at three levels: the European level, with its general policies and indicators (SDGs, for example); the level of the State Member with its national library policy; and the shared European Commission – Member State level, to be implemented through the 2028-2035 Partnership Agreements, leading to the new cycle of the European Structural and Investment Funds.

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Al cuore delle politiche europee: i Piani di lavoro dell’Unione europea per la Cultura

In politica il concetto di sovranità è un costrutto sociale fondato su tre elementi – autorità, identità e territorio –, mutevole nel tempo e costantemente rinegoziato nel riconoscimento reciproco delle prerogative di sovranità tra Stati (Biersteker 2002, p. 167). Plasticamente identificabile sul terreno della difesa nazionale, sovranità è nozione assai più liquida in campo culturale, dove il legame tra autorità e identità ha contorni labili nelle politiche culturali nazionali ed è ancora più scivoloso nella sfera europea dove, in feconda sovrapposizione, si incrociano competenze sovranazionali e territoriali, esclusive e sussidiarie.

L’Unione europea ha sempre affrontato con una certa riluttanza specifiche materie culturali. L’articolo 167, Sezione Cultura, del Trattato di Lisbona (ex art. 151 TCE) assegna all’Unione un ruolo sussidiario, limitandolo a un’azione di incoraggiamento alla cooperazione tra gli Stati membri e, ove necessario, di appoggio e integrazione (Commissione europea 2012). In realtà, già in seno al Trattato di Maastricht del 1992 (art. 128) la cultura era materia di interesse pubblico comunitario di rango primario, prima di assumere, cinque anni più tardi, un carattere fortemente propulsivo nel Titolo Cultura del Trattato di Amsterdam (Ferri 2012: 72 e ss.). Un decennio dopo, l’azione europea si rafforzava grazie a una vigorosa politica culturale espressa da un’Agenda europea e da un metodo specifico. L’Agenda era quella fissata dalla Commissione europea, che nel 2007 aveva come tema federatore la “Cultura in un mondo in via di globalizzazione” (Commissione delle Comunità Europee 2007). Il metodo scelto era il Metodo Aperto di Coordinamento (OMC), lanciato dal Consiglio europeo di Lisbona nel 2000 (Ferri 2008; European Parliament 2014), nel quale lo scambio di esperienze, di migliori pratiche e di dati è garantito da un quadro intergovernativo non vincolante, che consente l’apprendimento reciproco tra stati membri intorno agli obiettivi fissati dall’agenda culturale.

Un anno dopo, la pratica OMC in cultura si arricchisce di un Piano di lavoro, prima triennale e poi quadriennale, in cui le attività del Consiglio dell’Unione europea sono concentrate su alcuni temi e settori prioritari, in una dimensione strategica che rafforza il legame tra il Piano di lavoro e le attività sia del Consiglio, sia delle Presidenze di turno (Consiglio dell’Unione europea 2008). Quinto in ordine cronologico, il Piano di lavoro Cultura 2023-2026 include un’azione Biblioteche dal titolo: “Gettare ponti: rafforzare i molteplici ruoli delle biblioteche quali porte di accesso e diffusori di opere culturali, competenze e valori europei” (Consiglio dell’Unione europea 2022).

Fatto di grande rilevanza, il raccordo con gli Stati Membri instaurato all’interno del Consiglio dell’Unione europea permette di aprire ulteriormente al settore culturale le risorse proprie dei Fondi strutturali e di investimento. Un raccordo che ha origini lontane: già nel Trattato di Roma, nel Fondo sociale europeo e nel Fondo europeo di sviluppo regionale, approvati rispettivamente nel 1957, nel 1960 e nel 1975, la Comunità economica europea aveva instaurato dei meccanismi di coesione, volti a ridurre lo scarto tra le differenti regioni e il ritardo di quelle meno favorite.

All’epoca, gli investimenti strutturali dedicati alla cultura erano finalizzati alla creazione di posti di lavoro. In seguito le politiche europee assunsero maggiore incisività, allorché fu riconosciuto alla cultura un impatto nella lotta all’esclusione sociale. I Fondi strutturali hanno determinato la trasformazione dei tessuti urbano e rurale di intere regioni, con una significativa emersione di start up e di imprese creative. Basterà qui fare cenno alla riconversione di Berlino, Nantes, Dublino, e di intere aree caratterizzate da declino industriale in Finlandia e in Germania, o di siti archeologici e museali in Italia e in Grecia (European Parliament 2013). Gli stessi Fondi hanno profondamente riplasmato i servizi offerti dalle biblioteche di Berlino (Senatsverwaltung für Kultur und Gesellschaftlichen Zusammenhalt 2024) e di intere regioni come, in Italia, la Puglia (Cavestri 2018).

Il Rapporto che il Gruppo OMC presenterà a politici, amministratori e bibliotecari nel 2026 costituirà quindi un’opera di riferimento per le politiche bibliotecarie future, come lo fu a suo tempo il Rapporto “The Role of Libraries in Modern Societies”, pubblicato nel 1998 dal Parlamento europeo (European Parliament 1998). Esso potrebbe rimodulare i programmi europei e orientare con le sue proposte i temi e le linee di intervento delle politiche bibliotecarie nazionali. È quindi importante differenziare i campi in cui può esercitarsi la competenza dell’Unione europea, attraverso la sua capacità progettuale e l’apporto finanziario, e quelli in cui Unione europea e Stati membri declinano e coniugano insieme la loro politica per le biblioteche, attraverso le politiche di coesione sociale.

Questo articolo si propone di esaminare i temi, le risorse, i dati e gli indicatori delle biblioteche europee, cercando di allargare l’analisi all’insieme dei loro bisogni. Esso si propone di abbozzare una strategia bibliotecaria armoniosa, dove siano composte le faglie di disparità tra i diversi paesi e quelle regionali interne a ciascun paese, facendo riferimento alle politiche pubbliche locali e agli strumenti finanziari europei che permettono di colmare tali divari.

I temi europei: le politiche di innovazione, l’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile, le politiche pubbliche locali e la libertà di espressione

Funzione tradizionale della biblioteca è “la trasmissione e la cura della conoscenza registrata come materia prima di dati e informazioni” (Lor 2019: 119). Nel corso degli ultimi decenni, tuttavia, il concetto di biblioteca include, oltre il trattamento e la valorizzazione dell’informazione, missioni e fini di “terzo luogo” tra casa e lavoro, agorà di democrazia, centro di servizi per le comunità di riferimento e collante tra gruppi e strati sociali nell’accesso all’informazione e alla cultura (Oldenburg 1989; Klinenberg 2018; Blomgren 2019; Servet 2010; Cavalli et alia 2017; Bilotta 2021).

Tale concetto esteso di biblioteca è stato recepito ufficialmente in documenti internazionali come il Manifesto IFLA-UNESCO sulla biblioteca pubblica del 2022 (IFLA 2022) e la Raccomandazione del Consiglio d’Europa sulla legislazione e la politica delle biblioteche in Europa (Council of Europe 2023). La Raccomandazione rivendica per le biblioteche “un ruolo cruciale come centri di aggregazione di comunità [per] una società democratica, coesa, inclusiva ed equa [e per] il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile prescritti dalle Nazioni Unite e dei loro programmi equivalenti in un contesto europeo” (Council of Europe 2023; tr. it. p. 4 e 10, Figg. 1 e 2).

Quali saranno dunque i temi sviluppati dal Gruppo OMC che opera in seno al Programma Cultura 2023-2026 dell’Unione europea? Il Programma afferma che le biblioteche “svolgono un ruolo chiave nel panorama democratico, sociale, culturale e dell’istruzione in Europa a tutti i livelli”; contribuiscono “alle attività di costruzione della democrazia, coinvolgimento dei cittadini e partecipazione pubblica in tutta l’UE, comprese le zone rurali e remote […] accolgono gruppi vari, elaborano programmi e attività che rispecchiano le attuali sfide della società e danno accesso a informazioni pluraliste e affidabili e a contenuti culturali vari in ambienti sicuri e accessibili. Rappresentano fondamentali porte di accesso a dati, conoscenze, ricerca e cultura locali e autoctoni” (Consiglio dell’Unione europea 2022).

I temi sviluppati dal Gruppo OMC si saldano a politiche bibliotecarie innovative che riguardano la lettura, anche digitale, l’apprendimento lungo l’arco della vita, la libertà di espressione e la partecipazione democratica, le trasformazioni tecnologiche ed economiche, lo sviluppo rurale e la rigenerazione urbana, il benessere e la salute, la coesione sociale e la promozione culturale. Come suggerisce la Raccomandazione del Consiglio d’Europa (Sezione II), il quadro di riferimento generale è l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, cui ciascuno di questi temi può essere agganciato.

Figura 1 Il logo del Consiglio d’Europa
Figura 2 Gli obiettivi dell’Agenda 2030

Politica di innovazione in biblioteca

Ogni visione dinamica e aperta al futuro implica cambiamento, la capacità, cioè, di innovare e innovarsi. Il recente Manifesto for the 2024 EU Elections. Libraries for a Sustainable Future evoca il concetto di “innovazione inclusiva” in un quadro di scienza aperta alla cittadinanza (EBLIDA – PL2030 – IFLA – LIBER – NAPLE 2024). Le tecnologie sono in genere considerate essere la madre di ogni innovazione, anche se il cambiamento è questione sia di contenuti, sia delle modalità in cui tali contenuti sono diffusi.

La rassegna maggiormente esaustiva del concetto di innovazione nelle biblioteche, sia pubbliche che universitarie, è stata condotta nell’ambito del progetto LibrarIn, finanziato dal programma Horizon della Commissione europea (Rubalcaba et alia 2023). Oltre l’applicazione tecnologica, è considerata essere pratica innovativa ogni nuovo “servizio, programma, struttura, risorsa, concetto, prodotto, cultura, sistema o partnership relativa ai servizi bibliotecari e alla fornitura di informazioni” (Rubalcaba et alia: 22-24).

Innovazione inclusiva è quindi la capacità di piegare l’imperativo tecnologico a un concetto di biblioteca polimorfo e duttile, capace di evolversi e di mutare nel tempo. Lo spettro di applicazioni che emerge dalla rassegna LibrarIn descrive con nitidezza la gamma dei nuovi servizi bibliotecari:

  • Servizi di lettura e istruzione, come le attività di alfabetizzazione indirizzate a diversi gruppi sociali, alfabetizzazione di base per bambini o per adulti lasciati ai margini della società, potenziamento delle capacità STEM, alfabetizzazione digitale, servizi culturali (musica, cinema, patrimonio culturale);
  • Servizi di comunità, volti a promuovere l’inclusione sociale, la costruzione di una comunità solidale e pari opportunità ai cittadini e la cultura locale; spazi offerti a giovani a rischio di esclusione sociale, persone senza fissa dimora, migranti, gruppi etnici minoritari;
  • Servizi di salute e benessere, di informazione su operazioni di screening e preventivi riguardanti il benessere individuale; ospitalità offerta a corsi di esercizio fisico per pubblici anziani;
  • servizi di creatività, con la messa a disposizione di spazi atti allo sviluppo di nuove idee creative, competenze o sviluppo di prototipi e combinazione di attività e di spazi attrezzati per makers, coding, ecc.;
  • Servizi di affari e finanza, assistenza alla compilazione di moduli per il servizio alla cittadinanza, o spazi messi a disposizione di imprese (Rubalcaba et alia 2023, p. 24).

 

Un conto è il contenuto dei nuovi servizi, altra cosa è la loro applicazione su vasta scala, oltre il ristretto circolo delle istituzioni che per prime si cimentano nell’innovazione. Sarebbe infatti ingenuo pensare che le buone pratiche sviluppate in alcune istituzioni “faro” possano ramificarsi capillarmente ed estendersi all’intero tessuto bibliotecario in assenza di piani economici da un lato, e di una consistente idea di sviluppo in cui siano tenute presenti le esigenze locali e i bisogni dei pubblici. Già da tempo economisti (come Acemoglu 2002; Mazzucato 2013), sociologi (Rogers 2003) e biblioteconomi (Lor 2019) hanno osservato che, in mancanza di politiche pubbliche e di interventi mirati sul territorio, l’innovazione può tradursi in ancora maggiore disparità tra attori più avanzati e più arretrati, lavoratori qualificati e non qualificati, e quindi anche tra biblioteche meglio orientate verso la modernità, in cui l’innovazione nasce e prospera su un terreno propenso ad accoglierla, e quelle meno fortunate, dove il progresso in atto può bloccarsi per assenza di misure collaterali di accompagnamento.

Lo dimostra quello che ancora oggi risulta essere l’intervento più massiccio della Commissione europea in materia di biblioteche: il programma “Telematica per Biblioteche” incluso nel Terzo (1990-1994) e Quarto Programma Quadro (1994-1998). Questo programma beneficiò di 25 milioni di euro (Terzo PQ) e 29 milioni di euro (Quarto PQ), l’equivalente di 93 milioni di euro in moneta 2023. Tale investimento non solo non ha promosso uno sviluppo bibliotecario omogeneo, ma ha accentuato, anziché ridurle, le disparità tra sistemi bibliotecari perché, come sostenuto da un rapporto indipendente, ha interessato “solo una parte della comunità bibliotecaria europea: quasi due terzi dei partecipanti [erano] biblioteche nazionali e accademiche, mentre le biblioteche pubbliche rappresentavano solo il 25%” (European Commission 2001: 32).

Sarebbe quindi un’occasione mancata per tutte le biblioteche europee se il Rapporto OMC dovesse indicare come strumento di finanziamento europeo i soli tre programmi promossi dalla European Education and Culture Executive Agency (EECEA) – Creative Culture, Erasmus+ e CERV – e non includere invece anche le linee di finanziamento riguardanti lo sviluppo sostenibile (programma Horizon Europe) e, soprattutto, le enormi opportunità generate dalle politiche territoriali, di coesione sociale e riduzione delle disparità regionali note come Fondi strutturali e di Investimento europeo (FSIE).

I temi bibliotecari nella cornice operativa dell’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile

Nel riconoscere l’Agenda 2030 come il nuovo quadro operativo delle biblioteche, al posto del libro e dell’informazione, la Raccomandazione del Consiglio d’Europa recepisce in pieno l’esperienza maturata dalle biblioteche durante gli anni della pandemia, in cui grande impulso è stato dato ai canali virtuali delle tecnologie a distanza e alla “biblioteca sociale”, che non lascia indietro nessun cittadino. In quegli anni, infatti, la professione bibliotecaria ha preso coscienza di quanto il suo lavoro possa essere essenziale come infrastruttura legata allo sviluppo di una società sostenibile (NAPLE Forum 2020; EBLIDA 2020).

Il Consiglio d’Europa è istituzione diversa dall’Unione europea, anche se le due organizzazioni sono legate da un rapporto di cooperazione in materia culturale delineato da un Memorandum of Understanding del 2007 (Council of Europe, European Union 2007). Non sorprende quindi che la Raccomandazione figuri al primo posto dei punti elencati nel mandato assegnato agli Esperti OMC (Council of the European Union 2023).

L’Associazione delle biblioteche tedesche (DBV) sostiene che le biblioteche sono istituzioni sostenibili in sé (DBV 2022). Si tratta quindi di collegare all’Agenda 2030 le attività bibliotecarie, con un approccio che è, al tempo stesso, professionale, sociale e politico. In questa prospettiva, le biblioteche sono promotrici del benessere della popolazione (SDG 1 e 3), lottano contro la povertà educativa e le disparità in materia di istruzione, garantendo così una continua crescita economica (SDG 4 e 8), sono agenti di inclusione e coesione sociale (SDG 8 e 10), contrastano il divario digitale tra i diversi strati di popolazione grazie alle loro attività di information literacy (SDG 9), sono luoghi di cultura e di resistenza al degrado urbano (SDG 11), contribuiscono alla crescita della dimensione democratica con le loro politiche di informazione, incoraggiando la partecipazione democratica (SDG 16.7) e tutelando le libertà fondamentali (16.10); infine, esse contribuiscono alle politiche pubbliche territoriali e al partenariato sociale (SDG 17).

Un concetto esteso di biblioteca deve quindi collegarsi agli Obiettivi sociali di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030, che nell’Unione europea sono recepiti dal Pilastro europeo dei diritti sociali. Volto a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei cittadini europei e favorire una maggiore integrazione sociale, oltre che economica, tra i paesi membri, Il Pilastro ha una valenza più politica che normativa. Si esprime in 20 principi e diritti essenziali strutturati attorno a tre assi principali: a) Pari opportunità e pari accesso al mercato del lavoro; b) Mercati del lavoro dinamici e condizioni di lavoro eque; c) Protezione sociale e inclusione sociale (European Commission 2017). Sebbene non vincolante, il Pilastro dei diritti sociali è già largamente utilizzato nelle politiche pubbliche nazionali e regionali degli stati; come vedremo in seguito, i 20 indicatori sociali (Social Scoreboard) che misurano il progresso degli obiettivi del Pilastro sono centrali nelle politiche del Fondo sociale europeo plus (FSE+) e, in modo complementare, del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (Eurostat 2024).

Libertà di espressione, libero accesso all’informazione e partecipazione democratica

La Raccomandazione del Consiglio d’Europa esorta i governi ad affidare lo sviluppo delle collezioni bibliotecarie al “giudizio professionale indipendente dei bibliotecari, senza influenze politiche, religiose, settarie, commerciali o di altro tipo” (Council of Europe 2023; tr. it. p. 8). Tale giudizio si esercita oggi in un clima di grande polarizzazione politica, in cui è difficile mantenere una posizione di equilibrio ispirata alla tolleranza e al rispetto delle opinioni altrui. Nel 2023 l’ALA (American Library Association) ha documentato la censura di ben 4 240 titoli imposti alle biblioteche da gruppi di pressione (ALA 2024) (+ 65% rispetto al 2022), con ulteriori 1 247 richieste in lista d’attesa. Circa la metà dei volumi messi al bando ha contenuti vicini alle tematiche LGBTQIA+ e BIPOC (Black, Indigenous and People of Color) (Stevens 2020).

La tentazione da parte dei gruppi politici di orientare le acquisizioni in biblioteca ha interessato anche paesi altrimenti noti per le loro tendenze liberali in materia di identità di genere e di apertura verso le minoranze. Un rapporto pubblicato dalla Dawit Isaak Library in Malmö (Svezia) rivela che il 28% dei bibliotecari svedesi ha subito pressioni indebite da parte di esponenti politici o di membri della comunità degli utenti riguardanti la tipologia di materiale o di singoli titoli da acquistare (Forslund 2023). Le interferenze del potere politico si sono moltiplicate negli ultimi anni: oltre agli Stati Uniti e alla Svezia, ricordiamo i casi della Francia, fin dagli anni 1996 e 1997 (Kebbee 2004), e dell’Italia (Nadotti 2018).

Come possono le biblioteche contrastare questo clima di intolleranza e conformare la loro condotta alla Raccomandazione del Consiglio d’Europa sulla libertà d’espressione, il libero accesso all’informazione e la partecipazione democratica? È stato giustamente osservato che la professione non può e non deve rimanere neutrale quando è rimesso in questione uno dei suoi valori fondanti (Lankes 2018). Le strategie sono molteplici e non applicabili nello stesso modo in tutti i paesi europei, anche se sono modulabili in funzione dei bisogni e della situazione ambientale.

Il primo mezzo di contrasto è quello legislativo. In Francia, ad esempio, l’indipendenza della professione bibliotecaria è stata rafforzata da una legge sulle biblioteche – la legge Robert del 21 dicembre 2021 (France 2021) –, considerata essere uno scudo contro la censura e le pressioni indebite provenienti in particolare dalla sfera politica (Association des Bibliothécaires de France et al 2022).

Nelle legislazioni di Norvegia e Finlandia le biblioteche sono, rispettivamente, “posti di incontro e arene per discussioni pubbliche” e promotrici del “dialogo culturale e sociale”. (Norway 2014; Finland 2016). L’utilizzo degli spazi da parte di visitatori e utenti di biblioteca è, infatti, il primo segnale di rafforzamento della partecipazione democratica e di applicazione del principio di cittadinanza attiva: non vi è, infatti, “una corrispondenza univoca, dove buona informazione equivale a migliore democrazia (…) la vita democratica cresce a partire dagli spazi che le persone vogliono scegliere e di cui si appropriano” (Buschman 2018).

Nell’applicare il concetto di biblioteca come “piazza pubblica” occorre però fare attenzione che la partecipazione democratica non si traduca nel suo contrario, nell’appropriazione della biblioteca da parte del potere politico. Laddove – e ciò accade in tutti i paesi europei, tranne i Paesi Bassi – le biblioteche sono agenzie direttamente controllate da governi locali o, come avviene spesso in Italia, affidate a ditte esterne che ne ricevono in appalto la gestione, i governi locali hanno forte potere di pressione sul personale amministrato. In contesti politici illiberali la “piazza pubblica” bibliotecaria potrebbe determinare la trasformazione delle biblioteche in agenti di trasmissione della o delle ideologie al potere, attraverso la rimozione o la marginalizzazione del bibliotecario recalcitrante. Persino la stampa non indipendente russa ha riportato il caso dell’ingiusto licenziamento di una bibliotecaria russa (День начался с происшествия 2022). I paesi che hanno conosciuto regimi fascisti e comunisti sanno bene che la reazione a politiche liberticide può avvenire attraverso i metodi più vari, in una scala di gradualità che va dalla resistenza passiva allo sciopero bianco all’aperta dissidenza.

Il concetto di cittadinanza attiva e di rafforzamento della partecipazione democratica va quindi promosso e rafforzato attraverso strategie adeguate e metodi professionali. Un obiettivo possibile è, ad esempio, l’attuazione rigorosa degli impegni assunti dai governi, come la realizzazione dell’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile contro chi ne intenda diluire la sostanza o combatterla attrraverso operazioni di misinformazione e disinformazione.

Le politiche bibliotecarie di comunità e la loro relazione con le politiche pubbliche locali

Se la cornice operativa generale di una politica bibliotecaria europea deve essere innovativa senza però ingenerare diseguaglianze, se essa deve ispirarsi all’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile, quali sono i temi specifici da perseguire in un’ottica locale riferita alla comunità? Ed esiste a livello europeo una mappatura delle esigenze locali, cui le biblioteche possono ricorrere per orientare le loro attività in seno al territorio metropolitano o rurale in cui operano?

Tale mappatura esiste e interpreta i bisogni sociali europei nelle sue pieghe più profonde e drammatiche. In genere, i governi amano sbandierare successi e soluzioni, con un linguaggio semplicistico rispondente il più delle volte a finalità elettorali. Gli Accordi di partenariato tra la Commissione europea e gli Stati membri dell’Unione (European Commission 2021), invece, descrivono le parti molli dei paesi europei: ogni stato si guarda allo specchio e rivela, spesso con il crudo linguaggio delle cifre, i suoi lati vulnerabili e le debolezze. Obiettivo di tale disvelamento è l’accesso alle risorse dei Fondi Strutturali – oltre 500 miliardi di euro nel periodo 2021-2027 -–in buona parte indirizzata verso la realizzazione della politica sociale europea. E’ appunto all’interno di tali politiche pubbliche locali che le biblioteche possono promuovere con efficacia i loro indirizzi sociali e la propria strategia progettuale.

Sono cinque gli obiettivi generali FSIE, o PO (Policy Objectives) nel periodo 2021-2027:

  • Un’Europa più intelligente, attraverso l’innovazione, la digitalizzazione, la trasformazione economica e il sostegno alle piccole e medie imprese (PO 1);
  • Un’Europa più verde e senza emissioni di carbonio, che attui l’Accordo di Parigi e investa nella transizione energetica, nelle energie rinnovabili e nella lotta ai cambiamenti climatici (PO 2);
  • Un’Europa più connessa, con reti strategiche di trasporto e digitali (PO 3);
  • Un’Europa più sociale, che realizzi il Pilastro europeo dei diritti sociali e sostenga un’occupazione di qualità, l’istruzione, le competenze e l’inclusione sociale (PO 4);
  • Un’Europa più vicina ai cittadini, che sostenga le strategie di sviluppo a livello locale e lo sviluppo urbano sostenibile in tutta l’UE (PO 5).

Scorrendo le pagine degli Accordi di partenariato, in particolare quelle dedicate ai PO 4 e 5 che maggiormente corrispondono al pilastro sociale dell’Agenda 2030 e dell’Unione europea, le variazioni nazionali sono molteplici e diversificate. La Francia, ad esempio, punta al rilancio del settore scolastico riducendo il tasso di abbandono (8,9% nel 2017) (Agence nationale de la cohésion des territoires 2022). In Germania, le sfide principali riguardano le disparità regionali nell’evoluzione demografica del paese, l’adozione delle tecnologie di punta e la riduzione del numero di persone a rischio di povertà o esclusione sociale. Di particolare importanza in questo contesto è la Nuova Carta di Lipsia, che evoca uno sviluppo urbano equo, verde e produttivo e la dimensione trasversale dei piani di digitalizzazione (Bundesministerium für Wirtschaft und Klimaschutz 2022).

In Italia i riflettori sono puntati sugli indicatori nazionali riportati nel Social Scoreboard, che sono ben distanti dalle medie europee e hanno carattere di emergenza nel Mezzogiorno. La quota di NEET (Not in Education, Employment or Training), che è del 12,6% a livello europeo, è del 22,2% in Italia e del 33% nel Mezzogiorno. Fortemente critica è anche la qualità e l’inclusività dei percorsi di istruzione e formazione in un paese dove l’abbandono scolastico è del 13,5% a livello nazionale e del 18,2% nel Mezzogiorno (a fronte di una media UE del 10,2%). La povertà di competenze, in particolare digitali, e il contrasto alla povertà e all’esclusione sociale sono anch’essi temi prioritari dell’Accordo di partenariato nazionale (nel 2018 la quota di persone a rischio povertà o esclusione sociale, pari al 20,9% a livello europeo, era del 25,6% a livello nazionale e del 44,4% nel Mezzogiorno) (Coesione Italia 2021-2027, 2022).

Il Portogallo ha posto al centro della sua politica sociale tre dimensioni: i) aumento del tasso di natalità; ii) la promozione di politiche di integrazione dei migranti; iii) l’invecchiamento generalizzato della popolazione. In questo paese, le priorità riguardano la lotta alla disoccupazione, soprattutto per i giovani NEET, la pari partecipazione di donne e uomini al mercato del lavoro, e l’adattamento di lavoratori e aziende alla transizione verde e digitale (República Portuguesa. Portugal 2030 2022). Abbandono scolastico (13,3% di giovani tra i 18 e i 24 anni nel 2021) e parità di accesso di donne e uomini al mercato del lavoro sono obiettivi prioritari anche in Spagna, come lo sono la formazione degli adulti, l’Inclusione sociale delle persone vulnerabili e la lotta alla povertà (Gobierno de Espaňa 2023).

I Fondi Strutturali e di Investimento europei (FSIE) si rivolgono essenzialmente a istituzioni di natura pubblica e per questo sono di particolare interesse per le biblioteche europee, siano esse grandi o piccole, innovative o bisognose di innovazione, pubbliche e universitarie. Inoltre, essi possono essere utilizzati per la ristrutturazione di edifici, attrezzature (computer e altre risorse di base) e per reclutare personale aggiuntivo, almeno per la durata dei progetti finanziati.

I dati e le disparità regionali in Europa

Il ricorso ai dati è in genere effettuato a fini di pianificazione e gestione. I responsabili bibliotecari li utilizzano per elaborare la propria advocacy con politici, amministratori e decisori in ambito pubblico, ma anche per motivare il personale, gratificato nel vedere che i servizi sono popolari e ben utilizzati dai pubblici. In una prospettiva più ampia le statistiche possono essere utilizzate per valutare l’impatto sociale delle biblioteche (Lindblom, Räsänen 2017), le disparità nello sviluppo dell’informazione (Lau 1990), o per misurare i risultati percepiti delle risorse investite nelle biblioteche (Vaccari et al. 2014 e 2016), in una varietà di combinazioni, tecniche e usi (Lor 2019).

Sebbene alcune agenzie producano statistiche con continuità ed accuratezza (in Spagna, Germania, Svezia, Finlandia, Paesi Bassi), l’elaborazione e, soprattutto, il trattamento dei dati sul lungo termine rimane un esercizio laborioso e non sempre riuscito. Il capitolo sulle statistiche bibliotecarie è stranamente lacunoso e la loro aggregazione a fini comparativi rimane un obiettivo lontano.

Esempio lampante di tale opacità è il dato riguardante la spesa bibliotecaria. Considerata il tallone aureo per la valutazione di ogni attività di tipo settoriale, il valore dei servizi bibliotecari rimane in molti paesi informazione occulta, di difficile reperimento e non sempre valutata con la dovuta attenzione. La spesa bibliotecaria dovrebbe essere parametro centrale di ogni prestazione – dopo tutto, non si danno investimenti senza risorse. Tuttavia, essa entra di rado nell’analisi complessiva di un servizio. I dati massicci sul prestito e il numero di visitatori riscontrati in alcuni Stati del Nord dell’Europa (Düren et al., 2019) andrebbero ad esempio posti in relazione, da un lato, con l’investimento posto in essere dai governi di quei paesi e, dall’altro, interpretati alla luce del PIL nazionale: è inesatto, infatti, comparare i valori assoluti della spesa bibliotecaria in, mettiamo, Slovenia e Svezia, se il PIL del primo è la metà del secondo.

Uno studio recente condotto su dieci paesi europei ha dimostrato che la spesa per le biblioteche è diminuita del 33% e del 30% in Danimarca e nei Paesi Bassi. Nello stesso periodo la spesa bibliotecaria spagnola è scesa dallo 0,5‰ allo 0,3‰ del PIL (-40%). Il calo è inferiore in Finlandia e Svezia (-19%), in Slovenia (-14%) e quasi trascurabile in Germania e Portogallo (rispettivamente, -0,33% e -0,37%) (Vitiello, 2024).

Va notato inoltre l’elevato tenore delle disparità regionali. Il Portogallo, ad esempio, che ha un PIL pro capite e una spesa culturale pari a quasi la metà di quelli della Finlandia, ha una spesa bibliotecaria di circa sei volte minore. I PIL di Spagna e Germania non sono di molto inferiori a quello della Finlandia; tuttavia, i due paesi spendono rispettivamente sei e cinque volte meno per le biblioteche (e 12,5 e circa 6 volte di meno in acquisizioni librarie) (Vitiello, 2024). Non sono disponibili, almeno sul web, statistiche riguardanti altri paesi del Sud e dell’Est dell’Europa; è facile presumere, tuttavia, che i loro valori non si collochino tra le posizioni più elevate.

L’esistenza di così forti disparità non è solo di ostacolo alla costruzione di un’area omogenea bibliotecaria, ma è anche il maggiore impedimento al perseguimento di obiettivi comuni. Oltre le sovvenzioni nazionali, va quindi programmata una seria politica di attenzione verso le biblioteche meno fortunate attraverso l’impiego dei Fondi strutturali, al fine di consentire loro di partecipare a pieno titolo e in modo paritario allo sviluppo di una politica bibliotecaria europea.

Indicatori endogeni ed esogeni al mondo delle biblioteche

Una programmazione solida comporta il controllo dei risultati attraverso standard e indicatori. Si misura il PIL e l’occupazione, la qualità dell’insegnamento e il numero di abbandoni scolastici, ma anche sfere di diritti e di emotività, come il radicamento dei diritti umani e la felicità individuale. Come abbiamo già segnalato, la messa a punto di indicatori bibliotecari è di difficile attuazione, in particolare se riferiti a valori di impatto (Faggiolani 2012). Tale esitazione è del resto generalizzata e non solo italiana. Solo nel 2022 il vocabolario bibliotecario è stato normalizzato grazie alla norma ISO 2789 (ISO 2789 2022), dove gli indicatori prevalgono sulle definizioni e viene data priorità ai prodotti (output) e ai risultati (outcome) piuttosto che alle informazioni in entrata (input).

L’enfasi sui risultati ha ispirato calcolatori di grande interesse per la valutazione delle attività bibliotecarie. Il calcolatore promosso dall’ALA (American Library Association) nell’iniziativa “I love Libraries” computa in modo semplice e diretto gli effetti economici positivi ingenerati dall’utilizzo delle biblioteche (ALA – I love Libraries 2024). A seguito di quello che è forse il migliore studio d’impatto delle biblioteche (FESABID 2014), anche la Comunidad foral de Navarra ha attivato un calcolatore propedeutico alla misurazione del valore dei servizi bibliotecari (Gobierno de Navarra Consejo de Cooperación Bibliotecaria 2024). Su di un altro versante, il Sistema Bibliotecario Nord Est di Milano ha messo a punto un calcolatore semplice, ma efficace, in cui è stimato l’impatto ambientale del prestito bibliotecario contrapposto all’acquisto individuale di un libro (SBNEM 2024), una misurazione certamente utile per valutare l’apporto bibliotecario alla realizzazione dell’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile.

Per essere valide a fini comparativi, tuttavia, le variabili bibliotecarie dovrebbero confluire in aggregati più complessi di indicatori, con meccanismi di perequazione che inquadrino il dato bibliotecario in cornici di maggiore respiro. Nel paragrafo precedente ci siamo soffermati sui dati relativi alla spesa bibliotecaria, analizzata attraverso indicatori sia endogeni (spesa bibliotecaria), sia esogeni (demografici ed economici) al mondo delle biblioteche.

Sono appunto gli indicatori esogeni che consentono una valutazione maggiormente rispettosa delle attività bibliotecarie in rapporto al proprio ambiente di riferimento. Accanto ai dati economici e demografici, estrema importanza hanno quindi gli indicatori sociali proposti dall’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile; in Europa, essi sono mantenuti dal Social Scoreboard che sostiene il Pilastro europeo dei diritti sociali (Eurostat 2024). Alcuni di essi – come ad esempio, “Abbandono precoce di istruzione e formazione”, “Persone che hanno competenze digitali complessive di base o superiori a quelle di base”, “Giovani non occupati né inseriti in percorsi di istruzione e formazione (NEET)”, “Divario occupazionale di genere”, “Tasso di rischio di povertà o esclusione sociale”, “Tasso di rischio di povertà o di esclusione dei bambini” – sono certamente rilevanti per le biblioteche e utili ad un’analisi comparativa contestualizzata dei servizi bibliotecari tra differenti paesi, regioni, città.

Quale politica europea per le biblioteche?

Dopo avere individuato i temi, le politiche, le risorse, i dati e gli indicatori inerenti a una politica bibliotecaria europea, resta ora da definire la ripartizione delle competenze proprie all’Unione europea e agli Stati membri, così come le competenze condivise tra Unione europea e Stati membri. E’ in tale gioco relazionale, infatti, che si afferma l’esercizio della sovranità in materia culturale dove a un’autorità (sovranazionale o statuale, a seconda se attribuita all’Unione europea o allo Stato membro) corrisponde un’identità (europea, nazionale, locale) su un territorio che è allo stesso tempo comune, regione, Stato e Unione europea. Non si tratta di misurare quanta Europa sia immessa nelle politiche culturali, ma di aderire pienamente ai valori fondanti della specificità europea: i diritti culturali riconosciuti dalla Carta di Nizza – le libertà fondamentali, il diritto all’istruzione, il principio della diversità culturale (Ferri 2008) – e i diritti sociali – inclusione sociale e partecipazione democratica – soprattutto a quei livelli, come gli Accordi di partenariato, in cui maggiore è la coesione tra politiche pubbliche europee e locali.

L’esercizio di sovranità in materia bibliotecaria riferito alle autorità interessate è definito nella tabella 1 qui di seguito riportata.

Tav 1. Per una politica europea delle biblioteche (Tavola riassuntiva)

Istituzioni

Politiche

Quadro operativo di riferimento

Risorse

(Programmi UE)

Indicatori

 

Unione Europea

 

 

 

 

Europee

Agenda 2030 sviluppo sostenibile, Bauhaus, Raccomandazione Consiglio d’Europa

Commissione europea

(Horizon, Europa creativa, CERV, ERASMUS+…)

UN SDG

 

Accordi di partenariato

 

Pilastro sociale,

Azione Biblioteca OMC

Fondi strutturali e di Investimento europei, INTERREG

 

Social Scoreboard del Pilastro europeo dei diritti sociali

 

 

Stati Membri

Nazionali

Agende bibliotecarie nazionali

Sovvenzioni nazionali

Indicatori bibliotecari nazionali

 

Da tale tabella risulta evidente che la politica bibliotecaria europea definita dal Gruppo OMC può risultare realistica solo se, riferita alla varietà di attori titolari dell’azione bibliotecaria, riesce ad essere articolata in una serie di proposte dove le linee generali di intervento dell’Unione europea siano contemperate da congrue politiche nazionali, e più specificamente dagli Accordi di partenariato, dove si incrociano le competenze congiunte della Commissione europea e degli Stati membri. Piuttosto che di una politica generalizzata per l’Europa, sarebbe utile per la comunità bibliotecaria europea potersi riconoscere in una serie di modelli di intervento modulabili in funzione delle situazioni ambientali di riferimento e degli indicatori quadro – maggiore o minore spesa bibliotecaria, collegamento con le politiche pubbliche locali, indicatori del Social Scoreboard e risorse europee (con il ricorso obbligato ai Fondi strutturali e di Investimento europei per le situazioni caratterizzate da forti divari).

Ciò vale a maggior ragione per l’Italia, il cui tessuto bibliotecario è assai poco coeso, con punte di eccellenza in alcune regioni e forme di sviluppo di assai minore intensità in altre regioni (ISTAT 2021). Anche per le biblioteche italiane spira aria nuova. Due importanti progetti, la BEIC (Biblioteca Europea di Informazione e Cultura) di Milano (AGI 2022) e la Biblioteca civica di Torino (Cognigni – Pollone 2023), sono inclusi nei fondi PNRR. In entrambi i casi si tratta di importanti interventi di riqualificazione di aree urbane (SDG 11) e di risistemazione di edifici nella prospettiva del miglioramento della partecipazione e dell’accesso alla cultura dei cittadini. A giusto titolo, Parise e Solimine parlano di un “messaggio di fiducia” lanciato alla comunità bibliotecaria italiana (Parise – Solimine 2023).

Forse il maggiore segnale di cambiamento viene però dalle biblioteche del Sud, in particolare dalla Regione Puglia, dove l’“inverno” demografico viene anche combattuto con uno sviluppo bibliotecario che privilegia la crescita economica, lo sviluppo del “welfare culturale”, l’inclusione sociale, l’apprendimento critico e la capacità di auto-orientare la propria salute. In questa regione l’allineamento degli obiettivi bibliotecari alle politiche pubbliche locali è stato realizzato grazie all’utilizzo dei Fondi strutturali e di investimento europei e la messa a disposizione da parte della Regione Puglia di oltre 120 milioni di euro (Cavestri 2018).

Secondo il calendario ufficiale, il Gruppo OMC dovrebbe terminare i suoi lavori nei primi mesi del 2025, riservando il resto dell’anno alla redazione del Rapporto finale (Consiglio dell’Unione europea 2022). L’auspicio è che gli esperti OMC elaborino un Rapporto franco, onesto e utile, fatto di luci ma che non risparmi le ombre, che non scintilli unicamente di buone pratiche che gratificano chi le sperimenta, ma riempie di umiliazione e di senso di sconfitta chi non potrà mai metterle in atto in mancanza di risorse. Ed è anche lecito sperare che il Rapporto colga le esigenze del nostro paese, recependo i bisogni dei pubblici e le preoccupazioni della professione, che sia il frutto di una riflessione collettiva grazie alla quale sognare il riscatto delle biblioteche italiane, in tutte le regioni d’Italia. 

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(Tutti i siti sono stati visitati il 19.07.2024)

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